Programmare la sinodalità parrocchiale
Da anni si
parlava di incrementare la partecipazione della gente negli ambienti ecclesiali.
La si è cominciata a chiamare sinodalità da papa Francesco in poi.
Tutte le persone di fede in mezzo ad un sinodo? Comprese quelle che finora non hanno contato nulla e non sanno di teologia? Questo non c’è mai stato storicamente. Sarebbe un bel cambiamento. E, infatti,
il Papa ha parlato di un riforma in senso sinodale delle nostre Chiese. Poiché ha
cominciato a farlo lui, allora anche noi lo si può fare senza più tanti
problemi.
Riforma è un cambiamento strutturale di una materia o di
un’istituzione. Qualcosa era fatto in un modo e poi viene cambiato.
L’architettura dell'attuale Chiesa cattolica, tanto diversa da quella delle origini e, in generale, da quella del Primo millennio, nasce
da una riforma attuata a partire
dall’Undicesimo secolo, da un’altra riforma attuata nel Sedicesimo e infine dalla riforma attuata nel Ventesimo dal Concilio Vaticano 2°
(1962-1965). Tutte videro protagoniste il Papato romano. Processi di riforma
molto più poliedrici e partecipati furono
quelli che caratterizzarono le Chiese protestanti nel Sedicesimo secolo. La riforma
cattolica deliberata nel medesimo secolo intese reagirvi, tanto che viene
anche chiamata Controriforma. Protagonisti di tutti questi processi
riformatori furono i teologi: dall’Undicesimo secolo la teologia si strutturò
come disciplina universitaria. Però i problemi a cui con quei moti di riforma
si voleva porre rimedio scaturivano
dalla prassi sociale. Quello principale era stabilire chi comandava in
religione.
Il moto sinodale che papa Francesco ha
tentato di avviare (infruttuosamente sinora) risponde ad una diversa esigenza:
vivere la fede in maniera più partecipata e consapevole. La questione del chi
comanda passa un po’ in seconda
linea, in questa prospettiva. Ma non per i nostri vescovi, i quali hanno già
risolto la questione decidendo che sul punto non si cambia nulla, a qualsiasi
livello, si tratti di deliberare una modifica liturgica o di stabilire dove va
messa in parrocchia la statua di un santo. Però così non ci sarà mai una sinodalità
popolare del tipo di quella indicata
dal Papa come obiettivo.
Nella scorsa primavera in parrocchia ci si è
riuniti qualche volta, in pochi, e in sempre meno man mano che si procedeva, perché
s’era detto di aprire i processi sinodali, quello delle Chiese in Italia e
quello che riguardava tutte la altre Chiese insieme (tra i teologi è
controverso che esista qualcosa come una Chiesa universale distinta da quelle locali), con una fase di ascolto
del Popolo di Dio, tutti noi. E’ evidente che ascolto non c’è stato,
anche se s’è parlato tra noi, ma mai di sinodo e sinodalità. L’argomento
principale è stato tenuto accuratamente fuori. Nelle istruzioni dei nostri
vescovi, poi, c’era la raccomandazione espressa di non discutere. La negazione
della sinodalità! E quindi abbiamo chiacchierato dicendo che ne pensavamo sui vari
temi proposti, senza esserci ben preparati su di essi, ma nulla è cambiato,
né è venuta nemmeno alcuna proposta di cambiamento. Del resto di sinodo
e sinodalità si sapeva troppo poco, e poi era cosa che non
s’era mai fatta. Molti erano sospettosi che potesse cambiare le loro abitudini
consolidate, in particolare che li portasse oltre alla piccola cerchia dei loro
abituali compagni di pratica religiosa. Non poteva che andare così, perché era
proprio così che i vescovi avevano programmato che andasse. Qualcosa di ciò che
s’è detto doveva essere riportato in Diocesi, molto sintetizzato, perché poi
fosse mandato alla Conferenza episcopale italiana e da essa al Sinodo dei
Vescovi, che riunisce permanentemente tutti i vescovi del mondo e il Papa. Ma i
parrocchiani non sono stati informati di quello che è stato mandato in Diocesi,
né s’è sentito il bisogno di informarli. Questo perché non è cambiato
proprio nulla e la parrocchia continua ad andare come sempre, in modo
assolutamente non sinodale.
I nostri preti, sempre indaffaratissimi fino
allo stremo, vivono questa faccenda del processo sinodale come un altro impegno
burocratico senza costrutto. Non sono stati preparati a organizzarlo, non pensano
che altri possa farlo, pensano di dover fare sempre tutto loro e disperano che
la gente possa anche solo dare una mano. E, in effetti, le persone sono piuttosto restie a
impegnarsi con continuità. Questo perché la nostra parrocchia è poco sinodale e
si preferisce lasciar fare ai preti. I quali sono pochi per le esigenze religiose
delle circa ottomila persone che verosimilmente alla parrocchia fanno ancora
riferimento. Una volta coperte messe, funerali, battesimi, Cresime e Prime comunioni e relativi catechismi, matrimoni e relativa
preparazione, la festa di San Clemente e relativi banchetti, le apparizioni alle
riunioni di qualche gruppo della parrocchia, si arriva a sera distrutti dalla
stanchezza. Certo che poi, se c’è l’occasione di lasciar perdere il Consiglio
pastorale parrocchiale, che dovrebbe essere il punto di innesco della sinodalità
parrocchiale, la si coglie: il Consiglio da anni non si riunisce più. E quando
si riuniva, del resto, produceva poco, perché si era veramente poco amalgamati.
Siamo ancora ben prima degli albori della sinodalità.
I preti della parrocchia vanno e vengono e
noi non c’entriamo nulla, non contiamo nulla. Non si fa a tempo ad affezionarsi
ad uno che quello viene trasferito. Ad ogni trasferimento e ad ogni nuovo
arrivo si rimane smarriti, come se la parrocchia fosse diversa da qualche
giorno prima. Se vi fosse una struttura sinodale attiva non sarebbe così. Si capirebbe
che la parrocchia è fatta da noi, non dai preti: perché noi rimaniamo e loro
vanno e vengono. Questo ci responsabilizzerebbe e i nuovi venuti se ne avvantaggerebbero.
Negli incontri prima della scorsa estate noi
dell’Azione Cattolica parrocchiale abbiamo discusso molto di sinodalità. Dovremmo
essere i più preparati nel campo, anche se sarebbe opportuno richiamare qualcosa
alla memoria, per rinfrescarla. Dunque toccherebbe a noi dare una mano in
questo campo. Innanzi tutto cercando di coinvolgere altre persone: la
sinodalità è come un tela che si deve tessere con pazienza, incontrandosi e incontrandosi
di nuovo. La sinodalità, prima che teorizzata, va praticata, correggendosi all’occorrenza.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli