Felicità e
integrazione
Ho
scritto ieri che la religione mi pare abbia meno presa sulle età centrali della
vita, quelle di quando non s’è più bambini e neanche si è ancora vecchi, perché
è diventata inutile come veicolo di integrazione sociale.
Sento dire dal clero che noi persone
cristiane saremmo minoranza nella
società italiana, ma non sono tanto d’accordo, perché quella nostra è ancora
una società molto cristianizzata, e questo a prescindere dalla effettiva pratica
del culto, diciamo l’andare a
messa la domenica.
Mi si può obiettare che la gente fa in massa
ciò che nella religione è considerato male. Rispondo che è sempre stato così. Su questo si potrebbe aprire una
riflessione comunitaria prendendo in esame i fatti storici narrati da fondi
affidabili.
Osservo anche che, ai tempi della mia gioventù,
negli scorsi anni ’70, le posizioni anticlericali e antireligiose apertamente
espresse erano molto di più di oggi, quando anche coloro che si definiscono
(sottovoce e quasi come scusandosi) di essere non credenti mostrano
apprezzamento per i cristianesimi e i loro esponenti, i Papi innanzi tutto. Difficile
trovare chi si proclama orgogliosamente ateo e anche chi lo fa trova difficile
essere preso sul serio. Di solito gli si obietta che, in realtà, non lo è
veramente.
L’etica cristiana è ancora un importante
punto di riferimento. E’ per questo che tanti genitori, anche quelli che hanno
perso un po’ dimestichezza con la religione praticata, ci portano i loro
figli per quell’inquadramento etico che rimarrà fondamentale per tutta la loro
successiva vita. Questo è un importante indicatore che ancora la fede cristiana
è per loro importante, altrimenti non ci affiderebbero vite che per loro sono ciò
che è di più importante. Spesso però tra gli addetti ai lavori non se ne è consapevoli.
Gli altri punti di riferimento etico
riscuotono meno credito. Ai tempi della mia giovinezza era diverso: esistevano
altri forti agenzie etiche, ad esempio costituite da alcuni partiti politici,
che ora non ci sono più.
Negli anni ’70 si prendeva con una certa
sufficienza l’interpretazione storica del mondo data dal clero, ora è molto
diverso: ogni gesto e prese di posizione del Papa trovano ampia eco sui mass media,
e in genere positiva.
Da cittadini si tiene conto molto più di un
tempo del pensiero sociale espresso dalle religione, in particolare da quelle cristiane,
in Italia.
Tuttavia questo accade nella coscienza personale
senza che poi si decida di trarne le conseguenze che la gerarchia cattolica
vorrebbe inculcare, vale a dire di seguire quei precetti etici in ogni campo e in ogni
aspetto. Questo perché appartengono ad un ordine di idee obsoleto e insostenibile,
controproducente per l’integrazione in
una democrazia repubblicana evoluta come quella italiana, per altro
potentemente inculturata dal pensiero sociale cattolico.
Si vuole aver parte in ciò che ci riguarda e
non si accetta più di sottomettersi alla umiliante pratica di fare solo ciò che
è stato deciso da un gerarca ecclesiastico. Questa pretesa di partecipazione
viene aspramente criticata dalla gerarchia ecclesiastica che accusa chi la
pensa così di volersi costruire arbitrariamente una propria religiosità come quando
al ristorante si sceglie su un menu. In realtà s’è sempre fatto così, mai s’è accettato di obbedire
in tutto ciò che veniva ordinato, ed
per questo che le Chiese cristiane sono molto cambiate nei due millenni delle
loro storie, ed è per questo che fin dalle origini sono state caratterizzate da aspri conflitti,
la cui eco emerge fin dagli scritti neotestamentari. Oggi però questo conflittualità, che c’è e
anche accesa, non sfocia più nelle inconcepibili (per la nostra mentalità) violenze
del passato.
Una persona che è cittadina di una repubblica
democratica deve assumersi la responsabilità
di sindacare ogni ordine dell’autorità, questa è la base del metodo democratico
ed è appunto in ciò che consiste la laicità dell’etica pubblica democratica.
Certe pretese dell’etica religiosa patrocinata dalla gerarchia fanno male alla
gente, come è sempre accaduto in passato, anche se oggi, a differenza del
passato, si cerca, dal punto di vista pastorale, di lenire certe
asprezze della teologia morale conseguente
alla dogmatica proclamata ai tempi nostri.
La dogmatica teologica procede sviluppando
razionalmente asserti che
pretende sottratti ad ogni discussione e da accettare perché così vengono
proposti dall’autorità.
Si è arrivati ad un certo accomodamento, per
il quale i gerarchi fingono di credere che la gente si sottometta alle loro
leggi e la gente fa mostra di sottomettersi senza però farlo veramente. A prezzo
di una certa ipocrisia si va avanti. Ma questo ostacola una effettiva
partecipazione, che farebbe emergere la situazione reale: questo il problema di
realizzare in concreto la sinodalità secondo la concezione proposta da papa
Francesco.
La società democratica è impostata secondo
principi parzialmente diversi, che tengono conto anche del molto male che dalle
religioni è scaturito. Non è più ammessa l’emarginazione sociale per motivi
religiosi e le istituzioni pubbliche sono laiche, vale a dire che non
vengono impostate secondo l’etica ecclesiastica e, in generale religiosa, ma
secondo il sentire comune espresso liberamente nella politica nazionale e nel
rispetto dei diritti fondamentali della persona, innanzi tutto quello di poter
aver voce nelle questioni che la riguardano.
Quindi per integrarsi nella nostra democrazia
repubblicana si deve necessariamente, in alcune cose, anche molto
importanti, accettare che la propria fede religiosa venga messa in discussione.
Insomma, non esistono né possono esistere valori non negoziabili. La negoziazione
sui valori è l’anima della democrazia repubblicana, sia riguardo ai valori
religiosi che a tutti gli altri.
Così oggi spesso la fede è usata più che altro
come medicina dell’anima, per conseguire un certo benessere spirituale.
Di solito la persona di fede vive una certa separazione tra il proprio profilo
pubblico e quello religioso.
Questo non è l’ideale per quel lavoro molto
importante che è quello di improntare ai valori evangelici la società intorno,
cose che ha caratterizzato i cristianesimi a partire dal Terzo secolo della nostra era. Essi sono
progressivamente diventati un potente fattore di integrazione sociale, improntando
i miti e il diritto delle società politiche europee e poi, via via, per la via
della colonizzazione europea, in genere condotta con metodi di estrema
violenza, molta parte delle popolazioni del resto del mondo.
La nostra Costituzione repubblicana e i
Trattati su cui si fonda l’Unione Europea, come anche la sua Carta dei diritti
fondamentali, ne sono il risultato. A differenza che nel passato, però, questi
gioielli di costruzione politica sono il frutto del metodo repubblicano, quindi
della pacifica collaborazione anche con forze di diverso orientamento ideologico.
I valori evangelici che sono stati accolti, ad esempio quello della pace tra i
popoli frutto del più recente pensiero sociale cristiano, lo sono stati per condivisione
democratica.
L’integrazione sociale è molto importante per
la felicità delle persone e per essere efficace deve svolgersi a diversi livelli,
ma coordinati e non conflittuali, da
quello delle comunità di prossimità a quelli dei livelli superiori, fini ad arrivare
alle comunità politiche di ordine generale. Un difetto di integrazione sociale
di una persona la condanna all’infelicità e si può essere felici anche quando
si possiede di meno: è un fatto che ogni persona può sperimentare.
Per ragioni storiche, l’integrazione sociale
da noi è divenuta meno efficace, così ci si sente soli, paradossalmente in ambienti
molto popolati e con la disponibilità di mezzi di comunicazione molto più
potente di un tempo.
In passato politica e religione integravano
le persone secondo principi comuni e il buon cristiano era anche un buon suddito dei regni cristianizzati: ciò faceva della
religione anche un fattore di rispettabilità sociale.
Dal fine Settecento la situazione è progressivamente
cambiata, in un processo che è interessante conoscere.
In ogni cosa c’è una certa tensione, incomponibile,
tra ciò che la gerarchia pretende dalla persona di fede, i doveri di
cittadinanza, le libertà che ci si vorrebbe consentire per essere felici e le
idee che si hanno su come dovrebbe essere organizzata la società.
Cercare vie per integrare tutto ciò in una
organizzazione in cui non si sia
schiacciati da dispotismi e, cui, nondimeno si raggiunga una certa condivisione
intorno a certi valori fondamentali che sottraggano la vita della gente all’arbitrio
dei più forti, in qualunque posto nella stratificazione sociale si capiti, è argomento
del pensiero sociale cristiano, nei quali soprattutto le persone che sono
libere da particolari vincoli gerarchici legati al ministero ecclesiastico
svolto dovrebbero impratichirsi.
Mario
Ardigò - Azione Cattolica in San
Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.