La Preghiera del Ribelle
di Teresio Olivelli e Carlo Bianchi
Signore, che fra gli
uomini drizzasti la Tua Croce segno di contraddizione,
che predicasti e soffristi la rivolta dello spirito contro le perfidie e gli
interessi dominanti, la sordità inerte della massa,
a noi, oppressi da un giogo numeroso e crudele che in noi e prima di noi ha
calpestato Te fonte di libera vita,
dà la forza della ribellione.
Dio che sei Verità e
Libertà, facci liberi e intensi:
alita nel nostro proposito, tendi la nostra volontà, moltiplica le nostre
forze, vestici della Tua armatura.
Noi ti preghiamo,
Signore.
Tu che fosti
respinto, vituperato, tradito, perseguitato, crocifisso, nell'ora delle tenebre
ci sostenti la Tua vittoria: sii nell'indigenza viatico, nel pericolo sostegno,
conforto nell'amarezza.
Quanto piú s'addensa
e incupisce l'avversario, facci limpidi e diritti.
Nella tortura serra
le nostre labbra.
Spezzaci, non lasciarci
piegare.
Se cadremo fa' che il
nostro sangue si unisca al Tuo innocente e a quello dei nostri Morti a crescere
al mondo giustizia e carità.
Tu che dicesti: ``Io
sono la resurrezione e la vita'' rendi nel dolore all'Italia una vita generosa
e severa.
Liberaci dalla
tentazione degli affetti: veglia Tu sulle nostre famiglie.
Sui monti ventosi e
nelle catacombe della città, dal fondo delle prigioni, noi Ti preghiamo: sia in
noi la pace che Tu solo sai dare.
Signore della pace e
degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di
noi ribelli per amore.
TERESIO OLIVELLI: DIVENTA
BEATO IL RIBELLE PER AMORE
Famiglia
Cristiana 02/02/2018
Teresio Olivelli fu docente,
alpino, partigiano: morì in un lager. La cerimonia della beatificazione sabato
3 febbraio, a Vigevano, in provincia di Pavia. L’attualità di una fede giovane
e creativa nel ritratto fatto dal postulatore, monsignor Paolo Rizzi
di Manuel Gandin
«Non
ho eroici furori. Solo desidero fondermi nella massa, in solidarietà con il
popolo che senza averlo deciso combatte e soffre». Così scrive Teresio Olivelli nel 1941,
allo zio materno don Rocco Invernizzi, prima di partire volontario per la Russia.
Era
un alpino, Olivelli, sottotenente della divisone Tridentina, un alpino
particolare, così tanto da essere prossimo alla beatificazione, che avverrà il
3 febbraio nel Palazzetto dello sport di Vigevano. Il postulatore di Olivelli
è monsignor Paolo Rizzi, che
dice: «C’è un’icona, simbolica memoria del martirologio cristiano nei lager
nazisti: Teresio Olivelli, nel campo di concentramento di Flossenbürg, pur
destinato a una situazione di più facile speranza, sceglie di andare con la
maggioranza dei giovani a Hersbruck, dove la morte, invece, è quasi certa».
«Nell’atto
di compiere questo gesto d’amore immenso, si rivolge a chi gli sta accanto e
dice: “Non posso lasciarli soli, vado con loro”», prosegue monsignor Paolo
Rizzi. «Teresio Olivelli è un eroe cristiano dei nostri tempi, espressione
dell’opposizione cattolica alle idee neopagane del nazismo e può essere
additato alla gioventù moderna come modello coerente di fede, speranza e
carità, da lui professate con coraggio fino all’estremo sacrificio».
Comasco di Bellagio, nel 1941 Teresio Olivelli ha 25
anni. Nel 1938 si è laureato in Giurisprudenza, a Pavia.
Da studente militava nell’Azione cattolica. Dopo la laurea è assistente alla
cattedra di Diritto amministrativo dell’Università di Torino e aderisce al
fascismo. Non per motivazioni ideologiche. Al
contrario, è convinto che solo “dentro” il fascismo potrà concorrere a
cristianizzare quella dottrina. L’entrata in guerra dell’Italia lo
convince a prestare il servizio militare nonostante possa usufruire del rinvio.
L’anno dopo, la Russia: Olivelli pensa che in guerra non debbano andare solo le
classi sociali più umili.
RUSSIA,
VICINO AI FERITI
Monsignor
Rizzi sottolinea: «Al fronte si occupava dei suoi soldati, dividendo il cibo
anche quando scarseggiava per sé. Li radunava di sera, li faceva pregare con il
rosario; li spronava e li confortava». I più giovani erano scoraggiati, alcuni
per darsi forza si ubriacavano, altri non facevano che imprecare, bestemmiare,
maledire chi li aveva mandati là. «Lui rispondeva con parole e gesti di carità.
Mancava il cappellano e allora si offrì anche per un aiuto religioso». Durante
la ritirata Olivelli aiutò i feriti, che senza di lui non ce l’avrebbero fatta.
Eloquente il giudizio di un alpino che gli deve la vita: «In guerra non fu eroe
delle battaglie, ma della carità».
Dopo
l’8 settembre 1943 Olivelli entra nella Resistenza cattolica bresciana. Monsignor Carlo Manziana, allora
religioso dell’Oratorio della pace di Brescia, ricorda: «Con lui l’oggetto
degli incontri non era come condurre la Resistenza, quanto piuttosto come
formare i giovani alla libertà in senso cristiano». Teresio aiuta i resistenti
delle Fiamme Verdi e scrive la preghiera Signore, facci liberi, conosciuta
come Preghiera dei ribelli per amore. Con questa
insegna ai partigiani cattolici che la prima libertà da conquistare è
interiore, da chiedere al Signore affinché liberi il cuore da odio, vendetta,
rancore, ritorsioni. Fonda il giornale Il Ribelle e
scrive: «Siamo contro una cultura fratricida; la nostra rivolta non va contro
questo o quell’uomo, è rivolta dello spirito. Lottiamo per una più vasta e
fraterna solidarietà degli spiriti».
NEI
LAGER
Arrestato a Milano nel 1944, è trasferito nel campo
di Fossoli, poi a Bolzano e da lì in Germania, a Flossenbürg,
prima, e infine a Hersbruck, dove si prende cura dei più deboli e malati. I
nazisti infieriscono, sottoponendolo a continue violenze: il suo atteggiamento
religioso è un ostacolo alla politica d’annichilimento fisico e morale dei
“nemici”. Muore il 17 gennaio 1945 in seguito alle
percosse subite. Dice monsignor Rizzi: «La sua beatificazione arriva in
un momento importante e appropriato, quando i cattolici italiani hanno bisogno
di ritrovare le loro migliori radici anche sul versante della testimonianza nel
sociale».
Il
trasferimento a Hersbruck non lo impaurì, nonostante la fama tremenda di quel
campo? «No», conferma monsignor Rizzi. «In quel luogo d’orrore ha vissuto di
preghiera fino alla morte, nonostante fosse proibito manifestare sentimenti
religiosi, e a ogni suo compagno ha offerto una parola di coraggio. Il suo
intento era portare ai sofferenti la consolazione del Signore, permettere alla
carità la vittoria anche in un ambiente terribile come il lager. Ma i
persecutori nazisti rifiutavano e odiavano quella carità, espressione della sua
fede che sfidava la loro violenza. Il prossimo beato si è fatto compagno di strada dei suoi
fratelli più fragili condividendone le fatiche della vita. Un
difensore dei deboli, nella logica del farsi prossimo a imitazione di Gesù, il
buon Samaritano».
dal Dizionario Biografico degli Italiani Treccani on line
di Saretta Marotta - Dizionario Biografico degli
Italiani - Volume 79 (2013)
·
OLIVELLI,
Teresio. – Nacque a Bellagio (Como) il 7 gennaio 1916, secondogenito di
Domenico (1883-1954) e di Clelia Invernizzi (1886-1981).
Grande
influenza su di lui ebbe il fratello della madre, don Rocco Invernizzi, parroco
a Tremezzo, suo punto di riferimento culturale e spirituale di tutta una vita.
Le
difficoltà economiche costrinsero gli Olivelli a frequenti spostamenti in
territorio lombardo: nel 1921 a Carugo, nel 1923 a Zeme, nel 1926 infine a
Mortara. Qui Teresio dal 1927 entrò nell’Azione Cattolica (AC) della parrocchia
di S. Lorenzo, retta da don Luigi Dughera, in cui rimase fino al 1938; la
conduzione del doposcuola per gli studenti meno abbienti lo portò nel 1932 ad
assumere il ruolo di delegato studenti, incarico che ricoprì fino al 1936,
contemporaneamente all’impegno nella conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, alla
quale si iscrisse nel novembre 1933.
A
partire dal 1931 frequentò col fratello Carlettore (1912-1984) il liceo
classico di Vigevano. Nel 1934 si presentò all’esame finale con indosso il
distintivo di AC, in anni caratterizzati dal contrasto tra l’associazione e il
regime. Terminato il liceo, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza
dell’Università di Pavia, che frequentò dal 1934 al 1938, ottenendo a partire
dal gennaio 1935 un posto gratuito presso il collegio universitario Ghislieri.
Punto di riferimento per i colleghi ghisleriani, rimase nel collegio fino alla
laurea, conseguita il 23 novembre 1938. Grazie alla protezione del rettore
Pietro Ciapessoni, ottenne una borsa di un altro anno per iniziare la
collaborazione con l’Università di Torino, dove seguì il suo relatore, Piero
Bodda, come assistente alla cattedra di diritto amministrativo.
Durante
gli anni universitari, a partire dal 1934, affiancò all’impegno nell’AC
mortarese l’inserimento nella Federazione universitaria cattolica italiana
(FUCI) e nelle attività sportive del Gruppo universitario fascista (GUF). La
sua adesione al fascismo fu «di natura più psicologica che ideologica»
(Caracciolo, 1947, p. 35): era infatti
convinto, in linea col magistero di Pio XI e con l’operato di Agostino Gemelli,
che il fascismo potesse essere ‘cristianizzato’, rettificandone gli errori
dall’interno. Proprio su questo punto maturò la sua criticità nei confronti
della FUCI di Pavia, fedele alla linea impostata dall’ex assistente nazionale
Giovanni Battista Montini che aveva invitato i fucini a non compromettersi,
concentrandosi soprattutto sulla formazione personale, scelta che per Olivelli
suonava come intimismo culturale e
soprattutto disimpegno dal sociale.