Democrazia e virtù
La democrazia è un regime politico in cui vengono
posti limiti ad ogni potere e in cui il principale di questi limiti è che ogni
potere possa essere messo in discussione
da chiunque. La virtù è l’inclinazione al bene: ogni sistema etico dà contenuto
al concetto di bene e quindi
ha un suo bene. Fondamentalmente, l’idea di bene dipende da che cosa si definisce per male.
Anche i cristianesimi ebbero e ancora anno una loro idea di male, e quindi di
bene: nonostante quello che in genere si predica alla gente le idee religiose
di bene e male hanno avuto una loro storicità, vale a dire che sono mutate nel
tempo, e sono stata legate alle culture delle popolazioni che le hanno
espresse, anche se cristianizzate, quindi se caratterizzate da certe teologie.
Qual è il male, e quindi il bene, nelle
concezioni democratiche dell’organizzazione sociale? E’ male il potere insofferente
dei limiti sociali. Il bene è ciò che lo contrasta e lo previene.
Nella nostra cultura, ancora profondamente
cristianizzata, molto più di come in genere ce se ne dimostra consapevoli, nel bene
della democrazia si inseriscano
molti altri valori, vale a dire orientamenti socialmente apprezzati ritenuti fondamentali vale a dire da
far prevalere su quelli che non sono ritenuti tali. Questo risale ai primi
tempi in cui si cercò di conciliare fede cristiana e democrazia come oggi la
intendiamo, vale a dire integrata politicamente in procedure legali di
partecipazione di massa. Questo in Italia accadde quando, tra il 1796 e il 1799,
armate francesi rivoluzionarie, sotto la guida di Napoleone Bonaparte, non
ancora imperatore, invasero
l’Italia e vi produssero grandi rivolgimenti politici, con la costituzione di
varie repubbliche ad ordimenti democratici al posto dei precedenti
ordinamenti monarchici assolutistici. Ad esempio si cercò di assimilare le idee
di eguaglianza e fraternità predicate dai rivoluzionari francesi
all’agàpe cristiana.
Il cattolicesimo democratico italiano è
profondamente pervaso da quegli intenti. La sua idea di democrazia è agàpica:
comprende i valori della misericordia, della solidarietà sollecita e, almeno
dagli anni ’30 del secolo scorso, quello della pace.
In realtà democrazia e agàpe cristiana, che possiamo
definire come pace solidale, sollecita, inclusiva e misericordiosa,
sono sempre in tensione, perché l’agàpe cristiana, come emerge dagli
insegnamenti e dall’esempio del Maestro, è tendenzialmente anarchica. E’
vero che rifiuta l’assolutismo politico ma rifiuta obbedienza incondizionata
anche alle decisioni democratiche, vale a dire prese collettivamente secondo
procedure legali per la partecipazione la più ampia possibile: la coscienza
cristiana può decidere di ergersi solitaria contro tutto e tutti. Caratteristica
dell’agape cristiana è l’obiezione di coscienza.
Naturalmente
può apparire paradossale che l’organizzazione ecclesiastica cattolica sia poi
divenuta marcatamente assolutistica, negando proprio quell’elemento che è
centrale nella fede cristiana. Si è trattato di uno sviluppo storico del quale
in genere non ci si manifesta
consapevoli, ma che può essere spiegato, perché è stato spiegato e descritto in
base a fonti affidabili. Nonostante
quello che poi si è predicato, si è stati sempre più o meno consapevoli della
sua portata antievangelica, ma nella nostra Chiesa non si è riusciti ad immaginare di poter fare veramente
in modo diverso e quindi ci si è portati dietro quell’assolutismo fino ad
oggi.
E, in effetti, c’è sempre stata una certa
tensione tra l’assolutismo del Papato romano e il cattolicesimo democratico
italiano, che possiamo far risalire, appunto, ai tempi di fine Settecento delle
Repubbliche rivoluzionarie sorelle.
Non bisogna mai dimenticare che la
caratteristica principale della democrazia è di rifiutare ogni assolutismo e
che il nucleo forte dei cristianesimi è l’assolutizzazione della
coscienza religiosa, perché bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini,
come è scritto.
Allora il comandante uscì con gli inservienti e li condusse via, ma senza violenza, per timore di essere lapidati dal popolo. Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote li interrogò dicendo: "Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest'uomo". Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: "Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono". All'udire queste cose essi si infuriarono e volevano metterli a morte. [Dagli Atti degli apostoli, capitolo 5, versetti da 26 a 33 – At 5, 26-33 – Versione in italiano CEI 2008
]
Inserire l’agàpe in una concezione democratica significa
limitare la stessa democrazia, ma lo si fa non per legittimare un potere su
tutti gli altri, secondo le concezioni assolutistiche, ma per porre un limite
allo stesso arbitrio delle masse che, una volta liberatesi del giogo dei loro
despoti, non di rado finiscono in quello di loro stesse, come fu osservato fin
dagli inizi del pensiero democratico contemporaneo [Alex de Tovqueville e la
sua polemica contro la tirannia delle
maggioranze].
Mario
Ardigò - Azione Cattolica in San
Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli