Il patto democratico
Spesso si presenta la democrazia come un sistema di regole che dovrebbero essere accettate con più convinzione in quanto espressione della volontà popolare. Questo la rende ostica in ambito religioso perché lì si pensa che le uniche regole valide sia o quelle discese dal Cielo o quelle deliberate dai suoi mandatari e accreditate dall’essere uno sviluppo delle prime o dal corrispondere ai principi di una lunga e vasta tradizione. In definitiva, poi, di fatto è la gerarchia al potere in una certa epoca a definire che cosa va fatto e pensato. Questo potere senza limiti, in quanto sacro, contrasta con il principio fondamentale della democrazia, vale a dire che nessun potere sociale deve essere illimitato. Esso non è soggetto alla regola della decisione a maggioranza: è il postulato principale della convivenza democratica, nessuna maggioranza può sottrarvisi senza provocare il cambio di regime. Vi sono altri principi democratici sottratti alla regola maggioritaria: ad esempio quello di uguaglianza in dignità, senza distinzioni, e quello di laicità delle istituzioni pubbliche, che implica che nessuna materia può essere sottratta al dibattito collettivo con la pretesa della sua sacralità, vale a dire di essere stata voluta in un certo modo dal Cielo.
Il principale problema nell’affrontare il tema della sinodalità è che l’attuale organizzazione ecclesiastica e un’autocrazia assolutistica, che non riconosce la competenza della popolazione nel partecipare alle decisioni che la riguardano fatta eccezione per i gerarchi, coloro che esercitano come tali un potere sacro. Questa appunto l’etimologia della parola italiana gerarchia: viene dal greco ἱεραρχία, che si legge ierarchìa, ed ha in sé le parole greche ἱερὸς, che si legge ieròs, e ἀρχή, che di legge archè, che significano sacro e origine e per estensione potere.
Questo assetto assolutistico è voluto dal Cielo? Questo lo dovete chiedere ai teologi. I gerarchi e chi li segue ritengono di sì. Di fatto l’assolutismo come lo viviamo ai tempi nostri è stato uno sviluppo relativamente recente e si è affermato faticosamente in un processo che, iniziato in Europa occidentale dall’Undicesimo secolo, riuscì ad affermarsi nel Sedicesimo, consolidandosi come è ora nel Diciannovesimo. Nulla del genere vi fu nel Primo millennio, quando, dal Quarto secolo, ebbero il ruolo gerarchico principale gli imperatori romani di Costantinopoli.
Ora si vorrebbe cambiare un po’, ma il Papa, che per il diritto canonico può tutto, sa bene che non è così di fatto e gli altri gerarchi in genere non vogliono. Tutte le altre persone di fede fanno ciò che ritengono giusto facendo finta di obbedire in tutto ai gerarchi, i quali fanno finta che i più obbediscano, anche se lo fa solo una minoranza.
Il Papa pensa che la riforma debba partire dal basso, perché in alto, dov’è anche lui, la strada è sbarrata. Ritengo che abbia ragione. Tuttavia bisogna vedere se noi, in basso, sapremo darci da fare.
In realtà il Papa immagina l’organizzazione ecclesiastica come quella di una piramide rovesciata, dove in basso ci sono i gerarchi, al servizio di un popolo sopra di loro. In genere la si pensa con i gerarchi, la minoranza, in alto a comandare, e la popolazione sotto, a ubbidire. Però non è questa la struttura immaginata durante il Concilio Vaticano 2º. Si volle abbandonare l’organizzazione piramidale, è una piramide rovesciata è più sempre una piramide.
Leggiamo in Emilio Alberich, La catechesi oggi. Manuale di catechetica fondamentale, Elledici 2001:
Mettendo al centro il tema del «popolo di Dio» e anteponendolo a quello del ministero gerarchico [Costituzione dogmatica sulla Chiesa Luce per le genti - Lumen gentium, capitolo 2], il Concilio ha sottolineato la sostanziale uguaglianza e fraternità di tutti i membri della Chiesa «riguardo alla dignità e all’azione comune di tutti i fedeli nell’edificare il corpo di Cristo» [Lumen gentium n.32].
Viene riaffermata la comune partecipazione di tutto il popolo di Dio,animato dallo Spirito, alla missione profetica di Cristo [Lumen Gentiu, n.35]. Allo schema piramidale si sostituisce perciò una immagine ovale conglobante che sottolinea la presenza vivificante del Cristo, per mezzo dello Spirito, in tutta la realtà comunitaria della Chiesa, secondo la linea: Cristo-Spiritoè comunità ecclesiale è ministeri e carismi.
Questa condizione di uguaglianza proclamata non si è mai tradotta in realtà, perché la Chiesa, dopo il Concilio Vaticano 2º, è rimasta piramidale. Però su questo si può lavorare, nelle realtà ecclesiali che non definirei come quelle che stanno in basso, bensì come realtà di prossimità. In esse, cercando spazi in cui cominciare a realizzare l’uguaglianza, si può cominciare a praticare la sinodalità democratica che è l’unico modo per aver parte nelle decisioni che riguardano tutti. Non c’è n’è un altro.
Ogni esperienza sinodale di prossimità dovrebbe iniziare con la stipula di un patto, per il quale, in un certo e delimitato ambito, si conviene di riconoscersi uguali in dignità, e quindi di affrancarsi dall’autocrazia dispotica, e di non ammetterla più. Poi si comincia e si vede come va, cercando di fare tesoro dell’esperienza e di estendere e radicare le soluzioni che funzionano.
Partiamo da una situazione in cui le persone laiche non contano nulla.
Mario Ardigó- Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli