INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Questo blog è un'iniziativa di laici aderenti all'Azione Cattolica della parrocchia di San Clemente papa e manifesta idee ed opinioni espresse sotto la personale responsabilità di chi scrive. Esso non è un organo informativo della parrocchia né dell'Azione Cattolica e, in particolare, non è espressione delle opinioni del parroco e dei sacerdoti suoi collaboratori, anche se i laici di Azione Cattolica che lo animano le tengono in grande considerazione.

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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martedì 31 dicembre 2024

Natale con il fiato sospeso

 Natale con il fiato sospeso

 

 Capodanno cade al centro delle festività natalizie. Come è stato ricordato giustamente in questi giorni, si celebra lo stesso evento, il Natale del Cristo dei cristiani. È una celebrazione di speranza, che quest’anno è all’inizio dell’Anno Santo dedicato a questa virtù.

  Tuttavia il mondo è in attesa temendo il peggio.

  Tra qualche giorno l’insediamento del nuovo presidente statunitense farà capire se sarà guerra mondiale. Gli Stati Uniti d’America, una piccola parte dell’umanità, con la loro enorme forza militare ed economica sono in grado di deciderlo. E le recenti elezioni hanno portato alla Presidenza federale un uomo che si è distinto per atteggiamenti estremisti ed aggressivi.

  In Oriente, la Cina popolare sta manifestando intenzioni di guerra e ha costituito una forza militare in grado di competere nel teatro locale con quelle degli Stati Uniti d’America e dei loro alleati.

  In Europa orientale la guerra in Ucraina sta incrudelendo, nonostante il duro inverno nordico, con rilevanti perdite umane e grandi distruzioni, perché gli invasori russi vogliono raggiungere le posizioni migliori prima di iniziare reali trattative di pace con la nuova Presidenza federale statunitense. Gli ucraini hanno una strategia speculare ma opposta. La Presidenza federale statunitense uscente sta trasferendo ingenti risorse agli ucraini per resistere e contrattaccare, verosimilmente assistendoli anche in altri modi nella guerra.

  Il Presidente statunitense eletto ha dichiarato che pretenderà un più vasto coinvolgimento in quella guerra  degli europei che partecipano alla NATO.

  Negli anni scorsi si sono molto ridotte le risorse energetiche che i russi ci fornivano e da domani si interromperanno del tutto le forniture di metano che ci venivano dai russi attraverso l’Ucraina, continuate nonostante la guerra. Mesi fa è stato reso inutilizzabile il condotto sottomarino che portava il metano russo attraverso il Mar Baltico. Le indagini sono ancora in corso, ma si sospetta che si sia trattato di un atto di guerra degli ucraini. La guerra in Ucraina ha privato gli altri europei di ingenti e sicure risorse energetiche a buoni prezzi che ci venivano dai russi, con impatti recessivi sulle economie del continente. Recessione significa riduzione dell’attività industriale e dell’occupazione, specialmente di quella stabile e ben retribuita a favore di impieghi precari e peggio retribuiti.

  Dal 1939 non si era vissuta in Europa una simile vigilia di guerra. All’epoca la voce del Papa si alzò gridando, in uno storico radiomessaggio,  che nulla era perduto con la pace, mentre tutto poteva esserlo con la guerra. Non è forse ancora così?

  La grande novità rispetto alla situazione di guerra fredda che in Europa si visse dagli scorsi anni Cinquanta ai successivi anni Ottanta è che Stati Uniti d’America e Russia confidano di potersi fare guerra in Europa senza rischiare la mutua distruzione assicurata, nonostante dispongano di enormi arsenali nucleari strategici. Proprio la guerra in Ucraina sembra loro aver dato la prova sperimentale che questo è possibile. Quella guerra non è solo tra gli invasori russi e i resistenti ucraini, ma anche tra gli Stati Uniti d’America e i loro alleati nella NATO, in fase espansiva verso l’Europa orientale, e la Russia in fase espansiva verso stati che un tempo furono federati nella comunista Unione Sovietica. Il conflitto non è più ideologico come un tempo, tra capitalisti e comunisti, ma di pura potenza, tra regimi  entrambi capitalisti, quello russo palesemente organizzato, dal punto di vista economico e militare, sul modello di quello statunitense.

  Nonostante il reale rischio dell’estendersi catastrofico di una guerra in Europa, la gente italiana, a differenza di ciò che accadde nel 1991 durante la prima “Guerra del Golfo”, non esprime grandi movimenti popolari contro la guerra. Anzi i principali mezzi di comunicazione di massa trattano i residui moti pacifisti come espressione di tradimento collaborazionista a favore degli invasori russi. Solo il Papa per ora si salva da questi attacchi. Egli, continuando il magistero dei suoi predecessori, continua a gridare contro la guerra, che fin dall’inizio del suo ministero ha definito guerra mondiale a pezzi. Ha anche incaricato il presidente della CEI Zuppi di un’azione di pace, che ha dato importanti risultati in favore della gente travolta dalla guerra, nonostante che finora i governi belligeranti siano stati pervicacemente determinati alla guerra.

  Gli italiani hanno fornito ingenti risorse alla guerra in Ucraina e, sulle strategie di pace, hanno seguito gli altri governi dell’Unione Europea nell’accettare la linea statunitense contraria a trattative di pace con i russi prima di un loro completo ritiro dai territori ucraini occupati, che oggi tutti ormai ritengono obiettivo irrealistico.

  Altri focolai di tensione si stanno manifestando negli stati Baltici, ai confini con Russia e Bielorussia, riconducibili all’aggressività russa, e in Moldova e Georgia, territorio di scontro tra occidentali e russi in fase espansiva.

 Anche in Siria e Palestina, come in Libia, sono in corso guerre riconducibili a strategie delle superpotenze, nelle quali opportunisticamente si sono inserite le efferate guerre israeliane, con deliberate immani e  brutali stragi contro le popolazioni civili,  nella striscia di Gaza, da decenni in stato di assedio, in Libano e da ultimo in Siria, innescate dalle orrende stragi terroristiche compiute da milizie del gruppo Palestinese Hamas nell’ottobre del 2023, in prevalenza contro la popolazione civile, con presa di ostaggi, compresi donne, bambini e vecchi.

  Come fu osservato tempo fa, ai confini dell’Unione Europea c’è la guerra e si è spinti a prendervi parte direttamente.

  I governi appaiono essere come trascinati su questa china. C’è qualcosa da fare come popolo e, in particolare, come persone cristiane? Vediamo che in Ucraina e Russia le  Chiese nazionali si sono schierate dietro i rispettivi governi. Nessuna Chiesa cristiana, che io sappia, neppure quella cattolica, ha osato esortare le persone di fede a rifiutare la mobilitazione bellica e ad opporsi attivamente anche con moti popolari di piazza e con la disubbidienza civile (come accadde con successo negli anni Sessanta in tutto l’occidente contro le guerre americane in Indocina) contro le politiche di guerra. Secondo la dottrina cattolica corrente la guerra ingiusta è un peccato, ma competenti a decidere se sia giusta  sono solo i governi. Così ci si è potuti uccidere in guerre ordinate dai rispettivi governi senza temere di fare, personalmente, peccato, rischiando la dannazione eterna.

  Certo, si può pregare e sperare in un intervento soprannaturale. Intanto, c’è sicuramente gente che prega, in questo tempo forte di Natale. Ma l’esperienza storica dimostra che questo non è mai bastato. Le guerre finiscono solo quando i governi ordinano la pace, perché trovano conveniente farlo. E nel deciderli alla convenienza della pace la pressione popolare conta, soprattutto in ambienti democratici. Se qualcosa è possibile fare per evitare il peggio, allora è doveroso farlo.

 In questo Capodanno con il fiato sospeso l’augurio che formulo è dunque che la nostra fede cristiana ci faccia trovare il coraggio di mobilitarci, in ciò che possiamo e quindi dobbiamo, per ottenere dai governi, a partire dal proprio che è quello più sensibile a ciò che collettivamente facciamo,  politiche di pace,  non limitandoci ad azioni liturgiche.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

 

 

 

 


domenica 29 dicembre 2024

Principi organizzativi di un gruppo sinodale – 1 –

 

Principi organizzativi di un gruppo sinodale – 1 –

 

   Ad un gruppo sinodale è possibile che vogliano partecipare preti o religiose e religiosi, ma ciò non è indispensabile e il loro coinvolgimento deve avvenire sempre su basi paritarie, pena il fallimento dell’esperienza sinodale.

  Naturalmente si tratta di persone che, in genere, sono portatrici di particolare competenze nelle tematiche religiose, per gli studi che hanno fatto, ma non per questo deve essere loro riconosciuta una particolare autorità: in un gruppo sinodale deve valere la forza degli argomenti. Inoltre vi saranno persone che sono portatrici di altre competenze importanti, anche solo, ad esempio, per aver formato famiglie e allevato figli, esperienza che in genere è preclusa ai preti e, sempre, a religiose e religiosi. Il gruppo sinodale si fa per integrare tutte queste competenze, in modo da renderne partecipi le altre persone che vi partecipano.

  Naturalmente la teologia è un grosso scoglio per i più, anche se a volte si è avuta una certa familiarizzazione con quel complesso di discipline, che oggi si presenta come un gruppo di scienze specialistiche difficilmente padroneggiabile da una sola persona, anche di elevata cultura. Purtroppo la formazione teologica e anche il dibattito teologico risentono nella nostra Chiesa del suo marcato autoritarismo autocratico, un problema che, nel quadro di una riforma ecclesiale basata sulla sinodalità diffusa, si sta cercando di superare.

  I testi religiosi per i non addetti ai lavori hanno in genere impronta apologetica, vale a dire sono pura propaganda. I testi specialistici sono invece troppo complessi per essere affrontati dalla gente comune. Inoltre le teologie cristiane hanno prodotto nei secoli una vastissima letteratura e le opere più importanti non sono scritte in italiano. Infine, per approfondire è necessaria una competenza nelle lingue bibliche  e nel latino.

  E’ necessario tuttavia avere una certa familiarità con il lessico teologico e con le questioni rilevanti nel definire la fede. Di solito di questo si occupa quel ramo specialistico della teologia che è la teologia fondamentale, che si assume anche il compito  di rendere credibili  gli enunciati che costituiscono la professione di fede,  sintetizzati nelle formule del Credo, confrontandosi, argomentando criticamente,  con le obiezioni che vengono dalla cultura del tempo corrente. Comunque anche le opere di teologia fondamentale possono essere piuttosto impegnative. Ricordo, ad esempio, il Corso fondamentale sulla fede. Introduzione al cristianesimo  del grande teologo tedesco Karl Rahner, che era piuttosto diffuso tra le persone laiche ai tempi della mia gioventù, ma che, dato il gergo filosofico piuttosto oscuro  che vi era utilizzato legato al  lessico di Heidegger e di Husserl (gli studenti di Rahner se ne lamentavano), non era una lettura pratica.

  Può essere utile a quel fine servirsi del Catechismo della Chiesa Cattolica (non del Compendio), che è disponibile anche on line

https://www.vatican.va/archive/catechism_it/index_it.htm

con l’avvertenza di usarlo non tenendo conto della  forza normativa che gli si volle dare imponendolo anche alle teologhe e ai teologi cattolici, per essi costituendo una sorta di gabbia culturale, ma solo come strumento di conoscenza. E’ molto utile, perché, rivolgendosi anche alla teologia, presenta ordinatamente e in modo completo ma sintetico gli elementi che il magistero ritiene fondamentali per la consapevolezza della fede. Nello stesso tempo è accessibile anche a una persona colta che non sia una specialista. Approfondimenti possono poi essere tentati mediante le risorse sul WEB che siano ritenute affidabili.

 Ho trovato molto utile le enciclopedie on line dell’Istituto dell’Enciclopedia Treccani

https://www.treccani.it/enciclopedia/elenco-opere/

Ci si può servire dei contenuti disponibili sul portale Scrutatio

https://www.scrutatio.it/

 Sul portale https://www.bibbiaedu.it/ della CEI sono disponibili varie edizioni della Bibbia, anche in greco, ebraico e latino.

  L’attività di un gruppo sinodale non dovrebbe sovrapporsi a quella di un gruppo di formazione catechistica, nel quale il ruolo del catechista è necessariamente di guida ed è quindi connotato da una componente autoritaria. La formazione almeno di primo livello deve darsi per presupposta. E’ il risultato che dovrebbe conseguirsi con il percorso formativo per la preparazione alla Cresima. Se sono trascorsi molti anni da allora, può essere necessario dargli una rinfrescata, ma in sede diversa dal gruppo sinodale.

 Ancora ai tempi del mio catechismo per Prima Comunione e Cresima, la formazione che veniva impartita era di tipo teistico, in linea con quella che ancora era prevalente nelle scuole di teologia. Si sviluppava  razionalmente a partire dal concetto di Dio e, in questo quadro, venivano collocati Gesù e la cristologia. La teologia universitaria si sviluppava in trattati corrispondenti a sistemazioni concettuali risalenti alla Scolastica medievale. Dagli anni ’50 si è accentuata la dimensione cristologica, anche con maggiore attenzione alle fonti bibliche e alle tradizioni delle origini, in questo quadro accentuando l’attenzione all’esperienza umana concreta. Da qui, poi, la grande stagione del rinnovamento della catechesi, apertasi in Italia nel 1970 con il  Documento di base “Il rinnovamento della catechesi”  del 2-2-70

https://www.educat.it/documenti/download/Il%20Rinnovamento%20della%20Catechesi_sito.pdf

 I nuovi metodi catechistici, concentrati sulla motivazione alla fede e sulla vita nuova nella fede, non forniscono però, in genere, una visione d’insieme dei fondamenti teologici della fede, per cui si è creata una certa incomunicabilità tra gli specialisti teologici, i quali invece ne sono consapevoli, e l’altra gente.

  Di solito nei gruppi ecclesiali si cerca di superare quel gap con la mediazione di preti e di religiose e religiosi, che hanno avuto una specifica formazione teologica. Ma in un gruppo sinodale, che per funzionare richiede una dignità paritaria tra le persone che vi partecipano, occorrerebbe migliorare la comune consapevolezza delle questioni teologiche. Spesso, invece, anche nelle persone adulte si nota che la formazione non è andata oltre quella ricevuta nell’infanzia.

  L’avvertenza da tenere sempre presente è che, acquisita una certa familiarizzazione con il lessico teologico non bisogna presumersi teologi, perché la teologia, nelle sue varie branche, è dal Medioevo un complesso di scienze in senso proprio. Questo però limita la creatività solo in quel campo, non in quello della religiosità e dell’azione sociale ispirata dal vangelo. Anzi, per certi versi, la teologia potrebbe rivelarsi controproducente, addirittura per la propria fede personale. E’ per questo che, ad esempio, Giuseppe Dossetti non consigliava a tutte le persone l’approfondimento teologico, che quando avviene deve seguire i principi e i metodi delle relative comunità scientifiche o non ha valore. E ciò con cui ci si deve necessariamente confrontare, legato anche ad ere di sconcertante violenza pubblica delle cristianità assecondata e addirittura promossa dalle gerarchie ecclesiastiche, potrebbe demotivare alla fede.

  Come spesso osservo, le teologie arrivano sempre dopo  che si sono prodotti dei cambiamenti o se ne è sentita l’esigenza. Forniscono le parole per descriverli o progettarli. Prima vi è la vita sociale, la società, in particolare quella delle persone di fede.

  Quanto alla dottrina normativa, quella che in base alla legislazione ecclesiastica corrente consente giuridicamente di essere riconosciuti come appartenenti alla Chiesa, essa va data per presupposta, per approfondirne origini, contenuti e linee di sviluppo. In quanto diritto  essa è strettamente legata ai mutamenti sociali. Ogni enunciato normativo ha avuto un’origine storica e non esiste norma senza ordinamento sociale: ogni ordinamento sociale inizia, evolve e finisce, come la vita biologica degli umani. L’idea che esistano norme immutate e immutabili è irrealistica e lo dimostra la storia della nostra stessa Chiesa.

  Non credo che un gruppo sinodale, a meno che non sia composto da specialisti, possa e debba proporsi obiettivi di riforma dottrinale, mentre possono certamente sperimentarsi forme di ecclesialità più partecipative di quelle attuali, alla luce delle quali poi gli specialisti possano ragionare sull’evoluzione delle tradizioni.

  Nel lavoro di un gruppo sinodale non metterei dunque in primo piano questioni di dottrina. L’esperienza maturata nella fase di attuazione dei principi del Concilio Vaticano 2°, invecchiati senza aver mai potuto veramente nemmeno scalfire l’ordinamento assolutistico della nostra Chiesa, consiglia di non partire da lì, ma dalla vita sociale concreta, diciamo da quell’ambito che in gergo ecclesiastico viene definito pastorale, per dire che si occupa appunto della vita concreta nella fede e non della concettuologia. Tenere conto del contesto  è l’apporto principale che il lavoro di un gruppo sinodale può dare nella vita ecclesiale, con spirito che si può definire laico nella misura in cui il principio di autorità viene messo in secondo piano rispetto all’esigenza di capire realisticamente il mondo in cui si vive e i suoi riflessi sulla vita di fede.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

 

 

 

 

 

sabato 28 dicembre 2024

Le basi di una ricerca con metodo sinodale

 

Le basi di una ricerca con metodo sinodale

 

 Pensiamo ad un piccolo gruppo di una trentina di persona della stessa fascia d’età, accomunate anche da una storia personale affine, che si stimano le une le altre, che vogliano iniziare un lavoro sinodale a lunga scadenza sulla propria religiosità e su un progetto di attività nella società intorno per influirvi nello spirito del vangelo, caratterizzato da riflessione colta e dialogo, con lo scopo di assumere decisioni condivise sul da farsi nel tempo che stanno vivendo.  Definirei questo gruppo sinodale  perché si va insieme nello spirito del vangelo. L’attività a cui mira è sociale, ma anche sulla base di una considerazione della religiosità personale, di come si è e di come si potrebbe essere, perché è nello spirito del vangelo che per cambiare la società occorre cominciare da se stessi.

  Bisognerebbe liberarsi dall’assillo, antico, risalente alle origini, del volere pensare a un’azione che debba essere l’unica giusta  in religione e quindi dell’entrare in polemica con altre persone e altri gruppi che pensano e fanno diversamente. E anche da quello di rimanere rigidamente nei confini di tradizioni di pensiero e di azione, del già pensato e fatto,  in particolare dei progetti che la gerarchia ecclesiastica dei nostri tempi, o di altri tempi,  ha preso in considerazione assumendo determinate posizioni. Sarà comunque essenziale confrontarsi con le tradizioni, perché in religione, in qualsiasi religione, non si parte mai da zero, o almeno non si dichiara mai di farlo, anche se realmente si fanno cose nuove. E’ così che originarono i cristianesimi e tutti i loro successivi fermenti.

  Ci si incontra e si dialoga perché questo è profondamente umano.

  Il mondo cambia a velocità vertiginosa: è una caratteristica del nostro tempo. Come può una persona orizzontarsi rimanendo da sola?

  Studiare, informarsi, non basta, se poi non ci si confronta con un impegno collettivo.

  Di questa esigenza di comunità si è parlato come di quella di mondi vitali, che sono quelle collettività, caratterizzate da relazioni molto più intense, nelle quali le persone ricavano il senso della vita.

  Tra i problemi principali del nostro tempo vi è proprio il deterioramento dei mondi vitali, in particolare nelle città nelle quali convergono moltitudini e nelle quali le relazioni tra le persone sono per lo più mediate da riti, procedure, diritto. E’ paradossale che ci si possa sentire persone sole in contesti abitati da centinaia di migliaia o addirittura da milioni di altre persone. Ma è proprio ciò che si comincia a sperimentare già da molto giovani, non appena si esce dalle comunità-nido come possono essere la famiglia e le scuole primarie.

 Questa difficoltà si incontra anche nella vita religiosa.

 E anche se si è al centro di fitte relazioni in reti sociali telematiche.

  Siamo organismi biologici e non lo dobbiamo mai dimenticare. Le relazioni significative implicano anche il coinvolgimento della fisiologia e il raggiungimento di una intimità personale, come quella che si sperimenta nei gruppi giovanili o, ad esempio e fino ad un certo punto, nella vita militare in guerra. Da persone adulte ci si allontana, anche perché ci si concentra sulla cura della prole e poi c’è il lavoro che può farsi molto assillante. Allora non di rado le relazioni personali più forti sono quelle con amiche e amici di gioventù, oltre che con la propria parentela.

  E’ per questo che, nella vita dei gruppi religiosi, si organizzano occasioni di ritiro, pellegrinaggi, o comunque occasioni di attività caratterizzate da una convivenza, come sono, ad esempio, i congressi e le assemblee sociali delle associazioni maggiori.

  Un gruppo sinodale  dovrebbe prevedere momenti del genere.

  La sinodalità impone di confrontarsi e di accettare il pluralismo, vale a dire la coesistenza di vari modi di intendere la vita di fede. Fin dalle origini, che furono marcatamente pluralistiche, questo fu molto difficile  e ci si scontrò aspramente.

  Le teologie che iniziarono a organizzarsi concettualmente e socialmente nei primi secoli finirono con il considerare virtuosa l’unità sotto un medesimo centro di potere, nel punto di incontro tra Cielo e Terra, e questo aspetto fu molto accentuato nell’ibridarsi di teologia, politica  e diritto, specialmente dall’inizio del secondo Millennio, con l’edificazione delle università europee.

  Ancora oggi, sebbene ci si confronti con più serenità con il pluralismo che si manifesta non appena il giogo dell’autorità si attenua, in realtà si collega pluralismo con relativismo, che è quando, nel decidere che fare e che pensare, si tiene conto del contesto. Nella nostra Chiesa la polemica è mantenuta viva dalla teologia dogmatica razionalista, per la quale, dati determinati asserti  di base considerati indiscutibili, tutto potrebbe essere deciso sviluppandoli razionalmente e nei limiti della ragione, senza tener conto di altro: sarebbe la realtà intorno a dover essere ordinata  secondo i corollari, vale a dire le conseguenze, che se ne traggono razionalmente. Questo modo di pensare è sensibile, ad esempio, nell’enciclica La carità nella verità – Caritas in veritate, del papa Benedetto 15°, diffusa nel 2009.

   https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate.html

  Al centro di quel documento vi fu la contestazione di certe conseguenze che si erano tratte dall’enciclica del papa Paolo 6°, Lo sviluppo dei popoli – Populorum progressio, diffusa nel 1967

https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/encyclicals/documents/hf_p-vi_enc_26031967_populorum.html

 nella quale certamente si teneva conto del contesto storico per esortare a certi tipi di azione sociale.

  Nel programmare un gruppo sinodale, consiglio di abbandonare lo spirito polemico nel voler cercare e imporre verità, intese come quegli asserti, quegli enunciati, che si ritiene debbano essere accettati pena l’esclusione da una collettività. In genere, al di fuori degli specialisti teologi, si tende a difendere, e a voler imporre, come verità anche concezioni che in realtà la teologia non considera tali, e che quindi ritiene opinabili, ma anche a accalorarsi per ritenute verità senza averle ben comprese. Quindi consiglierei di instaurare un clima di reciproca tolleranza, dando per scontato che si è alla ricerca e che su ogni cosa occorre riflettere con una certa libertà, salvo il correggersi a ragion veduta, dopo averci dialogato sopra anche alla luce degli orientamenti considerati più autorevoli. Relazioni improntate ad una consolidata amicizia aiutano in questo.  Bisogna cercare di non riproporre continuamente il clima bellicoso che caratterizzò le comunità cristiane delle origini, facili alla scomunica e all’anatema, nonostante la visione spesso angelicata che se ne dà nell’apologetica.

  Viviamo in un modo di oltre otto miliardi di persone che possono sopravvivere solo se si riesce ad organizzare una convivenza che viva il pluralismo come un valore, vale a dire come il contesto nel quale possono accadere quei cambiamenti sociali che risultino utili alla sopravvivenza, al modo stesso in cui agisce l’evoluzione naturale nelle specie biologiche. Non è immaginabile che una teologia dogmatica o qualsiasi dottrina sociale simile possa organizzare con successo un’umanità così estesa al modo di un formicaio.

 Così, al principio del lavoro di un gruppo sinodale, ma anche nel prosieguo, sarà molto importante accordarsi su procedure e principi liberali, dove con liberale  intendo quella convivenza in cui appunto si accetta il pluralismo e nondimeno si collabora, senza far esplodere la società in conflitti, mediante un dialogo ragionevole e rispettoso della dignità delle altre persone.

 Liberalismo: è stato una delle bestie nere dei clericali dal Settecento europeo, ma su di esso sono fondate le democrazie avanzate europee, come anche l’Unione europea.

  In alcune esperienze comunitarie religiose si è esortati a rinunciare alla propria libertà, dandosi all’obbedienza ad autorità sacrali o carismatiche. Gli ordini religiosi, in fondo, si basano su questo principio. In democrazia sono scelte che sono consentite, fin dove le siano consapevoli, libere e reversibili.  Nello spirito dell’accettazione pluralismo bisognerebbe accettarle, a patto che non le si voglia imporre  a tutte le persone indistintamente, come verità, nel senso politico che dicevo.  Per la mia indole personale, non mi darei mai a gruppi religiosi che praticassero la rinuncia alla libertà e la esigessero dai loro adepti. Gruppi simili vengono anche denominati nella sociologia delle religioni sette, quando esprimono dinamiche di manipolazione mentale anche mediante isolamento sociale e dipendenza emotiva.

  Un gruppo sinodale, per definizione, non può definirsi tale se presenta caratteristica di setta.

 In un gruppo sinodale partirei dalla sensibilità al contesto sociale in cui si vive e dall’esperienza che ciascuna persona che partecipa ne fa. Proverei a condividere quell’esperienza nel dialogo sinodale, per poi pensare come approfondirne la descrizione, anche per individuare le origini e le cause delle situazioni che si stanno vivendo.

 Penso a un gruppo sinodale come a una esperienza sociale di persone colte, il che non significa che debbano essere specialiste  un qualche disciplina scientifica, perché altrimenti si avrebbe un seminario o simili forme organizzative. Essere una persona colta  significa impegnarsi ad argomentare ordinatamente  e ragionevolmente, tenendo conto delle principali linee di pensiero contemporanee nella materia sulla quale si ragiona e dialoga e anche delle loro evoluzioni storiche, cercando di capire bene le argomentazioni altrui e di acquisire consapevolezza aggiornata del dibattito culturale nei propri tempi.  Oggi si hanno a disposizioni mezzi di informazione molto più estesi e rapidi che, ad esempio, ai tempi in cui iniziai i miei studi universitari, negli anni ’70. E’ un’occasione da sfruttare e questo a tutte le età, da giovani, da meno  giovani, e anche da persone anziane.

  Naturalmente le acquisizioni delle scienze umane sono maggiormente alla portata di una persona colta, perché si basano sul linguaggio discorsivo, e allora si tratta più che altro di approfondire il lessico  e poi non ci sono troppe difficoltà nel capire. Lo stesso è anche in alcuni campi delle scienze della natura, fin dove non si comincia a utilizzare il linguaggio matematico o altri tipi di sofisticati linguaggi simbolici, come quelli utilizzati in informatica o nelle scienze chimiche. In questi settori sono essenziali dei mediatori culturali costituiti dagli scritti divulgativi, che però ai tempi nostri abbondano e, con grande meraviglia di coloro che sottostimano la gente intorno, hanno un pubblico molto esteso e appassionato.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

 

venerdì 27 dicembre 2024

Felicità e integrazione

 

Felicità  e integrazione

 

 Ho scritto ieri che la religione mi pare abbia meno presa sulle età centrali della vita, quelle di quando non s’è più bambini e neanche si è ancora vecchi, perché è diventata inutile come veicolo di integrazione sociale.

  Sento dire dal clero che noi persone cristiane saremmo minoranza  nella società italiana, ma non sono tanto d’accordo, perché quella nostra è ancora una società molto cristianizzata, e questo a prescindere dalla effettiva pratica  del culto, diciamo l’andare a messa la domenica.

  Mi si può obiettare che la gente fa in massa ciò che nella religione è considerato male. Rispondo che è sempre  stato così. Su questo si potrebbe aprire una riflessione comunitaria prendendo in esame i fatti storici narrati da fondi affidabili.

  Osservo anche che, ai tempi della mia gioventù, negli scorsi anni ’70, le posizioni anticlericali e antireligiose apertamente espresse erano molto di più di oggi, quando anche coloro che si definiscono (sottovoce e quasi come scusandosi) di essere non credenti mostrano apprezzamento per i cristianesimi e i loro esponenti, i Papi innanzi tutto. Difficile trovare chi si proclama orgogliosamente ateo e anche chi lo fa trova difficile essere preso sul serio. Di solito gli si obietta che, in realtà, non lo è veramente.

  L’etica cristiana è ancora un importante punto di riferimento. E’ per questo che tanti genitori, anche quelli che hanno perso un po’ dimestichezza con la religione praticata, ci portano i loro figli per quell’inquadramento etico che rimarrà fondamentale per tutta la loro successiva vita. Questo è un importante indicatore che ancora la fede cristiana è per loro importante, altrimenti non ci affiderebbero vite che per loro sono ciò che è di più importante. Spesso però tra gli addetti ai lavori non se ne  è consapevoli.

  Gli altri punti di riferimento etico riscuotono meno credito. Ai tempi della mia giovinezza era diverso: esistevano altri forti agenzie etiche, ad esempio costituite da alcuni partiti politici, che ora non ci sono più.

  Negli anni ’70 si prendeva con una certa sufficienza l’interpretazione storica del mondo data dal clero, ora è molto diverso: ogni gesto e prese di posizione del Papa trovano ampia eco sui mass media, e in genere positiva.

  Da cittadini si tiene conto molto più di un tempo del pensiero sociale espresso dalle religione, in particolare da quelle cristiane, in Italia.

  Tuttavia questo accade nella coscienza personale senza che poi si decida di trarne le conseguenze che la gerarchia cattolica vorrebbe inculcare, vale a dire di seguire  quei precetti etici in ogni campo e in ogni aspetto. Questo perché appartengono ad un ordine di idee obsoleto e insostenibile, controproducente per l’integrazione  in una democrazia repubblicana evoluta come quella italiana, per altro potentemente inculturata dal pensiero sociale cattolico.

  Si vuole aver parte in ciò che ci riguarda e non si accetta più di sottomettersi alla umiliante pratica di fare solo ciò che è stato deciso da un gerarca ecclesiastico. Questa pretesa di partecipazione viene aspramente criticata dalla gerarchia ecclesiastica che accusa chi la pensa così di volersi costruire arbitrariamente una propria religiosità come quando al ristorante si sceglie su un menu. In realtà s’è sempre  fatto così, mai s’è accettato di obbedire  in tutto ciò che veniva ordinato, ed per questo che le Chiese cristiane sono molto cambiate nei due millenni delle loro storie, ed è per questo che fin dalle origini  sono state caratterizzate da aspri conflitti, la cui eco emerge fin dagli scritti neotestamentari.  Oggi però questo conflittualità, che c’è e anche accesa, non sfocia più nelle inconcepibili (per la nostra mentalità) violenze del passato.

  Una persona che è cittadina di una repubblica democratica deve  assumersi la responsabilità di sindacare ogni ordine dell’autorità, questa è la base del metodo democratico ed è appunto in ciò che consiste la laicità dell’etica pubblica democratica. Certe pretese dell’etica religiosa patrocinata dalla gerarchia fanno male alla gente, come è sempre accaduto in passato, anche se oggi, a differenza del passato, si cerca, dal punto di vista pastorale, di lenire certe asprezze della teologia morale  conseguente alla dogmatica proclamata ai tempi nostri.

 La dogmatica teologica procede sviluppando razionalmente asserti  che pretende sottratti ad ogni discussione e da accettare perché così vengono proposti dall’autorità.

  Si è arrivati ad un certo accomodamento, per il quale i gerarchi fingono di credere che la gente si sottometta alle loro leggi e la gente fa mostra di sottomettersi senza però farlo veramente. A prezzo di una certa ipocrisia si va avanti. Ma questo ostacola una effettiva partecipazione, che farebbe emergere la situazione reale: questo il problema di realizzare in concreto la sinodalità secondo la concezione proposta da papa Francesco.

  La società democratica è impostata secondo principi parzialmente diversi, che tengono conto anche del molto male che dalle religioni è scaturito. Non è più ammessa l’emarginazione sociale per motivi religiosi e le istituzioni pubbliche sono laiche, vale a dire che non vengono impostate secondo l’etica ecclesiastica e, in generale religiosa, ma secondo il sentire comune espresso liberamente nella politica nazionale e nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, innanzi tutto quello di poter aver voce nelle questioni che la riguardano.

  Quindi per integrarsi nella nostra democrazia repubblicana si deve necessariamente, in alcune cose, anche molto importanti, accettare che la propria fede religiosa venga messa in discussione. Insomma, non esistono né possono esistere valori non negoziabili. La negoziazione sui valori è l’anima della democrazia repubblicana, sia riguardo ai valori religiosi che a tutti gli altri.

 Così oggi spesso la fede è usata più che altro come medicina dell’anima, per conseguire un certo benessere spirituale. Di solito la persona di fede vive una certa separazione tra il proprio profilo pubblico e quello religioso.

 Questo non è l’ideale per quel lavoro molto importante che è quello di improntare ai valori evangelici la società intorno, cose che ha caratterizzato i cristianesimi a partire dal Terzo  secolo della nostra era. Essi sono progressivamente diventati un potente fattore di integrazione sociale, improntando i miti e il diritto delle società politiche europee e poi, via via, per la via della colonizzazione europea, in genere condotta con metodi di estrema violenza, molta parte delle popolazioni del resto del mondo.

  La nostra Costituzione repubblicana e i Trattati su cui si fonda l’Unione Europea, come anche la sua Carta dei diritti fondamentali, ne sono il risultato. A differenza che nel passato, però, questi gioielli di costruzione politica sono il frutto del metodo repubblicano, quindi della pacifica collaborazione anche con forze di diverso orientamento ideologico. I valori evangelici che sono stati accolti, ad esempio quello della pace tra i popoli frutto del più recente pensiero sociale cristiano, lo sono stati per condivisione democratica.

  L’integrazione sociale è molto importante per la felicità delle persone e per essere efficace deve svolgersi a diversi livelli, ma coordinati e non  conflittuali, da quello delle comunità di prossimità a quelli dei livelli superiori, fini ad arrivare alle comunità politiche di ordine generale. Un difetto di integrazione sociale di una persona la condanna all’infelicità e si può essere felici anche quando si possiede di meno: è un fatto che ogni persona può sperimentare.

  Per ragioni storiche, l’integrazione sociale da noi è divenuta meno efficace, così ci si sente soli, paradossalmente in ambienti molto popolati e con la disponibilità di mezzi di comunicazione molto più potente di un tempo.

  In passato politica e religione integravano le persone secondo principi comuni e il buon cristiano  era anche un buon suddito  dei regni cristianizzati: ciò faceva della religione anche un fattore di rispettabilità sociale.

  Dal fine Settecento la situazione è progressivamente cambiata, in un processo che è interessante conoscere.

  In ogni cosa c’è una certa tensione, incomponibile, tra ciò che la gerarchia pretende dalla persona di fede, i doveri di cittadinanza, le libertà che ci si vorrebbe consentire per essere felici e le idee che si hanno su come dovrebbe essere organizzata la società.

  Cercare vie per integrare tutto ciò in una organizzazione in cui non si  sia schiacciati da dispotismi e, cui, nondimeno si raggiunga una certa condivisione intorno a certi valori fondamentali che sottraggano la vita della gente all’arbitrio dei più forti, in qualunque posto nella stratificazione sociale si capiti, è argomento del pensiero sociale cristiano, nei quali soprattutto le persone che sono libere da particolari vincoli gerarchici legati al ministero ecclesiastico svolto dovrebbero impratichirsi.

Mario Ardigò  - Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.

 

 

giovedì 26 dicembre 2024

Illusioni

                                                                             Illusioni

 

 L’ISTAT ha diffuso statistiche sulla pratica religiosa in Italia. Si tratta di dati che riguardano chi non va mai in un luogo di culto e chi invece lo frequenta almeno una volta alla settimana. Nell’arco di vent’anni il numero dei primi è raddoppiato e quello degli altri dimezzato.

  Il calo della pratica è stato molto forte nella fascia tra i 14 e i 35 anni. Si può interpretare questo dato nel senso che si va nei luoghi di culto da bambini, portati dai genitori, ma che poi, appena si sfugge dal loro controllo, si lascia e si riprende quando si è genitori e  vi si portano i figli. Comunque, giovani o meno giovani, c’è meno gente nei luoghi di culto.

  C’è chi sostiene che, quanto alle persone cattoliche, questo dipende dalla predicazione, meno centrata sul prodigioso e sul soprannaturale, e dalla sciatteria delle liturgie. La ritengo una spiegazione superficiale. Penso che quella più attendibile è che la religione serve poco per integrarsi nella società, e questo perché da diversi decenni  vengono proposte soluzioni di riforma sociale irrealistiche, ma anche perché non si ammette che la gente possa partecipare veramente a progettarle, chiedendo invece l’adesione a decisioni prese autoreferenzialmente  dalla gerarchia, alle quali però ci si sottrae.

  La proposta di una vera sinodalità ecclesiale, che tra molte difficoltà si è tentato di suscitare, è arrivata troppo tardi.

  Con eventi pubblici come il Giubileo, che mette in primo piano proprio la gerarchia, si cerca di dare un’immagine diversa di com’è veramente la Chiesa, ma, considerate le statistiche, si tratta di mera illusione.

  Si è ottenuta la collaborazione delle autorità civili, di una politica che come le gerarchie ecclesiali risente di una forte crisi di consenso popolare. Roma è stata messa frettolosamente sottosopra, con notevoli disagi per  la cittadinanza, per opere pubbliche in vista del Giubileo  tutto sommato modeste, un sottopasso, la sistemazione di qualche piazza e strada, la ripulitura di qualche gruppo statuario, la manutenzione delle linee metropolitane, ma presentate con toni trionfalistici, nella vistosa cortina liturgica delle celebrazioni giubilari.

  Verranno a Roma milioni di persone l’anno prossimo, ma sarà difficile distinguere il turismo di massa, che affligge la nostra città come altre città d’arte, e il pellegrinaggio con motivazioni realmente religiose.

  Gli eventi per le persone giovani faranno confluire tante ragazze e ragazzi, dando l’illusione di una religiosità giovanile di massa che in realtà non c’è più.

  Fin qui la descrizione dell’esistente, che non costa molta difficoltà, tanta è l’evidenza dei fatti.

  Più difficile immaginare come risalire la china.

  Il Sinodo sulla sinodalità ecclesiale si è chiuso in sordina lasciandoci un progetto minimale che però è, in sostanza, affidato all’impulso del Papa, per il quale il tema è molto importante. Ma il Papa, purtroppo, è alla fine del suo ministero, per ragioni naturali. Ha 88 anni. S’è fatto molti nemici nella gerarchia, con la sua politica delle nomine, e molti ne ha tra i teologi universitari. Nel mondo tira aria di restaurazione, o peggio. Tra i praticanti italiani non è riuscito veramente ad affermarsi, ci venne da una Chiesa veramente molto diversa, mentre gode di apprezzamento su mezzi di comunicazione di massa e tra molti di coloro che si dicono non credenti. Il futuro della sinodalità sarà affidato al suo successore.

  Meglio allora concentrarsi sulle realtà ecclesiali di prossimità, cercando di mantenere spazi di riflessione e dialogo soprattutto in due campi, quello della sperimentazione di sinodalità ecclesiale negli spazi comunitari di base, come tipicamente sono le parrocchie, e quello del pensiero sociale, per lavorare sull’interpretazione dei fatti sociali alla luce del vangelo. Questo cercando di ravvivare la frequentazione comunitaria in presenza ma anche mediante strumenti telematici, in particolare in piccoli gruppi in cui siano possibili relazioni faccia a faccia, quindi più intense. Sto vivendo un’esperienza di questo tipo, oltre che nel nostro gruppo di Azione Cattolica, nel gruppo del MEIC – Movimento Ecclesiale di impegno culturale del Lazio, che ha continuato a riunirsi, su piattaforma Zoom, anche a luglio e agosto, approfondendo temi importanti in modo molto interessante.

  Le innovazioni o verranno dal basso, diffondendosi per imitazione, o avranno poca possibilità di avere successo, per lo scarso credito che ai tempi nostri hanno le gerarchie.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.

 

 

 


Chiesa - dimezzamento dei praticanti in vent'anni - rapporto ISTAT pubblicato da Corriere della Sera - La Lettura 22DIC24

 






mercoledì 25 dicembre 2024

Il nostro Natale. Chi siamo e chi vogliamo essere

 Il nostro Natale. Chi siamo e chi vogliamo essere

 

  Fin da ragazzo mi ha impressionato l’enorme sproporzione tra ciò che sappiamo realmente (congetture a parte) di Gesù di Nazaret, molto poco e per di più impreciso, e le vastissime conseguenze che se ne sono tratte nelle culture cristianizzate per organizzare i fatti sociali anche sotto l’aspetto dell’etica personale. Per di più, ciò che se n’è fatto derivare non è stato coerente e costante nei secoli in cui si sono sviluppate le cristianità, vale a dire le civiltà cristianizzate, dove la cristianizzazione si è prodotta per via culturale, vale a dire mediante narrazioni e costumi che si sono imposti in società venendone a improntare anche diritto e mentalità comune con una certa stabilità di generazione in generazione, costituendo in tal modo tradizioni. Da questo deriva che solo in linea di grande approssimazione si può parlare di cristianesimo, dove, approfondendo, ci si rivelano invece molteplici cristianesimi.

  La tradizione ha una grande importanza nelle argomentazioni delle teologie cristiane. In generale più una tradizione è vasta, costante e risalente nel tempo, più le si attribuisce autorevolezza. Su questa convinzione si basa anche il concetto di sensus fidei, vale a dire l’intuizione che il popolo  credente avrebbe nel suo complesso su quale siano gli orientamenti teologici ed etici conformi alla volontà divina, anche non sapendo argomentare razionalmente.

  Nel rapporto con le tradizioni cerchiamo spesso di montare sulle spalle di giganti del passato, rifacendoci a tradizioni più antiche, e perciò più autorevoli, di quelle che si cerca di confutare, non solo per non dover partire sempre da zero ma soprattutto per aumentare prestigio e credibilità, al di là della forza delle argomentazioni. Su questo tema consiglio di leggere la lezione  di Umberto Eco “Sulle spalle dei giganti”, scritta per il festival Milanesiana del 2001 e pubblicata nel volume Sulle spalle dei giganti, edito nel 2017 da La nave di Teseo, anche in eBook e Kindle, con anche notizie storiche sull’uso di quell’espressione.

 Negli anni ’70 il biologo Richard Dawkins notò un parallelismo tra l’evoluzione naturale biologica e l’evoluzione culturale, la prima sorretta da mutazioni dei geni, la seconda da quelle di unità culturali da lui denominate memi.

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[notizie sintetiche su Dawkins e la sua teoria evoluzionistica dei memi con l’aiuto di ChatGPT di OpenAI]

### **Notizie biografiche su Richard Dawkins** 

Richard Dawkins (nato il **26 marzo 1941** a Nairobi, Kenya) è un biologo evoluzionista, etologo e divulgatore scientifico britannico. È noto per i suoi contributi alla teoria dell'evoluzione e per la sua visione esplicitamente atea e critica verso la religione.

- **Carriera accademica**: 

  Dawkins ha studiato zoologia presso l'Università di Oxford, dove è stato allievo di Nikolaas Tinbergen, premio Nobel per la fisiologia e la medicina. Dal 1995 al 2008 ha ricoperto la cattedra di "Public Understanding of Science" a Oxford. 

- **Opere principali**: 

  1. *The Selfish Gene* (1976, tradotto come *Il gene egoista*), dove espone le sue teorie sull'evoluzione incentrate sui geni. 

  2. *The Extended Phenotype* (1982), che approfondisce il ruolo dei geni nell'influenzare il comportamento e l'ambiente. 

  3. *The God Delusion* (2006, tradotto come *L'illusione di Dio*), una critica al teismo e alla religione organizzata. 

### **Sintesi del concetto di "memi"** 

Il concetto di **meme** è stato introdotto da Dawkins in *The Selfish Gene* (1976). Secondo Dawkins, un **meme** è un'unità di informazione culturale che si propaga da una mente all'altra attraverso l'imitazione, simile a come i geni trasmettono informazioni biologiche.

#### Caratteristiche principali:

1. **Analogia con i geni**: I memi, come i geni, sono soggetti a variazione, selezione e replicazione. 

2. **Esempi di memi**: Idee, canzoni, mode, rituali, credenze religiose o qualsiasi elemento culturale che può essere trasmesso e modificato. 

3. **Propagazione**: I memi si diffondono attraverso l'apprendimento e l'imitazione, sfruttando la capacità degli esseri umani di comunicare e socializzare. 

4. **Selezione culturale**: I memi più "adattivi" sopravvivono, diventando dominanti in una data cultura, mentre altri si estinguono.

#### Importanza del concetto:

Dawkins ha introdotto i memi per evidenziare che la trasmissione culturale segue dinamiche evolutive parallele a quelle biologiche. Questo concetto ha avuto un grande impatto in vari ambiti, inclusi studi sulla cultura, la comunicazione e la tecnologia (come i "meme" di Internet).

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    Secondo la paleoantropologia si ritiene che la nostra specie sia il risultato di un’evoluzione biologica durata circa tre milioni di anni e che  il nostro cervello sia più o meno lo stesso di quello di trecentomila  anni fa. Le  tracce di società caratterizzate da culture evolute risalgono a circa settantamila anni fa, la preistoria si fa terminare circa cinquemila anni fa, ma le culture umane hanno manifestato una velocissima e pluralistica evoluzione da circa tre secoli e l’accelerazione si è fatta vertiginosa da settant’anni. La popolazione mondiale da metà Settecento ad oggi è passata da   circa ottocento milioni di persone a oltre otto miliardi. L’accelerazione dell’evoluzione culturale appare legata allo sviluppo scientifico e tecnologico in ambienti dominati da sistemi politici che non ostacolavano la circolazione delle idee anche mediante nuove tecnologie di comunicazione  e all’aumento della popolazione. Ai tempi del Concilio di Nicea, svoltosi nel Quarto secolo, al quale risale il Credo Cristiano che recitiamo nella messa domenicale, la popolazione dell’Impero romano è stimata in circa settanta milioni di persone.

  Lo sviluppo per rapidissima evoluzione culturale caratterizza l’era nostra molto più che nell’antichità, quando iniziarono a diffondersi i cristianesimi. Questi ultimi, ai nostri tempi, stanno andando incontro a fenomeni evolutivi analoghi a quelli che caratterizzano le società in cui vivono, nonostante le resistenze che le gerarchie ecclesiastiche in genere oppongono. E, di solito, in ambito ecclesiastico le novità vengono presentate come un ritorno alle origini, secondo il metodo di presentarsi sulle spalle dei giganti. Una analisi senza pregiudizi facilmente ne rivela però la vera natura di novità. Su queste basi, si può argomentare che non v’è mai stata prima d’ora una Chiesa cattolica come l’attuale. È un bene o un male?

  I cristianesimi, e anche quello della nostra Chiesa, espressero storicamente una violenza pubblica intensissima e vasta, addirittura stragista in varie fasi. Questo in particolare nel Basso Medioevo, dall’Undicesimo al Tredicesimo secolo, con le guerre delle Crociate contro regimi islamizzati per riprendere e mantenere il controllo della Palestina (denominata Terra Santa perché teatro della vita, morte e resurrezione di Gesù oltre che degli altri eventi biblici), dal Sedicesimo secolo al Diciannovesimo, con la colonizzazione stragista delle Americhe, e dal Sedicesimo al Diciassettesimo secolo in Europa con le guerre tra regimi cristianizzati cattolici e protestanti. Inoltre dal Dodicesimo al Diciannovesimo secolo operarono efferati sistemi di polizia ideologica espressi dal Papato romano e da regimi cristianizzati cattolici i quali vollero costituire una brutale repressione di quel sensus fidei delle popolazioni cristianizzate del quale oggi sembra volersi fare gran conto.

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Inquisizioni – ricerca mediante ChatGPT di OpenAi

L'**Inquisizione cattolica** operò in diverse forme e periodi storici, a partire dal **XII secolo** fino al **XIX secolo**, con significative variazioni nei metodi, negli obiettivi e nella portata geografica.

 

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### **1. Inquisizione medievale (XII-XIV secolo)**:

- **Origine**: Istituita intorno al **1184** da Papa Lucio III con la bolla *Ad abolendam* per contrastare le eresie, in particolare quella dei **catari** e successivamente dei **valdesi**.

- **Caratteristiche**: 

  - Operò principalmente in Francia, Italia e Germania.

  - Era gestita da ordini religiosi, come i **domenicani** e i **francescani**, con il compito di indagare e giudicare i sospetti di eresia.

- **Metodo**: Prevalentemente processi ecclesiastici, con il supporto del potere secolare per l'applicazione delle pene (comprese le condanne al rogo).

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### **2. Inquisizione spagnola (1478-1834)**:

- **Fondazione**: Istituita nel **1478** dai Re Cattolici, Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia, con l'approvazione di Papa Sisto IV.

- **Obiettivi**: 

  - Garantire l'ortodossia della fede cattolica in Spagna.

  - Perseguitare conversos (ebrei convertiti al cristianesimo) e moriscos (musulmani convertiti), sospettati di praticare segretamente la loro religione originale.

- **Metodo**: Tribunali severi e l'uso sistematico della tortura per ottenere confessioni.

- **Abolizione**: Fu abolita ufficialmente nel **1834**.

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### **3. Inquisizione romana (1542-abolita nel XIX secolo)**:

- **Fondazione**: Istituita nel **1542** da Papa Paolo III con la bolla *Licet ab initio*, come parte della **Controriforma**, per contrastare il protestantesimo e altre eresie.

- **Caratteristiche**: 

  - Nota anche come **Congregazione dell'Inquisizione Romana** (divenuta poi Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1908).

  - Processò figure come **Galileo Galilei** (condannato nel 1633 per eresia relativa alla teoria eliocentrica).

- **Durata**: Continuò a operare con funzioni ridotte fino al **XIX secolo**.

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### **4. Inquisizione portoghese (1536-1821)**:

- **Fondazione**: Istituita nel **1536** su richiesta del re Giovanni III e approvata da Papa Paolo III.- **Obiettivi**: Simili all'Inquisizione spagnola, mirava a controllare conversos e moriscos in Portogallo e nei suoi domini coloniali.

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### **Fine dell'Inquisizione**:

- L'Inquisizione fu progressivamente smantellata nel corso del **XIX secolo**, in seguito alle trasformazioni politiche e culturali dell'epoca, come:

  - L'Illuminismo.

  - Le riforme napoleoniche.

  - La crescente secolarizzazione degli Stati europei.

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### **Conclusione**:

L'Inquisizione cattolica operò in diverse forme dal **XII secolo** fino al **XIX secolo**, adattandosi ai contesti storici e politici. Sebbene abolita come sistema di tribunali, alcune sue funzioni, come la tutela della dottrina cattolica, furono trasferite ad altri organi della Chiesa, come la Congregazione per la Dottrina della Fede.

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  Ai tempi nostri quegli orrori ci sono alle spalle e questo grazie ad un’evoluzione culturale che ha integrato nella dottrina alcune acquisizioni dell’ideologia democratica contemporanea, scomunicata ancora nel 1901 con l’enciclica Le gravi dispute sociali – Graves de communi re, con la quale venne considerato eretico il movimento politico democratico-cristiano. Naturalmente, secondo il metodo Sulle spalle dei giganti, si vuole convincere che questa evoluzione sarebbe un ritorno alle origini, all’insegnamento evangelico. Lo stesso è accaduto sul tema della pace: oggi la dottrina sociale presenta la nostra Chiesa, addirittura ogni altra religione, come azione di pace, nonostante l’evidenza storica del contrario.

   Nel tempo liturgico del Natale si è esortati a riflettere sulla nostra relazione vitale con Gesù risorto, il Redentore, il Cristo dei cristiani. Di solito però nella predicazione ci si limita a ricordare le narrazioni bibliche e a proporre la dottrina teologica contemporanea. Eppure la storia, non solo quella ecclesiastica ma quella in generale, è strettamente legata con le memorie del Maestro. Su quel pochissimo che sappiamo veramente di lui si è innestata un’imponente evoluzione culturale e cercare di far andare a ritroso la storia  è impossibile, e quindi inutile, perché le società umane (per nostra buona sorte) sono troppo cambiate dai tempi antichi, ma anche da quelli parimenti efferati molto più vicino a noi.

  Oggi, in una umanità di otto miliardi di persone, si hanno remore verso guerre totali come quelle che vennero combattute fino agli scorsi anni Novanta (molto vicino a noi, dunque). E, nonostante la consapevolezza delle indicibili sofferenze, fino al genocidio, inflitte a popolazioni ebraiche europee nei poco più di dodici anni  del totalitarismo nazista hitleriano, si ha orrore della guerra stragista che il regime ebraico israeliano (da non confondere con la popolazione israeliana) ha scatenato nella striscia di Gaza, nei luoghi stessi delle Guerre Sante stragiste cristiane nel Basso Medioevo.

 Così, nel tempo di Natale, è divenuta centrale la questione del come si è e anche del come si vuole essere da persone cristiane, nell’ispirazione agli insegnamenti evangelici e nella realistica consapevolezza di come furono storicamente di volta in volta intesi. Scelte non da poco, per le quali spesso non si è avuta una formazione sufficiente,

   È il caso anche del Giubileo, un altro modo di celebrare il Natale a determinate scadenze dalla nascita di Gesù, che si è iniziato ieri. Storicamente originò dalla volontà imperiale di uno dei tremendi Papi del Basso Medioevo, al termine dell’era stragista delle Crociate, e, come ha ricordato lo storico Cardini ieri in un’intervista su La Stampa, la celebrazione degli anni giubilari, a parte quelli degli ultimi due secoli, fu occasione di caos delinquenziale nella città di Roma, che già normalmente non brillava per la moralità del clero. La mercificazione delle indulgenze (il Giubileo è centrato sulla concessione di indulgenza pienissima, applicabile anche ai defunti, mediante certe pie pratiche e opere di misericordia) fu poi all’origine della ribellione a quella corruzione espressa dalla Riforma protestante nel Cinquecento. Ai tempi nostri al Giubileo, pur mantenendo la concessione dell’indulgenza, si danno connotati diversi, in particolare di approfondimento della propria fede e dei conseguenti doveri sociali verso il prossimo.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli