Attualità sul cammino sinodale in Italia
Informazioni sul cammino sinodale in Italia possono
aversi a questo indirizzo WEB:
https://camminosinodale.chiesacattolica.it/
Nel secondo anno del processo sinodale avviato
nel 2022 intitolato I Cantieri di Betania – buone pratiche, è stato proposto di occuparsi di queste grandi
aree tematiche:
Il cantiere della strada e del
villaggio (tradotto dall’ecclesialese:
le relazioni con la società intorno);
Il cantiere dell’ospitalità e
della casa (tradotto: l’organizzazione
interna);
Il cantiere della diaconia e
della formazione spirituale (tradotto:
i ministeri ecclesiali, vale a dire i compiti assegnati alle persone nell’interesse
comunitario).
Un cantiere scelto
discrezionalmente da ogni diocesi
L’immagine del Cantiere, utilizzata
per rendere l’idea di come si propone di lavorare quest’anno sulla sinodalità, è
una metafora: serve per rendere l’idea di un cooperare prolungato per costruire
qualcosa destinato a durare, appunto come si fa in un cantiere. Vale
a dire che non ci si vuole appagare del solo trovarsi insieme e anche del solo
lavorare, ciò che conta è quello che si vuole costruire.
L’organizzazione è intitolata I cantieri di Betania
richiamando l’episodio evangelico di cui ai capitoli 8, versetti da 1 a 3,
e 10, versetti da 38 a 42 del Vangelo secondo Matteo della visita dei Gesù, e
dei discepoli che lo seguivano nella sua predicazione itinerante in Palestina,
alla casa di Marta e Maria, , appunto a
Betania (il nome della località si apprende da Vangelo secondo Giovanni,
capitolo 11, versetto 1).
L’autore del documento I
cantieri di Betania ci ragiona sopra per avvalorare le indicazioni che
vuole dare per lo svolgimento del secondo anno della fase di ascolto del
processo sinodale.
Questo gruppo che cammina con il Maestro è il primo nucleo della
Chiesa: i Dodici e alcune donne che seguono il Signore lungo la via, peccatori
e peccatrici che hanno il coraggio e l’umiltà di andargli dietro. I discepoli e
le discepole del Signore non percorrono itinerari alternativi, ma le stesse
strade del mondo, per portare l’annuncio del Regno.
I discepoli sono “coloro che guardano con fede a Gesù,
autore della salvezza e principio di unità e di pace” (Costituzione Luce per
le genti, del Concilio Vaticano 2º, n.9): non un gruppo esclusivo, ma
uomini e donne come gli altri, con uno sguardo però illuminato dalla fede nel Salvatore,
che condividono “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini
d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono” (Costituzione La
gioia e la speranza, del Concilio Vaticano 2º, n.1).
Il primo anno della fase narrativa del Cammino sinodale ha
rappresentato per molti questa esperienza discepolare di “strada” percorsa con
Gesù. Si sono create preziose sinergie tra le diverse vocazioni e componenti
del popolo di Dio (laici, consacrati, vescovi, presbiteri, diaconi, ecc.), tra
condizioni di vita e generazioni, tra varie competenze.
È unanime la richiesta di proseguire con lo stesso stile,
trovando i modi per coinvolgere le persone rimaste ai margini del Cammino e
mettersi in ascolto delle loro narrazioni. [Dal documento I cantieri di
Betania].
Dal documento finale dell’assemblea nazionale dei referenti diocesani svoltasi
a Roma l’11 e 12 marzo scorsi si legge:
Non è mancata la sottolineatura delle fatiche, legate
a un calo di entusiasmo e alla problematicità nell’interessare più persone nel
Cammino. Dai tavoli è emersa una certa lentezza a integrare lo stile sinodale
nella pastorale ordinaria e a incarnare la “Chiesa in uscita”, così come la
scarsa formazione alla sinodalità di sacerdoti e laici, il mancato
coinvolgimento dei seminaristi, la pesantezza delle strutture, l’utilizzo di un
linguaggio non adeguato al nostro tempo, la difficoltà dei presbiteri rispetto
al processo sinodale e alla relazione con i laici, la complessità dei passaggi
e degli obiettivi del Cammino. La sfida è ora quella di imparare da tali
difficoltà per trasformarle in opportunità o superarle […]
Nell’organigramma del Cammino sinodale nazionale all’art.1 è spiegato
chi sono e che fanno i referenti diocesani:
In ogni Diocesi il Vescovo nomina due o più referenti del Cammino
sinodale. Essi hanno il compito di animare e coordinare i lavori sinodali della
comunità diocesana. Inoltre, redigono sintesi o altro materiale da condividere
nei modi e nei tempi indicati dal Comitato del Cammino Sinodale (CS= e dalla
sua Presidenza. Il Presidente del Comitato CS, sentiti i membri della
Presidenza del Comitato stesso, riunisce periodicamente i Referenti diocesani
per momenti di scambio e di riflessione. A questi momenti, su richiesta del
Presidente del Comitato CS, possono partecipare i membri delle Commissioni. I
Referenti diocesani del Cammino sinodale si riuniscono in Assemblea Generale
ogni volta che la Presidenza del Comitato CS li convoca.
Nonostante i toni ottimistici del comunicato, la presa
popolare di queste attività è stata scarsissima nelle nostre comunità. Questo
risulta dagli stessi numeri diffusi dall’organizzazione. Il mezzo milione di persone che, secondo gli autori
de I cantieri di Betania, hanno partecipato quest’anno all’ascolto
sinodale sono stati solo una minima parte, più o meno il 3,5 %, dei 15
milioni di italiani che ancora vanno in chiesa ogni tanto. Quindi, la gran
parte di chi va in Chiesa non è stata coinvolta nel processo sinodale. Questo
corrisponde anche alla situazione della nostra parrocchia.
Comunque nelle diocesi italiane risultano
essere stati attivati al 31 gennaio di quest’anno 377 Cantieri.
Nella diocesi di Roma sono stati organizzate
attività solo per i tre obbligatori. In particolare nel sito
dedicato
https://www.diocesidiroma.it/cammino-sinodale/
si
legge che sono stati costituiti tre Gruppi-cantiere e che «I Gruppi-cantiere saranno a servizio delle parrocchie
e delle comunità, considerando che in questa fase saranno le varie realtà
ecclesiali a dover contattare all'occorrenza i Gruppi-cantiere per un’attività
di supporto.». Si legge anche
che «La funzione dei Gruppi-cantiere, infatti, sarà sussidiaria alle realtà
diocesane che intenderanno sviluppare un determinato cantiere. Per questo i
Gruppi non dovranno produrre materiale, ma saranno disponibili per incontri sul
territorio mettendo a disposizione quella ricchezza di informazioni e contatti,
che sono frutto dell’attività sinodale e della pastorale degli Uffici
diocesani. Avranno anche il compito, come osservatorio specializzato, di
favorire la circolazione delle buone pratiche già attivate in altre parrocchie
o realtà diocesane.» Sembra quindi che i Gruppi-cantiere siano delle specie di consulenti, non dovranno
in fatti produrre materiale. A richiesta metteranno a disposizione la
ricchezza delle informazioni e contatti di cui dispongono. Dovrebbero essere
le parrocchie, o altre realtà
diocesane, ad attivarsi. Nella nostra parrocchia non mi pare di aver notato
nulla di attivo.
I Gruppi-cantiere a Roma risultano inglobati nella burocrazia
diocesana, di recente ristrutturata. I coordinatori sono tutti preti.
La stessa situazione noto nell’organigramma
nazionale.
Tutto sembra in mano al clero, come sempre e
dappertutto, come nella nostra parrocchia. Poiché il clero è prevalentemente
conservatore, anziani e giovani non fa differenza, anzi spesso i giovani più degli
anziani, non credo che da tutti questi cammini
uscirà granché, salvo le esortazioni omiletiche di rito, se noi persone
laiche non ci daremo un po’ da fare.
Tutte le procedure sono pesantemente
condizionate dalla teologia di corte, che genera un linguaggio che ai più
risulta piuttosto criptico. I problemi veri sono presi piuttosto alla lontana,
mi pare.
Il cammino sinodale mi pare che non vada da
nessuna parte per ora, ma che si limiti a girare intorno per gli ambienti
consueti, come quando si pratica la Via Crucis. Mi piacerebbe sbagliarmi.
Sono previste varie fasi, addirittura fino al
2030.
La prima
è detta Narrativa e ci
dovrebbe occupare fino alla fine di quest’anno.
E’ così descritta:
«la fase narrativa è costituita da un biennio in cui viene dato
spazio all’ascolto e al racconto della vita delle persone, delle comunità e dei
territori. Nel primo anno (2021-22) vengono rilanciate le proposte della
Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi per la XVI Assemblea Generale
Ordinaria; nel secondo anno (2022-23) la consultazione del Popolo di Dio si
concentrerà su alcune priorità che saranno individuate dall’Assemblea Generale
della CEI del maggio 2022.»
L’ascolto è praticato secondo il metodo della conversazione
spirituale, sempre magnificata nei resoconti dei lavori fatti. Sembra che
nessuna voce critica si sia levata in proposito. Il principale problema di quel
metodo è che impedisce di discutere. Ognuno dice la sua, poi si legge un po’ di
Bibbia, si fa qualche preghiera e infine si fa silenzio. Nella striminzita
fase d’ascolto fatta in parrocchia, con la presenza di non più di una quarantina
di persone in totale, l’ho sentita come una prigione liturgica. Se avessimo
potuto discutere, però, non so come sarebbe finita, perché le posizioni tra noi
sono molto distanti. Ma non discutere impedisce anche la sinodalità, si rimane
tutti come prima.
La seconda fase è detta
pomposamente Sapienziale e dovrebbe
durare fino a tutto il 2024. Viene descritta così::
«La
fase sapienziale è rappresentata da un anno (2023-24) in cui
le comunità, insieme ai loro pastori, s’impegneranno in una lettura spirituale
delle narrazioni emerse nel biennio precedente, cercando di discernere “ciò che
lo Spirito dice alle Chiese” attraverso il senso di fede del Popolo di Dio. In
questo esercizio saranno coinvolte le Commissioni Episcopali e gli Uffici
pastorali della CEI, le Istituzioni teologiche e culturali.»
Nella nostra parrocchia non ci è stato comunicato il resoconto
della cosiddette narrazioni fatte
negli incontri sinodali (mi pare che siano stati quattro, con partecipazione
calante). Su che cosa potremo discutere? Credo che, alla fine, poiché la situazione
in Italia penso sia la stessa che da noi, sarà cosa di gerarchi e loro consulenti,
che se ne usciranno con ciò che già hanno in mente, immaginando di averci consultati.
Poi ci sarà la fase
ancor più pomposamente chiamata Profetica, che si prolungherà, oltre il Giubileo
che si abbatterà anche e prevalentemente sulla nostra città nel 2025, fino al 2030:
«La fase profetica culminerà, nel 2025, in un evento assembleare nazionale
da definire insieme strada facendo. In questo con-venire verranno assunte alcune scelte evangeliche, che le Chiese in
Italia saranno chiamate a riconsegnare al Popolo di Dio, incarnandole nella
vita delle comunità nella seconda parte del decennio (2025-30).»
Chi deciderà? L’Assemblea o la Conferenza
episcopale? L’Assemblea sarà strutturata secondo il solito metodo dei Congressi
Eucaristici con noi persone laiche ridotte/i a comparse? Non si sa: questo
sarà definito strada facendo. Ad esempio, nel Cammino sinodale delle Chiese
tedesche questo era stato messo nero su bianco fin dall’inizio, con un ruolo
molto importante dei rappresentanti dell’Organizzazione delle persone laiche.
Due grandi progetti si sono di nuovo
manifestati in Italia in questi anni: il Sinodo delle Chiese italiane (evento
mai organizzato prima d’ora) e il Ponte sullo Stretto di Messina (progetto
grandioso caratterizzato da molte false partenze). Chissà se, ora ho 66 anni,
riuscirò a passare sopra a uno dei due? L’arte di costruire ponti fu tanto
importante nell’antica società romana che il più potente collegio sacerdotale a
quell’epoca era detto dei pontefici. Il capo era il Pontefice massimo.
Il ruolo aveva anche aspetti politici,
tanto che se lo arrogarono, dal Primo secolo, gli imperatori. Poi sappiamo a
chi passò quella denominazione. E, in un
certo senso, la costruzione sociale appare talvolta ardua come il costruire grandi
ponti.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli