Sinodalità: cominciamo dall’inizio
Cominciamo dall’inizio: che cos’è la sinodalità? Su questo non si è d’accordo. Però si può cercare di discutere per trovarlo. Questo è appunto un modo sinodale di procedere. Dove non lo si può fare non c’è sinodalità. Ed è proprio questa in genere la situazione delle nostre Chiese in Italia. C’è chi dispera di riuscire a cambiarla e chi invece teme che ci si riesca. Ognuno, così, diffida dell’altro e lo vede come un pericolo.
Uno storico della Chiesa che conosco ha detto che la gerarchia ecclesiastica non accetterà mai una Chiesa che agisca in modo sinodale perché ciò comporterebbe di mettere in questione proprio l’ordinamento gerarchico, che è diventato tanto importante per noi che lo si definisce santo. Santo etimologicamente significa che qualcosa non si può cambiare sotto pena di una sanzione. Vale per inviolabile. È più o meno lo stesso che sacro, anche se questa parola è legata all’idea che qualcosa sia inviolabile perché legata ad una divinità. La parola italianagerarchia porta in sé il sacro, ma nella versione del greco antico ἱεραρχία, che si legge ierarchìa e che significa il comandare in ciò che è sacro, dove il sacro sta nel nello ier-, che deriva da ἱερὸς, che si legge ieròs, e che, appunto, significa sacro. Quindi dire la santa gerarchia, significa voler intendere un potere inviolabile nel massimo grado, santissimo, chi lo tocca deve attendersi una tremenda sanzione dall’alto. Questo spiega perché i riformatori nella nostra Chiesa abbiano fatto spesso una brutta fine. Non perché il male fosse giunto loro effettivamente dall’alto, ma perché la gerarchia, presentatasi in questa come plenipotenziaria del Cielo, si incaricò di liquidarli o, almeno, di tentare di silenziarli.
Veramente la costituzione gerarchica della nostra Chiesa è incompatibile con ciò che intendiamo con sinodalità? Sì e no. Di nuovo, il problema è di che cosa si intende per sinodalità.
La nostra gerarchia ecclesiastica è strutturata in modo che la volontà del potere scenda dall’alto in una sorta di piramide, dove alla base c’è la quasi totalità dei fedeli, che non contano nulla. Ogni figura di potere comanda su quelle dei gradi inferiori ed e comandata da quelli superiori e, sopra tutti, c’è il Papa che, almeno sulla carta della legge ecclesiastica, può tutto ciò che vuole, perché è considerato plenipotenziario e luogotenente del Cielo, con le sue potenze invisibili. Naturalmente le cose non sono così semplici e, in concreto, può avvenire, ed è avvenuto, che livelli inferiori influiscano verso l’alto. In certa misura è anche accaduto che chi in questo schema non conta nulla, e sulla carta non potrebbe decidere nulla, abbia dettato la linea verso l’alto. Questo è avvenuto in maniera molto eclatante nelle nostre Chiese in Europa occidentale negli ultimi sessant’anni. La gerarchia è per così dire andata a rimorchio della gente che non contava nulla secondo l’ordinamento ecclesiastico, ma che aveva finito per contare molto per la sua capacità politica di governare secondo metodi democratici, vale a dire quelli in cui ciascuna persona può in qualche modo influire sulle decisioni che la riguardano, e quindi può anche discutere su di esse. Allora, sinodalità può significare il prenderne atto e strutturare delle procedure che consentano di farlo con sistematicità. Questo è il senso del movimento per la sinodalità che pervade alcune delle nostre Chiese europee, come quella tedesca e quella Italiana. Per la gerarchia, però, sinodalità non ha quel senso, ma è intesa come quella liturgia, organizzata da clero e religiosi, nella quale le persone di fede accettano liberamente di non contare nulla, di non decidere nulla, di non discutere nulla, come per secoli s’è fatto. In questa prospettiva sinodalità e gerarchia sono effettivamente incompatibili. Com’è allora che proprio il massimo gerarca, vale a dire il Papa, vorrebbe promuovere una Chiesa sinodale? Perché la Chiesa tiranneggiata dalla gerarchia non va tanto bene e o si va dissolvendo o cade nelle mani di poteri che le assomigliano, come sta accadendo in quest’epoca nella Federazione russa.
I gerarchi però osservano che una Chiesa così non c’è mai stata, e tutto sommato hanno ragione. In una Chiesa come la nostra dove i costumi antichi sono tenuti in grande considerazione questo è un argomento importante. Però, discutendo con spirito sinodale di antichità, bisogna anche osservare che la gerarchia ecclesiastica non risale certamente alle origini, è frutto di un’evoluzione sociale che si è prodotta verosimilmente a cavallo tra il Primo e il Secondo secolo, con l’istituzione del sacerdozio ministeriale prendendo spunto da quello dell’antico ebraismo. Per dire: gli apostoli non furono né preti né vescovi.
I primordi di questo processo che si concluse circa millecinquecento anni dopo le comunità delle origini sono piuttosto misteriosi, come anche la spiegazione di come la gerarchia da nemica dell’ordinamento imperiale romano ne sia divenuta parte integrante a partire dal Quarto secolo. Quello che importa è però prendere consapevolezza che ciò che c’è ora non è nato così com’è ora, ma che si è formato in metamorfosi durate millenni, recependo le culture in cui le comunità di fede erano immerse. Dunque le pretese di inviolabilità di ciò che storicamente è stato cambiato lasciano un po’ il tempo che trovano. E possiamo anche tranquillamente riconoscere che, nella storia delle nostre Chiese, nessuna generazione ha lasciato le cose così come le ha trovate. La regola, insomma, non è stata l’inviolabilità ma il cambiamento. Ciò che è rimasto caratteristico delle Chiese cristiane dalle origini fino ad oggi è un continuo cercarsi, il non sopportare di vivere la nostra fede ciascuno confinato nel proprio ambiente sociale disinteressandosi degli altri. Fin dalle origini si è viaggiato molto, ci si è parlati molto, per cercare di intendersi per manifestare ciò che presto venne definito comunione. Questa, appunto, è sinodalità.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli