Messa di Natale
Nel mio ufficio c’è la consuetudine di
celebrare una Messa poco prima di Natale e quest’anno è domani quel giorno. Presiederà
Gianfranco Ravasi, arcivescovo e cardinale, una delle persone di cultura italiane
più universalmente apprezzate.
Sto leggendo il suo Biografia di Gesù.
Secondo i vangeli, del 2021,
pubblicato dall’editore Raffaello Cortina, nella collana Scienza e idee,
fondata dal filosofo della scienza Giulio Giorello, anch’egli una personalità
di cultura molto interessante. Vale la pena di utilizzare ChatGPT di OpenAI
per ricordare qualcosa di lui.
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Giulio Giorello
(1945-2020) è stato un filosofo della
scienza, accademico e divulgatore italiano, noto per il suo lavoro sulla
relazione tra scienza, filosofia e
libertà. È stato una figura centrale nel panorama culturale italiano, con
una capacità straordinaria di unire rigore scientifico e passione per la
divulgazione.
Biografia
- Nato a Milano il 14 maggio 1945, Giorello si laureò in Filosofia con Ludovico Geymonat
all’Università Statale di Milano. Successivamente, conseguì anche una
laurea in Matematica.
- È stato professore di Filosofia della Scienza presso l'Università degli Studi di
Milano e ha avuto un ruolo di spicco nella diffusione della cultura scientifica in Italia.
- Morì il 15 giugno 2020 a 75 anni, lasciando un'importante eredità
intellettuale.
Pensiero e opere
Giorello
ha esplorato temi legati alla scienza,
etica e libertà individuale. Nei suoi lavori, ha sostenuto l’importanza del
pensiero critico e della capacità
della scienza di dialogare con altre forme di conoscenza. Celebre è la sua
riflessione sulla "libertà del
sapere", dove la scienza è vista come uno strumento per liberare
l’uomo dai dogmi.
Opere principali:
- Prometeo,
Ulisse, Gilgameš (2004)
- Di nessuna
chiesa. La libertà del laico
(2005)
- Tra Darwin e
Einstein (2006)
- Il tradimento (2012)
- Libertà (2015)
- La danza della
scienza (2018)
Collana "Scienze e
Idee" - Raffaello Cortina
La
collana "Scienze e Idee",
edita da Raffaello Cortina, è
dedicata a temi che intrecciano scienza, filosofia e umanesimo. Giulio Giorello
ne è stato il direttore per anni,
promuovendo testi che mirano a diffondere il sapere scientifico in maniera
rigorosa ma accessibile.
La collana ha ospitato opere di grandi pensatori internazionali, come Stephen Jay Gould, Richard Dawkins, Ian Stewart
e molti altri.
Eredità culturale
Giulio
Giorello è ricordato come un intellettuale che ha difeso con forza laicità, pensiero critico e il dialogo aperto tra scienza e filosofia. La
sua opera ha contribuito a elevare il dibattito pubblico sui temi della
conoscenza, rendendo la scienza un patrimonio accessibile a tutti.
Laicità
L'atteggiamento
di Giulio Giorello verso la
religione cristiana, e più in generale verso il fenomeno religioso, è stato
caratterizzato da un approccio laico,
critico e dialogico. Giorello si è sempre definito un laico convinto, ma non un nemico della religione: al contrario, ha
mostrato un interesse profondo per la pluralità
delle idee e per il dialogo tra credenti e non credenti.
Libertà e laicità
Giorello
vedeva nella laicità non tanto una
posizione di opposizione alla religione, quanto un principio fondamentale per
garantire libertà individuale e
pluralismo. Per lui, la laicità era sinonimo di libertà del pensiero,
dell'indagine scientifica e della possibilità di criticare dogmi senza costrizioni.
Nel suo libro Di nessuna chiesa. La libertà del laico (2005), Giorello
afferma che il laico è colui che non appartiene a nessuna “chiesa” o autorità
superiore e che sceglie di seguire la propria ragione critica, pur riconoscendo
il diritto degli altri di professare una fede.
Critica al dogmatismo
La
critica di Giorello non si rivolgeva tanto al cristianesimo come religione, ma
al dogmatismo e all’autoritarismo
che possono derivare dalle istituzioni religiose. Egli sosteneva che la fede, quando si esprime come una forma
di dialogo aperto, può convivere con la scienza
e la filosofia. Tuttavia, condannava ogni forma di imposizione del pensiero
religioso che andasse contro la libertà
della ragione e dell’individuo.
Scienza e religione
Giorello
si è spesso occupato del rapporto tra scienza
e religione, sottolineando come i due ambiti abbiano metodi e finalità
differenti. Egli rifiutava le posizioni di conciliazione
forzata tra scienza e fede, ma allo stesso tempo si opponeva a uno scontro
frontale tra i due domini.
A tal proposito, apprezzava il pluralismo
epistemologico: scienza e religione possono convivere purché si rispettino
reciprocamente i propri ambiti di competenza. Questa posizione lo distingueva
da pensatori come Richard Dawkins,
più critici e militanti nei confronti della religione.
Il rispetto per la dimensione
umana della fede
Giorello
non negava il valore esistenziale e
simbolico della fede per molte persone. Riteneva che la religione potesse
avere un’importante funzione culturale e antropologica, ma si batteva affinché
questa rimanesse una scelta personale
e non si trasformasse in un obbligo imposto dalla società o dalle istituzioni.
In questo senso, il suo laicismo si è sempre accompagnato a un rispetto profondo per la libertà di credo.
In
sintesi, Giulio Giorello fu un difensore
della libertà in tutte le sue forme: libertà della scienza, libertà
dell’individuo e libertà di fede. Il suo atteggiamento verso la religione
cristiana, e più in generale verso la religione, è stato critico ma aperto,
improntato a un dialogo che mirava alla convivenza tra posizioni diverse
all'interno di una società pluralista.
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Per Giorello il laico è colui che ritiene di dover trattare con
argomenti razionali ogni tema dell’umano senza accettare acriticamente imposizioni
dalle autorità. La laicità è quindi anche un principio etico. Quelle imposizioni hanno natura politica,
perché riguardano il governo della società: da qui la natura prettamente
politica dell’idea di laicità. Nella nostra Chiesa se ne parla in un senso
differente, anche se parzialmente affine: in questa accezione significa occuparsi
delle cose del mondo, in tutto ciò che non sono dottrina teologica, secondo
i metodi propri di ogni disciplina e razionalità. Per averlo sostenuto in una
conferenza culturale, un mio lontano parente, il sociologo Roberto Ardigò, fu scomunicato nel 1871. Ora nella Chiesa
cattolica è diverso. La svolta si ebbe durante
il Concilio Vaticano 2°, svoltosi a Roma tra il 1962 e il 1965.
Sulla base del principio di laicità, è possibile
il dialogo tra persone religiose e non. Ravasi fu protagonista in questo, nella
Diocesi di Milano.
Qualche informazione da ChatGPT di OpenAI:
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Il Cardinale
Gianfranco Ravasi è stato una figura chiave nella creazione e promozione
del "Cortile dei Gentili",
un'iniziativa fortemente voluta da Papa
Benedetto XVI. Tuttavia, questa iniziativa non è specifica solo della Diocesi di Milano, ma ha avuto un
respiro internazionale.
Origine e significato del "Cortile dei Gentili"
·
Il
progetto prende ispirazione dall'antico "Cortile
dei Gentili" nel Tempio di Gerusalemme, uno spazio dedicato ai non
ebrei (i gentili) che potevano avvicinarsi al tempio senza entrare negli spazi
sacri riservati agli israeliti.
·
Nel
contesto contemporaneo, il "Cortile dei Gentili" è diventato un luogo simbolico di dialogo tra credenti e non credenti.
·
L'obiettivo
è promuovere l'incontro e il confronto su temi di rilevanza culturale, etica e
spirituale.
Il ruolo di Ravasi
·
Gianfranco
Ravasi, allora presidente del Pontificio
Consiglio della Cultura, ha dato concreta attuazione all'iniziativa
lanciata da Benedetto XVI.
·
Il
cardinale Ravasi, noto per la sua cultura e apertura al dialogo, ha organizzato
numerosi incontri, conferenze e dibattiti in diverse città italiane e
internazionali.
Cortile dei Gentili a Milano
Anche Milano è stata protagonista del progetto:
·
Nel
2011, il "Cortile dei
Gentili" ha avuto un’importante tappa milanese con un dialogo su temi
culturali e scientifici.
·
L’evento
ha coinvolto esponenti del mondo accademico, della filosofia e della scienza, e
ha rappresentato un momento di dialogo
costruttivo tra credenti e non credenti.
Significato per la Diocesi di Milano
Milano, città
culturalmente vivace e sede di una delle diocesi più importanti d’Italia, ha
offerto un contesto ideale per questi incontri, testimoniando la volontà della
Chiesa di avviare un dialogo aperto
con la modernità e con il mondo laico.
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La religione, e in genere la mitologia e i riti, sono stati e
continuano ad essere molto importanti nell’organizzazione delle società umane,
e naturalmente anche sotto l’aspetto politico.
L’aspettativa, diffusa a partire dal
Settecento europeo, di un lento declino delle religioni, in particolare di quelle
tradizionali ricevute dai tempi antiche, per l’affermarsi della razionalità
pubblica favorita dall’istruzione popolare è rimasta largamente delusa. Nel
mondo, anzi, si va nel senso contrario, Europa occidentale a parte. Ne ha
scritto con particolare efficacia il sociologo statunitense Peter Ludwig Berger
(1929-2017), in particolare nel libro I molti altari della modernità. Le
religioni al tempo del pluralismo, pubblicato nel 2017 da EMI e disponibile anche in eBook e Kindle.
Le persone di cultura sono quindi di solito
interessate a saperne di più, in particolare per capire come contrastare effetti
politici sociali delle religioni controproducenti che sono stati, e sono tuttora,
eclatanti nella storia dell’umanità, in
particolare riguardo allo sviluppo dei cristianesimi. Biografia di Gesù è
molto utile per questo lavoro: tratta sinteticamente in modo non dogmatico e
non devozionale, dando conto anche dei risultati delle ricerche scientifiche in
vari campi, del tema centrale dei
cristianesimi: la vita e l’insegnamento di Gesù di Nazaret, il Cristo dei
cristianesimi.
Il Natale dei cristiani è un tempo liturgico che è specificamente
dedicato alla celebrazione dell’Incarnazione, che secondo la teologia è
il farsi uomo di Dio e può essere descritta più genericamente come l’unione tra
divino e umano in una discesa nel mondo attuata mediante l’assunzione
della natura umana [dogma definito durante il Concilio di Calcedonia del
451], un’idea che è stata studiata dall’antropologia delle religioni e che
ha importanti riflessi nell’organizzazione
delle società umane. In realtà l’incarnazione e quindi il Natale è un
tema che è latente in ogni liturgia cristiana, così come lo è quello della Passione,
Morte e Resurrezione del Cristo. La
vita delle persone cristiane si svolge sempre alla luce dell’Incarnazione,
della Passione, della Morte e della Resurrezione
del suo Cristo, viste come vie di salvezza.
Nel
linguaggio liturgico tutto ciò venne sintetizzato in Simboli, che comunemente
vengono definiti Credo, tra i quali molto antico è quello detto Degli
apostoli, originariamente in greco antico e che nella versione in italiano
corrente suona così:
Io
credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra,
e in Gesù Cristo, suo unico Figlio,
nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio
Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese
agli inferi;il terzo giorno risuscitò da morte; salì al
cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente: di là verrà a giudicare i
vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa cattolica,
la comunione dei santi,
la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna. Amen.
Esso contiene il kèrigma [dal greco antico κήρυγμα,
che si pronuncia appunto kèrigma], vale a dire l’enunciazione
fondamentale della fede cristiana.
Così Ravasi scrisse del kèrigma nella missione cristiana nel mondo, in un articolo
pubblicato il 3-2-22 su Famiglia cristiana e disponibile sul WEB
https://www.famigliacristiana.it/blogpost/kersso---kerygma-annunciare-proclamare-predicare.aspx
KÊRÝSSÔ - KÊRYGMA: annunciare, proclamare, predicare
«Io sono stato costituito
messaggero, apostolo e maestro». Così san Paolo si autodefinisce nella Seconda
Lettera al discepolo Timoteo (1,11), e la prima parola greca che usa per
indicare la sua missione è kêryx, araldo,
annunciatore. Nel nostro vocabolario neotestamentario fondamentale introduciamo
ora il verbo che ha generato quel kêryx e
un’altra parola che forse non pochi lettori hanno sentito usare dai loro
sacerdoti: kêrygma, annuncio, proclamazione.
Stiamo parlando del verbo kêrýssô che designa l’atto del lanciare il messaggio cristiano a un pubblico
che lo ignora. Proprio
perché è rilevante, questo verbo risuona 61 volte, soprattutto nei Sinottici,
ossia Matteo, Marco e Luca, ma anche in san Paolo che nel suo primo scritto
cronologico dichiara come sua missione «l’annunciare (kêrýssô) il vangelo di Dio» (1Tessalonicesi 2,9).
È interessante notare che,
appena entrato sulla scena pubblica, a Cristo è applicato questo verbo: «Gesù
cominciò a predicare (kêrýssô) e a dire: Convertitevi
perché il regno dei cieli è vicino» (Matteo 4,17). Un annuncio che, come è
evidente, unisce l’impegno umano della conversione e l’azione divina che
irrompe col suo regno di giustizia e salvezza. Il Vangelo di Marco aveva
già formulato questa prima «predica» di Gesù, esemplare per brevità a
differenza di quanto accade a molti predicatori, approfondendo le due
componenti, la divina e l’umana: «Gesù andò nella Galilea, proclamando
(kêrýssô) l’evangelo di Dio e diceva: Il tempo è giunto a pienezza e il regno
di Dio è vicino. Convertitevi e credete nell’evangelo» (1,14-15).
Altrettanto significativo è che
questo verbo echeggia anche nelle ultime parole che il Risorto rivolge ai suoi
discepoli nel Vangelo di Luca: «Saranno predicati (kêrýssô) a tutti i
popoli la conversione e il perdono dei peccati» (24,47). La scena emblematica
che vorremmo presentare è sempre nel terzo Vangelo e ha come cornice la modesta
sinagoga del suo villaggio, Nazaret. Il suo luogo oggi è liberamente
identificato in un edificio rettangolare, trasformato in chiesa fin dal 1741,
di origine medievale crociata. In arabo quel tempio è chiamato Madrasat
al-Masih, «Scuola del Messia».
Infatti Gesù, ancora agli inizi
della sua missione pubblica, era entrato in quella sinagoga durante il culto
sabbatico, ed era stato invitato a leggere la Bibbia in pubblico. In quel
giorno il «lezionario» contemplava un brano autobiografico del profeta Isaia
(61,1-2): «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato
con l’unzione e mi ha mandato a portare il lieto annuncio [evangelizzare, in
greco] ai poveri, a proclamare (kêrýssô) ai
prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli
oppressi, a proclamare (kêrýssô) l’anno di
grazia del Signore» (Luca 4,18-19). Alla lettura Gesù farà seguire una sua
«predica» brevissima: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete
ascoltato» (4,21).
In questo brano si delinea, da
un lato, il legame tra il proclamare (kêrýssô) e
l’evangelizzare, atto fondamentale della Chiesa stessa. Paolo arriverà al punto
di affermare: «Cristo non mi ha inviato a battezzare ma ad evangelizzare»
(1Corinzi 1,17). D’altro lato, emerge chiaramente il contenuto di liberazione,
di salvezza, di amore del kêrygma, cioè dell’annuncio di Cristo e dei suoi
discepoli. È questo l’impegno che deve reggere le nostre comunità, l’azione
pastorale e la testimonianza, ed è per questo che il verbo kêrýssô e il sostantivo kêrygma, che ora abbiamo imparato a conoscere, devono
essere quasi un vessillo e un motto, come san Paolo ammonisce il suo discepolo
Timoteo: «Annunzia (kêrýssô) la Parola» (2Timoteo 4,2).
E se è lecita una nota marginale personale, ho scelto proprio questo monito
paolino come mio motto episcopale.
Va detto che ogni idea cristiana può essere
espressa anche in termini non teistici e questo non è considerato scandaloso o
blasfemo tra i cristiani. Scandalizzò invece, all’esordio, l’antico mondo greco
romano in cui i cristiani furono tacciati, oltre che di essere facinorosi, di ateismo, in entrambi i casi non senza
ragione. Ne scrisse in termini originali l’eclettico filosofo marxista Ernst
Bloch in Ateismo nel cristianesimo, del 1968, pubblicato in italiano da
Feltrinelli, ancora in commercio ma solo usato. In esergo, Bloch vi pose un motto che mi piace
molto:
Pensare è varcare le frontiere
che,
a ben considerare, è tra i fondamenti
della laicità, comunque la si intenda.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro Valli.