Offri il
perdono e ricevi la pace. Chiedere e donare perdono è
una via profondamente degna dell'uomo
-
Let's we offer forgiveness and receive peace. Asking and granting forgiveness is something profoundly worthy of man"
VIAGGIO APOSTOLICO A
SARAJEVO (12-13 APRILE 1997)
CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Stadio Koševo
(Sarajevo) - Domenica, 13 aprile 1997
After the text in Italian there is the one in
English, taken from the site of the Holy See
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Carissimi Fratelli e Sorelle! Quando nel 1994 desideravo intensamente venire qui tra
voi, facevo riferimento ad un pensiero che s'era rivelato straordinariamente
significativo in un momento cruciale della storia europea: «Perdoniamo e
domandiamo perdono». Si disse allora che non era quello il tempo. Forse che
quel tempo non è ormai giunto?
Ritorno oggi dunque a questo pensiero e a
queste parole, che voglio qui ripetere, affinché possano discendere nella
coscienza di quanti sono uniti dalla dolorosa esperienza della vostra città e
della vostra terra, di tutti i popoli e le nazioni dilaniate dalla guerra: «Perdoniamo
e domandiamo perdono». Se Cristo deve essere il nostro avvocato presso il
Padre, non possiamo non pronunciare queste parole. Non possiamo non intraprendere
il difficile, ma necessario pellegrinaggio del perdono, che porta ad una
profonda riconciliazione.
«Offri il perdono, ricevi la pace», ho
ricordato nel Messaggio di quest'anno per la Giornata Mondiale della
Pace; ed aggiungevo: «Il perdono, nella sua forma più vera e più alta, è un
atto d'amore gratuito» (cfr Giovanni Paolo II, Messaggio per la
Giornata mondiale della Pace, 8 dic. 1996: Insegnamenti di
Giovanni Paolo II, XIX, 2 (1996) 933), come lo fu la riconciliazione
offerta da Dio all'uomo mediante la croce e la morte del suo Figlio incarnato,
il solo Giusto. Certo, «il perdono, lungi dall'escludere la ricerca della
verità, la esige», perché «presupposto essenziale del perdono e della
riconciliazione è la giustizia» (Ibid.). Ma resta sempre vero che
«chiedere e donare perdono è una via profondamente degna dell'uomo» (Ibid.,
4).
Dear
Brothers and Sisters! When in 1994 I wanted so intensely to come here among
you, I referred to a thought that had come to be extraordinarily significant at
a crucial moment of European history: "Let us forgive and let us ask for
forgiveness". It was said then that the time was not yet right. Has not
that time now come?
I return
today, therefore, to this thought and to the words, which I wish to repeat, so
that they can come into the minds of all those who are united in the painful
experience of your city and land, of all the peoples and nations torn apart by
war: "Let us forgive and let us ask for forgiveness". If
Christ is to be our advocate with the Father, we cannot fail to utter these
words. We cannot fail to undertake the difficult but necessary pilgrimage
of forgiveness, which leads to a profound reconciliation.
"Offer
forgiveness and receive peace", I recalled in this year's Message for
the World Day of Peace; and I added: "Forgiveness, in its truest and
highest form, is a free act of love" (No. 5), as was the reconciliation
offered by God to man through the Cross and Death of his incarnate Son, he the
only righteous one. Of course, "forgiveness, far from precluding the
search for truth, actually requires it", because an "essential
requisite for forgiveness and reconciliation is justice" (ibid.).
But it still remains true that "asking and granting forgiveness is
something profoundly worthy of man" (ibid., 4).
**************Il
testo integrale*******************
«Abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù
Cristo giusto» (1 Gv 2, 1).
1. Abbiamo un avvocato che parla a nome nostro.
Chi è questo avvocato che si fa nostro portavoce? L'odierna liturgia offre una
risposta esauriente: «Abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto»
(1 Gv 2, 1).
Leggiamo negli Atti degli Apostoli: «Il Dio di
Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo
servo Gesù» (At 3, 13). Egli è colui che è stato tradito e
rinnegato dai suoi connazionali, persino quando Pilato voleva liberarlo. Essi
chiesero che fosse graziato al suo posto un assassino, Barabba. In tal modo fu
condannato alla morte l'autore della vita (cfr At 3, 13-15).
Ma «Dio l'ha risuscitato dai morti» (At 3,
15). Così parla Pietro che fu testimone diretto della passione, morte e
risurrezione di Cristo. Come tale fu inviato ai figli di Israele e a tutte le
nazioni del mondo. Nel rivolgersi ai propri connazionali, tuttavia, egli non
soltanto accusa, ma anche scusa: «Fratelli, io so che voi avete agito per
ignoranza, così come i vostri capi» (At 3, 17).
Pietro è testimone consapevole della verità sul
Messia che, sulla croce, ha portato a compimento le antiche profezie: Gesù
Cristo è diventato avvocato presso il Padre, l'avvocato del popolo eletto e di
tutta l'umanità.
Aggiunge san Giovanni: «Abbiamo un avvocato
presso il Padre: Gesù Cristo giusto. Egli infatti è vittima di espiazione per i
nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il
mondo» (1 Gv 2, 1-2). Questa verità viene oggi a ripetervi il
Successore di Pietro, giunto finalmente in mezzo a voi. Popolo di Sarajevo e di
tutta la Bosnia ed Erzegovina, io vengo oggi a dirti: Tu hai un avvocato presso
Dio. Il suo nome è: Gesù Cristo giusto!
2. Pietro e Giovanni, come pure gli altri
Apostoli, divennero testimoni di questa verità, poiché videro con i loro occhi
il Cristo crocifisso e risorto. Si era presentato in mezzo a loro nel Cenacolo,
mostrando le ferite della passione; aveva permesso loro di toccarlo, affinché
potessero convincersi dal vivo che egli era quello stesso Gesù che avevano
prima conosciuto come "il Maestro". E per confermare fino in fondo la
verità sulla sua risurrezione, egli ha accettato il cibo che gli avevano
offerto, mangiandolo con loro come aveva fatto tante volte prima di morire.
Gesù aveva conservato la propria identità,
nonostante la straordinaria trasformazione operatasi in lui dopo la
risurrezione. E quella identità conserva tutt'ora. Egli è lo stesso oggi come
ieri e rimarrà il medesimo per i secoli (cfr Eb 13, 8). Come
tale, come vero Uomo, è, presso il Padre, l'avvocato di tutti gli uomini. Anzi,
è avvocato di tutta la creazione da lui e in lui redenta.
Egli si presenta davanti al Padre come il
testimone più esperto e più competente di quanto, mediante la croce e la
risurrezione, si è compiuto nella storia dell'umanità e del mondo. Il suo è il
linguaggio della redenzione, cioè della liberazione dalla schiavitù del
peccato. Gesù si rivolge al Padre come Figlio consustanziale, ed insieme come
vero uomo, parlando il linguaggio di tutte le generazioni umane e di tutta la
storia umana: delle vittorie e delle sconfitte, di tutte le sofferenze e di
tutti i dolori dei singoli uomini ed insieme dei singoli popoli e nazioni di
tutta la terra.
Cristo parla con il vostro linguaggio, cari
Fratelli e Sorelle della Bosnia ed Erzegovina, così a lungo e dolorosamente
provata. Egli ha detto: "Sta scritto: il Cristo dovrà patire"; ma ha
aggiunto: "Dovrà risorgere dai morti il terzo giorno . . . Di questo voi
siete testimoni" (Lc 24, 48-49). Abitanti di questa terra
provata, coraggio! Voi avete un avvocato presso Dio. Il suo nome è:
Gesù Cristo giusto!
3. Sarajevo: città divenuta un simbolo, in un
certo senso il simbolo del ventesimo secolo. Nel 1914, al nome di Sarajevo
venne a legarsi lo scoppio del primo conflitto mondiale. Al termine di questo
stesso secolo, al nome di questa città si è unita la dolorosa esperienza della
guerra che, nel corso di cinque lunghi anni, ha lasciato dietro di sé in questa
regione una impressionante scia di morte e di devastazione.
Durante questo periodo, il nome di questa città
non ha cessato di occupare le pagine della cronaca e di essere tema di
interventi politici da parte di capi delle nazioni, di strateghi e di generali.
Il mondo intero ha continuato a parlare di Sarajevo in termini storici,
politici, militari. Anche il Papa non ha mancato di levare la sua voce su tale
tragica guerra e più volte e in diverse circostanze ha avuto sulle labbra e
sempre nel cuore il nome di questa città. Già da alcuni anni egli desiderava
ardentemente di poter venire di persona tra voi.
Oggi finalmente il desiderio s'è avverato. Sia
ringraziato il Signore! La parola con cui vi porgo il mio saluto affettuoso è
la stessa che Cristo rivolse, dopo la risurrezione, ai discepoli: "Pace a
voi" (Lc 24, 26). Pace a voi, uomini e donne di Sarajevo! Pace
a voi, abitanti della Bosnia ed Erzegovina! Pace a voi, Fratelli e Sorelle di
questa amata terra!
Saluto il Signor Cardinale Vinko Puljic,
Pastore solerte di questa Chiesa, e lo ringrazio per le parole di benvenuto e
di comunione che mi ha rivolto anche a nome dell'Ausiliare, Mons. Pero Sudar, e
di tutti i presenti. Saluto il venerato e coraggioso Vescovo Mons. Franjo
Komarica, con i suoi fedeli della diocesi di Banja Luka, come pure il venerato
e zelante Vescovo Mons. Ratko Peric, con i suoi fedeli delle diocesi di
Mostar-Duvno e di Trebinje-Mrkan.
Saluto i Cardinali ed i Vescovi presenti e voi
tutti, sacerdoti, persone consacrate, fedeli laici. Il mio pensiero deferente
si estende alle Autorità civili e diplomatiche qui radunate, come pure ai
rappresentanti di altre Confessioni religiose che hanno voluto onorarci con la
loro presenza.
La pace che Gesù dona ai suoi discepoli non è
quella imposta dai vincitori ai vinti, dai più forti ai più deboli. Essa non
trova la sua legittimazione sulla punta delle armi, ma, al contrario, nasce
dall'amore. Amore di Dio per l'uomo e amore dell'uomo per l'uomo. Risuona forte
oggi il comando di Dio: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore
. . . amerai il prossimo tuo come te stesso" (Dt 6, 5; Lv 19,
18). Su questi saldi presupposti si può consolidare ed edificare la pace
raggiunta. E "beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli
di Dio" (Mt 5, 9).
Sarajevo,
Bosnia ed Erzegovina, hai un avvocato presso Dio, Gesù Cristo giusto!
4. Come servitore del Vangelo, il Papa, in
unione con i Pastori della Bosnia ed Erzegovina e con tutta la Chiesa, vuole
svelare una dimensione ancora più profonda che si cela nella realtà della vita
di questa regione, della quale il mondo intero si occupa da anni.
Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, la tua storia,
le tue sofferenze, le esperienze dei trascorsi anni di guerra, che speriamo non
tornino mai più, hanno un avvocato presso Dio: Gesù Cristo, il solo Giusto. In
Lui, hanno un avvocato presso Dio i tanti morti, le cui tombe si sono
moltiplicate su questa terra; coloro che sono rimpianti dalle madri, dalle
vedove, dai figli rimasti orfani. Chi altro può essere, presso Dio, avvocato di
tutte queste sofferenze e di tutte queste prove? Chi altro può leggere fino in
fondo questa pagina della tua storia, Sarajevo? Chi può leggere fino in fondo
questa pagina della vostra storia, nazioni balcaniche, e della tua storia,
Europa?
Non si può dimenticare che Sarajevo è diventata
simbolo della sofferenza di tutta l'Europa in questo secolo. Essa lo è stata
all'inizio del Novecento, quando la prima guerra mondiale ebbe qui il suo
inizio; lo è stata in un modo differente la seconda volta, quando il conflitto
si è consumato totalmente in questa regione. L'Europa vi ha preso parte come
testimone. Ma dobbiamo domandarci: testimone sempre pienamente responsabile?
Non si può eludere questa domanda. Occorre che gli statisti, i politici, i
militari, gli studiosi e gli uomini della cultura cerchino di darvi una
risposta. L'auspicio di tutti gli uomini di buona volontà è che quanto Sarajevo
simboleggia rimanga confinato nell'ambito del ventesimo secolo, e non abbiano a
ripetersi le sue tragedie nel millennio ormai alle porte.
5. Per questo volgiamo lo sguardo con fiducia
alla divina Provvidenza. Preghiamo il Principe della Pace, per intercessione di
Maria sua Madre, così amata dai popoli dell'intera regione, perché Sarajevo
diventi per tutta l'Europa un modello di convivenza e di pacifica
collaborazione fra popoli di etnie e religioni diverse.
Riuniti nella celebrazione del sacrificio di
Cristo, non cessiamo di ringraziare te, Città così provata, e voi, Fratelli e
Sorelle che abitate questa terra di Bosnia ed Erzegovina, perché in qualche
modo, con il vostro sacrificio, vi siete assunti il peso di questa tremenda
esperienza, nella quale tutti hanno la loro parte. A voi ripeto: Abbiamo un
avvocato presso Dio, è Cristo, il solo Giusto.
Davanti a te, Cristo crocifisso e risorto, si
presentano oggi Sarajevo e tutta la Bosnia ed Erzegovina, con il pesante
bilancio della sua storia. Tu sei il nostro grande avvocato. Questa umanità Ti
invoca affinché Tu permei la dolorosa storia qui vissuta con la potenza della
tua redenzione. Tu, Figlio di Dio incarnato, come Uomo cammini attraverso le
vicende degli uomini e delle nazioni. Cammina attraverso la storia di questa
gente e di questi popoli più strettamente legati al nome di Sarajevo, al nome
della Bosnia ed Erzegovina.
6. Carissimi Fratelli e Sorelle! Quando
nel 1994 desideravo intensamente venire qui tra
voi, facevo riferimento ad un pensiero che s'era rivelato straordinariamente
significativo in un momento cruciale della storia europea: «Perdoniamo e
domandiamo perdono». Si disse allora che non era quello il tempo. Forse che
quel tempo non è ormai giunto?
Ritorno oggi dunque a questo pensiero e a
queste parole, che voglio qui ripetere, affinché possano discendere nella
coscienza di quanti sono uniti dalla dolorosa esperienza della vostra città e
della vostra terra, di tutti i popoli e le nazioni dilaniate dalla guerra: «Perdoniamo
e domandiamo perdono». Se Cristo deve essere il nostro avvocato presso il
Padre, non possiamo non pronunciare queste parole. Non possiamo non
intraprendere il difficile, ma necessario pellegrinaggio del perdono, che porta
ad una profonda riconciliazione.
«Offri il perdono, ricevi la pace», ho
ricordato nel Messaggio di quest'anno per la Giornata Mondiale della
Pace; ed aggiungevo: «Il perdono, nella sua forma più vera e più alta, è un
atto d'amore gratuito» (cfr Giovanni Paolo II, Messaggio per la
Giornata mondiale della Pace, 8 dic. 1996: Insegnamenti di
Giovanni Paolo II, XIX, 2 (1996) 933), come lo fu la riconciliazione
offerta da Dio all'uomo mediante la croce e la morte del suo Figlio incarnato,
il solo Giusto. Certo, «il perdono, lungi dall'escludere la ricerca della
verità, la esige», perché «presupposto essenziale del perdono e della
riconciliazione è la giustizia» (Ibid.). Ma resta sempre vero che
«chiedere e donare perdono è una via profondamente degna dell'uomo» (Ibid.,
4).
7. Mentre oggi
appare chiaramente la luce di questa verità,
i miei pensieri si rivolgono a Te, Madre di Cristo crocifisso e risorto,
a Te che sei venerata e amata in tanti santuari di questa terra provata.
Impetra per tutti i credenti il dono di un cuore nuovo!
Fa' che il perdono, parola centrale del Vangelo, divenga qui realtà.
Saldamente aggrappata alla croce di Cristo,
la Chiesa riunita oggi a Sarajevo Ti chiede questo,
o Clemente, o Pia,
Madre di Dio e Madre nostra,
o dolce Vergine Maria!
Amen.
************************The full text
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APOSTOLIC JOURNEY
OF HIS HOLINESS JOHN PAUL II
TO SARAJEVO (APRIL 12-13, 1997)
MASS AT KOSEVO STADIUM
HOMILY OF THE HOLY FATHER
13 April 1997
"We
have an advocate with the Father, Jesus Christ the righteous" (1 Jn 2:1).
1. We
have an advocate who speaks in our name. Who is this advocate who makes himself
our spokesman? Today's liturgy offers a comprehensive answer: "We
have an advocate with the Father, Jesus Christ the righteous" (1 Jn
2:1).
We read
in the Acts of the Apostles: "The God of Abraham and of Isaac and of
Jacob, the God of our fathers, glorified his servant Jesus" (Acts 3:13).
He is the one who was betrayed and denied by his own people, even when Pilate
wanted to free him. They asked for a murderer, Barabbas, to be reprieved in his
place. In this way the Author of life was sentenced to death (cf. Acts
3:13-15).
But
"God raised him from the dead" (cf. Acts 3:15). These are the words
of Peter who was an eyewitness of Christ's Passion, Death and Resurrection. It
was as a witness that he was sent to the children of Israel and to all the
nations of the world. But when he speaks to his own people, he not only accuses
but also excuses: "Brethren, I know that you acted in ignorance, as did
also your rulers" (Acts 3:17).
Peter is
a witness aware of the truth about the Messiah who, on the Cross, brought to
fulfilment the ancient prophecies: Jesus Christ has become the advocate
with the Father, the advocate of the chosen people and of all humanity.
Saint
John adds: "We have an advocate with the Father, Jesus Christ the
righteous; and he is the expiation for our sins, and not for ours only but also
for the sins of the whole world" (1 Jn 2:1-2). This truth is repeated to
you today by the Successor of Peter, who has finally come among you. People of
Sarajevo and of all Bosnia-Hercegovina, I come today to tell you: you have an
advocate with God. His name is Jesus Christ the righteous!
2. Peter
and John, as well as the other Apostles, became witnesses of this truth, for
they saw with their own eyes the Crucified and Risen Christ. He had come among
them in the Upper Room, showing them the wounds of his Passion; he had let them
touch him so that from their own experience they would be convinced that he was
that same Jesus whom they had known before as "the Master". And in
order to confirm beyond any doubt the truth of his Resurrection, he accepted
the food that they offered him, eating it with them as he had done so many
Times New Roman before his death.
Jesus had
kept his own identity, despite the extraordinary transformation wrought in him
after his Resurrection. And he keeps that identity still. He is the same today
as he was yesterday, and he will remain the same for ever (cf. Heb 13:8). As
such, as true Man, he is the advocate of all people with the Father.
Indeed, he is the advocate of all creation, redeemed by him and in him.
He stands
before the Father as the most expert and competent witness of what, by his
Cross and Resurrection, has been accomplished in the history of humanity and of
the world. His is the language of redemption, that is, of liberation from the
slavery of sin. Jesus addresses the Father as the Consubstantial Son, and at
the same time as true man, speaking the language of all human generations and
of the whole of human history: the language of victories and defeats, of all
the sufferings and all the sorrows of individual men and women, of the
individual peoples and nations of the whole earth.
Christ
speaks your language, dear Brothers and Sisters of Bosnia- Hercegovina, a land
so long and grievously tried. He said: "Thus it is written, that the
Christ should suffer"; but he added: "and on the third day rise from
the dead . . . You are witnesses of these things" (Lk 24:46,48). Sarajevo,
Bosnia- Hercegovina, arise! You have an advocate with God. His name is Jesus
Christ the righteous!
3. Sarajevo: a
city that has become a symbol, in a certain sense the symbol of the
twentieth century. In 1914, the name Sarajevo came to be associated the
outbreak of the First World War. At the end of this same century, there is
linked with the name of this city the painful experience of the war that, in
the course of five long years, has left behind in this region a terrible wake
of death and destruction.
During
this period, the name of your city has not ceased to occupy the news reports
and to be the subject of political interventions by leaders of nations,
strategists and generals. The entire world has continued to speak of Sarajevo
in historical, political and military terms. Nor did the Pope fail to raise his
voice concerning this tragic war, and many Times New Roman and in different
circumstances he has had on his lips and always in his heart the name of your
city. For several years he ardently desired to be able to come among you in
person.
Today,
finally, that desire has been fulfilled. The Lord be thanked! The words with
which I offer you my affectionate greeting are the ones which Christ, after the
Resurrection, spoke to the disciples: "Peace to you" (Lk 24:36).
Peace to you, men and women of Sarajevo! Peace to you, people of
Bosnia-Hercegovina! Peace to you, Brothers and Sisters of this beloved land!
I greet
Cardinal Vinko Puljic, the devoted Bishop of this local Church, and I thank him
for the words of welcome and communion that he has addressed to me also on
behalf of his Auxiliary, Bishop Pero Sudar, and of all present. I greet the
esteemed and courageous Bishop Franjo Komarica, with his faithful people from
the Diocese of Banja Luka, as also the esteemed and zealous Bishop Ratko Peric,
with the faithful from the Dioceses of Mostar-Duvno and Trebinje-Mrkan.
I greet
the Cardinals and Bishops present and all of you — priests, consecrated
persons, laity. My respectful thoughts go also to the civil authorities and the
diplomats gathered here, and to the representatives of other Religious
Confessions who have honoured us with their presence.
The peace
that Jesus gives to his disciples is not the peace imposed by conquerors on the
conquered, by the stronger on the weaker. It does not receive its legitimacy by
force of arms but, on the contrary, is born of love. The love of God for man
and the love of man for man. God's commandment resounds loud and clear today:
"You shall love the Lord your God with all your heart . . . you shall love
your neighbour as yourself" (Dt 6:5; Lv 19:18). Upon these two firm
foundations the peace that has been achieved can be consolidated and built up.
And "blessed are the peacemakers for they shall be called sons of God"
(Mt 5:9).
4. As the
servant of the Gospel, the Pope, in union with the Bishops of Bosnia-
Hercegovina and with the whole Church, wishes to reveal a still more profound
dimension hidden in the reality of the life of this region, for which the whole
world has been concerned for years.
Sarajevo,
Bosnia-Hercegovina, your history, your sufferings, the experiences of the years
marked by war, which we hope will never return, have an advocate with God:
Jesus Christ, who alone is righteous. In him, the many dead, whose tombs have
multiplied in this land; those who are mourned by their mothers, their widows,
their orphaned children: they have an advocate with God. Who else can be, with
God, an advocate for all these sufferings and all these tribulations? Who else
can fully understand this page of your history, Sarajevo? Who can fully
understand this page of your history, O Balkan nations, and of your history, O
Europe?
It cannot
be forgotten that Sarajevo has become the symbol of the suffering of
the whole of Europe. It was so at the beginning of the 1900s, when the
First World War had its beginning here; it was so in a different way this
second time, when the conflict took place entirely in this region of yours.
Europe took part in it as a witness. But we must ask ourselves: was it always a
fully responsible witness? This question cannot be avoided. Statesmen,
politicians, military men, scholars and people of culture must try to give an
answer. The hope of all people of good will is that what Sarajevo symbolizes
will remain confined to the twentieth century, and that its tragedies will not
be repeated in the Millennium about to begin.
5. For
this reason we turn our gaze trustingly to Divine Providence. We ask the Prince
of Peace, through the intercession of Mary his Mother, so loved by the peoples
of this entire region, that Sarajevo may become a model of coexistence and
peaceful cooperation between peoples of different ethnic origins and religions
for the whole of Europe.
Gathered
in the celebration of Christ's sacrifice, we do not cease thanking you, City so
sorely tried, and you, Brothers and Sisters who live in this land of
Bosnia-Hercegovina, for in some way, by your sacrifice, you have taken upon
yourselves the weight of this terrible experience, in which all have a share. I
repeat to you: we have an advocate with God, he is Christ, the only righteous
one.
Before
you, O Crucified and Risen Christ, there come today Sarajevo and all
Bosnia-Hercegovina, with the heavy burden of its history. You are our great
advocate. This people implores you, to permeate the painful history experienced
here with the power of your Redemption. You, incarnate Son of God, walk as Man
among the events of people and nations. Walk through the history of this people
and of these peoples most closely linked to the name of Sarajevo, to the name
of Bosnia-Hercegovina.
6. Dear
Brothers and Sisters! When in 1994 I wanted so intensely to come here among
you, I referred to a thought that had come to be extraordinarily significant at
a crucial moment of European history: "Let us forgive and let us ask for
forgiveness". It was said then that the time was not yet right. Has not
that time now come?
I return
today, therefore, to this thought and to the words, which I wish to repeat, so
that they can come into the minds of all those who are united in the painful
experience of your city and land, of all the peoples and nations torn apart by
war: "Let us forgive and let us ask for forgiveness". If
Christ is to be our advocate with the Father, we cannot fail to utter these words.
We cannot fail to undertake the difficult but necessary pilgrimage of
forgiveness, which leads to a profound reconciliation.
"Offer
forgiveness and receive peace", I recalled in this year's Message for
the World Day of Peace; and I added: "Forgiveness, in its truest and
highest form, is a free act of love" (No. 5), as was the reconciliation
offered by God to man through the Cross and Death of his incarnate Son, he the
only righteous one. Of course, "forgiveness, far from precluding the search
for truth, actually requires it", because an "essential requisite for
forgiveness and reconciliation is justice" (ibid.). But it still
remains true that "asking and granting forgiveness is something
profoundly worthy of man" (ibid., 4).
7. While the light of this truth
appears clearly today,
my thoughts turn to you, Mother of the Crucified and Risen Christ,
to you who are loved and venerated in so many shrines of this tormented land.
Implore for all believers the gift of a new heart!
Let forgiveness, a key word of the Gospel, become a reality here.
Holding firmly to the Cross of Christ,
the Church gathered today in Sarajevo asks this of you,
O clement, O loving,
Mother of God and our Mother,
O sweet Virgin Mary!
Amen.