ELEZIONI POLITICHE 2022
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Appunti per una scelta consapevole
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È opinione comune che le prossime elezioni politiche, per il rinnovo dei membri del Parlamento, produrranno forti novità. I sondaggi diffusi fino a ieri indicavano anche la coalizione vincente e il vantaggio ad essa attribuito rispetto ad altri partiti e coalizioni. Tuttavia queste previsioni potrebbero non essere del tutto affidabili, nonostante che siano state elaborate all’esito di procedure di statistica demoscopica condotte da agenzie qualificate. Anche la statunitense agenzia spaziale NASA aveva programmato un lancio di un’astronave di nuova concezione verso la Luna e, poi, per problemi imprevisti durante il caricamento dei propellenti nei grandi serbatoi di alcuni dei motori, l’ha dovuto prima rimandare e poi sospendere a data da destinarsi. Nei progetti si stimava che tutto dovesse filare liscio.
Ogni risultato di sondaggio demoscopico deve per legge indicare le dimensioni del campione di popolazione intervistato e i metodi statistici impiegati per l’analisi. Questi ultimi sono indicati con sigle che dicono poco ai profani. Il primo dato è invece comprensibile anche ai non specialisti e può consigliare prudenza nell’affidarsi alle conclusioni dell’indagine. Del sondaggio diffuso ieri dalla rete televisiva che abitualmente vedo la sera, risultava che il campione era composto da 1.500 persone e che il 41% degli intervistati non aveva risposto. Gli elettori chiamati a votare il prossimo 25 settembre sono circa 45 milioni. I tecnici statistici cercano di comporre il campione di persone intervistate in modo che rifletta gli orientamenti dell’intero corpo elettorale, ma l’operazione riesce meglio quando, come è successo in Italia fino alle elezioni politiche del 2008, le opinioni della gente sono piuttosto consolidate e solo una quota marginale tende a variare le proprie scelte. Dal 2013 non è stato più il caso delle elezioni politiche italiane. Si è infatti prodotto il quasi totale ricambio del ceto parlamentare, il declino di partiti che dal ’94 si erano alternati come maggioranza di governo e si è assistito al successo di formazioni nuove o profondamente rinnovate. E a un aumento di persone che hanno deciso di non andare a votare.
Quando ho votato per la prima volta alle elezioni politiche nazionali, nel 1976, a diciannove anni, l’affluenza alle urne fu del 93,40%, nel 2013 fu del 75,19%, nel 2018 fu del 72,93%.
Non è detto che la percentuale dei non votanti alle prossime elezioni corrisponda a quella delle persone intervistate in quel sondaggio che hanno deciso di non rispondere. Esprimere un orientamento in un sondaggio non è come votare alle elezioni. La differenza è enorme sotto diversi profili, compreso quello morale, che per le persone di fede è molto importante. Fino al giorno delle elezioni nulla si può dire ancora accaduto; invece, dopo l’atteggiamento tenuto nel voto, anche solo non andando a votare, si inciderà sul risultato politico mettendo in questione la propria personale responsabilità etica. Si sarà moralmente responsabili di ciò che ne conseguirà, come se si fosse deciso da soli tutto.
Le alte percentuali di persone che nel sondaggio non esprimono un orientamento rendono il risultato meno affidabile ed esso probabilmente si discosterà dal risultato elettorale reale in misura proporzionale alla minor percentuale di persone che non vanno a votare rispetto a quella delle persone intervistate che non avevano espresso un orientamento nel sondaggio. Più sarà alta l’affluenza degli elettori più il risultato elettorale potrebbe divergere dalla previsione del sondaggio. Insomma, può stimarsi che se il 25 settembre prossimo andrà a votare una percentuale di elettori pari a quella che votò alle elezioni del 1976, il risultato elettorale potrebbe discostarsi molto da quello stimato nel sondaggio, di quanto e in che direzione non è possibile prevedere.
In queste elezioni politiche sono in questione, più che nelle altre, valori molto importanti. Nel prossimo Parlamento si dovrà decidere, ad esempio, tra la guerra e la pace. E se e come intervenire per cercare di lenire la grave recessione economica che si prospetta fin dai prossimi mesi a causa del forte aumento dei costi dell’energia, provocato dalle ritorsioni della Federazione Russa in risposta a quelle decise da NATO e Unione Europea contro la Federazione Russa, dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Molta gente in Italia sta per perdere il lavoro. L’incipiente ripresa economica indotta dai massicci finanziamenti dell’Unione Europea dopo la crisi recessiva determinata dall’epidemia da COVID-19 sta arrestandosi.
Fin dagli anni ’90 il ceto politico nazionale sta tentando di riformare la Costituzione repubblicana deliberata dall’Assemblea Costituente tra il 1946 e il 1947 ed entrata in vigore il 1 gennaio 1948, per rafforzare i poteri di governo e cambiare la struttura del Parlamento. Due commissioni bicamerali organizzate per quelle riforme non hanno prodotto risultati significativi. Nei due referendum costituzionali del 2006 e del 2016 vennero respinte due riforme costituzionali prodotte da coalizioni di segno diverso.
Dopo le elezioni del 2018, nell’anno seguente una delle principali istanze politiche di riforma costituzionale del partito risultato maggioritario fu accolta: la riduzione del numero dei membri elettivi di Camera dei deputati e senatori rispettivamente a 400 e 200. Questa riforma costituzionale fu approvata dal referendum costituzionale del 2020, in cui votò il 53,85% degli aventi diritto.
Ora, se il risultato elettorale stimato dal sondaggio per le prossime elezioni politiche di cui dicevo fosse confermato alle votazioni, la coalizione vincente disporrebbe di una forza parlamentare il grado di modificare la Costituzione e, se l’affluenza ad un successivo referendum costituzionale fosse quella del 2020, anche della forza referendaria per approvarla definitivamente. Quella coalizione ha nel suo programma, appunto, una incisiva riforma costituzionale per rafforzare il potere esecutivo, ma in campagna elettorale ha espresso propositi politici in cui sono implicati anche diversi altri valori contemplati dalla Costituzione vigente. Ad esempio, la nostra posizione nell’Unione Europea e il riconoscimento giuridico di legami famigliari. L’acquisizione o il controllo da parte dello Stato di settori dell’economia nazionale. Come detto, i temi di pace, guerra, armamenti, alleanze militari. Insomma un bel po’ di carne al fuoco: un vivace attivismo presentato con l’immagine colorita del rivoltare l’Italia come un calzino.
In materia di etica e valori, i vescovi italiani hanno sempre rivendicato il diritto di intervenire nella politica italiana. E lo hanno sempre fatto con molta decisione. Nell’autunno del 2011 una prolusione del Presidente della Conferenza Episcopale italiana venne ritenuta uno dei fattori principali che portò il governo nazionale a dimettersi, nel pieno di una grave crisi economica. Questo interventismo è parte dei loro doveri, replicano di solito a chi protesta ritenendolo una indebita ingerenza. Questa volta però, tutti, tacciono. È vero che, in genere, le loro prese di posizione sono state discutibili. Di solito, insomma, non ci prendono, in politica. E tuttavia si è trattato di un Magistero importante, perché ha esposto ordinatamente e compiutamente l’oggetto delle decisioni da prendere e le relative responsabilità morali. Su questa base era poi possibile sviluppare una riflessione consapevole e motivata, in cui la coscienza delle persone di fede, anche decidendo di discostarsi motivatamente dagli orientamenti episcopali, lo potesse fare con una scelta che tenesse conto delle esigenze etiche legate alla fede. Aver fatto mancare quel supporto di questi tempi, con la grande rilevanza valoriale delle prossime elezioni, mi è parso una sorta di diserzione, e non posso dirne null’altro perché non ne sono state date motivazioni esplicite. Questa volta non si vogliono impicciare, hanno detto solo.
Dunque dobbiamo fare da soli, in una situazione che si prospetta come inedita, in cui quindi mancano precedenti su cui orientarsi.
Qual è il primo punto da tener presente?
Nelle elezioni politiche del 1948, in cui si temeva il successo del Fronte democratico popolare, la formazione politica in cui erano confluiti il Partito comunista e quello socialista, all’epoca entrambi di ideologia marxista, fu adottato lo slogan “Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no”, uscito dalla penna dello scrittore Giovannino Guareschi, l’autore dei racconti e romanzi della saga di Don Camillo e Peppone. All’epoca i comunisti italiani seguivano una rigida disciplina di partito in cui si teneva conto delle direttive del dittatore segretario generale del Partito comunista dell’Unione Sovietica Iosif Vissarionovič Džugašvili, detto Stalin cioè acciaio, (1878-1953). Si voleva intendere che, in coscienza, bisognava anche alle elezioni ubbidire a Dio piuttosto che al proprio partito, al quale le scelte fatte nell’urna sarebbero rimaste ignote, protette dal segreto elettorale.
Oggi nessun partito politico italiano riesce a ottenere un’adesione tanto fedele alle proprie direttive da incidere profondamente sulla coscienza personale (alle elezioni si decide prevalentemente in base a calcoli di quanto se ne potrebbe ricavare da questo o quell’orientamento o a suggestioni emotive estemporanee). Ma, nonostante questo, non è detto che le coscienze siano veramente libere. Perché si può finire ancora schiavi della propria avidità, delle proprie paure, dei propri odi. E, di solito, i partiti politici, in campagna elettorale, proprio su quelle cose cercano di fare leva. In questa campagna elettorale mi sembra che nessun partito abbia rinunciato ad usare quello strumento. Nessuno ha detto chiaro che stiamo entrando in una recessione che ci farà molto soffrire, che si diventerà tutti un po’ più poveri, ma che soffriranno di più quelli che hanno già meno. Il presidente francese Macron l’altro giorno ha dichiarato che a breve finiranno i tempi dell’abbondanza, ma molta gente non li ha mai vissuti. La nostra infatti è una società profondamente diseguale. Allora, si può resistere solo organizzando una profonda solidarietà nazionale, soccorrendo chi sta peggio, come fratelli e sorelle. Fratelli tutti è il titolo dell’ultima enciclica di papa Francesco, diffusa nel 2020 e che mi pare sia ancora poco conosciuta anche tra le persone di fede.
Agiamo sempre al cospetto di Dio. Dio vede ogni cosa. Di questo il credente di solito si dice certo, altrimenti non si può definire tale. Sia fatta la tua volontà, recitiamo nel Padre nostro (a proposito a chi in campagna elettorale si fregia della qualifica di cristiano, chiedete di recitare per intero quella preghiera, che è Vangelo ed è, come dire, l’abc del cristiano. Potreste avere sconcertanti sorprese). In questo ci mettiamo un po’ in secondo piano, per riflettere quale sia, oggi, anche nella scelta elettorale, la volontà di Dio. Certamente egli non patrocina alcun partito, né nessun partito ha il diritto di rivendicare di avere il favore, altrimenti bestemmierebbe. In coscienza, ciascuna persona è al suo cospetto da sola.
Certo, un vescovo l’avrebbe detto molto meglio, del resto è parte del suo ministero, ma questa volta non si impicciano, hanno detto.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.