Contro il metodo della conversazione spirituale
Su La Repubblica di oggi, 20 marzo 2023, Enzo Bianchi critica il metodo della conversazione spirituale raccomandato per le attività sinodali in corso.
Ci si riunisce e, invece di affrontare i temi conflittuali – e ce ne sono: sono quelli più sentiti e sofferti dal cosiddetto Popolo di Dio- si sceglie di lasciare spazio a testimonianze, che a volte si trasformano in esibizioni di leader spirituali e che non lasciano spazio al confronto di idee, scoraggiato se non proprio vietato.
Si lasciano parlare tutti, invitando anche all’ascolto reciproco, ma non si lascia spazio al dibattito, si spegne ogni confronto sul nascere, e poi si decide come si vuole.
Bianchi scrive che questo è un inganno che rientra nella tradizione monastica, che lui sostiene di conoscere bene.
«Non abbiamo bisogno di voci uniformi, né di adulatori, né di parole che ripetono quelle del Papa» aggiunge «ma innanzi tutto di persone che si distinguono per la loro libertà». E inoltre «Non basta ascoltare, occorre poi anche discernere, prendere posizione, opporsi se è necessario, e confrontarsi per giungere a una comunione plurale».
Il metodo della conversazione, così magnificato nei resoconti dei lavori sinodali preparati da chi li dirige, serve solo a nascondere i conflitti, per paura della libertà. Basta con la paura della libertà!, sbotta Bianchi.
Conclude così:
«Se non compariranno cristiani adulti, maturi, con una soggettività ecclesiale che sappia esprimersi, la Chiesa non solo sarà sempre clericale, ma continuerà a essere incapace di una parola profetica, libera, critica. Certo non basta parlare, occorre ascoltare, ma non basta neanche ascoltare, perché occorre poi confrontarsi, discutere, per camminare insieme».
Manca una soggettività matura: la conseguenza è che le proposte che sono pervenute alla Segreteria del Sinodo dalle assemblee diocesane italiane sono le stesse discusse nei decenni precedenti.
Condivido totalmente quanto scritto da Bianchi, lui molto più addentro di me, naturalmente, nelle dinamiche ecclesiastiche, che conosce molto bene.
Probabilmente per cambiare bisognerebbe trovare il tempo e la voglia di fare da sé, come negli scorsi anni ’70 con l’esperienza delle comunità di base, ma senza più farsi acquietare accettando di rientrare seguendo l’ecclesiologia della cosiddetta comunione, interpretata come il tacere, il sottomettersi, il non manifestare situazioni di conflitto che ci sono e che vengono solo nascoste, mentre parlarne potrebbe forse servire almeno a fare chiarezza.
Che si oppone in Italia agli sviluppi sinodali?
La Città del Vaticano, ad esempio, dono avvelenato del fascismo mussoliniano, dove il Popolo di Dio entra da straniero e il Papa formalmente regnante è tenuto come prigioniero.
Gli organismi di polizia politica della Curia, che umiliano clero e religiosi. Come si può parlare di libertà dei figli di Dio, se bastano due righe di burocrati vaticani per cancellare una persona che si è formata per anni per un certo ministero?
La gerarcocrazia del clero, come la si definì già negli anni Sessanta durante il Concilio Vaticano 2º, che umilia tutto il resto del povero Popolo di Dio.
In questi giorni è uscito di Luigi Berzano, Senza più la domenica, Effatà 2023, solo in edizione cartacea: la partecipazione alla messa si è ridotta moltissimo, scrive, ma la gente affolla ancora le cerimonie per i riti di passaggio, battesimi, Prime comunioni, matrimoni, funerali, officiati dai preti. Che facciamo? Ne prendiamo atto e ci concentriamo su quelli? Può andare bene, forse, per i gerarchi. I preti se la sentono di vedere ridotta a questo la loro missione? Da persona laica osservo che non vale la pena per noi di intestardirsi sull’interiorità spirituale, se tutto si riduce a presenziare da spettatori a quelle liturgie. Se questo deve essere inesorabilmente l’esito, le nostre Chiese hanno gli anni contati. E i conversanti spirituali non ci possono far nulla.
Una situazione paradossale, scrive Bianchi, perché in realtà tra i cristiani è ancora attestato molto impegno, soprattutto nelle opere di carità verso i bisognosi, ad esempio i migranti. Una situazione della quale purtroppo non si manifesta di avere consapevolezza, neanche tra coloro che ritengono di essere fieri militanti.
Mario Ardigó- Azione Cattolica in San Clemente papa- Roma, Monte Sacro, Valli