INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Questo blog è un'iniziativa di laici aderenti all'Azione Cattolica della parrocchia di San Clemente papa e manifesta idee ed opinioni espresse sotto la personale responsabilità di chi scrive. Esso non è un organo informativo della parrocchia né dell'Azione Cattolica e, in particolare, non è espressione delle opinioni del parroco e dei sacerdoti suoi collaboratori, anche se i laici di Azione Cattolica che lo animano le tengono in grande considerazione.

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

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martedì 24 dicembre 2024

Pensiero di natale 2024 24 dicembre 2024 – inizio del Giubileo 2025

 Pensiero di natale 2024

24 dicembre 2024 – inizio del Giubileo 2025

 

 Gianfranco Ravasi, nel suo bel libro Biografia di Gesù, pubblicato nel 2021 dall’editore Raffaello Cortina, anche in eBook e Kindle, che vi consiglio caldamente come lettura Natalizia, a pag. 35 propone un carta d’identità di Gesù di Nazaret:

 

Nome: Gesù, in ebraico Jeshūʻ, abbreviazione di Jeoshūʻa (“Il Signore salva”).

Paternità legale: Giuseppe, in ebraico Josef. Secondo lo stile semitico il cognome sarebbe ben-Josef (“figlio di Giuseppe”;  vedi Lc 4,22).

Maternità: Maria, in ebraico Myriam (forse “la elevata, esaltata”).

Luogo di nascita: Betlemme di Giudea;

Data di nascita: “Ai tempi di Erode” (Mt 2,1), durante “il primo censimento” di Quirinio, governatore della Siria (Lc 2,1-2. Siamo forse intorno al 6 a.C.

Residenza: Nazaret di Galilea, poi senza fissa dimora.

Professione: carpentiere; poi rabbi ambulante e guaritore.

Segni particolari: nessuno.

 

Queste informazioni sono tratte dai Vangeli, tranne due:

-che Gesù sia nato nel 6 avanti Cristo è una congettura. Si parte dal fatto storico, certo, che il re Erode  menzionato nei Vangeli, detto Il grande, morì il 4 a.C. e si stima dunque che Gesù, che si narra sia nato sotto quel re,  sia nato un po’ prima della data fissata nel 6° secolo nell’anno 753 dalla fondazione di Roma;

-che Gesù esercitasse il mestiere di carpentiere. In realtà nei Vangeli è scritto che era figlio  di un carpentiere. Si congettura che lui stesso fosse carpentiere come suo padre, ma non ve ne notizia sicura, né nel Nuovo Testamento si parla di lui intento a quel mestiere.

Ulteriori notizie da ChatGPT di OpenAI:

 

Nei Vangeli, il "re Erode" menzionato è Erode il Grande, un sovrano di origini idumee che governò la Giudea come re vassallo dell'Impero Romano. È noto per la sua crudeltà, ma anche per le grandi opere architettoniche, tra cui la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme. Erode è associato principalmente alla narrazione evangelica della nascita di Gesù.

Ruolo nei Vangeli

    Vangelo di Matteo (2,1-18):

   Erode è menzionato nella narrazione della visita dei Magi. Quando essi arrivano a Gerusalemme per cercare "il re dei Giudei" appena nato, Erode si sente minacciato e ordina la strage degli innocenti, cercando di eliminare il bambino Gesù.

   Titolo e contesto storico:

Era chiamato "re dei Giudei", un titolo che gli era stato concesso da Roma, ma il suo regno era caratterizzato da tensioni interne e resistenze da parte di alcuni gruppi ebrei che lo consideravano un usurpatore, data la sua origine idumea e la sua politica filo-romana.

Quando morì Erode il Grande?

Erode il Grande morì nel 4 a.C., secondo la cronologia più accettata. Questo è stabilito sulla base delle fonti storiche, tra cui lo storico giudeo Flavio Giuseppe, che riporta dettagli sulla morte di Erode, collegandola a un'eclissi lunare (datata al 13 marzo del 4 a.C.) e agli eventi successivi. La sua morte avvenne poco dopo questa eclissi e prima della Pasqua di quell'anno.

Implicazioni cronologiche

La morte di Erode implica che la nascita di Gesù, che nei Vangeli è collocata durante il suo regno, debba essere datata almeno qualche anno prima dell'anno 1 d.C., probabilmente tra il 6 e il 4 a.C.

Dopo la morte di Erode il Grande, il suo regno fu diviso tra i suoi figli, creando i nuovi governanti menzionati nei Vangeli, come Erode Antipa, che regnò sulla Galilea e fu coinvolto nella vicenda della morte di Giovanni Battista.

 

Perché questa imprecisione, per cui il Cristo nacque prima di Cristo, vale a dire a.C?

 Ricorriamo ancora a ChatGPT di OpenAI:

 

La data di nascita di Gesù fissata nell'anno 753 dalla fondazione di Roma (a.u.c., ab urbe condita) fu stabilita dal monaco e studioso Dionigi il Piccolo (Dionysius Exiguus), vissuto nel VI secolo.

Chi era Dionigi il Piccolo?

Dionigi era un monaco di origine scita, vissuto a Roma e noto per la sua erudizione in matematica e cronologia. Era anche un esperto calcolatore della data della Pasqua. Intorno all'anno 525 d.C., fu incaricato di creare un nuovo sistema per il calcolo delle date liturgiche.

Come fissò la data?

Dionigi calcolò che la nascita di Gesù fosse avvenuta 753 anni dopo la fondazione di Roma. Utilizzò fonti storiche e cronologiche disponibili all'epoca, basandosi in parte sulle genealogie bibliche e sugli eventi storici menzionati nei Vangeli. Stabilì l'anno 1 come l'anno della nascita di Cristo (Anno Domini, "nell'anno del Signore"), evitando di utilizzare il sistema precedente, basato sul regno dell'imperatore Diocleziano, che era associato a una persecuzione dei cristiani.

Limiti del calcolo di Dionigi

Oggi sappiamo che Dionigi commise un errore nei suoi calcoli. Come emerso da successive ricerche storiche:

·         Gesù nacque probabilmente tra il 6 e il 4 a.C., durante il regno di Erode il Grande, che morì nel 4 a.C.

·         Dionigi non tenne conto di alcune informazioni cronologiche disponibili, come la data della morte di Erode o le discrepanze nei riferimenti ai censimenti romani.

Impatto del sistema di Dionigi

Nonostante l'errore, il sistema di Dionigi divenne lo standard cronologico nel mondo cristiano occidentale. Fu adottato inizialmente in Europa grazie all'influenza di figure come Beda il Venerabile, che ne fece uso nei suoi scritti, e si impose gradualmente come sistema ufficiale per datare gli eventi storici.

 

 Gli scritti del Nuovo Testamento, vale a dire i quattro Vangeli canonici, cioè presi dalle Chiese cristiane come riferimento per la fede (dall’antichità ce ne sono giunti altri  ai quali non venne riconosciuta quell’autorità), gli Atti degli apostoli, le Lettere  attribuite  Paolo di Tarso e ad altri apostoli, l’Apocalisse, ci danno altre notizie sulla vita, le opere, l’insegnamento di Gesù di Nazaret, prima che morisse giustiziato dai Romani, in quella lontana periferia dell’Impero che era la Giudea dell’epoca, caduta in loro mani nel 63 a.C. per conquista militare guidata da Pompeo Magno, dopo un lungo assedio di Gerusalemme. I Romani erano intervenuti su richiesta di Ircano 2° nel conflitto con il fratello Aristobulo 2° per il titolo di re di Giudea. Entrambi erano della stirpe degli Asmonei, a cui erano appartenuti Mattatia e Giuda Maccabeo, che nel 164 a. C. avevano restaurato l’indipendenza del regno.

  Questo è tutto su Gesù di Nazaret, il Cristo Figlio di Dio dei cristiani. Il resto è costituito dalle storie delle popolazioni cristianizzate, le quali intorno alla sua figura edificarono miti, riti, diritto, religioni, regni, imperi. Nella fede cristiana Gesù di Nazaret è il fondamento della nostra speranza di salvezza, la via che unisce Cielo e Terra.

  La mia età, sono un baby boomer, non deve essere quella dei dubbi: bisogna farsi forza e mantenersi nella direzione che s’è presa, con decisione. Una vita passata tra cristiane e  cristiani aiuta e sorregge. C’è da guidare le altre persone, dando l’esempio. Lo si può considerare espressione di quel sacerdozio comune delle persone di fede del quale si tratta nella Costituzione Luce per le genti del Concilio Vaticano 2° (Roma 1962-1965):

 

Il sacerdozio comune dei fedeli

 

10. Cristo Signore, pontefice assunto di mezzo agli uomini (cfr. Eb 5,1-5), fece del nuovo popolo « un regno e sacerdoti per il Dio e il Padre suo » (Ap 1,6; cfr. 5,9-10). Infatti per la rigenerazione e l'unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati per formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le attività del cristiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i prodigi di colui, che dalle tenebre li chiamò all'ammirabile sua luce (cfr. 1 Pt 2,4-10). Tutti quindi i discepoli di Cristo, perseverando nella preghiera e lodando insieme Dio (cfr. At 2,42-47), offrano se stessi come vittima viva, santa, gradevole a Dio (cfr. Rm 12,1), rendano dovunque testimonianza di Cristo e, a chi la richieda, rendano ragione della speranza che è in essi di una vita eterna (cfr. 1 Pt 3,15) Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro, poiché l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo. Il sacerdote ministeriale, con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico nel ruolo di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo; i fedeli, in virtù del loro regale sacerdozio, concorrono all'offerta dell'Eucaristia, ed esercitano il loro sacerdozio col ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l'abnegazione e la carità operosa.

 

 Le narrazioni e le liturgie cristiane sono piene di  miti. Non dobbiamo scandalizzarcene.

 Riflettendoci realisticamente sopra, i miti e i riti, insieme al diritto, sono, ci insegnano antropologia e sociologia,  le componenti fondamentali della costruzione sociale e questo per insuperabili limiti cognitivi degli esseri umani, legati alla loro fisiologia, e proprio per questo insuperabili. Per natura saremmo confinati in gruppi di una trentina di persone, senza quel di più. Gli scenari concreti delle nostre vite sono tuttora inquadrati più o meno nel numero di persone presenti su un palcoscenico teatrale. È solo nel mito che ci figuriamo il resto intorno e condividiamo procedure sociali che consentono la gestione di società che ormai consentono la sopravvivenza di oltre otto miliardi di persone, delle quali ne ricordiamo distintamente solo poche decine.

  Hanno sostanza mitica anche  idee sociali come quelle riguardanti i fondamenti delle democrazie avanzate contemporanee, come anche i principi fondamentali di economia e commercio. Non ha natura mitica solo ciò che corrisponde ad osservazioni sistematiche, ma solo nei limiti di quanto osservato e delle relative metodologie.

 Nessuna scoperta scientifica ha potuto avere applicazione concreta nelle società umane senza costruirvi sopra un mito.   In questo quadro si sviluppò, dal Quarto secolo, tra l'Europa, il Vicino Oriente e il Nord Africa, che all'epoca costituivano un tutt'uno e sulla base delle narrazioni evangeliche della Natività, il mito del Natale, intorno al quale si sono costruiti i riti sociali delle cosiddette festività natalizie e anche quelli propriamente liturgici delle Chiese cristiane. Natale, Capodanno ed Epifania ruotano intorno allo stesso mito.

  Le teologie cristiane lo descrivono come l'evento dell'Incarnazione. Significa abbandonare l'idea degli dei bizzarri, bizzosi e crudeli, al modo degli esseri umani,  della precedente antichità, dei quali si cercava di ottenere opportunisticamente i favori ingraziandoseli erigendo templi e celebrando riti e  sacrifici, anche umani.

   Per questa nuova concezione del divino, le prime comunità cristiane, cresciute rapidamente in Siria, in Asia minore  e in Grecia e diffusesi precocemente già dal Primo secolo a Roma per la via dell'emigrazione giudaica, risalente a ben prima, circa un secolo prima,  delle guerre giudaiche e come le attuali migrazioni originata dal desiderio di migliorare le proprie condizioni di vita, vennero tacciate di ateismo, del tutto a ragione dal punto di vista dell’antica religione politeistica, come anche di essere sediziose, violente e facinorose, anche in questo caso per certe vicende non senza ragione.

 I cristianesimi si svilupparono esplodendo  magmaticamente dal basso come fenomeni popolari, in modo che, quanto ai primi tre secoli, risulta ancora piuttosto misterioso, per carenza di fonti affidabili. A queste esperienze risalgono gli scritti neotestamentari. Il Fondamento, vi si legge, è agàpe, vale a dire la sollecitudine sociale, misericordiosa e pietosa verso le altre persone e, in particolare, verso  i sofferenti. Gesù di Nazaret, il Cristo dei cristiani, fu guaritore, oltre che Maestro itinerante, ed esortò i suoi seguaci ad imitarlo, comandò loro l’agàpe,  non a conquistare regni, a costruire cattedrali e teologie, e anche a insediare a Roma o a Bisanzio, la seconda Roma  dei Romani,  un impero religioso universale. Nei sofferenti la persona cristiana è esortata a vedere il Cristo e a prendersene cura.

 Spesso, nel teismo che poi fu nuovamente costruito intorno all'immagine politico-religiosa del Cristo dei cristiani, la cosiddetta cristologia, questa apparente assurdità dell'umanità esortata a prendersi cura del suo Salvatore, è stata obliterata: la cristologia dal Quarto secolo, quello che nel Concilio ecumenico di Nicea, in Asia Minore, ci dette il Credo che recitiamo nella Messa domenicale,  è stata strettamente legata a politica e diritto,  venendo a costituire l'ordinamento ideologico che fece uscire gli europei dall'antichità e che tuttora è sensibile nelle costituzioni europee. Su di essa si basa ad esempio l'idea contemporanea di sovranità, concepita come legittimata dal prendersi cura di un popolo e, in contesti democratici, dal fatto che un popolo che si prende cura del popolo stesso. Mentre i cosiddetti "sovranismi" dei nostri giorni le sono radicalmente estranei, basati come sono sui neo-miti fascisti delle nazioni e del loro destino "eterno", al quale i popoli si devono piegare e anche accettare di sacrificarsi. Ma che ha a che fare questo con il vangelo cristiano? Ne è stato storicamente espressione ma non ne è l’essenziale. Le celebrazioni liturgiche del Natale mirano invece proprio a ricordarci l’essenziale.

  Una parte importante della formazione cristiana è diretta ad abituare a scorgere l’essenziale da ciò che non lo è. L’essenziale e sempre Gesù per come se ne fa memoria nei Vangeli.

“Jesus bleibet meine Freude" è un’espressione tedesca che significa "Gesù rimane la mia gioia” che si trova nella   corale conclusiva della Cantata BWV 147 di Johann Sebastian Bach, intitolata Herz und Mund und Tat und Leben ("Cuore e bocca e azione e vita"). La potete ascoltare su YouTube  a questo indirizzo WEB:

https://www.youtube.com/watch?v=WUo7tQOvapE

 La storia dei cristianesimi mi affascina. Serve anche a orientarsi sul da fare, e in particolare a non ripetere i tremendi mali che anche i cristianesimi, come ogni altra esperienza sociale, hanno prodotto, insieme anche al bene naturalmente, al tesoro prezioso per cui ancora oggi accettiamo di sentircene parte, nonostante tutto.

   Stasera, tra poche ore, papa Francesco darà inizio al Giubileo del 2025 aprendo la Porta Santa del vanaglorioso chiesone vaticano, che in definitiva altro non è che la celebrazione del potere papale romano. Lo è, almeno nelle sue origini, anche il rito del Giubileo cattolico. Dobbiamo fare uno sforzo per scorgere nel rito di una celebrazione nel solco di una tradizione che risale a uno dei più tremendi Papi del Basso Medioevo, quel Bonifacio 8° al quale Dante nella sua Commedia predisse un posto all’inferno nel girone dei simoniaci, un Papa che fece incarcerare il suo predecessore che aveva rinunziato e che ordinò di  radere al suolo la città di Palestrina, feudo dei principi suoi rivali politici, l’essenziale evangelico: Gesù, il Cristo dei cristiani, la fede in lui, la speranza sulla sua parola, l’agàpe sul suo esempio.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

domenica 22 dicembre 2024

Giubileo

 

Giubileo

 

 Sul sito WEB ufficiale del Giubileo 2025

https://www.iubilaeum2025.va/it.html

un contatore indica che, mentre sto scrivendo, mancano 2 giorni, 8 ore, 2 minuti, e un po’ di secondi all’inizio del Giubileo dell’anno 2025.

  E’ una tradizione liturgica che riceviamo dal Basso Medioevo.

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[ricerca mediante ChatGPT di OpenAI]

Il primo Anno Santo (o Giubileo) fu indetto nel 1300 da Papa Bonifacio 8º. L'annuncio avvenne tramite la bolla papale "Antiquorum fida relatio". Questo evento segnò l'istituzione formale del Giubileo nella Chiesa cattolica.

Contesto e significato

1.  Origine biblica: L'idea del Giubileo si ispira al concetto dell'anno giubilare presente nell'Antico Testamento (Levitico 25), in cui ogni 50 anni era proclamato un anno di liberazione e remissione dei debiti.

2.  Primo Giubileo: Papa Bonifacio VIII stabilì che, recandosi in pellegrinaggio a Roma e visitando le basiliche di San Pietro e San Paolo fuori le mura, i fedeli avrebbero potuto ottenere l'indulgenza plenaria, cioè la remissione totale delle pene temporali per i peccati confessati e pentiti.

3.  Successo straordinario: L'iniziativa ebbe un successo enorme, attirando a Roma migliaia di pellegrini da tutta Europa, nonostante le difficoltà logistiche dell'epoca. Questo consolidò Roma come centro spirituale del cristianesimo.

Periodicità

Inizialmente, Bonifacio VIII aveva previsto che l'Anno Santo si celebrasse ogni 100 anni. Tuttavia, i successivi Papi modificarono la periodicità:

·         Nel 1350, Papa Clemente VI indisse un Giubileo straordinario, stabilendo una nuova cadenza ogni 50 anni.

·         Papa Urbano VI nel 1390 ridusse ulteriormente l'intervallo a 33 anni, in riferimento alla durata della vita di Cristo.

·         Infine, Papa Paolo II fissò nel 1470 la periodicità attuale di un Giubileo ordinario ogni 25 anni.

Gli Anni Santi possono anche essere straordinari, indetti in circostanze particolari, come quello proclamato da Papa Francesco nel 2015-2016, dedicato alla Misericordia.

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Il papa Bonifacio 8º [1230-1303; Papa dal 1294 alla morte], l’iniziatore di quella tradizione,  fu uno di quei tremendi Papi del Medioevo la cui memoria è oggi piuttosto imbarazzante. Cercò di portare a termine il progetto di costituzione di un Papato imperiale, sovrastante i poteri dei monarchi civili. Fra l’altro, ordinò che la città di Palestrina, nel feudo dei principi Colonna suoi nemici, fosse rasa al suolo.

  Il Giubileo cattolico nasce quindi  come celebrazione del potere imperiale papale in terra e in cielo, con la concessione dell’indulgenza pienissima, la  remissione e il perdono dei peccati, da potersi applicare alle anime del Purgatorio in forma di suffragio.

  Nella bolla di indizione del Giubileo del 2025, denominata dalle prime parole del documento La speranza non delude,  del 9 maggio 2024,

https://www.vatican.va/content/francesco/it/bulls/documents/20240509_spes-non-confundit_bolla-giubileo2025.html

ne viene data la spiegazione:

 

22. Un’altra realtà connessa con la vita eterna è il giudizio di Dio, sia al termine della nostra esistenza che alla fine dei tempi. L’arte ha spesso cercato di rappresentarlo – pensiamo al capolavoro di Michelangelo nella Cappella Sistina – accogliendo la concezione teologica del tempo e trasmettendo in chi osserva un senso di timore. Se è giusto disporci con grande consapevolezza e serietà al momento che ricapitola l’esistenza, al tempo stesso è necessario farlo sempre nella dimensione della speranza, virtù teologale che sostiene la vita e permette di non cadere nella paura. Il giudizio di Dio, che è amore (cfr. 1Gv 4,8.16), non potrà che basarsi sull’amore, in special modo su quanto lo avremo o meno praticato nei riguardi dei più bisognosi, nei quali Cristo, il Giudice stesso, è presente (cfr. Mt 25,31-46). Si tratta pertanto di un giudizio diverso da quello degli uomini e dei tribunali terreni; va compreso come una relazione di verità con Dio-amore e con sé stessi all’interno del mistero insondabile della misericordia divina. La Sacra Scrittura afferma in proposito: «Hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini, e hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento […] e ci aspettiamo misericordia, quando siamo giudicati» ( Sap 12,19.22). Come scriveva Benedetto XVI, «nel momento del Giudizio sperimentiamo ed accogliamo questo prevalere del suo amore su tutto il male nel mondo e in noi. Il doloredell’amore diventa la nostra salvezza e la nostra gioia».

Il giudizio, quindi, riguarda la salvezza nella quale speriamo e che Gesù ci ha ottenuto con la sua morte e risurrezione. Esso, pertanto, è volto ad aprire all’incontro definitivo con Lui. E poiché in tale contesto non si può pensare che il male compiuto rimanga nascosto, esso ha bisogno di venire purificato, per consentirci il passaggio definitivo nell’amore di Dio. Si comprende in tal senso la necessità di pregare per quanti hanno concluso il cammino terreno, solidarietà nell’intercessione orante che rinviene la propria efficacia nella comunione dei santi, nel comune vincolo che ci unisce in Cristo, primogenito della creazione. Così l’indulgenza giubilare, in forza della preghiera, è destinata in modo particolare a quanti ci hanno preceduto, perché ottengano piena misericordia. La loro carica di consolazione le parole del Salmo: «Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia. […] Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. […] Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe. Perché quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono; quanto dista l’oriente dall’occidente, così allontana da noi le nostre colpe» (Sal 103,3-4.8.10-12). La Riconciliazione sacramentale non è solo una bella opportunità spirituale, ma rappresenta un passo decisivo, essenziale e irrinunciabile per il cammino di fede di ciascuno. Lì permettiamo al Signore di distruggere i nostri peccati, di risanarci il cuore, di rialzarci e di abbracciarci, di farci conoscere il suo volto tenero e compassionevole. Non c’è infatti modo migliore per conoscere Dio che lasciarsi riconciliare da Lui (cfr. 2Cor 5,20), assaporando il suo perdono. Non rinunciamo dunque alla Confessione, ma riscopriamo la bellezza del sacramento della guarigione e della gioia, la bellezza del perdono dei peccati! Tuttavia, come sappiamo per esperienza personale, il peccato “lascia il segno”, porta con sé delle conseguenze: non solo esteriori, in quanto conseguenze del male commesso, ma anche interiori, in quanto «ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato purgatorio». Dunque permangono, nella nostra umanità debole e attratta dal male, dei “residui del peccato”. Essi vengono rimossi dall’indulgenza, sempre per la grazia di Cristo, il quale, come scrisse San Paolo VI, è «la nostra “indulgenza”».  La Penitenzieria Apostolica provvederà ad emanare le disposizioni per poter ottenere e rendere effettiva la pratica dell’Indulgenza Giubilare.

 

 La Penitenzieria apostolica ha diffuso quelle norme con decreto del  13 maggio 2024

http://www.penitenzieria.va/content/dam/penitenzieriaapostolica/indulgenze/italiano.pdf

 

Durante il Giubileo Ordinario del 2025 resta in vigore ogni altra concessione di Indulgenza. Tutti i fedeli veramente pentiti, escludendo qualsiasi affetto al peccato (cfr. Enchiridion Indulgentiarum, IV ed., norm. 20, § 1) e mossi da spirito di carità e che, nel corso dell’Anno Santo, purificati attraverso il sacramento della penitenza e ristorati dalla Santa Comunione, pregheranno secondo le intenzioni del Sommo Pontefice, dal tesoro della Chiesa potranno conseguire pienissima Indulgenza, remissione e perdono dei loro peccati, da potersi applicare alle anime del Purgatorio in forma di suffragio:

 I.- Nei sacri pellegrinaggi

 I fedeli, pellegrini di speranza, potranno conseguire l’Indulgenza Giubilare concessa dal Santo Padre se intraprenderanno un pio pellegrinaggio:

verso qualsiasi luogo sacro giubilare: ivi partecipando devotamente alla Santa Messa (ogniqualvolta lo permettano le norme liturgiche si potrà ricorrere anzitutto alla Messa propria per il Giubileo oppure alla Messa votiva: per la riconciliazione, per la remissione dei peccati, per chiedere la virtù della carità e per la concordia dei popoli); ad una Messa rituale per il conferimento dei sacramenti di iniziazione cristiana o l’Unzione degli infermi; alla celebrazione della Parola di Dio; alla Liturgia delle ore (ufficio delle letture, lodi, vespri); alla Via Crucis; al Rosario mariano; all’inno Akathistos; ad una celebrazione penitenziale, che termini con le confessioni individuali dei penitenti, come è stabilito nel rito della Penitenza (forma II);

in Roma: ad almeno una delle quattro Basiliche Papali Maggiori di San Pietro in Vaticano, del Santissimo Salvatore in Laterano, di Santa Maria Maggiore, di San Paolo fuori le Mura;

 in Terra Santa: ad almeno una delle tre basiliche: del Santo Sepolcro in Gerusalemme, della Natività in Betlemme, dell’Annunciazione in Nazareth; in altre circoscrizioni ecclesiastiche: alla chiesa cattedrale o altre chiese e luoghi sacri designati dall’Ordinario del luogo. I Vescovi terranno conto delle necessità dei fedeli nonché della stessa opportunità di mantenere intatto il significato del pellegrinaggio con tutta la sua forza simbolica, capace di manifestare il bisogno ardente di conversione e di riconciliazione;

II.- Nelle pie visite ai luoghi sacri

 Altresì, i fedeli potranno conseguire l’Indulgenza giubilare se, individualmente, o in gruppo, visiteranno devotamente qualsiasi luogo giubilare e lì, per un congruo periodo di tempo, si intratterranno nell’adorazione eucaristica e nella meditazione, concludendo con il Padre Nostro, la Professione di Fede in qualsiasi forma legittima e invocazioni a Maria, Madre di Dio, affinché in questo Anno Santo tutti “potranno sperimentare la vicinanza della più affettuosa delle mamme, che mai abbandona i suoi figli” (Spes non confundit, 24). Nella particolare occasione dell’Anno giubilare, si potranno visitare, oltre ai predetti insigni luoghi di pellegrinaggio, anche questi altri luoghi sacri alle stesse condizioni:

in Roma: la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, la Basilica di San Lorenzo al Verano, la Basilica di San Sebastiano (si raccomanda vivamente la devota visita detta “delle sette Chiese”, tanto cara a San Filippo Neri), il Santuario del Divino Amore, la Chiesa di Santo Spirito in Sassia, la Chiesa di San Paolo alle Tre Fontane, luogo del Martirio dell’Apostolo, le Catacombe cristiane; le chiese dei cammini giubilari dedicati rispettivamente all’Iter Europaeum e le chiese dedicate alle Donne Patrone d’Europa e Dottori della Chiesa (Basilica di Santa Maria sopra Minerva, Santa Brigida a Campo de’ Fiori, Chiesa Santa Maria della Vittoria, Chiesa di Trinità dei Monti, Basilica di Santa Cecilia a Trastevere, Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio);

in altri luoghi nel mondo: le due Basiliche Papali minori di Assisi, di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli; le Basiliche Pontificie della Madonna di Loreto, della Madonna di Pompei, di Sant’Antonio di Padova; qualsiasi Basilica minore, chiesa cattedrale, chiesa concattedrale, santuario mariano nonché, per l’utilità dei fedeli, qualsiasi insigne chiesa collegiata o santuario designato da ciascun Vescovo diocesano od eparchiale, come pure santuari nazionali o internazionali, “luoghi santi di accoglienza e spazi privilegiati per generare speranza” (Spes non confundit, 24), indicati dalle Conferenze Episcopali.

I fedeli veramente pentiti che non potranno partecipare alle solenni celebrazioni, ai pellegrinaggi e alle pie visite per gravi motivi (come anzitutto tutte le monache e i monaci di clausura, gli anziani, gli infermi, i reclusi, come pure coloro che, in ospedale o in altri luoghi di cura, prestano servizio continuativo ai malati), conseguiranno l’Indulgenza giubilare, alle medesime condizioni se, uniti in spirito ai fedeli in presenza, particolarmente nei momenti in cui le parole del Sommo Pontefice o dei Vescovi diocesani verranno trasmesse attraverso i mezzi di comunicazione, reciteranno nella propria casa o là dove l’impedimento li trattiene (ad es. nella cappella del monastero, dell’ospedale, della casa di cura, del carcere...) il Padre Nostro, la Professione di Fede in qualsiasi forma legittima e altre preghiere conformi alle finalità dell’Anno Santo, offrendo le loro sofferenze o i disagi della propria vita;

III.-Nelle opere di misericordia e di penitenza

  Inoltre, i fedeli potranno conseguire l’Indulgenza giubilare se, con animo devoto, parteciperanno alle Missioni popolari, a esercizi spirituali o ad incontri di formazione sui testi del Concilio Vaticano II e del Catechismo della Chiesa Cattolica, da tenersi in una chiesa o altro luogo adatto, secondo la mente del Santo Padre.

  Nonostante la norma secondo cui si può conseguire una sola Indulgenza plenaria al giorno (cfr. Enchiridion Indulgentiarum, IV ed., norm. 18, § 1), i fedeli che avranno emesso l’atto di carità a favore delle anime del Purgatorio, se si accosteranno legittimamente al sacramento della Comunione una seconda volta nello stesso giorno, potranno conseguire due volte nel medesimo giorno l’Indulgenza plenaria, applicabile soltanto ai defunti (si intende all’interno di una celebrazione Eucaristica; cfr. can. 917 e Pontificia Commissione per l’interpretazione autentica del CIC, Responsa ad dubia, 1, 11 iul. 1984). Tramite questa duplice oblazione, si compie un lodevole esercizio di carità soprannaturale, per quel vincolo al quale sono congiunti nel Corpo mistico di Cristo i fedeli che ancora peregrinano sulla terra, insieme a quelli che già hanno compiuto il loro cammino, in virtù del fatto che “l’indulgenza giubilare, in forza della preghiera, è destinata in modo particolare a quanti ci hanno preceduto, perché ottengano piena misericordia” (Spes non confundit, 22).

Ma, in modo più peculiare, proprio “nell’Anno Giubilare saremo chiamati ad essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio” (Spes non confundit, 10): l’Indulgenza viene pertanto annessa anche alle opere di misericordia e di penitenza, con le quali si testimonia la conversione intrapresa. I fedeli, seguendo l’esempio e il mandato di Cristo, siano stimolati a compiere più frequentemente opere di carità o misericordia, principalmente al servizio di quei fratelli che sono gravati da diverse necessità. Più precisamente riscoprano “le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti” (Misericordiae vultus, 15) e riscoprano altresì “le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti” (ibid.). Allo stesso modo i fedeli potranno conseguire l’Indulgenza giubilare se si recheranno a rendere visita per un congruo tempo ai fratelli che si trovino in necessità o difficoltà (infermi, carcerati, anziani in solitudine, diversamente abili... ), quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro (cfr. Mt 25, 34-36) e ottemperando alle consuete condizioni spirituali, sacramentali e di preghiera. I fedeli, senza dubbio, potranno ripetere tali visite nel corso dell’Anno Santo, acquisendo in ciascuna di esse l’Indulgenza plenaria, anche quotidianamente. L’Indulgenza plenaria giubilare potrà essere conseguita anche mediante iniziative che attuino in modo concreto e generoso lo spirito penitenziale che è come l’anima del Giubileo, riscoprendo in particolare il valore penitenziale del venerdì: astenendosi, in spirito di penitenza, almeno durante un giorno da futili distrazioni (reali ma anche virtuali, indotte ad esempio dai media e dai social network) e da consumi superflui (per esempio digiunando o praticando l’astinenza secondo le norme generali della Chiesa e le specificazioni dei Vescovi), nonché devolvendo una proporzionata somma in denaro ai poveri; sostenendo opere di carattere religioso o sociale, in specie a favore della difesa e protezione della vita in ogni sua fase e della qualità stessa della vita, dell’infanzia abbandonata, della gioventù in difficoltà, degli anziani bisognosi o soli, dei migranti dai vari Paesi “che abbandonano la loro terra alla ricerca di una vita migliore per se stessi e per le loro famiglie” (Spes non confundit, 13); dedicando una congrua parte del proprio tempo libero ad attività di volontariato, che rivestano interesse per la comunità o ad altre simili forme di personale impegno.

 

  Degne di nota, a mio avviso, sono le modalità dell’indulgenza mediante opera di misericordia e penitenza.

  Il Giubileo, detto anche Anno Santo, si articolerà in vari eventi di massa secondo un calendario che si può leggere sul WEB a questo indirizzo:

https://www.iubilaeum2025.va/it/pellegrinaggio/calendario-giubileo.html

 Il primo sarà l’apertura della Porta Santa  della Basilica di San Pietro in Vaticano il 24 dicembre 2024.

 

Il Santo Padre aprirà ufficialmente l’Anno Santo con il rito di Apertura della Porta Santa della Basilica Papale di San Pietro alle h. 19.00. A seguire presiederà la celebrazione della Santa Messa nella notte del Natale del Signore all’interno della Basilica. L’evento potrà essere seguito tramite i maxischermi installati in Piazza San Pietro.

Per partecipare alla celebrazione da Piazza San Pietro non sono necessari biglietti: è sufficiente l'iscrizione all’evento tramite il Portale del sito ufficiale del Giubileo https://register.iubilaeum2025.va/events/8

I Vescovi e i Presbiteri che desiderano concelebrare, e i Diaconi che vorranno partecipare, dovranno prenotarsi presso l'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice tramite il seguente link: https://biglietti.liturgiepontificie.va/

 

  Per partecipare agli eventi  e per recarsi in pellegrinaggio alla Porta Santa  occorre acquisire la Carta del pellegrino  digitale

 

COS’E’ LA CARTA DEL PELLEGRINO?

È una carta digitale gratuita e nominale, necessaria per partecipare agli eventi del Giubileo e per organizzare il proprio pellegrinaggio alla Porta Santa.

Darà inoltre accesso a sconti su trasporti, alloggi, ristorazione, mobilità, eventi culturali.

COME LA OTTENGO?

La carta si acquisisce solo ed esclusivamente registrandosi al portale delle iscrizioni, a cui si accede tramite il sito register.iubilaeum2025.va/user o tramite l’app ufficiale del Giubileo. Dopo aver inserito i propri dati, il pellegrino riceve un codice Qr identificativo-personale e un account sulla app.

COME MI ISCRIVO AGLI EVENTI?

Dopo aver necessariamente ottenuto la carta del Pellegrino, e aver fatto accesso con il proprio account dal sito o dall’app, ci si potrà iscrivere al pellegrinaggio alla Porta Santa di San Pietro e a tutti gli eventi principali del Giubileo. Tale strumento di registrazione permette un’organizzazione ordinata dell’accesso, sia alla Porta Santa di San Pietro, sia agli eventi principali per i quali si prevede un numeroso afflusso di pellegrini. Il portale consente l’iscrizione come singoli o come gruppi, permette di segnalare eventuali disabilità, di modificare o cancellare le prenotazioni, gestendo l’orario, il giorno e il mese del pellegrinaggio.

  Fatti due conti, penso che per me quello del 2025 sarà probabilmente l’ultimo Giubileo della mia vita. Non mi ci sento particolarmente coinvolto nell’aspetto dell’Indulgenza, una pratica che, progressivamente degenerata anche per reperire fondi per la costruzione del chiesone vaticano,  fu tra i principali motivi della (fondata) contestazione al Papato romano iniziata da Martin Lutero nel Cinquecento, in una delle tante epoche buie della nostra Chiesa,  e quindi poi della (del tutto comprensibile) separazione traumatica delle Chiese protestanti, seguita poi da una lunghissima epoca di efferati conflitti. Una frattura che, comunque, su quel tema si è ricomposta con la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione adottata il 31 ottobre 1999 ad Augsburg - Augusta, in Germania tra cattolici e luterani, poi condivisa da altre Chiese protestanti.

http://www.christianunity.va/content/unitacristiani/it/dialoghi/sezione-occidentale/luterani/dialogo/documenti-di-dialogo/1999-dichiarazione-congiunta-sulla-dottrina-della-giustificazion/1999-dichiarazione-congiunta-sulla-dottrina-della-giustificazion1.html

 

E nemmeno mi sento molto coinvolto nei grandi eventi di massa che  caratterizzeranno il Giubileo: li reputo forme superficiali di religiosità.

  Ne approfitterò invece per approfondire la mia fede cristiana e fare un bilancio della mia vita alla luce del vangelo.

  Sarà un Giubileo, quello del 2025, centrato sul tema della Speranza cristiana. E’ scritto nella Bolla di indizione:

 

3. La speranza, infatti, nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce: «Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita» (Rm 5,10). E la sua vita si manifesta nella nostra vita di fede, che inizia con il Battesimo, si sviluppa nella docilità alla grazia di Dio ed è perciò animata dalla speranza, sempre rinnovata e resa incrollabile dall’azione dello Spirito Santo.

 È infatti lo Spirito Santo, con la sua perenne presenza nel cammino della Chiesa, a irradiare nei credenti la luce della speranza: Egli la tiene accesa come una fiaccola che mai si spegne, per dare sostegno e vigore alla nostra vita. La speranza cristiana, in effetti, non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? [...] Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» ( Rm 8,35.37-39). Ecco perché questa speranza non cede nelle difficoltà: essa si fonda sulla fede ed è nutrita dalla carità, e così permette di andare avanti nella vita. Sant’Agostino scrive in proposito: «In qualunque genere di vita, non si vive senza queste tre propensioni dell’anima: credere, sperare, amare»

 

 Inoltre, come si legge ancora nella Bolla:

 

7. Oltre ad attingere la speranza nella grazia di Dio, siamo chiamati a riscoprirla anche nei segni dei tempi che il Signore ci offre. Come afferma il Concilio Vaticano II, «è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche».  È necessario, quindi, porre attenzione al tanto bene che è presente nel mondo per non cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza. Ma i segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presenza salvifica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza.

 

 In Italia ci troviamo nella parte del mondo dove vivono i suoi dominatori, forti della potenza economica e delle armi.  Ne siamo tutte e tutti personalmente responsabili, in particolare da noi perché siamo partecipi di un ordinamento democratico. Sarà quindi l’occasione per riflettere sul che fare nello spirito del vangelo e per cambiare strada, dove occorra. Il Papa ci esorta ad essere popolo che cammina zelante nella fede, operoso nella carità e perseverante nella speranza:

 

6. L’Anno Santo 2025 si pone in continuità con i precedenti eventi di grazia. Nell’ultimo Giubileo Ordinario si è varcata la soglia dei duemila anni della nascita di Gesù Cristo. In seguito, il 13 marzo 2015, ho indetto un Giubileo Straordinario con lo scopo di manifestare e permettere di incontrare il “Volto della misericordia” di Dio,  annuncio centrale del Vangelo per ogni persona in ogni epoca. Ora è giunto il tempo di un nuovo Giubileo, nel quale spalancare ancora la Porta Santa per offrire l’esperienza viva dell’amore di Dio, che suscita nel cuore la speranza certa della salvezza in Cristo. Nello stesso tempo, questo Anno Santo orienterà il cammino verso un’altra ricorrenza fondamentale per tutti i cristiani: nel 2033, infatti, si celebreranno i duemila anni della Redenzione compiuta attraverso la passione, morte e risurrezione del Signore Gesù. Siamo così dinanzi a un percorso segnato da grandi tappe, nelle quali la grazia di Dio precede e accompagna il popolo che cammina zelante nella fede, operoso nella carità e perseverante nella speranza (cfr. 1Ts 1,3). [dalla Bolla  di indizione]

  

 Infine, il Giubileo potrà essere un’occasione propizia per riflettere sul processo di sinodalizzazione diffusa della  nostra Chiesa, sulla via del recente Sinodo sulla sinodalità ecclesiale:

 

17. Durante il prossimo Giubileo cadrà una ricorrenza molto significativa per tutti i cristiani. Si compiranno, infatti, 1700 anni dalla celebrazione del primo grande Concilio ecumenico, quello di Nicea. È bene ricordare che, fin dai tempi apostolici, i Pastori si riunirono in diverse occasioni in assemblee allo scopo di trattare tematiche dottrinali e questioni disciplinari. Nei primi secoli della fede i Sinodi si moltiplicarono sia nell’Oriente sia nell’Occidente cristiano, mostrando quanto fosse importante custodire l’unità del Popolo di Dio e l’annuncio fedele del Vangelo. L’Anno giubilare potrà essere un’opportunità importante per dare concretezza a questa forma sinodale, che la comunità cristiana avverte oggi come espressione sempre più necessaria per meglio corrispondere all’urgenza dell’evangelizzazione: tutti i battezzati, ognuno con il proprio carisma e ministero, corresponsabili affinché molteplici segni di speranza testimonino la presenza di Dio nel mondo.

 

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

venerdì 20 dicembre 2024

Relativismo e sinodalità

 

Relativismo e sinodalità

 

   Qualche giorno fa ho scritto del filosofo della scienza Giulio Giorello (1945-1920). Si è confrontato anche con questioni ecclesiali e, in particolare, su quella della costruzione di verità  normative mediante una organizzazione ecclesiastica assolutistica, che è anche il grande problema da affrontare sulla via della sinodalità ecclesiale diffusa, di cui si è trattato nei processi sinodali da poco conclusi.

  Chi volesse approfondire, può leggere di Giorello Di nessuna chiesa – la libertà del laico, pubblicato da Raffaele Cortina nel 2020, disponibile anche in formato digitale Kindle.

  L’assolutismo ecclesiastico della Chiesa cattolica non risale alle origini, nelle quali si manifestò anzi un vasto pluralismo, né alle epoche in cui, nel Primo  millennio, si produsse un cristianesimo imperiale, integrato nell’ideologia politica dell’impero romano, nelle sue varie metamorfosi che lo portarono ben lontano dalla nostra città, dove si era cominciato ad organizzarlo. Né all’effervescente età del Basso Medioevo, tra l’11° e il 15° secolo quando il Papato romano iniziò ad organizzare un proprio cristianesimo intorno ad un proprio potere ad imitazione dei coevi poteri imperiali  europei. Ma nemmeno all’epoca successiva, in cui, tra il 16° e il 18° secolo, in Europa si organizzarono gli stati nazionali, con il definitivo superamento del precedente modello imperiale (da allora continuarono ad essere proclamati imperi, ma essi furono molto diversi dagli imperi  universali e cristianizzati sul modello bizantino). E’ fondamentalmente un modello di politica ecclesiastica pensato e attuato dall’Ottocento europeo nelle istituzioni del Papato romano nella contrapposizione frontale, con una lotta senza quartiere, contro l’Illuminismo, il liberalismo, la democrazia liberale, il socialismo marxista, l’irredentismo nazionalistico italiano che infine lo privò del suo regno nel Centro-Italia. Esso ebbe una tappa importante nella deliberazione del dogma dell’infallibilità  del Papa di Roma nelle enunciazioni solenni in materia di dottrina e morale deliberato durante il Concilio Vaticano 1°, svoltosi a Roma dal 1869 e interrotto e sospeso nel 1870 a seguito dell’abbattimento dello Stato Pontificio, il piccolo regno dei Papi nell’Italia centrale con capitale Roma, per conquista militare, all’esito di una breve ma sanguinosa guerra, da parte delle truppe inviate dal Regno d’Italia.

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[ricerca mediante ChatGPT di OpenAI]

Il Concilio Vaticano I e il dogma dell'infallibilità pontificia

Il Concilio Vaticano I si tenne tra il 1869 e il 1870 e fu convocato da Papa Pio IX con la bolla "Aeterni Patris" del 29 giugno 1868. Fu il ventesimo concilio ecumenico della Chiesa cattolica e si svolse principalmente nella Basilica di San Pietro a Roma. La sua convocazione avvenne in un contesto storico e politico complesso, caratterizzato dall'avanzata del liberalismo, dal crescente razionalismo, dal nazionalismo e dall'unificazione italiana, che minacciavano il potere temporale del papa.

Obiettivi principali del Concilio

Il Concilio Vaticano I aveva due obiettivi principali:

1.  Affrontare le sfide del razionalismo, del materialismo e del modernismo, riaffermando l'autorità della Chiesa e la sua capacità di interpretare la rivelazione divina.

2.  Definire il ruolo e i poteri del papa nella Chiesa, culminando nella definizione del dogma dell'infallibilità pontificia.

Il dogma dell'infallibilità pontificia

Il punto centrale e più controverso del Concilio fu la deliberazione sul dogma dell'infallibilità pontificia, che fu proclamato il 18 luglio 1870 con la costituzione dogmatica "Pastor Aeternus".

Contenuto del dogma

Il dogma stabilisce che:

1.  Il papa è infallibile quando, in qualità di pastore e dottore di tutti i cristiani, esercita il suo ufficio supremo e definisce una dottrina riguardante la fede o la morale.

2.  Questa infallibilità è garantita dallo Spirito Santo e fa parte della promessa di Cristo a Pietro, per garantire la solidità della fede nella Chiesa.

Condizioni dell'infallibilità

L'infallibilità papale si applica solo quando il papa:

·         Parla ex cathedra (ossia ufficialmente, in quanto capo della Chiesa universale).

·         Definisce una dottrina che riguarda la fede o la morale.

·         Intende vincolare tutta la Chiesa a tale definizione.

Processo decisionale e l'atto formale

L'atto formale con cui fu deciso il dogma è la Costituzione dogmatica "Pastor Aeternus", adottata dai padri conciliari e promulgata da Papa Pio IX. Essa è composta da quattro capitoli:

1.  Il primo capitolo tratta del primato apostolico di Pietro.

2.  Il secondo capitolo approfondisce il primato di giurisdizione dei papi come successori di Pietro.

3.  Il terzo capitolo definisce la perpetuità del primato petrino nella successione papale.

4.  Il quarto capitolo (il più importante) definisce l'infallibilità pontificia.

La votazione finale avvenne il 13 luglio 1870. Dei 601 padri conciliari presenti, 451 votarono a favore, 88 contro e 62 si astennero. Dopo ulteriori discussioni, il testo definitivo fu approvato il 18 luglio 1870 con 533 voti favorevoli e 2 contrari.

Controversie e reazioni

·         Il dogma incontrò forti opposizioni all'interno del concilio stesso. Un gruppo di vescovi, noto come "minoranza", riteneva che la definizione dell'infallibilità fosse inopportuna o rischiasse di esacerbare le divisioni interne ed esterne alla Chiesa.

·         Dopo l'approvazione, alcuni membri della minoranza, pur accettando formalmente il dogma, lasciarono Roma per evitare di votare contro. Tra questi vi fu il cardinale Filippo Maria Guidi, inizialmente critico, ma poi conciliato con il papa.

·         All'esterno, la proclamazione del dogma suscitò reazioni negative tra i governi laici e i protestanti, rafforzando la percezione di un centralismo romano nella Chiesa cattolica.

Conclusione del Concilio

Il Concilio Vaticano I si interruppe bruscamente pochi mesi dopo, a causa della presa di Roma da parte delle truppe italiane il 20 settembre 1870, che segnò la fine del potere temporale dei papi. Nonostante l'interruzione, il dogma dell'infallibilità pontificia resta uno dei risultati più significativi e duraturi del Concilio.

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  Che una singola persona fisica possa essere realmente infallibile  in qualsiasi campo va contro il senso comune, ma in religione si è abituati a cose simili. Comunque il dogma c’è, è una legge ecclesiastica molto importante che definisce chi può essere considerato cattolico  e chi non, e in questo senso ha una forte valenza politica. Si spera che sia come è stato detto pur se vi sono evidenze in contrario, come del resto in molte altre cose in religione: La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede [dalla Lettera agli ebrei, capitolo 11, versetto 1  - Eb 11, 1 – versione in italiano CEI 2008]. Questo anche se i teologi restringono molto il campo delle pronunce  infallibili  adottate da allora. Una di queste, espressamente presentata come una pronuncia solenne in materia di dottrina e morale, c’è nell’enciclica Il vangelo di vita – Evangelium vitae, del 1995, del papa Karol Wojtyla – Giovanni Paolo 2°:

 

 https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_25031995_evangelium-vitae.html

 

57. […] Dinanzi al progressivo attenuarsi nelle coscienze e nella società della percezione dell'assoluta e grave illiceità morale della diretta soppressione di ogni vita umana innocente, specialmente al suo inizio e al suo termine, il Magistero della Chiesa ha intensificato i suoi interventi a difesa della sacralità e dell'inviolabilità della vita umana. Al Magistero pontificio, particolarmente insistente, s'è sempre unito quello episcopale, con numerosi e ampi documenti dottrinali e pastorali, sia di Conferenze Episcopali, sia di singoli Vescovi. Né è mancato, forte e incisivo nella sua brevità, l'intervento del Concilio Vaticano II.

Pertanto, con l'autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l'uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale. Tale dottrina, fondata in quella legge non scritta che ogni uomo, alla luce della ragione, trova nel proprio cuore (cf. Rm 2, 14-15), è riaffermata dalla Sacra Scrittura, trasmessa dalla Tradizione della Chiesa e insegnata dal Magistero ordinario e universale.

La scelta deliberata di privare un essere umano innocente della sua vita è sempre cattiva dal punto di vista morale e non può mai essere lecita né come fine, né come mezzo per un fine buono. È, infatti, grave disobbedienza alla legge morale, anzi a Dio stesso, autore e garante di essa; contraddice le fondamentali virtù della giustizia e della carità. «Niente e nessuno può autorizzare l'uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o adulto, vecchio, ammalato incurabile o agonizzante. Nessuno, inoltre, può richiedere questo gesto omicida per se stesso o per un altro affidato alla sua responsabilità, né può acconsentirvi esplicitamente o implicitamente. Nessuna autorità può legittimamente imporlo né permetterlo»  [citazione dalla Dichiarazione  sull’eutanasia I diritti e i valori – Iura et bona della Congregazione per la Dottrina della Fede, del 5-5-80

https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19800505_eutanasia_it.html ]

Nel diritto alla vita, ogni essere umano innocente è assolutamente uguale a tutti gli altri. Tale uguaglianza è la base di ogni autentico rapporto sociale che, per essere veramente tale, non può non fondarsi sulla verità e sulla giustizia, riconoscendo e tutelando ogni uomo e ogni donna come persona e non come una cosa di cui si possa disporre. Di fronte alla norma morale che proibisce la soppressione diretta di un essere umano innocente «non ci sono privilegi né eccezioni per nessuno. Essere il padrone del mondo o l'ultimo miserabile sulla faccia della terra non fa alcuna differenza: davanti alle esigenze morali siamo tutti assolutamente uguali».

 

 Naturalmente i teologi specializzati nel campo  hanno delimitato la portata della pronuncia infallibile contenuta in quel documento all’enunciato “confermo che l'uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale”: rimangono aperti i molti dilemmi etici collegati che, fondamentalmente, sono riconducibili alla definizione dello stato di  necessità, in presenza del quale diviene non punibile qualcosa di oggettivamente illecito. Ogni volta che d’autorità si impone una condotta o un divieto sotto pena di esclusione sorge la questione, prettamente giuridica, di delimitare accuratamene il comando.

  Quindi, dalla metà Ottocento, si è prodotto quell’assolutismo ecclesiastico, del quale è espressione anche il dogma dell’infallibilità  pontificia,  che ha improntato anche, ad esempio, la nostra Azione Cattolica, almeno fino alla riforma dello statuto del 1969,  la catechesi e la prassi ecclesiale ad ogni livello, rendendo la gente eccessivamente dipendente dai preti in ogni cosa, situazione che si sta cercando di correggere con una riforma in senso sinodale diffuso, pena gravi problemi perché   i preti sono sempre meno, almeno in Europa occidentale.  Lo stesso ruolo del prete, il quale da predicatore, sacerdote e  persona che presiede una comunità di fede è stato  obbligato ad essere anche una specie di autocrate sotto stretti vincoli gerarchici con i superiori, ne è stato pesantemente segnato.

  Come spiega Giorello, all’assolutismo  si contrappone il relativismo che è quando, nel capire che fare e che pensare, si tiene conto del contesto. Nella dottrina cattolica contemporanea, a differenza delle scienze contamporanee, esso è presentato come un male, essenzialmente perché pone in questione il potere ecclesiastico, attualmente accentrato in una gerarchia ancora con ordinamento assolutistico centrato sul Papato romano. Vi è collegato il concetto di verità  in senso politico, come quel complesso di enunciati ai quali si è obbligati  a consentire per essere riconosciuti dalla gerarchia ecclesiastica come parte della Chiesa.

   Dall’epoca della deliberazione del dogma dell’infallibilità le verità di fede  sono rimaste sempre le stesse?  Vi invito a rifletterci sopra. Il  mio parente Roberto Ardigò, prete, fu sospeso dal suo ministero di prete per aver sostenuto pubblicamente che le scienze naturali devono seguire il loro metodo, principio di autonomia scientifica  che poi fu accolto durante il Concilio Vaticano 2°, un secolo dopo.

 

Dalla Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo La gioia e la speranza – Gaudium et spes – deliberata durante il Concilio Vaticano 2° (1962-1965)

 

https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651207_gaudium-et-spes_it.html

 

36. La legittima autonomia delle realtà terrene.

  Molti nostri contemporanei, però, sembrano temere che, se si fanno troppo stretti i legami tra attività umana e religione, venga impedita l'autonomia degli uomini, delle società, delle scienze.

  Se per autonomia delle realtà terrene si vuol dire che le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri, che l'uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di una esigenza d'autonomia legittima: non solamente essa è rivendicata dagli uomini del nostro tempo, ma è anche conforme al volere del Creatore.

  Infatti è dalla stessa loro condizione di creature che le cose tutte ricevono la loro propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi proprie e il loro ordine; e tutto ciò l'uomo è tenuto a rispettare, riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni singola scienza o tecnica.

  Perciò la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio (62).

  Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza prenderne coscienza, viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono.

  A questo proposito ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali, che talvolta non sono mancati nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, suscitando contese e controversie, essi trascinarono molti spiriti fino al punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro (63).

  Se invece con l'espressione « autonomia delle realtà temporali » si intende dire che le cose create non dipendono da Dio e che l'uomo può adoperarle senza riferirle al Creatore, allora a nessuno che creda in Dio sfugge quanto false siano tali opinioni.

  La creatura, infatti, senza il Creatore svanisce.

  Del resto tutti coloro che credono, a qualunque religione appartengano, hanno sempre inteso la voce e la manifestazione di Dio nel linguaggio delle creature.

  Anzi, l'oblio di Dio rende opaca la creatura stessa.

 

[dalla voce Roberto Ardigò  del Dizionario Biografico degli italiani Treccani - https://www.treccani.it/enciclopedia/roberto-ardigo_(Dizionario-Biografico)/

 

[…]17 marzo 1869, in occasione della festa del suo liceo, denominato "Virgilio" dal 21 giugno 1867, l'Ardigò lesse un discorso su Pietro Pomponazzi.

[…]

 Nel Discorso, celebrata l'irresistibile efficacia del pensiero nel determinare il progresso umano, si esaltano la Riforma, insorta contro le "innaturali pretese di una assorbente autorità", la Rivoluzione francese, "che promulgò le nuove tavole dei diritti dell'uomo", e il Rinascimento, che pose i principî razionali da cui nacquero le moderne scienze positive. In particolare, al Pomponazzi l'Ardigò ascrive il merito di avere intuito il principio della naturalità dei fenomeni, cioè della loro universale connessione sotto leggi puramente naturali, di avere esteso tale principio al mondo morale, di aver portato nelle indagini filosofiche il metodo positivo dell'osservazione e infine di aver sostenuto "la necessità assoluta dell'organismo per tutti indistintamente gli atti del pensiero".

 Il discorso, subito stampato, fu messo all'Indice con decreto del 1º giugno 1869. Il 4 settembre successivo giunse poi al Martini, allora vicario capitolare, l'ordine di sospensione a divinis dell'A., colpevole di mancata ritrattazione. All'ordine l'Ardigò si rassegnò, dichiarando tuttavia di ritenerlo ingiusto e dettato non da zelo di religione, ma da spirito di partito, convinto com'era dell'ortodossia delle proprie teorie (che gli parevano identiche a quelle sostenute da A. Secchi nell'Unità delle forze fisiche): espresse perciò la ferma risoluzione di non rinnegare nulla di ciò che aveva detto e stampato.

[…]

  Il 2 sett. 1870 la Gazzetta di Mantova pubblicò una dichiarazione dell'Ardigò contro il dogma, allora definito, dell'infallibilità papale: l'A. affermava di non accettarlo e di considerarlo anzi come una vera stoltezza. Il 7 apr. 1871 l'Ardigò comunicò per iscritto al Martini la determinazione sua di svestire l'abito ecclesiastico, attuata il 10 di quel mese. Rammaricandosi che non gli si permettesse di essere buon prete, accompagnava il suo atto con il dichiarato proposito di rimanere buon secolare. Vani risultarono i tentativi fatti dal Martini, ed anche un colloquio, avvenuto non più tardi del febbraio del 1872, tra l'Ardigò e Pietro Rota, non ebbe seguito; una lunga e acre polemica sulla Psicologia, condotta tra l'agosto e il dicembre del 1872 sulle colonne del Vessillo cattolico e della Provincia di Mantova, rispettivamente dal Rota e dall'Ardigò, sancì la definitiva rottura.

 

 La democrazia ci ha affrancati dalla violenza politica che in passato si abbatté su chi era considerato eretico o semplicemente dissentiva dall’autorità ecclesiastica, da ultimo durante la spietata persecuzione dei cosiddetti modernisti  all’inizio del Novecento. Oggi si rischia al più l’emarginazione e l’oblio ma solo in ambito ecclesiale. L’assolutismo ecclesiastico non è più molto avvertibile nelle realtà di base, come le parrocchie, ma comunque ostacola la partecipazione popolare alla missione dell’evangelizzazione e alla stessa costruzione delle comunità di fede, dove le persone più assidue sono ormai   quelle piuttosto anziane e sempre in minor numero, anche se nelle celebrazioni maggiori e, soprattutto, in quelle che riguardano gli eventi centrali della vita delle persone, nascita, matrimonio, morte, vengono ancora in molti. Però non si tratta in genere di una partecipazione attiva, si viene per assistere, spesso senza sapere bene che fare e il significato di ciò che si svolge intorno agli altari.

  Tra pochi giorni inizierà l’Anno Santo del 2025: una serie di eventi che trova origine nel Basso Medioevo, al tempo della trasformazione del Papato romano in un impero  religioso.

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[ricerca mediante ChatGPT di OpenAI]

Il primo Anno Santo (o Giubileo) fu indetto nel 1300 da Papa Bonifacio VIII. L'annuncio avvenne tramite la bolla papale "Antiquorum fida relatio". Questo evento segnò l'istituzione formale del Giubileo nella Chiesa cattolica.

Contesto e significato

1.  Origine biblica: L'idea del Giubileo si ispira al concetto dell'anno giubilare presente nell'Antico Testamento (Levitico 25), in cui ogni 50 anni era proclamato un anno di liberazione e remissione dei debiti.

2.  Primo Giubileo: Papa Bonifacio VIII stabilì che, recandosi in pellegrinaggio a Roma e visitando le basiliche di San Pietro e San Paolo fuori le mura, i fedeli avrebbero potuto ottenere l'indulgenza plenaria, cioè la remissione totale delle pene temporali per i peccati confessati e pentiti.

3.  Successo straordinario: L'iniziativa ebbe un successo enorme, attirando a Roma migliaia di pellegrini da tutta Europa, nonostante le difficoltà logistiche dell'epoca. Questo consolidò Roma come centro spirituale del cristianesimo.

Periodicità

Inizialmente, Bonifacio VIII aveva previsto che l'Anno Santo si celebrasse ogni 100 anni. Tuttavia, i successivi Papi modificarono la periodicità:

·         Nel 1350, Papa Clemente VI indisse un Giubileo straordinario, stabilendo una nuova cadenza ogni 50 anni.

·         Papa Urbano VI nel 1390 ridusse ulteriormente l'intervallo a 33 anni, in riferimento alla durata della vita di Cristo.

·         Infine, Papa Paolo II fissò nel 1470 la periodicità attuale di un Giubileo ordinario ogni 25 anni.

Gli Anni Santi possono anche essere straordinari, indetti in circostanze particolari, come quello proclamato da Papa Francesco nel 2015-2016, dedicato alla Misericordia.

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 E’ essenzialmente una celebrazione della centralità del Papato romano, in particolare sulla questione dell’indulgenza plenaria. Però può essere una buona occasione per incontrarsi e per discutere anche sullo sviluppo della sinodalità ecclesiale, prendendo consapevolezza che si è ancora in tante persone a orientare la propria vita secondo il vangelo e che c’è tanto da fare per diffonderlo.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli