Ricominciare
Sarò sincero: se una persona sente il desiderio di ricominciare con la fede cristiana intorno ai settant’anni, potrebbe essere troppo tardi. Non è cosa che si può imparare solo leggendo, serve il contatto umano e a quell’età si inizia a sperimentare di diventare come invisibili per chi sta intorno. Siamo organismi e tra i viventi va così.
3Cammin facendo, mentre stava avvicinandosi a Damasco, all’improvviso una luce dal cielo lo avvolse. 4Allora cadde a terra e udì una voce che gli diceva:
— Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?
5E Saulo rispose:
— Chi sei, Signore?
E quello disse:
— Io sono Gesù che tu perseguiti! 6Ma su, alzati, e va’ in città: là qualcuno ti dirà quello che devi fare.
[dagli Atti degli apostoli, capitolo 9, versetti da 3 a 6 – At 9, 3-6 - versione in italiano TILC – Traduzione Interconfessionale in lingua corrente]
Nemmeno Paolo di Tarso, nonostante la visione soprannaturale di cui riferì di aver fatto esperienza, poté fare tutto da sé. Ed egli era già acculturato nel giudaismo suo contemporaneo, che all’epoca era ancora l’ambiente culturale anche delle prime comunità delle persone che volevano seguire gli insegnamenti e gli esempi del Maestro.
Si è insofferenti verso chi, anziano, manifesta la necessità di apprendere, di essere guidato. Non è questo il ruolo sociale che gli si attribuisce.
La Chiesa è molto importante sulla via del vangelo. Ma ve ne sono molte manifestazioni e quella che serve è quella che costituisce ciò che mio zio Achille, sociologo bolognese, definiva mondo vitale. Quest’ultimo, però, è fatto di persone reali e, quando si è un po’ più avanti con gli anni è meno facile costruire nuove relazioni profonde.
In Italia, in questo campo, ci si attende molto dai preti che lavorano nelle parrocchie, le quali costituiscono ancora da noi una rete di mondi vitali molto significativa. Ma sono sempre di meno, non di rado venuti da culture molto diverse dalla nostra, specialmente a Roma che è una città dove i chierici vengono a studiare e danno una mano nel tempo libero da altri impegni. Messe, sacramenti, formazione dei più giovani e cura di chiese e annessi prendono quasi del tutto il loro tempo.
Nelle parrocchie vivono anche aggregazioni che possono dare una mano. Ma non sempre hanno ciò che serve specificamente a una persona.
Di solito, una via buona è avvicinarsi offrendo di collaborare a qualche attività. Questo è sempre bene accetto, soprattutto se si riesce a farlo con costanza.
Chi si avvicina dall’esterno, dopo molto tempo che è stato lontano, non deve pensare di ritrovare la Chiesa di prima.
Ciò che chiamiamo Chiesa è un organismo sociale che muta nel tempo, e ciò può avvenire molto velocemente.
No, la nostra Chiesa, quella in cui ho vissuto ormai tutta una vita, non è quella del Primo secolo, che produsse le memorie che si sono poi condensate negli scritti biblici raccolti nel Nuovo Testamento. E non è nemmeno più quella della mia infanzia, negli scorsi anni Sessanta.
L’evoluzione delle Chiese cristiane non si è svolta in modo diverso da quella delle altre società: ne può essere dato conto secondo i criteri della sociologia o dell’antropologia. La teologia la semplifica (troppo) e, sotto molti aspetti, male.
Fin dal Primo secolo se ne tratta come di una lotta tra verità ed errore, ma consiglierei di non seguire quella strada.
In realtà, penso che non vi sia solo un modo per vivere secondo il vangelo. Ve ne solo anzi moltissimi. In passato si visse con insofferenza questa realtà e tuttora mi pare che non di rado si cerchi di occultarla, come vergognandosene. Penso che l’importante sia mantenere relazioni amichevoli, ma non sempre ci si riesce, spesso in quei contesti in cui non si riesce ad essere sufficientemente critici verso il passato.
Una persona adulta dovrebbe essere in grado di confrontarsi realisticamente con il molto male che s’è fatto nelle e ad opera delle nostre comunità religiose. Nella formazione catechistica, che si propone di presentare la religione nei suoi connotati essenziali, in genere si tralasciano le brutture e, quando vi si accenna, le si giustifica storicizzandole, e, insomma, sostenendo che a quei tempi si faceva così. Non sono tanto d’accordo. Nel mio apostolato seguo altre vie.
Chi ricomincia potrebbe pensare ad accostarsi alle esperienze religiose con le quali ha mantenuto, anche solo come lontana memoria, una qualche familiarità. Questa via potrebbe però risultare impraticabile, dove ci sia stato un distacco traumatico. Ma a volte, da persone anziane, bisogna contentarsi di ciò che c’è.
Come in ogni esperienza sociale si è spinti da ciò che serve e si sta a ciò che c’è intorno.
Il mondo vitale tipico in ambiente cattolico è un gruppetto di una trentina di persone – dove si possono produrre le caratteristiche dinamiche psicologiche del piccolo gruppo connotato dalla possibilità di relazioni faccia a faccia – del quale si prenda cura continuativamente un prete, una religiosa o un religioso o un catechista. Se non si riesce ad agganciare a una realtà sociale simile, la via è sbarrata e improduttiva.
Quando si è giovani è tutto più semplice, sotto certi aspetti, perché le relazioni interpersonali sono più spontanee e le attività formative organizzate sono più numerose. Ma a quell’età ci sono altri gravi problemi, il principale dei quali è che si ha poco tempo, perché la propria vita è concentrata sull’inserimento in società e negli affari riproduttivi, quanto a quest’ultimo campo spinti irresistibilmente dalla natura. Le persone giovani sono sempre inserite in dinamiche conflittuali dalle quali non di rado escono sconfitte, e allora l’inserimento sociale, in un qualche modo, costa caro. Si può finire asserviti e umiliati. Purtroppo questo può accadere anche nelle esperienze religiose. Non di rado in queste ultime si viene spinti a rinunciare alla possibilità di dire la propria in ciò che ci riguarda. Personalmente mi sono sempre tenuto ben lontano da questi metodi.
Tra pochi giorni inizierà l’Anno Santo dei cattolici e può esserci chi prenderà in considerazione l’idea di partecipare più da vicino. Chi incontrerà persone così e si troverà a manifestare nei loro confronti la Chiesa è bene che le prenda sul serio, ma senza aspettarsi troppo e nemmeno senza voler dare troppo tutto insieme. E penso sia necessaria una certa onestà nel presentare la religione: in particolare senza tacere o cercare di minimizzare il molto male che storicamente s’è fatto in questo campo.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli