Sinodo: riprendiamo
Il mese prossimo il nostro gruppo parrocchiale di Azione Cattolica ricomincerà le riunioni infrasettimanali.
Nella prima parte di quest’anno abbiamo riflettuto molto su sinodo e sinodalità, dopo che un anno fa papa Francesco ha voluto iniziare dalla base dei fedeli un processo sinodale destinato a riformare la nostra Chiesa. Contemporaneamente i vescovi italiani hanno avviato un analogo processo dedicato a cambiare specificamente il modo di fare Chiesa locale in Italia. Si voleva cominciare, in entrambi gli ambiti, ascoltandoci. Siamo stati quindi invitati a parlare con franchezza della nostra esperienza sinodale. In parrocchia abbiamo tenuto alcune riunioni a questo fine. Qualcosa dovrebbe essere stato scritto in merito alla Diocesi, perché poi, in quella sede, fosse elaborata una sintesi del lavoro di tutte le parrocchie romane da inviare alla Conferenza Episcopale Italiana. Quest’ultima, sulla base del lavoro di tutte le Diocesi italiane, dovrà riferire al Sinodo dei vescovi, competente per tutto il mondo, e anche organizzare studi, incontri e riflessioni per il sinodo italiano. Un moto che, come voluto da Papa Francesco, dovrebbe andare dal basso verso l’alto per poi ritornare verso il basso, dove l’ “alto” sono i vescovi.
Va osservato, però, che nel pensiero di papa Francesco c’è anche un rovesciamento del modello “fedeli in basso/vescovi in alto”, in uno schema piramidale dove il basso è la base della struttura, dove stanno i più. Il Papa immagina una piramide rovesciata dove in alto stanno i più e i vescovi in basso. Siamo molto lontani, però, dal realizzarlo. Infatti, semplicemente, i più non contano nulla nella nostra Chiesa e decidono tutto il clero e i religiosi, e, tra il clero, i vescovi e il Papa. Anche per il diritto canonico deve funzionare così.
Ma perché poi bisognerebbe ascoltare chi non conta nulla? E infatti i più non sono stati ascoltati, anche quando sono riusciti a parlare. I vescovi italiani hanno organizzato la fase cosiddetta, pomposamente, dell’ascolto del Popolo di Dio come una liturgia e, tra i cattolici, nelle liturgie i fedeli non parlano se non per leggere ciò che c’è scritto sul foglietto.
In parrocchia s’è parlato, ma poi non è cambiato nulla: segno che non s’è ascoltato. Non ne faccio una colpa ai nostri bravi preti, che hanno deciso tutto, se non per il fatto, appunto, di aver deciso tutto loro, in modo non sinodale, del resto sulla base di quanto era stato loro comandato dai vescovi. Bisognava inscenare l’ascolto ed è stato organizzato. Si è dato l’apposito avviso durante la Messa e la quarantina che si sono presentati hanno discusso in gruppi sui temi proposti nel manifesto del sinodo, riadattati dalla Diocesi. È mancata la fase fondamentale di un processo sinodale: la discussione sul metodo. Chiamati a provare ad essere sinodali non si è nemmeno provato a sentire come ci sarebbe piaciuto organizzare il lavoro. Dico che non ne faccio una colpa ai preti perché sono persone che danno tutto loro stessi nel loro ministero e fanno come è stato loro insegnato e ordinato di fare. Alla fine della giornata sono esausti e lo sono perché fanno tutto loro e il tempo così non basta mai. Ma come potrebbe essere diversamente? Da un lato un pugno di preti e dall’altro circa ottomila persone, tanti possono essere stimati coloro che gravitano sulla nostra parrocchia per le loro esigenze di fede. La soluzione, però, sembrerebbe a portata di mano: è appunto la sinodalità, coinvolgere più persone nella decisione e realizzazione. Che cosa impedisce di prendere quella via? È una questione antica. È dovuto alla profonda diffidenza di clero e religiosi verso tutti gli altri, che è lo specchio di quella dei vescovi. Ci vorrebbero sempre eterni fanciulli, docili ad ogni loro comando. Ma quando si era bambini si ragionava da bambini, e ci si lasciava condurre, ora siamo donne e uomini che ragioniamo come tali, ma di fronte a clero e religiosi facciamo finta di essere pupe e pupi, e poi facciamo come ci pare. Tutti fanno finta che funzioni, ma non è così.
Dunque il primo passo di un vero processo sinodale è abbandonare l’ipocrisia per cui noi fedeli facciamo finta di ubbidire e clero e religiosi fanno finta di essere obbediti. Bisogna parlarci con franchezza, quella che nel greco evangelico veniva definita parresìa, in modo da mettere le basi di una vera collaborazione, che significa anche partecipazione. Siamo ancora ben lontani da questo, e penso che questa sia più o meno la situazione sia nelle altre parrocchie che altrove, in tutte le articolazioni ecclesiastiche.
Adesso in genere si pensa che nelle parrocchie con la sinodalità sia finita, perché ci siamo incontrati nei mesi scorsi e che c’è da dire ancora? Direi che c’è tutto. I più devono ancora capire bene di che si tratta. Non è che tutto si può risolvere con cinque o sei incontri di quaranta persone su ottomila. Bisogna proseguire, in particolare imparando dagli evidenti errori organizzativi commessi.
La prova dell’insuccesso della nostra prima esperienza di sinodalità è che non è cambiato nulla. I fedeli non contano e non decidono ancora nulla, nemmeno le cose minime, come i giorni e gli orari delle varie attività.
I preti dovrebbero rendersi conto che non va bene che decidano tutto loro. Così si fa poco, nonostante che loro fatichino molto, ma è come voler svuotare l’oceano con una tazzina. La sede della parrocchia, che dispone di tanti spazi che potrebbero essere usati per incontrarsi, e non ce ne sono altri simili nel quartiere, è semivuota per larga parte del giorno. Uno spreco. I più giovani, in particolare non ci vengono, se non comandati dalle famiglie per poter ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana, poi subito li perdiamo. Scrivo cose risapute.
Non si tratta di organizzare un concilio o di mettere in discussione la nostra immaginifica dogmatica: bisognerebbe cominciare a consentire una reale partecipazione nelle piccole cose. Ad esempio incontrandoci per pensare a come organizzare l’assemblea parrocchiale, dove i fedeli possano realmente farsi ascoltare.
Cominciamo a ragionarci sopra nel nostro gruppo.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli