ELEZIONI POLITICHE 2022
-14-
Appunti per una scelta consapevole
**************************
Alle prossime elezioni politiche eleggeremo i
nuovi membri del Parlamento, composto di due camere, la Camera dei deputati,
di quattrocento deputati, e il Senato, di duecento senatori, oltre a un
piccolo numero di senatori a vita. Questi ultimi sono stati nominati da
un Presidente della Repubblica per meriti insigni o sono ex Presidenti della
Repubblica (alla cessazione dalla carica il Presidente lo diventa). Attualmente
sono: Elena Cattaneo, biologa; Mario Monti, economista ed ex Presidente del Consiglio
dei ministri; Giorgio Napolitano, ex Presidente della Repubblica; Renzo Piano,
architetto, Carlo Rubbia, fisico e premio Nobel; Liliana Segre, superstite e testimone
della Shoah [=sterminio devastante] perpetrata dai nazisti tedeschi e
dai loro alleati fascisti europei durante il regime nazista hitleriano.
I compiti principali del Parlamento sono di
deliberare le leggi, comprese quelle che modificano la Costituzione, e di concedere
la fiducia al governo, contribuendo a legittimarlo all’esercizio del suo
potere.
Con il termine governo si intende il consiglio
dei ministri, composto dai ministri e da un suo presidente, che sono nominati
dal presidente della Repubblica. La nomina del presidente della Repubblica è l’altro
atto necessario per legittimare il potere del governo. Il presidente della Repubblica
non può revocare il governo. Il Parlamento può votare la sfiducia ad un governo,
il cui presidente, allora, deve presentare le sue dimissioni al presidente
della Repubblica, dopo di che il presidente
lo sostituirà, previe consultazioni con i presidenti della camere del parlamento,
con gli ex presidenti della Repubblica ed esponenti dei partiti. Il nuovo
presidente del consiglio dei ministri dovrà cercare di organizzare una
maggioranza che dia la fiducia al suo governo e, una volta fatto, indicherà al
presidente della Repubblica i ministri
del nuovo governo perché li nomini. Poi si presenterà alle camere del
parlamento per ottenerne la fiducia.
La Costituzione non prevede che il segretario
politico del maggior partito uscito dalla elezioni sia automaticamente
incaricato come presidente del consiglio dei ministri. La scelta è esclusiva del presidente della Repubblica
che, nel farla, considererà vari fattori, in particolare cercherà di indicare
una persona che, per il suo curricolo di studi e di incarichi pubblici, appaia
capace di svolgere quell’alto ufficio e
che, inoltre, riscuota il consenso dei partiti della sua maggioranza e la stima
degli altri partiti e di larga parte degli italiani.
I leader dei maggiori partiti politici che
presentano candidati alle prossime elezioni politiche sono stati ministri e,
alcuni di loro, anche presidenti del consiglio dei ministri. Sotto questo
profilo appaiono tutti persone affidabili. Conoscono il lavoro che si fa in un
governo. Anche diversi altri candidati alle elezioni hanno fatto parte di
governi.
Ma, come ho detto, le elezioni politiche non
si fanno per nominare membri del governo. E, ciononostante, le scelte
elettorali incidono sicuramente sul futuro governo, che dovrà ottenere la
fiducia delle nuove camere del parlamento. Inoltre il Parlamento delibera
alcune importanti leggi in materia di finanza pubblica con cui definisce obiettivi
di programmazione economica e autorizza il governo a riscuotere tributi e ad
effettuare spese. In diversi altri modi il parlamento può influire sull’indirizzo
politico del governo, ma è vero anche che pure il governo può influire sul
parlamento.
Di solito gli elettori cercano di capire gli
indirizzi generali dei partiti che presentano candidati alle elezioni, per fare
una scelta consapevole. In questo sono ostacolati dalla propaganda elettorale,
nella quale ciascun partito cerca di non mettere in primo piano ciò che
potrebbe renderlo meno popolare. Comunque qualcosa, in genere, si capisce. E’
abbastanza importante ricordare come si sono comportati i partiti e i candidati
in passato e, in questo, siamo agevolati dalle ricerche che possiamo fare
mediante internet. Difficilmente in futuro i partiti faranno diversamente dal
passato, a meno che non abbiano subito notevoli riforme o cambi di
orientamento. E’ come quando si decide di sposarsi: in genere è sbagliato
pensare di poter cambiare chi si ama dopo averlo sposato, correggendone i difetti. L’esperienza
insegna.
E’ importante capire quali sono stati in passato
gli ambienti che hanno manifestato maggior consenso per un certo partito e ai
quali quel partito ha fatto le più consistenti promesse di benefici.
Nelle questioni di interesse, c’è una
importante distinzione tra imprenditori e lavoratori dipendenti. Le esigenze
delle due categorie sono diverse e spesso contrastanti. C’è poi la questione
della parità effettiva delle donne in
società. Su questo tema le candidate donne sono più credibili e affidabili. E,
tra i tanti temi da prendere in considerazione, c’è anche quello dell’atteggiamento
verso la fede cristiana e la nostra Chiesa. Oggi nei maggiori partiti non vengono
manifestati apertamente atteggiamenti anticristiani, anzi. I cattolici sono un
importante bacino elettorale. Ma nessuno dei partiti che presentano candidati
alle prossime elezioni fa espresso riferimento alla dottrina sociale, come
invece accadeva nella Democrazia Cristiana. Per i candidati che si definiscono
espressamente cristiani bisogna poi vedere in che cosa consiste e si manifesta
la loro cristianità. Per alcuni candidati la cosa è evidente: sono noti come persone
di chiesa. Per altri lo è molto meno.
Sulla cristianità di un persona non è utile fare riferimento al
fatto che aderisca o meno al Magistero, perché su alcuni temi sociali esso è
oggi piuttosto controverso anche tra i fedeli cattolici. Piuttosto, è meglio fare
riferimento ai valori evangelici, in particolare al comando della politica come
servizio che fu dato espressamente dal Maestro. E poi sul valore della
misericordia, nello spirito della parabola del Buon Samaritano. La persona
buona risplende: raro sbagliarsi. Un primo importante indizio è la sua mitezza.
Un indizio severo di contrasto con le
esigenze evangeliche è, ad esempio, il razzismo in ogni forma. Accogliere,
accompagnare, integrare sono gli imperativi
proposti dalla dottrina sociale riguardo l’atteggiamento verso lo straniero che
arriva da noi per salvarsi la vita da miseria, oppressione o guerra. Questo
deriva da un esplicito comando evangelico. Spesso lo si diserta per paura, ma
allora non ci si può più dire cristiani, perché il cristiano è una persona coraggiosa.
In una società in cui c’è un notevole
pluralismo di valori, non possiamo, però, pretendere di imporre le leggi
della nostra fede a tutti gli italiani, né che in un partito tutti le seguano.
Però possiamo cercare che esse siano prese in considerazione, non
sbrigativamente accantonate: insomma che ci sia un dialogo sui valori che esse
propongono. E poi è consigliabile puntare a realizzare il maggior bene concretamente
possibile in una certa situazione storica.
A volte si tratta di dilemmi difficili.
Cataldo Zuccaro, teologo morale, che è stato
anche assistente generale del MEIC – Movimento ecclesiale di impegno culturale,
ha pubblicato recentemente un libro su questo tema: Le dinamiche del discernimento
- Verso la soluzione dei conflitti
morali, Queriniana 2022, €20,00. E’ un testo impegnativo, ma molto interessante.
Uno degli insegnamenti in esso contenuti è che la persona di fede non può
decidere nulla in modo esclusivamente egoistico o per capriccio e tanto meno a
caso. E’ in gioco la virtù della prudenza, non intesa nel senso comune
di cautela, ma dal latino come sapienza delle situazioni. Bisogna
informarsi bene, vagliando tutti i pro e i contro e sentirsi personalmente
responsabili della scelta che si fa.
Naturalmente nelle scelte politiche, come in ogni
altra scelta sociale, si tiene conto anche del proprio bene, ed è
umano. Se una persona è lavoratrice dipendente non è eticamente disdicevole che
non appoggi orientamenti politici che, ad esempio, rendano più facile licenziare
o che trasferiscano risorse pubbliche dai lavoratori ai datori di lavoro, o che
riducano di molto i tributi che gravano sui più ricchi facendo venire meno le
risorse pubbliche per le spese in favore del benessere di tutti, tra i quali i
meno ricchi sono la maggioranza.
Tuttavia la dottrina sociale insegna a tener
conto anche del bene comune, vale a dire ciò che realizza pace e
benessere diffuso, non inteso solo in senso materiale, ma anche morale e spirituale.
La società è bella se la gente ci vive
bene, libera dalla violenza e dal bisogno degradante, in un ambiente naturale
ameno, con la possibilità di coltivare la propria istruzione e la bellezza, in
mezzo a persone amiche, libera di potersi formare una famiglia, senza che siano sprecate risorse pubbliche per
opprimere altri popoli. Al termine della storia, il libro dell’Apocalisse, con
cui si conclude la Bibbia dei cristiani, ci presenta una città così, in cui ogni lacrima sarà asciugata.
Così si capisce la profonda radice anticristiana del fascismo, nonostante i
molti e disonorevoli compromessi patteggiati con esso dalla nostra Chiesa fino
all’inizio degli scorsi anni ’40.
Naturalmente, definire il bene comune in generale è facile:
Dal Compendio della dottrina sociale
164 Dalla dignità, unità e uguaglianza di tutte le persone deriva
innanzi tutto il principio del bene comune, al quale ogni aspetto della vita
sociale deve riferirsi per trovare pienezza di senso. Secondo una prima e vasta
accezione, per bene comune s'intende l'insieme di quelle condizioni della vita
sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di
raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente.
Il bene comune non consiste nella semplice
somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e
di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è
possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro.
Come l'agire morale del singolo si realizza nel compiere il bene, così l'agire
sociale giunge a pienezza realizzando il bene comune. Il bene comune,
infatti, può essere inteso come la dimensione sociale e comunitaria del bene
morale.
In pratica è molto difficile individuarlo
nelle varie situazioni, e soprattutto realizzarlo al meglio possibile. Infatti,
gli egoismi collettivi di fatto lo contrastano, sorretti in particolare da
quelle persone e formazioni politiche per le quali il bene comune non è un valore condiviso, ma si vorrebbe
invece la prevalenza del più forte, considerato, per il successo concretamente
ottenuto anche con inganno, violenza o avvantaggiandosi di ingiustificati privilegi,
anche il migliore. E presentando questo come meritocrazia. Fu l’ideologia
del fascismo storico (1921-1945), che infatti non considerava un valore l’uguaglianza,
come invece lo considerano le
ideologie democratiche.
Decidere tutto da soli espone ad ingannarsi.
Meglio sarebbe discuterne con altre persone, nel dialogo. Dopo la
riforma del Concilio Vaticano 2° (1962-1965) questo dovrebbe farsi anche negli
ambienti ecclesiali, ad esempio nelle parrocchie. Ma, in genere, non si fa. A nessuno,
infatti, piace essere messo a confronto con il vangelo nelle questioni di
interesse.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli