INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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venerdì 20 dicembre 2024

Relativismo e sinodalità

 

Relativismo e sinodalità

 

   Qualche giorno fa ho scritto del filosofo della scienza Giulio Giorello (1945-1920). Si è confrontato anche con questioni ecclesiali e, in particolare, su quella della costruzione di verità  normative mediante una organizzazione ecclesiastica assolutistica, che è anche il grande problema da affrontare sulla via della sinodalità ecclesiale diffusa, di cui si è trattato nei processi sinodali da poco conclusi.

  Chi volesse approfondire, può leggere di Giorello Di nessuna chiesa – la libertà del laico, pubblicato da Raffaele Cortina nel 2020, disponibile anche in formato digitale Kindle.

  L’assolutismo ecclesiastico della Chiesa cattolica non risale alle origini, nelle quali si manifestò anzi un vasto pluralismo, né alle epoche in cui, nel Primo  millennio, si produsse un cristianesimo imperiale, integrato nell’ideologia politica dell’impero romano, nelle sue varie metamorfosi che lo portarono ben lontano dalla nostra città, dove si era cominciato ad organizzarlo. Né all’effervescente età del Basso Medioevo, tra l’11° e il 15° secolo quando il Papato romano iniziò ad organizzare un proprio cristianesimo intorno ad un proprio potere ad imitazione dei coevi poteri imperiali  europei. Ma nemmeno all’epoca successiva, in cui, tra il 16° e il 18° secolo, in Europa si organizzarono gli stati nazionali, con il definitivo superamento del precedente modello imperiale (da allora continuarono ad essere proclamati imperi, ma essi furono molto diversi dagli imperi  universali e cristianizzati sul modello bizantino). E’ fondamentalmente un modello di politica ecclesiastica pensato e attuato dall’Ottocento europeo nelle istituzioni del Papato romano nella contrapposizione frontale, con una lotta senza quartiere, contro l’Illuminismo, il liberalismo, la democrazia liberale, il socialismo marxista, l’irredentismo nazionalistico italiano che infine lo privò del suo regno nel Centro-Italia. Esso ebbe una tappa importante nella deliberazione del dogma dell’infallibilità  del Papa di Roma nelle enunciazioni solenni in materia di dottrina e morale deliberato durante il Concilio Vaticano 1°, svoltosi a Roma dal 1869 e interrotto e sospeso nel 1870 a seguito dell’abbattimento dello Stato Pontificio, il piccolo regno dei Papi nell’Italia centrale con capitale Roma, per conquista militare, all’esito di una breve ma sanguinosa guerra, da parte delle truppe inviate dal Regno d’Italia.

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[ricerca mediante ChatGPT di OpenAI]

Il Concilio Vaticano I e il dogma dell'infallibilità pontificia

Il Concilio Vaticano I si tenne tra il 1869 e il 1870 e fu convocato da Papa Pio IX con la bolla "Aeterni Patris" del 29 giugno 1868. Fu il ventesimo concilio ecumenico della Chiesa cattolica e si svolse principalmente nella Basilica di San Pietro a Roma. La sua convocazione avvenne in un contesto storico e politico complesso, caratterizzato dall'avanzata del liberalismo, dal crescente razionalismo, dal nazionalismo e dall'unificazione italiana, che minacciavano il potere temporale del papa.

Obiettivi principali del Concilio

Il Concilio Vaticano I aveva due obiettivi principali:

1.  Affrontare le sfide del razionalismo, del materialismo e del modernismo, riaffermando l'autorità della Chiesa e la sua capacità di interpretare la rivelazione divina.

2.  Definire il ruolo e i poteri del papa nella Chiesa, culminando nella definizione del dogma dell'infallibilità pontificia.

Il dogma dell'infallibilità pontificia

Il punto centrale e più controverso del Concilio fu la deliberazione sul dogma dell'infallibilità pontificia, che fu proclamato il 18 luglio 1870 con la costituzione dogmatica "Pastor Aeternus".

Contenuto del dogma

Il dogma stabilisce che:

1.  Il papa è infallibile quando, in qualità di pastore e dottore di tutti i cristiani, esercita il suo ufficio supremo e definisce una dottrina riguardante la fede o la morale.

2.  Questa infallibilità è garantita dallo Spirito Santo e fa parte della promessa di Cristo a Pietro, per garantire la solidità della fede nella Chiesa.

Condizioni dell'infallibilità

L'infallibilità papale si applica solo quando il papa:

·         Parla ex cathedra (ossia ufficialmente, in quanto capo della Chiesa universale).

·         Definisce una dottrina che riguarda la fede o la morale.

·         Intende vincolare tutta la Chiesa a tale definizione.

Processo decisionale e l'atto formale

L'atto formale con cui fu deciso il dogma è la Costituzione dogmatica "Pastor Aeternus", adottata dai padri conciliari e promulgata da Papa Pio IX. Essa è composta da quattro capitoli:

1.  Il primo capitolo tratta del primato apostolico di Pietro.

2.  Il secondo capitolo approfondisce il primato di giurisdizione dei papi come successori di Pietro.

3.  Il terzo capitolo definisce la perpetuità del primato petrino nella successione papale.

4.  Il quarto capitolo (il più importante) definisce l'infallibilità pontificia.

La votazione finale avvenne il 13 luglio 1870. Dei 601 padri conciliari presenti, 451 votarono a favore, 88 contro e 62 si astennero. Dopo ulteriori discussioni, il testo definitivo fu approvato il 18 luglio 1870 con 533 voti favorevoli e 2 contrari.

Controversie e reazioni

·         Il dogma incontrò forti opposizioni all'interno del concilio stesso. Un gruppo di vescovi, noto come "minoranza", riteneva che la definizione dell'infallibilità fosse inopportuna o rischiasse di esacerbare le divisioni interne ed esterne alla Chiesa.

·         Dopo l'approvazione, alcuni membri della minoranza, pur accettando formalmente il dogma, lasciarono Roma per evitare di votare contro. Tra questi vi fu il cardinale Filippo Maria Guidi, inizialmente critico, ma poi conciliato con il papa.

·         All'esterno, la proclamazione del dogma suscitò reazioni negative tra i governi laici e i protestanti, rafforzando la percezione di un centralismo romano nella Chiesa cattolica.

Conclusione del Concilio

Il Concilio Vaticano I si interruppe bruscamente pochi mesi dopo, a causa della presa di Roma da parte delle truppe italiane il 20 settembre 1870, che segnò la fine del potere temporale dei papi. Nonostante l'interruzione, il dogma dell'infallibilità pontificia resta uno dei risultati più significativi e duraturi del Concilio.

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  Che una singola persona fisica possa essere realmente infallibile  in qualsiasi campo va contro il senso comune, ma in religione si è abituati a cose simili. Comunque il dogma c’è, è una legge ecclesiastica molto importante che definisce chi può essere considerato cattolico  e chi non, e in questo senso ha una forte valenza politica. Si spera che sia come è stato detto pur se vi sono evidenze in contrario, come del resto in molte altre cose in religione: La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede [dalla Lettera agli ebrei, capitolo 11, versetto 1  - Eb 11, 1 – versione in italiano CEI 2008]. Questo anche se i teologi restringono molto il campo delle pronunce  infallibili  adottate da allora. Una di queste, espressamente presentata come una pronuncia solenne in materia di dottrina e morale, c’è nell’enciclica Il vangelo di vita – Evangelium vitae, del 1995, del papa Karol Wojtyla – Giovanni Paolo 2°:

 

 https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_25031995_evangelium-vitae.html

 

57. […] Dinanzi al progressivo attenuarsi nelle coscienze e nella società della percezione dell'assoluta e grave illiceità morale della diretta soppressione di ogni vita umana innocente, specialmente al suo inizio e al suo termine, il Magistero della Chiesa ha intensificato i suoi interventi a difesa della sacralità e dell'inviolabilità della vita umana. Al Magistero pontificio, particolarmente insistente, s'è sempre unito quello episcopale, con numerosi e ampi documenti dottrinali e pastorali, sia di Conferenze Episcopali, sia di singoli Vescovi. Né è mancato, forte e incisivo nella sua brevità, l'intervento del Concilio Vaticano II.

Pertanto, con l'autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l'uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale. Tale dottrina, fondata in quella legge non scritta che ogni uomo, alla luce della ragione, trova nel proprio cuore (cf. Rm 2, 14-15), è riaffermata dalla Sacra Scrittura, trasmessa dalla Tradizione della Chiesa e insegnata dal Magistero ordinario e universale.

La scelta deliberata di privare un essere umano innocente della sua vita è sempre cattiva dal punto di vista morale e non può mai essere lecita né come fine, né come mezzo per un fine buono. È, infatti, grave disobbedienza alla legge morale, anzi a Dio stesso, autore e garante di essa; contraddice le fondamentali virtù della giustizia e della carità. «Niente e nessuno può autorizzare l'uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o adulto, vecchio, ammalato incurabile o agonizzante. Nessuno, inoltre, può richiedere questo gesto omicida per se stesso o per un altro affidato alla sua responsabilità, né può acconsentirvi esplicitamente o implicitamente. Nessuna autorità può legittimamente imporlo né permetterlo»  [citazione dalla Dichiarazione  sull’eutanasia I diritti e i valori – Iura et bona della Congregazione per la Dottrina della Fede, del 5-5-80

https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19800505_eutanasia_it.html ]

Nel diritto alla vita, ogni essere umano innocente è assolutamente uguale a tutti gli altri. Tale uguaglianza è la base di ogni autentico rapporto sociale che, per essere veramente tale, non può non fondarsi sulla verità e sulla giustizia, riconoscendo e tutelando ogni uomo e ogni donna come persona e non come una cosa di cui si possa disporre. Di fronte alla norma morale che proibisce la soppressione diretta di un essere umano innocente «non ci sono privilegi né eccezioni per nessuno. Essere il padrone del mondo o l'ultimo miserabile sulla faccia della terra non fa alcuna differenza: davanti alle esigenze morali siamo tutti assolutamente uguali».

 

 Naturalmente i teologi specializzati nel campo  hanno delimitato la portata della pronuncia infallibile contenuta in quel documento all’enunciato “confermo che l'uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale”: rimangono aperti i molti dilemmi etici collegati che, fondamentalmente, sono riconducibili alla definizione dello stato di  necessità, in presenza del quale diviene non punibile qualcosa di oggettivamente illecito. Ogni volta che d’autorità si impone una condotta o un divieto sotto pena di esclusione sorge la questione, prettamente giuridica, di delimitare accuratamene il comando.

  Quindi, dalla metà Ottocento, si è prodotto quell’assolutismo ecclesiastico, del quale è espressione anche il dogma dell’infallibilità  pontificia,  che ha improntato anche, ad esempio, la nostra Azione Cattolica, almeno fino alla riforma dello statuto del 1969,  la catechesi e la prassi ecclesiale ad ogni livello, rendendo la gente eccessivamente dipendente dai preti in ogni cosa, situazione che si sta cercando di correggere con una riforma in senso sinodale diffuso, pena gravi problemi perché   i preti sono sempre meno, almeno in Europa occidentale.  Lo stesso ruolo del prete, il quale da predicatore, sacerdote e  persona che presiede una comunità di fede è stato  obbligato ad essere anche una specie di autocrate sotto stretti vincoli gerarchici con i superiori, ne è stato pesantemente segnato.

  Come spiega Giorello, all’assolutismo  si contrappone il relativismo che è quando, nel capire che fare e che pensare, si tiene conto del contesto. Nella dottrina cattolica contemporanea, a differenza delle scienze contamporanee, esso è presentato come un male, essenzialmente perché pone in questione il potere ecclesiastico, attualmente accentrato in una gerarchia ancora con ordinamento assolutistico centrato sul Papato romano. Vi è collegato il concetto di verità  in senso politico, come quel complesso di enunciati ai quali si è obbligati  a consentire per essere riconosciuti dalla gerarchia ecclesiastica come parte della Chiesa.

   Dall’epoca della deliberazione del dogma dell’infallibilità le verità di fede  sono rimaste sempre le stesse?  Vi invito a rifletterci sopra. Il  mio parente Roberto Ardigò, prete, fu sospeso dal suo ministero di prete per aver sostenuto pubblicamente che le scienze naturali devono seguire il loro metodo, principio di autonomia scientifica  che poi fu accolto durante il Concilio Vaticano 2°, un secolo dopo.

 

Dalla Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo La gioia e la speranza – Gaudium et spes – deliberata durante il Concilio Vaticano 2° (1962-1965)

 

https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651207_gaudium-et-spes_it.html

 

36. La legittima autonomia delle realtà terrene.

  Molti nostri contemporanei, però, sembrano temere che, se si fanno troppo stretti i legami tra attività umana e religione, venga impedita l'autonomia degli uomini, delle società, delle scienze.

  Se per autonomia delle realtà terrene si vuol dire che le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri, che l'uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di una esigenza d'autonomia legittima: non solamente essa è rivendicata dagli uomini del nostro tempo, ma è anche conforme al volere del Creatore.

  Infatti è dalla stessa loro condizione di creature che le cose tutte ricevono la loro propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi proprie e il loro ordine; e tutto ciò l'uomo è tenuto a rispettare, riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni singola scienza o tecnica.

  Perciò la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio (62).

  Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza prenderne coscienza, viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono.

  A questo proposito ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali, che talvolta non sono mancati nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, suscitando contese e controversie, essi trascinarono molti spiriti fino al punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro (63).

  Se invece con l'espressione « autonomia delle realtà temporali » si intende dire che le cose create non dipendono da Dio e che l'uomo può adoperarle senza riferirle al Creatore, allora a nessuno che creda in Dio sfugge quanto false siano tali opinioni.

  La creatura, infatti, senza il Creatore svanisce.

  Del resto tutti coloro che credono, a qualunque religione appartengano, hanno sempre inteso la voce e la manifestazione di Dio nel linguaggio delle creature.

  Anzi, l'oblio di Dio rende opaca la creatura stessa.

 

[dalla voce Roberto Ardigò  del Dizionario Biografico degli italiani Treccani - https://www.treccani.it/enciclopedia/roberto-ardigo_(Dizionario-Biografico)/

 

[…]17 marzo 1869, in occasione della festa del suo liceo, denominato "Virgilio" dal 21 giugno 1867, l'Ardigò lesse un discorso su Pietro Pomponazzi.

[…]

 Nel Discorso, celebrata l'irresistibile efficacia del pensiero nel determinare il progresso umano, si esaltano la Riforma, insorta contro le "innaturali pretese di una assorbente autorità", la Rivoluzione francese, "che promulgò le nuove tavole dei diritti dell'uomo", e il Rinascimento, che pose i principî razionali da cui nacquero le moderne scienze positive. In particolare, al Pomponazzi l'Ardigò ascrive il merito di avere intuito il principio della naturalità dei fenomeni, cioè della loro universale connessione sotto leggi puramente naturali, di avere esteso tale principio al mondo morale, di aver portato nelle indagini filosofiche il metodo positivo dell'osservazione e infine di aver sostenuto "la necessità assoluta dell'organismo per tutti indistintamente gli atti del pensiero".

 Il discorso, subito stampato, fu messo all'Indice con decreto del 1º giugno 1869. Il 4 settembre successivo giunse poi al Martini, allora vicario capitolare, l'ordine di sospensione a divinis dell'A., colpevole di mancata ritrattazione. All'ordine l'Ardigò si rassegnò, dichiarando tuttavia di ritenerlo ingiusto e dettato non da zelo di religione, ma da spirito di partito, convinto com'era dell'ortodossia delle proprie teorie (che gli parevano identiche a quelle sostenute da A. Secchi nell'Unità delle forze fisiche): espresse perciò la ferma risoluzione di non rinnegare nulla di ciò che aveva detto e stampato.

[…]

  Il 2 sett. 1870 la Gazzetta di Mantova pubblicò una dichiarazione dell'Ardigò contro il dogma, allora definito, dell'infallibilità papale: l'A. affermava di non accettarlo e di considerarlo anzi come una vera stoltezza. Il 7 apr. 1871 l'Ardigò comunicò per iscritto al Martini la determinazione sua di svestire l'abito ecclesiastico, attuata il 10 di quel mese. Rammaricandosi che non gli si permettesse di essere buon prete, accompagnava il suo atto con il dichiarato proposito di rimanere buon secolare. Vani risultarono i tentativi fatti dal Martini, ed anche un colloquio, avvenuto non più tardi del febbraio del 1872, tra l'Ardigò e Pietro Rota, non ebbe seguito; una lunga e acre polemica sulla Psicologia, condotta tra l'agosto e il dicembre del 1872 sulle colonne del Vessillo cattolico e della Provincia di Mantova, rispettivamente dal Rota e dall'Ardigò, sancì la definitiva rottura.

 

 La democrazia ci ha affrancati dalla violenza politica che in passato si abbatté su chi era considerato eretico o semplicemente dissentiva dall’autorità ecclesiastica, da ultimo durante la spietata persecuzione dei cosiddetti modernisti  all’inizio del Novecento. Oggi si rischia al più l’emarginazione e l’oblio ma solo in ambito ecclesiale. L’assolutismo ecclesiastico non è più molto avvertibile nelle realtà di base, come le parrocchie, ma comunque ostacola la partecipazione popolare alla missione dell’evangelizzazione e alla stessa costruzione delle comunità di fede, dove le persone più assidue sono ormai   quelle piuttosto anziane e sempre in minor numero, anche se nelle celebrazioni maggiori e, soprattutto, in quelle che riguardano gli eventi centrali della vita delle persone, nascita, matrimonio, morte, vengono ancora in molti. Però non si tratta in genere di una partecipazione attiva, si viene per assistere, spesso senza sapere bene che fare e il significato di ciò che si svolge intorno agli altari.

  Tra pochi giorni inizierà l’Anno Santo del 2025: una serie di eventi che trova origine nel Basso Medioevo, al tempo della trasformazione del Papato romano in un impero  religioso.

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[ricerca mediante ChatGPT di OpenAI]

Il primo Anno Santo (o Giubileo) fu indetto nel 1300 da Papa Bonifacio VIII. L'annuncio avvenne tramite la bolla papale "Antiquorum fida relatio". Questo evento segnò l'istituzione formale del Giubileo nella Chiesa cattolica.

Contesto e significato

1.  Origine biblica: L'idea del Giubileo si ispira al concetto dell'anno giubilare presente nell'Antico Testamento (Levitico 25), in cui ogni 50 anni era proclamato un anno di liberazione e remissione dei debiti.

2.  Primo Giubileo: Papa Bonifacio VIII stabilì che, recandosi in pellegrinaggio a Roma e visitando le basiliche di San Pietro e San Paolo fuori le mura, i fedeli avrebbero potuto ottenere l'indulgenza plenaria, cioè la remissione totale delle pene temporali per i peccati confessati e pentiti.

3.  Successo straordinario: L'iniziativa ebbe un successo enorme, attirando a Roma migliaia di pellegrini da tutta Europa, nonostante le difficoltà logistiche dell'epoca. Questo consolidò Roma come centro spirituale del cristianesimo.

Periodicità

Inizialmente, Bonifacio VIII aveva previsto che l'Anno Santo si celebrasse ogni 100 anni. Tuttavia, i successivi Papi modificarono la periodicità:

·         Nel 1350, Papa Clemente VI indisse un Giubileo straordinario, stabilendo una nuova cadenza ogni 50 anni.

·         Papa Urbano VI nel 1390 ridusse ulteriormente l'intervallo a 33 anni, in riferimento alla durata della vita di Cristo.

·         Infine, Papa Paolo II fissò nel 1470 la periodicità attuale di un Giubileo ordinario ogni 25 anni.

Gli Anni Santi possono anche essere straordinari, indetti in circostanze particolari, come quello proclamato da Papa Francesco nel 2015-2016, dedicato alla Misericordia.

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 E’ essenzialmente una celebrazione della centralità del Papato romano, in particolare sulla questione dell’indulgenza plenaria. Però può essere una buona occasione per incontrarsi e per discutere anche sullo sviluppo della sinodalità ecclesiale, prendendo consapevolezza che si è ancora in tante persone a orientare la propria vita secondo il vangelo e che c’è tanto da fare per diffonderlo.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli