Le basi di una ricerca con metodo sinodale
Pensiamo
ad un piccolo gruppo di una trentina di persona della stessa fascia d’età,
accomunate anche da una storia personale affine, che si stimano le une le
altre, che vogliano iniziare un lavoro sinodale a lunga scadenza sulla propria
religiosità e su un progetto di attività nella società intorno per influirvi nello
spirito del vangelo, caratterizzato da riflessione colta e dialogo, con lo
scopo di assumere decisioni condivise sul da farsi nel tempo che stanno
vivendo. Definirei questo gruppo sinodale
perché si va insieme nello spirito
del vangelo. L’attività a cui mira è sociale, ma anche sulla base di una considerazione
della religiosità personale, di come si è e di come si potrebbe essere, perché
è nello spirito del vangelo che per cambiare la società occorre cominciare da
se stessi.
Bisognerebbe liberarsi dall’assillo, antico,
risalente alle origini, del volere pensare a un’azione che debba essere l’unica
giusta in religione e quindi dell’entrare
in polemica con altre persone e altri gruppi che pensano e fanno diversamente. E
anche da quello di rimanere rigidamente nei confini di tradizioni di pensiero e
di azione, del già pensato e fatto, in
particolare dei progetti che la gerarchia ecclesiastica dei nostri tempi, o di
altri tempi, ha preso in considerazione assumendo
determinate posizioni. Sarà comunque essenziale confrontarsi con le tradizioni,
perché in religione, in qualsiasi religione, non si parte mai da zero, o almeno
non si dichiara mai di farlo, anche se realmente si fanno cose nuove. E’ così
che originarono i cristianesimi e tutti i loro successivi fermenti.
Ci si incontra e si dialoga perché questo è
profondamente umano.
Il mondo cambia a velocità vertiginosa: è una
caratteristica del nostro tempo. Come può una persona orizzontarsi rimanendo da
sola?
Studiare, informarsi, non basta, se poi non
ci si confronta con un impegno collettivo.
Di questa esigenza di comunità si è parlato
come di quella di mondi vitali, che sono quelle collettività, caratterizzate
da relazioni molto più intense, nelle quali le persone ricavano il senso della
vita.
Tra i problemi principali del nostro tempo vi
è proprio il deterioramento dei mondi vitali, in particolare nelle città nelle
quali convergono moltitudini e nelle quali le relazioni tra le persone sono per
lo più mediate da riti, procedure, diritto. E’ paradossale che ci si possa
sentire persone sole in contesti abitati da centinaia di migliaia o addirittura
da milioni di altre persone. Ma è proprio ciò che si comincia a sperimentare
già da molto giovani, non appena si esce dalle comunità-nido come
possono essere la famiglia e le scuole primarie.
Questa difficoltà si incontra anche nella vita
religiosa.
E anche se si è al centro di fitte relazioni
in reti sociali telematiche.
Siamo organismi biologici e non lo dobbiamo
mai dimenticare. Le relazioni significative implicano anche il coinvolgimento
della fisiologia e il raggiungimento di una intimità personale, come quella che
si sperimenta nei gruppi giovanili o, ad esempio e fino ad un certo punto, nella
vita militare in guerra. Da persone adulte ci si allontana, anche perché ci si
concentra sulla cura della prole e poi c’è il lavoro che può farsi molto
assillante. Allora non di rado le relazioni personali più forti sono quelle con
amiche e amici di gioventù, oltre che con la propria parentela.
E’ per questo che, nella vita dei gruppi
religiosi, si organizzano occasioni di ritiro, pellegrinaggi, o comunque
occasioni di attività caratterizzate da una convivenza, come sono, ad esempio, i
congressi e le assemblee sociali delle associazioni maggiori.
Un gruppo sinodale dovrebbe prevedere momenti del genere.
La sinodalità impone di confrontarsi e di
accettare il pluralismo, vale a dire la coesistenza di vari modi di intendere
la vita di fede. Fin dalle origini, che furono marcatamente pluralistiche, questo
fu molto difficile e ci si scontrò aspramente.
Le teologie che iniziarono a organizzarsi
concettualmente e socialmente nei primi secoli finirono con il considerare
virtuosa l’unità sotto un medesimo centro di potere, nel punto di incontro tra
Cielo e Terra, e questo aspetto fu molto accentuato nell’ibridarsi di teologia,
politica e diritto, specialmente dall’inizio
del secondo Millennio, con l’edificazione delle università europee.
Ancora oggi, sebbene ci si confronti con più
serenità con il pluralismo che si manifesta non appena il giogo dell’autorità
si attenua, in realtà si collega pluralismo con relativismo, che è
quando, nel decidere che fare e che pensare, si tiene conto del contesto. Nella
nostra Chiesa la polemica è mantenuta viva dalla teologia dogmatica razionalista,
per la quale, dati determinati asserti di base considerati indiscutibili, tutto potrebbe
essere deciso sviluppandoli razionalmente e nei limiti della ragione, senza
tener conto di altro: sarebbe la realtà intorno a dover essere ordinata secondo i corollari, vale a dire le
conseguenze, che se ne traggono razionalmente. Questo modo di pensare è sensibile,
ad esempio, nell’enciclica La carità nella verità – Caritas in veritate, del
papa Benedetto 15°, diffusa nel 2009.
Al centro di quel documento vi fu
la contestazione di certe conseguenze che si erano tratte dall’enciclica del
papa Paolo 6°, Lo sviluppo dei popoli – Populorum progressio, diffusa
nel 1967
https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/encyclicals/documents/hf_p-vi_enc_26031967_populorum.html
nella quale certamente si teneva conto del
contesto storico per esortare a certi tipi di azione sociale.
Nel programmare un gruppo sinodale, consiglio
di abbandonare lo spirito polemico nel voler cercare e imporre verità,
intese come quegli asserti, quegli enunciati, che si ritiene
debbano essere accettati pena l’esclusione da una collettività. In genere, al
di fuori degli specialisti teologi, si tende a difendere, e a voler imporre,
come verità anche concezioni che in realtà la teologia non considera
tali, e che quindi ritiene opinabili, ma anche a accalorarsi per
ritenute verità senza averle ben comprese. Quindi consiglierei di
instaurare un clima di reciproca tolleranza, dando per scontato che si è alla ricerca
e che su ogni cosa occorre riflettere con una certa libertà, salvo il
correggersi a ragion veduta, dopo averci dialogato sopra anche alla luce degli
orientamenti considerati più autorevoli. Relazioni improntate ad una consolidata
amicizia aiutano in questo. Bisogna
cercare di non riproporre continuamente il clima bellicoso che caratterizzò le
comunità cristiane delle origini, facili alla scomunica e all’anatema, nonostante
la visione spesso angelicata che se ne dà nell’apologetica.
Viviamo in un modo di oltre otto miliardi di
persone che possono sopravvivere solo se si riesce ad organizzare una convivenza
che viva il pluralismo come un valore, vale a dire come il contesto nel quale
possono accadere quei cambiamenti sociali che risultino utili alla
sopravvivenza, al modo stesso in cui agisce l’evoluzione naturale nelle specie
biologiche. Non è immaginabile che una teologia dogmatica o qualsiasi dottrina
sociale simile possa organizzare con successo un’umanità così estesa al modo di
un formicaio.
Così, al principio del lavoro di un gruppo
sinodale, ma anche nel prosieguo, sarà molto importante accordarsi su procedure
e principi liberali, dove con liberale intendo quella convivenza in cui appunto si
accetta il pluralismo e nondimeno si collabora, senza far esplodere la società in
conflitti, mediante un dialogo ragionevole e rispettoso della dignità delle
altre persone.
Liberalismo: è stato una delle bestie
nere dei clericali dal Settecento europeo, ma su di esso sono fondate le
democrazie avanzate europee, come anche l’Unione europea.
In alcune esperienze comunitarie religiose si
è esortati a rinunciare alla propria libertà, dandosi all’obbedienza ad autorità
sacrali o carismatiche. Gli ordini religiosi, in fondo, si basano su questo principio.
In democrazia sono scelte che sono consentite, fin dove le siano consapevoli,
libere e reversibili. Nello spirito dell’accettazione
pluralismo bisognerebbe accettarle, a patto che non le si voglia imporre a tutte le persone indistintamente, come verità,
nel senso politico che dicevo. Per la
mia indole personale, non mi darei mai a gruppi religiosi che praticassero la
rinuncia alla libertà e la esigessero dai loro adepti. Gruppi simili vengono
anche denominati nella sociologia delle religioni sette, quando
esprimono dinamiche di manipolazione mentale anche mediante isolamento sociale
e dipendenza emotiva.
Un gruppo sinodale, per definizione, non
può definirsi tale se presenta caratteristica di setta.
In un gruppo sinodale partirei dalla
sensibilità al contesto sociale in cui si vive e dall’esperienza che ciascuna
persona che partecipa ne fa. Proverei a condividere quell’esperienza nel
dialogo sinodale, per poi pensare come approfondirne la descrizione, anche per
individuare le origini e le cause delle situazioni che si stanno vivendo.
Penso a un gruppo sinodale come a una esperienza
sociale di persone colte, il che non significa che debbano essere specialiste
un qualche disciplina scientifica,
perché altrimenti si avrebbe un seminario o simili forme organizzative.
Essere una persona colta significa impegnarsi ad argomentare
ordinatamente e ragionevolmente, tenendo
conto delle principali linee di pensiero contemporanee nella materia sulla
quale si ragiona e dialoga e anche delle loro evoluzioni storiche, cercando di capire
bene le argomentazioni altrui e di acquisire consapevolezza aggiornata del dibattito
culturale nei propri tempi. Oggi si hanno
a disposizioni mezzi di informazione molto più estesi e rapidi che, ad esempio,
ai tempi in cui iniziai i miei studi universitari, negli anni ’70. E’ un’occasione
da sfruttare e questo a tutte le età, da giovani, da meno giovani, e anche da persone anziane.
Naturalmente le acquisizioni delle scienze
umane sono maggiormente alla portata di una persona colta, perché si basano sul
linguaggio discorsivo, e allora si tratta più che altro di approfondire il lessico e poi non ci sono troppe difficoltà nel
capire. Lo stesso è anche in alcuni campi delle scienze della natura, fin dove
non si comincia a utilizzare il linguaggio matematico o altri tipi di
sofisticati linguaggi simbolici, come quelli utilizzati in informatica o nelle
scienze chimiche. In questi settori sono essenziali dei mediatori culturali
costituiti dagli scritti divulgativi, che però ai tempi nostri abbondano e, con
grande meraviglia di coloro che sottostimano la gente intorno, hanno un pubblico
molto esteso e appassionato.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli