La Chiesa non è una democrazia
Come definire la frase “La Chiesa non è una democrazia” che, sembra inevitabilmente, viene gettata contro chi discute di sinodalità credendoci?
Il primo aggettivo che mi viene è “arrogante” perché di solito viene da chi vuole mantenere immutato l’attuale assetto del potere clericale, nonostante faccia soffrire chi ancora ha fiducia nel vangelo. Viene scaraventata, così, sfacciatamente, addosso a chi soffre, come a dire che quello che è sempre sarà, come è sempre stato. Ma è poi vero? No, non lo è: la storia ecclesiastica ce lo conferma. Quindi è prima di tutto una sciocchezza. Ma, buttata lì in quel contesto, anche una arrogante sciocchezza, un abuso di potere se si pretende che ci si creda o altrimenti si è fuori.
La Chiesa non deve praticare la democrazia perché non è stata voluta così da colui che l’ha fondata? Non parlò forse di un Regno? Certo, ma disse chiaramente che non era di questo mondo. La democrazia, invece, è cosa di questo mondo. Per questo mondo ci fu comandata l’agàpe, e la democrazia, come oggi la si intende nella nostra nuova Europa, è agàpe. Non per niente ci hanno messo mano in modo determinante i cristiani.
Se poi si vuole intendere che Chiesa e democrazia sono incompatibili e che, dunque, dove si pratica la democrazia non c’e la Chiesa, si dice una cosa non vera. Infatti, già ora nella nostra Chiesa si pratica la democrazia come la si intende nell’Unione Europea, ad esempio nella nostra Azione Cattolica. Essa non è più quella che, nel 1906, in uno dei tanti periodi bui della nostra vita collettiva in religione, era stata progettata che fosse, vale a dire il partito del Papa, per influire con la forza dei numeri della gente di fede in un contesto politico democratico, ma agli ordini di un’autocrazia assolutistica e feudale. La svolta avvenne nel giro di circa un ventennio, dalla metà degli scorsi anni Quaranta. Originò dalla pratica democratica che si potè fare tolto di mezzo il fascismo mussoliniano, con il quale il Papato romano dalla fine degli anni Venti aveva concluso un disonorevole compromesso, dal quale riuscì a riscattarsi per l’azione dei cattolici democratici italiani. Durante la presidenza di Vittorio Bachelet, dal ’64, si ebbe sostanzialmente una rifondazione dell’associazione: si misero le cose nero su bianco nello statuto deliberato nel 1969.
Se, infine, con quel “la Chiesa non è una democrazia” si vuole dire che non verrà consentito che lo sia, rispondo: vedremo.
Nei processi sinodali che sono in corso nel mondo, per volere di papa Francesco, chi crede nella democrazia anche come espressione dei valori evangelici deve cercare di convincere l’altra gente a praticarla concretamente anche nell’essere Chiesa, cominciando dal capire bene che cos’è.
I clericali, infatti, la diffamano, sostenendo che vorrebbe decidere a maggioranza sui valori. In realtà, in democrazia i valori più importanti sono sottratti al principio della decisione a maggioranza. Ad esempio quello dell’uguaglianza, il più umiliato dal sistema di potere ecclesiastico che vorrebbe continuare a prevaricarci in eterno. L’uguaglianza è anche il valore che è alla base dell’ecclesiologia che si legge nel capitolo secondo della Costituzione dogmatica sulla Chiesa Luce per le genti – Lumen gentium, del Concilio Vaticano 2º, quello sul Popolo di Dio.
Certo, la Chiesa non è ancora una democrazia, purtroppo: giuridicamente, ma non più di fatto, è una brutale autocrazia, dove il Popolo di Dio conta ancora poco o nulla, brutale perché arrogante e sfacciata. Di fatto è molto meglio di così, e a questo si deve la sua persistente influenza sociale. Si deve a noi, povero, bistrattato, vilipeso e umiliato Popolo di Dio.
Papa Francesco diffida profondamente della democrazia. Non gliene faccio una colpa, perché, comunque, ha ordinato la riforma sinodale, che può condurci dove probabilmente nemmeno lui avrebbe immaginato. Egli viene veramente da un altro mondo, dove si sono vissute anche versioni degenerate della democrazia. Nel quale parlare di democrazia evoca il regime statunitense che storicamente ha cercato di mettersi sotto i piedi l’America latina, secondo il motto America First, vale a dire loro e i loro interessi di potenza prima di tutto, loro gli unici e veri “americani” d’America, tutti gli altri “latinos”. E posso capire che un argentino diffidi degli europei, perché fummo potenze coloniali, Spagna e Portogallo si divisero il Sud America secondo l’arbitrato di un Papato ancora imperiale. Ma la nostra nuova Europa è una realtà democratica profondamente diversa.
Che cosa fa la differenza da noi? È che la nuova democrazia europea è stata costruita inglobando la pace internazionale tra i suoi valori fondamentali. Vale a dire l’agàpe ad un livello mai sperimentato in tutta la storia dell’umanità. Qualcosa che però traspare nel vangelo e che i cristiani democratici europei hanno saputo inculturare e tradurre in un nuovo ordine istituzionale. Esso, però, è ora gravemente minacciato dalla cultura della bestiale violenza che si è manifestata nella guerra in Ucraina, guerra tra cristiani condotta nello spirito dell’antica cristianità, quella appunto in cui ci si massacrava tra cristiani confidando tutti di avere un dio dalla propria parte. Così siamo chiamati alla sinodalità proprio nel mentre di fatto ne stanno venendo meno i presupposti storici, perché ci si sta riprendendo a sterminare tra cristiani. È la legge della forza che si vorrebbe di nuovo imporre agli europei.
Le gerarchie ecclesiastiche, sui due fronti, appaiono impotenti. È la spinta della vecchia orrenda cristianità dei secoli passati che le sta trascinando a fondo. È perché, come accaduto da secoli, il vangelo della forza sta prevalendo su quello dell’agápe. Ma, messa la cosa così, risalta il suo non senso: come può essere vangelo, vale a dire buona notizia,quello della forza? La forza è stata mischiata storicamente al vangelo in nome del realismo. Come si sarebbe potuto governare con l’agàpe? La risposta è appunto: con la pratica della democrazia.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.