Pensiero di natale 2024
24 dicembre 2024 – inizio del
Giubileo 2025
Gianfranco Ravasi, nel
suo bel libro Biografia di Gesù, pubblicato nel 2021 dall’editore
Raffaello Cortina, anche in eBook e Kindle, che vi consiglio caldamente come
lettura Natalizia, a pag. 35 propone un carta d’identità di Gesù di Nazaret:
Nome:
Gesù, in ebraico Jeshūʻ, abbreviazione di Jeoshūʻa
(“Il Signore salva”).
Paternità legale: Giuseppe, in ebraico Josef. Secondo lo stile
semitico il cognome sarebbe ben-Josef (“figlio di Giuseppe”; vedi Lc 4,22).
Maternità: Maria, in ebraico Myriam (forse “la elevata,
esaltata”).
Luogo di nascita: Betlemme di Giudea;
Data di nascita: “Ai tempi di Erode” (Mt 2,1), durante “il primo censimento”
di Quirinio, governatore della Siria (Lc 2,1-2. Siamo forse intorno al 6 a.C.
Residenza: Nazaret di Galilea, poi senza fissa dimora.
Professione: carpentiere; poi rabbi ambulante e guaritore.
Segni particolari: nessuno.
Queste informazioni sono tratte dai Vangeli, tranne due:
-che Gesù sia nato nel 6 avanti
Cristo è una congettura. Si parte dal fatto storico, certo, che il re Erode menzionato nei Vangeli, detto Il grande,
morì il 4 a.C. e si stima dunque che Gesù, che si narra sia nato sotto quel re,
sia nato un po’ prima della data fissata
nel 6° secolo nell’anno 753 dalla fondazione di Roma;
-che Gesù esercitasse il mestiere di
carpentiere. In realtà nei Vangeli è scritto che era figlio di un carpentiere. Si congettura che lui
stesso fosse carpentiere come suo padre, ma non ve ne notizia sicura, né nel
Nuovo Testamento si parla di lui intento a quel mestiere.
Ulteriori notizie da ChatGPT di
OpenAI:
Nei Vangeli, il "re Erode" menzionato
è Erode il Grande, un sovrano di
origini idumee che governò la Giudea come re vassallo dell'Impero Romano. È
noto per la sua crudeltà, ma anche per le grandi opere architettoniche, tra cui
la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme. Erode è associato principalmente
alla narrazione evangelica della nascita di Gesù.
Ruolo nei Vangeli
Vangelo di
Matteo (2,1-18):
Erode è menzionato nella
narrazione della visita dei Magi. Quando essi arrivano a Gerusalemme per cercare
"il re dei Giudei" appena nato, Erode si sente minacciato e ordina la
strage degli innocenti, cercando di eliminare il bambino Gesù.
Titolo e
contesto storico:
Era chiamato "re dei Giudei", un titolo che gli era stato
concesso da Roma, ma il suo regno era caratterizzato da tensioni interne e
resistenze da parte di alcuni gruppi ebrei che lo consideravano un usurpatore,
data la sua origine idumea e la sua politica filo-romana.
Quando morì
Erode il Grande?
Erode il Grande morì nel 4 a.C.,
secondo la cronologia più accettata. Questo è stabilito sulla base delle fonti
storiche, tra cui lo storico giudeo Flavio
Giuseppe, che riporta dettagli sulla morte di Erode, collegandola a
un'eclissi lunare (datata al 13 marzo del 4 a.C.) e agli eventi successivi. La
sua morte avvenne poco dopo questa eclissi e prima della Pasqua di quell'anno.
Implicazioni cronologiche
La morte di Erode implica che la nascita di
Gesù, che nei Vangeli è collocata durante il suo regno, debba essere datata
almeno qualche anno prima dell'anno 1 d.C., probabilmente tra il 6 e il 4 a.C.
Dopo la morte di Erode il Grande, il suo regno
fu diviso tra i suoi figli, creando i nuovi governanti menzionati nei Vangeli,
come Erode Antipa, che regnò sulla
Galilea e fu coinvolto nella vicenda della morte di Giovanni Battista.
Perché
questa imprecisione, per cui il Cristo nacque prima di Cristo, vale a
dire a.C?
Ricorriamo ancora a ChatGPT di OpenAI:
La
data di nascita di Gesù fissata nell'anno 753
dalla fondazione di Roma (a.u.c., ab urbe condita) fu stabilita dal
monaco e studioso Dionigi il Piccolo
(Dionysius Exiguus), vissuto nel VI secolo.
Chi era Dionigi il Piccolo?
Dionigi
era un monaco di origine scita, vissuto a Roma e noto per la sua erudizione in
matematica e cronologia. Era anche un esperto calcolatore della data della
Pasqua. Intorno all'anno 525 d.C.,
fu incaricato di creare un nuovo sistema per il calcolo delle date liturgiche.
Come fissò la data?
Dionigi
calcolò che la nascita di Gesù fosse avvenuta 753 anni dopo la fondazione di
Roma. Utilizzò fonti storiche e cronologiche disponibili all'epoca, basandosi
in parte sulle genealogie bibliche e sugli eventi storici menzionati nei
Vangeli. Stabilì l'anno 1 come
l'anno della nascita di Cristo (Anno Domini, "nell'anno del
Signore"), evitando di utilizzare il sistema precedente, basato sul regno
dell'imperatore Diocleziano, che era associato a una persecuzione dei
cristiani.
Limiti del calcolo di Dionigi
Oggi
sappiamo che Dionigi commise un errore nei suoi calcoli. Come emerso da
successive ricerche storiche:
·
Gesù nacque
probabilmente tra il 6 e il 4 a.C.,
durante il regno di Erode il Grande, che morì nel 4 a.C.
·
Dionigi non tenne conto di
alcune informazioni cronologiche disponibili, come la data della morte di Erode
o le discrepanze nei riferimenti ai censimenti romani.
Impatto del sistema di Dionigi
Nonostante
l'errore, il sistema di Dionigi divenne lo standard cronologico nel mondo
cristiano occidentale. Fu adottato inizialmente in Europa grazie all'influenza
di figure come Beda il Venerabile,
che ne fece uso nei suoi scritti, e si impose gradualmente come sistema
ufficiale per datare gli eventi storici.
Gli
scritti del Nuovo Testamento, vale a dire i quattro Vangeli canonici, cioè
presi dalle Chiese cristiane come riferimento per la fede (dall’antichità ce ne
sono giunti altri ai quali non venne
riconosciuta quell’autorità), gli Atti degli apostoli, le Lettere attribuite
Paolo di Tarso e ad altri apostoli, l’Apocalisse, ci danno altre notizie
sulla vita, le opere, l’insegnamento di Gesù di Nazaret, prima che morisse
giustiziato dai Romani, in quella lontana periferia dell’Impero che era
la Giudea dell’epoca, caduta in loro mani nel 63 a.C. per conquista militare guidata
da Pompeo Magno, dopo un lungo assedio di Gerusalemme. I Romani erano intervenuti
su richiesta di Ircano 2° nel conflitto con il fratello Aristobulo 2° per il
titolo di re di Giudea. Entrambi erano della stirpe degli Asmonei, a cui erano
appartenuti Mattatia e Giuda Maccabeo, che nel 164 a. C. avevano restaurato l’indipendenza
del regno.
Questo è tutto su Gesù di Nazaret, il Cristo Figlio
di Dio dei cristiani. Il resto è costituito dalle storie delle popolazioni cristianizzate,
le quali intorno alla sua figura edificarono miti, riti, diritto, religioni,
regni, imperi. Nella fede cristiana Gesù di Nazaret è il fondamento della
nostra speranza di salvezza, la via che unisce Cielo e Terra.
La mia età, sono un baby boomer, non
deve essere quella dei dubbi: bisogna farsi forza e mantenersi nella direzione
che s’è presa, con decisione. Una vita passata tra cristiane e cristiani aiuta e sorregge. C’è da guidare le
altre persone, dando l’esempio. Lo si può considerare espressione di quel sacerdozio
comune delle persone di fede del quale si tratta nella Costituzione Luce
per le genti del Concilio Vaticano 2° (Roma 1962-1965):
Il sacerdozio comune dei fedeli
10. Cristo Signore, pontefice
assunto di mezzo agli uomini (cfr. Eb 5,1-5), fece del nuovo popolo « un regno
e sacerdoti per il Dio e il Padre suo » (Ap 1,6; cfr. 5,9-10). Infatti per la
rigenerazione e l'unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati
per formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante
tutte le attività del cristiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i
prodigi di colui, che dalle tenebre li chiamò all'ammirabile sua luce (cfr. 1
Pt 2,4-10). Tutti quindi i discepoli di Cristo, perseverando nella preghiera e
lodando insieme Dio (cfr. At 2,42-47), offrano se stessi come vittima viva,
santa, gradevole a Dio (cfr. Rm 12,1), rendano dovunque testimonianza di Cristo
e, a chi la richieda, rendano ragione della speranza che è in essi di una vita
eterna (cfr. 1 Pt 3,15) Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio
ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di
grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro, poiché l'uno e l'altro, ognuno a
suo proprio modo, partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo. Il sacerdote
ministeriale, con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo
sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico nel ruolo di Cristo e lo offre a
Dio a nome di tutto il popolo; i fedeli, in virtù del loro regale sacerdozio,
concorrono all'offerta dell'Eucaristia, ed esercitano il loro sacerdozio col
ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la
testimonianza di una vita santa, con l'abnegazione e la carità operosa.
Le narrazioni e le liturgie cristiane sono piene
di miti. Non dobbiamo scandalizzarcene.
Riflettendoci realisticamente sopra, i miti e i riti, insieme
al diritto, sono, ci insegnano antropologia e sociologia, le componenti fondamentali della costruzione
sociale e questo per insuperabili limiti cognitivi degli esseri umani, legati
alla loro fisiologia, e proprio per questo insuperabili. Per natura saremmo
confinati in gruppi di una trentina di persone, senza quel di più. Gli scenari
concreti delle nostre vite sono tuttora inquadrati più o meno nel numero di
persone presenti su un palcoscenico teatrale. È solo nel mito che ci figuriamo
il resto intorno e condividiamo procedure sociali che consentono la gestione di
società che ormai consentono la sopravvivenza di oltre otto miliardi di
persone, delle quali ne ricordiamo distintamente solo poche decine.
Hanno sostanza mitica
anche idee sociali come quelle riguardanti i fondamenti delle democrazie
avanzate contemporanee, come anche i principi fondamentali di economia e
commercio. Non ha natura mitica solo ciò che corrisponde ad osservazioni
sistematiche, ma solo nei limiti di quanto osservato e delle relative
metodologie.
Nessuna scoperta
scientifica ha potuto avere applicazione concreta nelle società umane senza
costruirvi sopra un mito. In questo
quadro si sviluppò, dal Quarto secolo, tra l'Europa, il Vicino Oriente e il
Nord Africa, che all'epoca costituivano un tutt'uno e sulla base delle
narrazioni evangeliche della Natività, il mito del Natale, intorno al
quale si sono costruiti i riti sociali delle cosiddette festività natalizie e
anche quelli propriamente liturgici delle Chiese cristiane. Natale, Capodanno
ed Epifania ruotano intorno allo stesso mito.
Le teologie cristiane
lo descrivono come l'evento dell'Incarnazione. Significa abbandonare l'idea
degli dei bizzarri, bizzosi e crudeli, al modo degli esseri umani, della precedente antichità, dei quali si
cercava di ottenere opportunisticamente i favori ingraziandoseli erigendo
templi e celebrando riti e sacrifici,
anche umani.
Per questa nuova concezione del divino, le
prime comunità cristiane, cresciute rapidamente in Siria, in Asia minore e in Grecia e diffusesi precocemente già dal Primo
secolo a Roma per la via dell'emigrazione giudaica, risalente a ben prima, circa
un secolo prima, delle guerre giudaiche
e come le attuali migrazioni originata dal desiderio di migliorare le proprie
condizioni di vita, vennero tacciate di ateismo, del tutto a ragione dal punto
di vista dell’antica religione politeistica, come anche di essere sediziose,
violente e facinorose, anche in questo caso per certe vicende non senza ragione.
I cristianesimi si
svilupparono esplodendo magmaticamente dal basso come fenomeni popolari,
in modo che, quanto ai primi tre secoli, risulta ancora piuttosto misterioso,
per carenza di fonti affidabili. A queste esperienze risalgono gli scritti neotestamentari.
Il Fondamento, vi si legge, è agàpe, vale a dire la sollecitudine sociale,
misericordiosa e pietosa verso le altre persone e, in particolare, verso i sofferenti. Gesù di Nazaret, il Cristo dei
cristiani, fu guaritore, oltre che Maestro itinerante, ed esortò i suoi seguaci
ad imitarlo, comandò loro l’agàpe, non a conquistare regni, a costruire
cattedrali e teologie, e anche a insediare a Roma o a Bisanzio, la seconda
Roma dei Romani, un impero religioso universale. Nei sofferenti
la persona cristiana è esortata a vedere il Cristo e a prendersene cura.
Spesso, nel teismo che
poi fu nuovamente costruito intorno all'immagine politico-religiosa del Cristo
dei cristiani, la cosiddetta cristologia, questa apparente assurdità
dell'umanità esortata a prendersi cura del suo Salvatore, è stata obliterata:
la cristologia dal Quarto secolo, quello che nel Concilio ecumenico di Nicea,
in Asia Minore, ci dette il Credo che recitiamo nella Messa domenicale, è stata strettamente legata a politica e
diritto, venendo a costituire l'ordinamento ideologico che fece uscire
gli europei dall'antichità e che tuttora è sensibile nelle costituzioni
europee. Su di essa si basa ad esempio l'idea contemporanea di sovranità,
concepita come legittimata dal prendersi cura di un popolo e, in contesti
democratici, dal fatto che un popolo che si prende cura del popolo stesso.
Mentre i cosiddetti "sovranismi" dei nostri giorni le sono
radicalmente estranei, basati come sono sui neo-miti fascisti delle nazioni e
del loro destino "eterno", al quale i popoli si devono piegare e
anche accettare di sacrificarsi. Ma che ha a che fare questo con il vangelo cristiano?
Ne è stato storicamente espressione ma non ne è l’essenziale. Le celebrazioni liturgiche
del Natale mirano invece proprio a ricordarci l’essenziale.
Una parte importante
della formazione cristiana è diretta ad abituare a scorgere l’essenziale da ciò
che non lo è. L’essenziale e sempre Gesù per come se ne fa memoria nei Vangeli.
“Jesus
bleibet meine Freude" è un’espressione
tedesca che significa "Gesù rimane la
mia gioia” che si trova nella corale conclusiva della Cantata BWV 147 di Johann
Sebastian Bach, intitolata Herz und Mund und Tat
und Leben ("Cuore e bocca e azione e vita"). La
potete ascoltare su YouTube a
questo indirizzo WEB:
https://www.youtube.com/watch?v=WUo7tQOvapE
La storia dei cristianesimi mi
affascina. Serve anche a orientarsi sul da fare, e in particolare a non
ripetere i tremendi mali che anche i cristianesimi, come ogni altra esperienza
sociale, hanno prodotto, insieme anche al bene naturalmente, al tesoro prezioso
per cui ancora oggi accettiamo di sentircene parte, nonostante tutto.
Stasera, tra poche ore, papa Francesco darà
inizio al Giubileo del 2025 aprendo la Porta Santa del vanaglorioso chiesone
vaticano, che in definitiva altro non è che la celebrazione del potere papale romano.
Lo è, almeno nelle sue origini, anche il rito del Giubileo cattolico. Dobbiamo
fare uno sforzo per scorgere nel rito di una celebrazione nel solco di una tradizione
che risale a uno dei più tremendi Papi del Basso Medioevo, quel Bonifacio 8° al
quale Dante nella sua Commedia predisse un posto all’inferno nel girone dei
simoniaci, un Papa che fece incarcerare il suo predecessore che aveva
rinunziato e che ordinò di radere al
suolo la città di Palestrina, feudo dei principi suoi rivali politici, l’essenziale
evangelico: Gesù, il Cristo dei cristiani, la fede in lui, la speranza sulla
sua parola, l’agàpe sul suo esempio.