Aveva ragione che ci criticava
E’ vero che la verità ci renderà liberi,
come è scritto?
Forse
è per questo che nella nostra Chiesa non si sa parlare di libertà, ma ancor meno
la si sa praticare: se ne diffida, non la si sopporta.
Fateci
caso: in genere, quando un predicatore se ne occupa è sempre per dire che cosa non
è. E si scopre che non è tutto
ciò che di solito si intuisce che sia, anche se non lo si sa spiegare
ordinatamente. Ogni “non è questo” è in realtà un divieto che ci limita.
Alla fine, in religione sembra che rimanga veramente poco di libertà. Allora ti
consigliano di rinunciarvi come atto di virtù, per consegnare la propria
libertà a qualche potenza soprannaturale. Ci sono delle preghiere che sono
state scritte proprio per esprimere questo sentimento. In questo modo si
avrebbe il vantaggio di non aver più responsabilità, perché indubbiamente essa
è strettamente correlata alla responsabilità. In definitiva si esorta a chiudere
il discorso facendo in modo che l’ultimo atto di libertà sia quello di
rinunciare liberamente e definitivamente alla propria libertà. L’obbedienza
sarebbe la via per salvarsi dai pericoli della libertà. Questa, in definitiva,
sarebbe la verità. Tuttavia i
conti non tornano perché se questa è la verità, non si può dire che ci faccia
liberi secondo il senso del detto evangelico
Gesù
allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: "Se rimanete nella mia
parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi
farà liberi". [Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 8, versetti 31 e
32 - Gv 8,31-32 – versione in italiano
CEI 2008]
Nell’ottica
evangelica, la libertà sembra però essere una condizione desiderabile. Non così, in genere, nella predicazione sulla
libertà.
Del resto quella predicazione corrisponde a come, praticamente fin
dal principio, si sono governate le nostre Chiese, cercando di conculcare le libertà.
Purtroppo, studiando la storia ecclesiastica cercando di evadere dall’asfissiante
propaganda che di solito la infarcisce quando la si presenta al grande
pubblico, si capisce che anche i primi processi sinodali furono avviati a quello
scopo. Insomma, non credo che poi siano veramente un buon esempio per quello
che oggi, parlando di sinodalità, si vorrebbe ottenere.
Nella nostra pratica religiosa, la storia
ecclesiastica veritiera, affidabile, basata su fonti degne di fede, è un potente incentivo alla riforma, ma è
anche qualcosa di sconvolgente per l’efferata ed estesissima violenza che la
pervade. Su questo, purtroppo, i cosiddetti nemici della religione hanno in
genere perfettamente ragione.
Il caso di Cirillo patriarca d’Alessandria in
Egitto nel Quinto secolo, ritenuto santo dalla nostra Chiesa, è esemplare a
questo proposito. Lo si può considerare un precursore di certi tremendi papi
del Medioevo. I critici dicono che fu un corrotto e un corruttore, un violento,
un despota. Ebbe un ruolo importantissimo durante il Concilio di Efeso del 431,
in cui fu proclamato il dogma della maternità divina di Maria, caratterizzato
da scorrettezze e violenze. I suoi, e forse lui stesso, furono implicati nell’atroce
assassinio della filosofa e matematica Ipazia, che viveva nella sua città.
Silvia Ronchey vi ha scritto sopra un bel libro, disponibile anche in e-book: Ipazia,
la vera storia, BUR 2011. Ipazia fu fatta a pezzi in una chiesa di
Alessandria, ancor viva le furono cavati gli occhi e ciò che rimaneva del suo corpo fu arso. Gli
scritti di Cirillo sono considerati molto importanti per lo sviluppo della nostra dogmatica. Ne parlò durante un’udienza
generale del 3 ottobre 2007 il papa
Benedetto 15°:
https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2007/documents/hf_ben-xvi_aud_20071003.html
La storia, purtroppo, è quella che è. In
preparazione al Grande Giubileo dell’Anno 2000, il papa Giovanni Paolo 2° ci esortò
a farne una memoria veritiera, nella sforzo di purificazione della memoria.
Per non seguire certi cattivi esempi del passato. Ma, per funzionare, questa
pratica non deve consistere nella cancellazione della memoria dei fatti disdicevoli, disonorevoli.
Altrimenti dov’è la verità? A meno di non considerare tale, come in
genere si è esortati a fare (un tempo si era costretti), solo quella proclamata
dai nostri gerarchi ecclesiastici. Così facendo però, c’è poi poca reale verità
e naturalmente anche poca libertà.
Serve la violenza per mettere a tacere la verità e sostituirla con la sua contraffazione.
Un
processo sinodale può servire per cambiare veramente se non preclude la
ricerca della verità. Richiede impegno e
di sorreggersi a vicenda, per affrontare il terribile peso di certe verità. Non
si parla qui delle fantasie della teologia (è a queste a cui di solito si allude
parlando di verità in religione). No, si parla di ciò che è accaduto, ad
esempio di chi ha ammazzato chi, come e perché. La nostra storia ecclesiastica
è stata orrendamente stragista.
Ma la nostra fede, con tutti gli orrori in
mezzo ai quali è stata praticata, ha ancora un senso? O, come sostengono i suoi
critici, è qualcosa che, nell’interesse dell’umanità, sarebbe meglio
abbandonare?
Purtroppo la storia dell’umanità si è
sviluppata tra orrori e orrori, e, in fin dei conti, oggi non siamo meglio degli
avi, come è dimostrato chiaramente nella guerra che si combatte in Ucraina, con
gente che ha preso a massacrarsi ferocemente a colpi di pala, emulando gli
orrori delle guerre medievali, con le mazze ferrate e altri ordigni simili. Cristiani
contro cristiani, nell’impotenza, e anche connivenza, dei gerarchi ecclesiastici
su entrambi i fronti. Il vangelo ci consente di dire che questo è il male,
e non è poco.
Sento spesso parlare e predicare di religione
in termini un po’ bambineschi, e anche da persone adulte colte. E’ una cosa da
cambiare cercando di diventare realmente sinodali.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.