Popolo, popoli, populismo - 1 -
1. Praticando la tessitura sociale
inevitabilmente ci si deve
confrontare con l’idea di popolo.
Non dobbiamo dare per scontato che in società
ci sia un sentire ampiamente condiviso in merito, e questo anche se in genere
lo si dà per assodato.
Da una ventina d’anni l’argomento è ridiventato
di grande attualità politica in Europa e se ne sente sempre più parlare.
Nei programmi elettorali sempre più spesso si
calca la mano sui propositi di dare voce al popolo, di fare gli interessi del
popolo, di ridare dignità al popolo affrancandolo dalle prepotenze di poteri forti
espressi da minoranze di privilegiati.
Quest’orientamento è riassunto dalla parola populismo, non di rado usata
in senso negativo, ma che, di per sé, non merita questa connotazione, quando
significa proporsi di tener conto dei più, rinunciando a prevaricarli,
umiliarli, sfruttarli, prenderli per il naso.
Il concetto di popolo ha un posto molto
importante anche in teologia, sia nella teologia biblica che in quella
fondamentale e dogmatica. Quindi chiarirsi su di esso potrebbe utilmente trovare
posto del tutto legittimamente anche nella formazione religiosa.
E’ alla base del rinnovamento religioso
promosso durante il Concilio Vaticano 2° (1962-1965), in particolare mediante il
secondo capitolo, appunto sul Popolo di Dio, della Costituzione dogmatica
sulla Chiesa Luce per le genti – Lumen gentium:
CAPITOLO 2°
IL POPOLO DI DIO
Nuova alleanza e nuovo popolo
9. In ogni tempo
e in ogni nazione è accetto a Dio chiunque lo teme e opera la giustizia (cfr.
At 10,35). Tuttavia Dio volle santificare e salvare gli uomini non
individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un
popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità.
Scelse quindi
per sé il popolo israelita, stabilì con lui un'alleanza e lo formò lentamente,
manifestando nella sua storia se stesso e i suoi disegni e santificandolo per
sé. Tutto questo però avvenne in preparazione e figura di quella nuova e
perfetta alleanza da farsi in Cristo, e di quella più piena rivelazione che
doveva essere attuata per mezzo del Verbo stesso di Dio fattosi uomo. « Ecco
venir giorni (parola del Signore) nei quali io stringerò con Israele e con
Giuda un patto nuovo... Porrò la mia legge nei loro cuori e nelle loro menti
l'imprimerò; essi mi avranno per Dio ed io li avrò per il mio popolo... Tutti
essi, piccoli e grandi, mi riconosceranno, dice il Signore » (Ger 31,31-34).
Cristo istituì questo nuovo patto cioè la nuova alleanza nel suo sangue (cfr. 1
Cor 11,25), chiamando la folla dai Giudei e dalle nazioni, perché si fondesse
in unità non secondo la carne, ma nello Spirito, e costituisse il nuovo popolo
di Dio. Infatti i credenti in Cristo, essendo stati rigenerati non di seme corruttibile,
ma di uno incorruttibile, che è la parola del Dio vivo (cfr. 1 Pt 1,23), non
dalla carne ma dall'acqua e dallo Spirito Santo (cfr. Gv 3,5-6), costituiscono
« una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una nazione santa, un popolo tratto
in salvo... Quello che un tempo non era neppure popolo, ora invece è popolo di
Dio » (1 Pt 2,9-10).
Questo popolo messianico ha per capo Cristo «
dato a morte per i nostri peccati e risuscitato per la nostra giustificazione »
(Rm 4,25), e che ora, dopo essersi acquistato un nome che è al di sopra di ogni
altro nome, regna glorioso in cielo. Ha per condizione la dignità e la libertà
dei figli di Dio, nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo come in un
tempio. Ha per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha
amati (cfr. Gv 13,34). E finalmente, ha per fine il regno di Dio, incominciato
in terra dallo stesso Dio, e che deve essere ulteriormente dilatato, finché
alla fine dei secoli sia da lui portato a compimento, quando comparirà Cristo,
vita nostra (cfr. Col 3,4) e « anche le stesse creature saranno liberate dalla
schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di
Dio » (Rm 8,21). Perciò il popolo messianico, pur non comprendendo
effettivamente l'universalità degli uomini e apparendo talora come un piccolo
gregge, costituisce tuttavia per tutta l'umanità il germe più forte di unità,
di speranza e di salvezza. Costituito da Cristo per una comunione di vita, di
carità e di verità, è pure da lui assunto ad essere strumento della redenzione
di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra (cfr. Mt 5,13-16), è inviato
a tutto il mondo.
Come già l'Israele secondo la carne
peregrinante nel deserto viene chiamato Chiesa di Dio (Dt 23,1 ss.), così il
nuovo Israele dell'era presente, che cammina alla ricerca della città futura e
permanente (cfr. Eb 13,14), si chiama pure Chiesa di Cristo (cfr. Mt 16,18); è
il Cristo infatti che l'ha acquistata col suo sangue (cfr. At 20,28), riempita
del suo Spirito e fornita di mezzi adatti per l'unione visibile e sociale. Dio
ha convocato tutti coloro che guardano con fede a Gesù, autore della salvezza e
principio di unità e di pace, e ne ha costituito la Chiesa, perché sia agli
occhi di tutti e di ciascuno, il sacramento visibile di questa unità salvifica
[15].
Dovendosi essa estendere a tutta la terra, entra nella storia degli uomini,
benché allo stesso tempo trascenda i tempi e i confini dei popoli, e nel suo
cammino attraverso le tentazioni e le tribolazioni è sostenuta dalla forza
della grazia di Dio che le è stata promessa dal Signore, affinché per la umana
debolezza non venga meno alla perfetta fedeltà ma permanga degna sposa del suo
Signore, e non cessi, con l'aiuto dello Spirito Santo, di rinnovare se stessa,
finché attraverso la croce giunga alla luce che non conosce tramonto.
[… ]
Il senso della fede e i carismi nel
popolo di Dio
12. Il popolo
santo di Dio partecipa pure dell'ufficio profetico di Cristo col diffondere
dovunque la viva testimonianza di lui, soprattutto per mezzo di una vita di
fede e di carità, e coll'offrire a Dio un sacrificio di lode, cioè frutto di
labbra acclamanti al nome suo (cfr. Eb 13,15). La totalità dei fedeli, avendo
l'unzione che viene dal Santo, (cfr. 1 Gv 2,20 e 27), non può sbagliarsi nel
credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale
della fede di tutto il popolo, quando « dai vescovi fino agli ultimi fedeli
laici » mostra l'universale suo consenso in cose di fede e di morale. E invero,
per quel senso della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito di verità,
e sotto la guida del sacro magistero, il quale permette, se gli si obbedisce
fedelmente, di ricevere non più una parola umana, ma veramente la parola di Dio
(cfr. 1 Ts 2,13), il popolo di Dio aderisce indefettibilmente alla fede
trasmessa ai santi una volta per tutte (cfr. Gdc 3), con retto giudizio penetra
in essa più a fondo e più pienamente l'applica nella vita.
Inoltre lo Spirito Santo non si limita a
santificare e a guidare il popolo di Dio per mezzo dei sacramenti e dei
ministeri, e ad adornarlo di virtù, ma « distribuendo a ciascuno i propri doni
come piace a lui » (1 Cor 12,11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine
grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari
incarichi e uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della
Chiesa secondo quelle parole: « A ciascuno la manifestazione dello Spirito è
data perché torni a comune vantaggio » (1 Cor 12,7). E questi carismi, dai più
straordinari a quelli più semplici e più largamente diffusi, siccome sono
soprattutto adatti alle necessità della Chiesa e destinati a rispondervi, vanno
accolti con gratitudine e consolazione. Non bisogna però chiedere
imprudentemente i doni straordinari, né sperare da essi con presunzione i
frutti del lavoro apostolico. Il giudizio sulla loro genuinità e sul loro uso
ordinato appartiene a coloro che detengono l'autorità nella Chiesa; ad essi spetta
soprattutto di non estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò
che è buono (cfr. 1 Ts 5,12 e 19-21).
L'unico popolo di Dio è universale
13. Tutti gli
uomini sono chiamati a formare il popolo di Dio. Perciò questo popolo, pur
restando uno e unico, si deve estendere a tutto il mondo e a tutti i secoli,
affinché si adempia l'intenzione della volontà di Dio, il quale in principio
creò la natura umana una e volle infine radunare insieme i suoi figli dispersi
(cfr. Gv 11,52). A questo scopo Dio mandò il Figlio suo, al quale conferì il
dominio di tutte le cose (cfr. Eb 1,2), perché fosse maestro, re e sacerdote di
tutti, capo del nuovo e universale popolo dei figli di Dio. Per questo infine
Dio mandò lo Spirito del Figlio suo, Signore e vivificatore, il quale per tutta
la Chiesa e per tutti e singoli i credenti è principio di associazione e di
unità, nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nella
frazione del pane e nelle preghiere (cfr. At 2,42).
In tutte quindi le nazioni della terra è
radicato un solo popolo di Dio, poiché di mezzo a tutte le stirpi egli prende i
cittadini del suo regno non terreno ma celeste. E infatti tutti i fedeli sparsi
per il mondo sono in comunione con gli altri nello Spirito Santo, e così « chi
sta in Roma sa che gli Indi sono sue membra ». Siccome dunque il regno di
Cristo non è di questo mondo (cfr. Gv 18,36), la Chiesa, cioè il popolo di Dio,
introducendo questo regno nulla sottrae al bene temporale di qualsiasi popolo,
ma al contrario favorisce e accoglie tutte le ricchezze, le risorse e le forme
di vita dei popoli in ciò che esse hanno di buono e accogliendole le purifica,
le consolida ed eleva. Essa si ricorda infatti di dover far opera di raccolta
con quel Re, al quale sono state date in eredità le genti (cfr. Sal 2,8), e
nella cui città queste portano i loro doni e offerte (cfr. Sal 71 (72),10; Is
60,4-7). Questo carattere di universalità, che adorna e distingue il popolo di
Dio è dono dello stesso Signore, e con esso la Chiesa cattolica efficacemente e
senza soste tende a ricapitolare tutta l'umanità, con tutti i suoi beni, in
Cristo capo, nell'unità dello Spirito di lui.
In virtù di questa cattolicità, le singole
parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, in modo che
il tutto e le singole parti si accrescono per uno scambio mutuo universale e
per uno sforzo comune verso la pienezza nell'unità. Ne consegue che il popolo
di Dio non solo si raccoglie da diversi popoli, ma nel suo stesso interno si
compone di funzioni diverse. Poiché fra i suoi membri c'è diversità sia per
ufficio, essendo alcuni impegnati nel sacro ministero per il bene dei loro fratelli,
sia per la condizione e modo di vita, dato che molti nello stato religioso,
tendendo alla santità per una via più stretta, sono un esempio stimolante per i
loro fratelli. Così pure esistono legittimamente in seno alla comunione della
Chiesa, le Chiese particolari, con proprie tradizioni, rimanendo però integro
il primato della cattedra di Pietro, la quale presiede alla comunione
universale di carità, tutela le varietà legittime e insieme veglia affinché ciò
che è particolare, non solo non pregiudichi l'unità, ma piuttosto la serva. E
infine ne derivano, tra le diverse parti della Chiesa, vincoli di intima
comunione circa i tesori spirituali, gli operai apostolici e le risorse
materiali. I membri del popolo di Dio sono chiamati infatti a condividere i
beni e anche alle singole Chiese si applicano le parole dell'Apostolo: « Da
bravi amministratori della multiforme grazia di Dio, ognuno di voi metta a servizio
degli altri il dono che ha ricevuto» (1 Pt 4,10).
Tutti gli uomini sono quindi chiamati a
questa cattolica unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace
universale; a questa unità in vario modo appartengono o sono ordinati sia i
fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia infine tutti gli uomini
senza eccezione, che la grazia di Dio chiama alla salvezza.
Penso che questo brano potrebbe
utilmente costituire la base per un approfondimento catechistico per la
formazione religiosa di secondo livello, in particolare per le persone che si
sentano portate ad agire in società.
Il movimento per un
rinnovamento ecclesiastico in senso sinodale, al quale papa Francesco ha dato
un grande impulso dal 2015 e che da adesso e fino all’ottobre 2024 vivrà una stagione emozionante,
è centrato sul concetto di Popolo di Dio.
Tra i molti testi in italiano, accessibili al vasto pubblico, che sono
stati pubblicati in questi ultimi anni, segnalo:
DIZIONARIO DI FILOSOFIA TRECCANI on line - voce Popolo https://www.treccani.it/enciclopedia/popolo_%28Dizionario-di-filosofia%29/
DIZIONARIO DI STORIA TRECCANI on line – voce Popolo https://www.treccani.it/enciclopedia/popolo_%28Dizionario-di-Storia%29/
HOBSBAWN Eric J., Nazioni e
nazionalismi dal 1780. Programma, mito e realtà, Einaudi 1990, ristampato nel
2002;
MÜLLER Jan-Werner, Che cos’è il populismo, Università Bocconi
editore 2017k, anche in ebook e Kindle;
SCURATI Antonio, Fascismo e
populismo. Mussolini oggi, Bompiani 2023, anche in ebook e Kindle;
ZANATTA Loris, Populismo, Carocci
editore 2013, anche in ebook e Kindle.
2. Di solito, parlando di popolo, comincio sempre con l’osservare che
esso non esiste in natura, è un concetto di carattere culturale. Questo risalta,
ad esempio, nella definizione della parola popolo che troviamo nel Vocabolario Treccani on line https://www.treccani.it/vocabolario/popolo/
Un POPOLO è un insieme di individui che condividono
origini, lingua, tradizioni religiose e culturali e leggi, e formano un gruppo
etnico e nazionale con una propria identità e coscienza di sé,
indipendentemente dall’unità politica
In natura non esistono popoli ma popolazioni,
che sono studiate da sociologia e antropologia.
Il concetto di popolo è
stato invece creato, approfondito e studiato dalle discipline giuridiche, in
particolare nel diritto pubblico, e teologiche e da esse è passato nella
pratica politica. Lo troviamo impiegato, ad esempio, nell’art.1 della nostra
Costituzione:
Articolo 1
L'Italia
è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La
sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti
della Costituzione.
La
delimitazione di un popolo dipende dall’ordinamento politico che in esso
è stato costituito. A tal fine si scelgono di volta in volta alcuni elementi
caratterizzanti di una popolazione, ad esempio la lingua, la religione, l’etnia,
quest’ultima definita da molteplici elementi culturali oltre che di tipo biologico, la
collocazione geografica. Quindi si può sostenere che ogni sistema politico si
sceglie un suo popolo, ma anche che lo crea quando
ancora non risponde alle sue aspettative.
E’ questo
anche l’ordine di idee della teologia cristiana, come sintetizzata nel brano
della Costituzione Luce per le genti che ho sopra trascritto:
Tuttavia Dio volle santificare e salvare gli
uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che
lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità.
L’idea
di popolo è centrale nella nostra Bibbia, sia negli scritti che
ricevemmo dall’antico giudaismo, sia in quelli formati nelle comunità cristiane
delle origini, all’incirca nel primo secolo dopo la morte del Maestro. Tuttavia
nei primi ha un connotato etnico che manca del tutto nei secondi: e questa è
una differenza fondamentale che ci separa nettamente dall’ebraismo nostro contemporaneo,
con il quale certamente, e nonostante ciò che in genere superficialmente si
dice e si scrive, condividiamo solo un
importante patrimonio culturale, che ci può far vivere da amici, ma che, per come
lo si interpretò fino ad un recente passato, ci rese acerrimi nemici proprio sulla
questione di chi dovesse essere considerato Popolo di Dio.
Definiamo popolazione la gente che vive
stabilmente in una certa area geografica. Siamo viventi che costituiscono
società e questo conduce le popolazioni, per lo svilupparsi di più intense
relazioni di ogni genere, a manifestare alcune specifiche caratteristiche molto
diffuse. Alcune di queste vengono prese come riferimento politico nell’ordinare
le società e da questo lavoro viene creato, in una popolazione, un popolo.
Esso è parte dell’ordinamento sociale dal quale scaturisce il sistema politico
dominante. Ogni potere politico che emerge al vertice di una società si crea
quindi, a proprio uso e consumo, un popolo, a partire dalle popolazioni
ad esso soggette. In progresso di tempo di questa origine culturale si perde
consapevolezza e allora quello di popolo diventa un concetto mitico. In
ogni popolazione sono sempre diffusi miti sul proprio essere diventata popolo.
Quelli ancestrali contemplavano un’origine nella quale aveva a che fare una
divinità.
E’ molto importante convincersi dell’origine
non naturalistica ma politica dei popoli, in particolare ora che il
problema più grande è quello di integrare
pacificamente tutte le popolazioni della Terra che hanno raggiunto gli
otto miliardi circa di persone e che giungono dalla storia divise in molti popoli
(in senso politico e anche religioso). In questo è ora attivamente coinvolta
anche la nostra Chiesa, che, più o meno dagli anni Sessanta, ha inteso divenire
una potenza di pace. Nel mese scorso abbiamo potuto vedere all’opera questo
processo, nell’Assemblea del Sinodo dei vescovi che si è tenuta qui a Roma –
Città del Vaticano, con la partecipazione di membri da ogni parte del mondo. Ora
lo chiamiamo sinodalità e ha un senso profondamente diverso da ciò che
la sinodalità significò fin a un recente passato.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli