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  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

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Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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venerdì 27 gennaio 2012

Persecuzione degli ebrei e antigiudaismo cristiano

Persecuzione degli ebrei e antigiudaismo cristiano

Alla scuola media “Ettore Majorana”, dove insegna mia moglie Angela, il 27- gennaio 2009 si tenne un incontro sul tema della “Shoah”. Parteciparono la scrittrice Anna Foa e padre Piersandro Varzan, della “Civiltà Cattolica”.
 Nel fare una ricognizione sugli argomenti rilevanti, ci chiedemmo se fare menzione, nella presentazione dell’incontro, che avrebbe dovuto fare Angela, dell’antigiudaismo cristiano. La questione era divenuta di quelle “calde”, dopo la richiesta di presa di distanza dalle dichiarazioni di poco tempo prima del vescovo lefevriano scismatico Williamson sullo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti e sull’antisemitismo, formulata da un rabbino e diretta alla gerarchia cattolica. Secondo il rabbib, dopo la revoca della scomunica agli scismatici, la mancata dissociazione da quelle opinioni avrebbe contaminato la Chiesa cattolica.
Nel documento vaticano che nel 1998 trattò della “Shoah” (“Noi ricordiamo, una riflessione sulla ‘Shoah’ “, della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, citato ampiamente nel successivo documento “Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato”, della Commissione Teologica Internazionale, presentato il 7-3-2000, pochi giorni prima della “Giornata del Perdono”, celebrata il 12-3-2000 da Giovanni Paolo II, nel corso della quale la Chiesa cattolica, sotto la guida del suo capo supremo, chiese perdono per i propri peccati collettivi, compresi quelli contro gli ebrei) si legge: “Sentimenti di antigiudaismo in alcuni ambienti cristiani e la divergenza che esisteva tra la Chiesa ed il popolo ebraico, condussero a una discriminazione generalizzata, che sfociava a volte in espulsioni o in tentativi di conversioni forzate. In una larga parte del mondo ‘cristiano’, fino alla fine del XVIII secolo, quanti non erano cristiani non sempre godettero di uno status giuridico pienamente garantito. Nonostante ciò, gli ebrei diffusi in tutto il mondo cristiano rimasero fedeli alle loro tradizioni religiose ed ai costumi loro propri. Furono per questo considerati con un certo sospetto e diffidenza. In tempi di crisi come carestie, guerre e pestilenze o di tensioni sociali, la minoranza ebraica fu più volte presa come capro espiatorio, divenendo così vittima di violenze, saccheggi e persino di massacri”.
 La polemica antigiudaica fu molto forte fin dai primi inizi del cristianesimo, fin dall’epoca dei Padri della Chiesa. Va ricordato in proposito l’opera di Giustino (morto a Roma nel II secolo). Egli scrisse il “Dialogo con l’ebreo Trifone”, nel 135 d.C., che costituisce il modello di molti scritti analoghi successivi. In merito nel 2001 venne pubblicato dalla casa editrice Morcelliana un libro di Gianna Gardenal dal titolo: “L’antigiudaismo nella letteratura cristiana antica e  medievale”. L’autrice indica negli scritti di Giustino, Giovanni Crisostomo, Tertulliano, Ambrogio, Agostino e nell’apocrifa “Lettera di Barnaba” i fondamenti della polemica antigiudaica cristiana. Quest’ultima è basata principalmente sullo sviluppo della riflessione teologica di Paolo e si sviluppa intorno a questi principali temi: 1) la critica della Legge mosaica e in particolare delle prescrizioni rituali; 2) la dimostrazione del rifiuto di Israele e della chiamata dei gentili; 3) la nascita di una nuova Alleanza e di un nuovo Israele. si sviluppa un vero e proprio genere letterario “Adversus Iudaeos”.
 L’autrice dà anche esempi degli scritti di quegli autori.
Agostino: “È la stirpe dei giudei che trae origine dalla sua carne -scrive Agostino-, non la stirpe dei cristiani: noi discendiamo da altre genti e tuttavia imitando la sua virtù, siamo divenuti figli di Abramo. (...) Noi siamo dunque fatti discendenti di Abramo per grazia di Dio. Dio non fece suoi eredi i discendenti carnali di Abramo. Anzi questi li ha diseredati per adottare quegli altri”. [Commento a Giovanni, Discorso XLII].
Ambrogio, vescovo di Milano, scrive che il popolo giudaico è “perduto, spirito immondo, preda del diavolo anche all'interno del suo tempio sacro, la sinagoga: anzi la stessa sinagoga è ormai sede e ricettacolo del demonio che stringe entro spire serpentine tutto il popolo giudaico” ["Expositio Evangelii secundum Lucam"].
 Giovanni Crisostomo: “(i giudei) come gli animali, anzi più feroci di loro: mentre infatti le bestie danno la vita per salvare i loro piccoli, i giudei li massacrano con le proprie mani per onorare i demoni, nostri nemici, e ogni loro gesto traduce la loro bestialità. Non superano forse nel libertinaggio gli animali più lubrichi? Ad esempio, ciascuno nitrisce dietro la donna del suo vicino (...) Il profeta espresse la insania della loro libidine con una parola che si riferisce agli animali” [in omelie contro i giudei].
 La polemica antigiudaica esce,  a partire dalla tarda latinità, dall’ambito teologico. Coinvolge Giovenco, Commodiano e Prudenzio, Sedulìo Celio. Si ritrova nei “Carmina Burana”, del 13° secolo. Vede scritti di Bernardino da Siena, di Giacomo della Marca, di Giovanni da Capestrano  di Bernardino da Feltre. Cresce al tempo delle Crociate. Nel 1215 il Concilio Laterano IV impone agli ebrei di portare un segno che li contraddistinguesse.  Prosegue fino al Rinascimento.  Attraverso il magistero delle Chiese cristiane, non solo di quella cattolica,  supera i confini del mondo della cultura e passa nelle tradizioni popolari e si radica fortemente. Solo con il Concilio Vaticano II (1962-1965), nella Chiesa cattolica vengono rimosse e condannate le sue basi teologiche.
 La persecuzione degli ebrei europei da parte del fascismo e del nazismo, che ha altri moventi, di tipo razziale e non religioso, (gli ebrei vengono considerati come parassiti che infestano le razze superiori) opera su questo contesto di antigiudaismo religioso profondo e diffuso nel mondo cristiano. Quello di Hitler era infatti propriamente antisemitismo, basato sulle teorie razziste originate dalla divulgazione ed estensione alle società umane delle scoperte scientifiche dell’Ottocento sull’evoluzione delle specie attraverso la selezione naturale, la lotta per la sopravvivenza del più adatto (darwinismo sociale). Hitler considerava segno del successo di una razza la conquista territoriale. Non riusciva a spiegarsi l’apparente successo degli ebrei, popolazioni ampiamente diffuse in Europa, soprattutto nell’Europa orientale, pur in mancanza di un proprio Stato, di un dominio territoriale. Concluse che gli ebrei avevano avuto successo perché operavano come parassiti, succhiando sostanze vitali dai popoli ospiti e indebolendoli. E come parassiti pensò di eliminarli. Nella sua concezione, la soluzione finale era concepita come una disinfestazione. E’ significativo che nello sterminio sistematico nei campi di concentramento nazisti venne usato lo Ziklon B (acido cianidrico), prodotto utilizzato anche come pesticida.
 Come ricorda il filosofo Emmanuel Levinas in un suo scritto: “tutti coloro che parteciparono alla Shoah avevano ricevuto il battesimo cattolico o protestante: non vi trovarono alcun divieto!”.  Questo perché l’antisemitismo razzista nazista operava su un contesto di antigiudaismo religioso cristiano molto forte, molto radicato.
 Nella Chiesa cattolica sono stati,nel recente passato, assai vivi la vergogna e il rammarico per il proprio antigiudaismo ultramillenario. Il Papa Giovanni Paolo II ci ha indicato la strada della purificazione della memoria che consiste “nel processo volto a liberare la coscienza personale e collettiva da tutte le forme di risentimento o di violenza, che l'eredità di colpe del passato può avervi lasciato, mediante una rinnovata valutazione storica e teologica degli eventi implicati, che conduca - se risulti giusto - ad un corrispondente riconoscimento di colpa e contribuisca ad un reale cammino di riconciliazione.”[ Bolla di indizione dell'Anno Santo del 2000 Incarnationis mysterium; promulgata il 29 novembre 1998]. Tuttavia, come si è visto, questo lavoro può rivelarsi assai penoso per i cristiani, coinvolgendo i fondamenti. E probabilmente esso richiede una cultura e una santità non comuni, forse non vi sono ancor oggi sufficienti persone che abbiano la capacità, il tempo e la voglia di farlo. Intervenendo nel corso di una assemblea del Movimento ecclesiale di impegno culturale posi anche il problema degli scritti paolini. Essi fanno parte della Bibbia cristiana. Sono pertanto considerati Parola di Dio. Ma sono stati anche alla base dell’antigiudaismo cristiano. Da incolto in teologia, avvicinandomi al tema guidato dal solo buon senso comune, mi pare tuttavia difficile che Paolo, orgoglioso della sua formazione di fariseo, possa aver veramente voluto provocare quello che poi è conseguito.
Il Papa Benedetto XVI,  nel corso dell’Angelus del 25 gennaio 2009, aveva accennato a uno dei temi controversi, in merito alla figura di Paolo: la sua può essere definita “conversione”? Egli infatti non passò dagli idoli al vero Dio. Egli era già credente nel vero Dio.
  Può aggiungersi: la polemica di Paolo contro la Legge mosaica e la giurisprudenza su di essa può estendersi al modo di vivere la Legge che hanno gli ebrei dell’era del Talmud, coeva al cristianesimo, agli ebrei della diaspora dopo la fine politica dei regni giudaici in Palestina e la distruzione del Tempio di Gerusalemme, diciamo quindi all’ebraismo sviluppatosi dal terzo e quarto secolo della nostra era e ancora vivo e vitale, nello Stato di Israele e quasi ovunque nel mondo?
 Gli ebrei di oggi sono culturalmente discendenti dei farisei: essi intendono la Legge mosaica come legge di santità, da applicare e osservare con purezza interiore, non quindi come vuota formalità, secondo quanto lo stesso Paolo, mi pare, voleva che si facesse. La polemica antifarisaica che si trova nei Vangeli e in Paolo era diretta contro pratiche deteriori degli anni della prima predicazione, va quindi contestualizzata,  e non può essere utilizzata contro l’ebreo che il cristianesimo si è trovato accanto dopo, nel corso di due millenni, fino ad oggi. C’è bisogno di rifletterci molto e con grande sapienza, perché  è come intervenire chirurgicamente a cuore aperto o sul cervello: si opera su strutture fondamentali, vitali.
 La tentazione forte è quella di ogni malato grave a cui sia proposto una difficile, rischiosa, operazione chirurgica: rimandare o rinunciare, sperando che tutto passi col tempo. Se una persona vuole seguire la tradizione del bimillenario antigiudaismo cristiano trova conforto in un’imponente letteratura e addirittura in esempi di santi. E’, sotto certi aspetti, una strada più facile. Ad alcuni è anche sembrata quella più giusta, considerando l’importanza che nella Chiesa cattolica viene data alla tradizione. Ma, come è stato osservato, è anche quella che opera uno scisma tra noi e l’ebreo Gesù di Nazareth. E conduce a una religione inventata dai teologi, non fondata sugli eventi che vengono dichiarati come fondamentali e sui primi testimoni, tutti ebrei.
 Tornando alle dichiarazioni di Williamson, per come erano state riportate dal giornale che abitualmente leggevo, mi parve che quella più grave consista nell’aver affermato che esiste un antisemitismo conforme ai dettati della religione cristiana. Quell’altra, secondo la quale la “Shoah” riguardò un numero molto limitato di ebrei,  è contraddetta da testimonianze, documenti e altri reperti troppo numerosi e degni di fede perché possa trovare credito. C’era un antisemitismo “buono” per i cristiani? Gli ebrei erano davvero malvagi, dal punto di vista cristiano? Addirittura un pericolo? Osservai che, a mio parere, non bastava richiamarsi a quanto precedentemente dichiarato molto autorevolmente. Nel momento in cui si abbassavano i muri che separavano i lefevriani dalla Chiesa di Roma e a parlare era un vescovo lefreviano, uno che si era assegnato il compito di insegnare autorevolmente, una guida per molti, era necessario, osservai chiarire se su quell’argomento su cui si è pronunciato siamo in comunione o non. Come si è visto, non si trattava di questioni marginali. Su di esse occorreva, a mio avviso, fare chiarezza, a rischio di ripetersi.
Trascrivo di seguito:
a)il testo della presentazione dell’incontro sulla Shoah scritto da Angela;
b)uno stralcio del documento “Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato”, presentato il 7-3-00, dove si tratta dei rapporti tra cristiani ed ebrei, ;
c)il documento “Noi ricordiamo: una riflessione sulla ‘Shoah’ “, della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, del 12/16-3-98;
d)estratto dal  testo della liturgia penitenziale “Confessione delle colpe e richiesta di perdono” presieduta il 12-3-00 dal Papa Giovanni Paolo II;
Mario Ardigò – AC San Clemente Papa – Roma, Montesacro, Valli
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A)Siamo qui oggi per fare memoria, insieme agli illustri relatori,  della Shoah, manifestazione tra le più efferate della crudeltà a cui può giungere l’essere umano quando è privo dei più alti valori di riferimento che caratterizzano l’uomo in quanto tale e quando è immemore dei diritti inalienabili che appartengono ad ogni persona. Siamo qui perché non dimentichiamo e perché respingiamo oggi e sempre, con tutto il nostro essere e con ciò che ci è dato di poter fare, quanto allora accadde a causa della barbarie nazista, che, prendendo le mosse dal fascismo e sotto l’impulso di Adolf Hitler, elaborò una ideologia antigiudaica su base razziale, che indichiamo come antisemitismo.
Ma continuiamo a chiederci: come è potuto accadere che coloro che non parteciparono allo sterminio sistematico, vedendo portar via uomini e donne, vecchi e bambini, e non vedendoli più fare ritorno, non si siano opposti, non abbiano levata alta la propria voce, non abbiano fatto quanto era in loro potere per impedire che questo accadesse? L’origine dell’atteggiamento che permise la shoah rimane oscura se si pretende di non collegarla all’antigiudaismo cristiano che si riscontra a partire dagli scritti dei Padri della chiesa e nella riflessione teologica successiva, antigiudaismo che passò poi nelle tradizioni popolari. Solo con il Concilio ecumenico Vaticano II, nella Chiesa cattolica si cercò di porvi rimedio e con il Papa Giovanni Paolo II si compirono grandi passi nella direzione indicata dai Padri conciliari. Essi culminarono, il 12-3-2000, nella “Giornata del perdono”, in cui  venne celebrata una liturgia penitenziale collettiva in cui la Chiesa cattolica, guidata dal suo capo, chiese perdono anche per la persecuzione degli ebrei.
La shoah, risultato di una ideologia pagana quale era il nazismo, a sfondo neo-darwinista, per la quale gli ebrei erano un popolo parassita che infestava le razze superiori,  fu dunque facilitata dai pregiudizi antigiudaici presenti nelle menti e nei cuori di molti, ma senza dubbio vi furono anche molti coraggiosi che rischiarono e persero la vita per salvare gli ebrei. Tra questi giusti Giovanni Palatucci, ultimo questore di Fiume, ora Servo di Dio e Giusto tra le nazioni.
La shoah costituisce  un richiamo alla coscienza di tutti, tale da esigere “un atto di pentimento – Teshuvà- e raddoppiare gli sforzi per una “metanoia”, un cambiamento totale di rotta verso una destinazione che veda gli uomini solidali, amici, aperti al dialogo e pieni di profondo rispetto per l’identità e il credo altrui.

B)
  In:

COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE

MEMORIA E RICONCILIAZIONE:
LA CHIESA E LE COLPE DEL PASSATO

NOTA PRELIMINARE
Lo studio del tema "La Chiesa e le colpe del passato" è stato proposto alla Commissione Teologica Internazionale da parte del suo Presidente, il Card. J. Ratzinger, in vista della celebrazione del Giubileo dell'anno 2000. Per preparare questo studio venne formata una Sottocommissione composta dal Rev. Christopher Begg, da Mons. Bruno Forte (presidente), dal Rev. Sebastian Karotemprel, S.D.B., da Mons. Roland Minnerath, dal Rev. Thomas Norris, dal Rev. P. Rafael Salazar Cárdenas, M.Sp.S., e da Mons. Anton Štrukelj. Le discussioni generali su questo tema si sono svolte in numerosi incontri della Sottocommissione e durante le sessioni plenarie della stessa Commissione Teologica Internazionale, tenutesi a Roma nel 1998 e nel 1999. Il presente testo è stato approvato in forma specifica, dalla Commissione Teologica Internazionale, con voto scritto,  ed è stato poi sottoposto al suo presidente, il Card. J. Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il quale ha dato la sua approvazione per la pubblicazione.
INTRODUZIONE
La Bolla di indizione dell'Anno Santo del 2000 Incarnationis mysterium (29 novembre 1998) indica fra i segni " che possono opportunamente servire a vivere con maggiore intensità l'insigne grazia del giubileo " la purificazione della memoria. Questa consiste nel processo volto a liberare la coscienza personale e collettiva da tutte le forme di risentimento o di violenza, che l'eredità di colpe del passato può avervi lasciato, mediante una rinnovata valutazione storica e teologica degli eventi implicati, che conduca - se risulti giusto - ad un corrispondente riconoscimento di colpa e contribuisca ad un reale cammino di riconciliazione. Un simile processo può incidere in maniera significativa sul presente, proprio perché le colpe passate fanno spesso sentire ancora il peso delle loro conseguenze e permangono come altrettante tentazioni anche nell'oggi.
In quanto tale, la purificazione della memoria richiede " un atto di coraggio e di umiltà nel riconoscere le mancanze compiute da quanti hanno portato e portano il nome di cristiani ", e si fonda sulla convinzione che " per quel legame che, nel corpo mistico, ci unisce gli uni agli altri, tutti noi, pur non avendone responsabilità personale e senza sostituirci al giudizio di Dio, che solo conosce i cuori, portiamo il peso degli errori e delle colpe di chi ci ha preceduto ". Giovanni Paolo II aggiunge: " Come successore di Pietro, chiedo che in questo anno di misericordia la Chiesa, forte della santità che riceve dal suo Signore, si inginocchi davanti a Dio e implori il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli ".(1) Nel ribadire, poi, che " i cristiani sono invitati a farsi carico, davanti a Dio e agli uomini offesi dai loro comportamenti, delle mancanze da loro commesse ", il Papa conclude: " Lo facciano senza nulla chiedere in cambio, forti solo dell''amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori' (Rm 5,5) ".(2)
Le richieste di perdono fatte dal Vescovo di Roma in questo spirito di autenticità e di gratuità hanno suscitato reazioni diverse: la fiducia incondizionata che il Papa ha dimostrato di avere nella forza della Verità ha incontrato un'accoglienza generalmente favorevole, all'interno e all'esterno della comunità ecclesiale. Non pochi hanno sottolineato l'accresciuta credibilità dei pronunciamenti ecclesiali, conseguente a questo comportamento. Non sono però mancate alcune riserve, espressione soprattutto del disagio legato a particolari contesti storici e culturali, nei quali la semplice ammissione di colpe commesse dai figli della Chiesa può assumere il significato di un cedimento di fronte alle accuse di chi è pregiudizialmente ostile ad essa. Fra consenso e disagio, si avverte il bisogno di una riflessione, che chiarisca le ragioni, le condizioni e l'esatta configurazione delle richieste di perdono relative alle colpe del passato.
Di questo bisogno ha inteso farsi carico la Commissione Teologica Internazionale, nella quale sono rappresentate culture e sensibilità diverse all'interno dell'unica fede cattolica, elaborando il presente testo. In esso viene offerta una riflessione teologica sulle condizioni di possibilità degli atti di 'purificazione della memoria', legati al riconoscimento di colpe del passato.
5.4. Cristiani ed Ebrei
Uno dei campi che esige un particolare esame di coscienza è il rapporto fra cristiani ed ebrei.(81) La relazione della Chiesa con il popolo ebraico è diversa da quella che condivide con ogni altra religione.(82) Eppure, " la storia delle relazioni tra ebrei e cristiani è una storia tormentata [...]. In effetti, il bilancio di queste relazioni durante i due millenni è stato piuttosto negativo ".(83) L'ostilità o la diffidenza di numerosi cristiani verso gli ebrei nel corso del tempo è un fatto storico doloroso ed è causa di profondo rammarico per i cristiani coscienti del fatto che " Gesù era un discendente di Davide; che dal popolo ebraico nacquero la Vergine Maria e gli Apostoli; che la Chiesa trae sostentamento dalle radici di quel buon ulivo a cui sono innestati i rami dell'ulivo selvatico dei Gentili (cf. Rm 11,17-24); che gli ebrei sono nostri cari e amati fratelli, e che, in un certo senso, sono veramente i 'nostri fratelli maggiori' ".(84)
La Shoah fu certamente il risultato di una ideologia pagana, qual era il nazismo, animata da uno spietato antisemitismo, che non solo disprezzava la fede, ma negava anche la stessa dignità umana del popolo ebraico. Tuttavia, " ci si deve chiedere se la persecuzione del nazismo nei confronti degli ebrei non sia stata facilitata dai pregiudizi antigiudaici presenti nelle menti e nei cuori di alcuni cristiani [...]. I cristiani offrirono ogni possibile assistenza ai perseguitati, e in particolare agli ebrei? ".(85) Senza dubbio vi furono molti cristiani che rischiarono la vita per salvare ed assistere i loro conoscenti ebrei. Sembra però anche vero che " accanto a tali coraggiosi uomini e donne, la resistenza spirituale e l'azione concreta di altri cristiani non fu quella che ci si sarebbe potuto aspettare da discepoli di Cristo ".(86) Questo fatto costituisce un richiamo alla coscienza di tutti i cristiani oggi, tale da esigere " un atto di pentimento (teshuvà) ",(87) e diventare uno sprone a raddoppiare gli sforzi per essere " trasformati rinnovando la mente " (Rm 12,2) e per mantenere una " memoria morale e religiosa " della ferita inflitta agli ebrei. In questo campo il molto che è già stato fatto potrà essere confermato e approfondito.

(1) Incarnationis mysterium, 11.
(2) Ib. Già in numerosi interventi, ed in particolare al numero 33 della Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente (TMA), il Papa aveva indicato alla Chiesa il cammino da compiere per purificare la propria memoria in rapporto alle colpe del passato e dare esempio di pentimento ai singoli ed alle società civili.
 (81) L'argomento è trattato rigorosamente nella Dichiarazione Nostra Aetate del Vaticano II.
(82) Cf. Giovanni Paolo II, Discorso alla Sinagoga di Roma, 13 aprile 1986, 4: AAS 78 (1986) 1120.
(83) Questo è il giudizio del recente documento della Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah, Roma, 16 Marzo 1998, 3.
(84) Ibid., 7.
(85) Ibid., 5.
(86) Ibid., 6.
(87) Ibid., 5.
COMMISSIONE PER I RAPPORTI RELIGIOSI CON L'EBRAISMO
NOI RICORDIAMO:
UNA RIFLESSIONE SULLA SHOAH

Al Signor Cardinale
EDWARD IDRIS CASSIDY
Presidente della Commissione
per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo
In numerose occasioni durante il mio Pontificato ho richiamato con senso di profondo rammarico le sofferenze del popolo ebreo durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il crimine che è diventato noto come la Shoah rimane un'indelebile macchia nella storia del secolo che si sta concludendo.
Preparandoci ad iniziare il terzo millennio dell'era cristiana, la Chiesa è consapevole che la gioia di un Giubileo è soprattutto una gioia fondata sul perdono dei peccati e sulla riconciliazione con Dio e con il prossimo. Perciò Essa incoraggia i suoi figli e figlie a purificare i loro cuori, attraverso il pentimento per gli errori e le infedeltà del passato. Essa li chiama a mettersi umilmente di fronte a Dio e ad esaminarsi sulla responsabilità che anch'essi hanno per i mali del nostro tempo.
È mia fervida speranza che il documento: Noi ricordiamo: una Riflessione sulla Shoah, che la Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo ha preparato sotto la Sua guida, aiuti veramente a guarire le ferite delle incomprensioni ed ingiustizie del passato. Possa esso abilitare la memoria a svolgere il suo necessario ruolo nel processo di costruzione di un futuro nel quale l'indicibile iniquità della Shoah non sia mai più possibile. Possa il Signore della storia guidare gli sforzi di Cattolici ed Ebrei e di tutti gli uomini e donne di buona volontà così che lavorino insieme per un mondo di autentico rispetto per la vita e la dignità di ogni essere umano, poiché tutti sono stati creati ad immagine e somiglianza di Dio.
Dal Vaticano, 12 marzo 1998.
COMMISSIONE PER I RAPPORTI RELIGIOSI CON L'EBRAISMO
NOI RICORDIAMO: UNA RIFLESSIONE SULLA SHOAH

I. La tragedia della Shoah ed il dovere della memoria
Si sta rapidamente concludendo il XX secolo e spunta ormai l'aurora di un nuovo millennio cristiano. Il Bimillenario della nascita di Gesù Cristo sollecita tutti i cristiani, e invita in realtà ogni uomo e ogni donna, a cercare di scoprire nel fluire della storia i segni della divina Provvidenza all'opera, come pure i modi in cui l'immagine del Creatore presente nell'uomo è stata offesa e sfigurata.
Questa riflessione riguarda uno dei principali settori in cui i cattolici possono seriamente prendere a cuore il richiamo loro rivolto da Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Tertio millennio adveniente: « È giusto pertanto che, mentre il secondo Millennio del cristianesimo volge al termine, la Chiesa si faccia carico con più viva consapevolezza del peccato dei suoi figli nel ricordo di tutte quelle circostanze in cui, nell'arco della storia, essi si sono allontanati dallo spirito di Cristo e del suo Vangelo, offrendo al mondo, anziché la testimonianza di una vita ispirata ai valori della fede, lo spettacolo di modi di pensare e di agire che erano vere forme di antitestimonianza e di scandalo ».(1)
Il secolo attuale è stato testimone di un'indicibile tragedia, che non potrà mai essere dimenticata: il tentativo del regime nazista di sterminare il popolo ebraico, con la conseguente uccisione di milioni di ebrei. Uomini e donne, vecchi e giovani, bambini ed infanti, solo perché di origine ebraica, furono perseguitati e deportati. Alcuni furono uccisi immediatamente, altri furono umiliati, maltrattati, torturati e privati completamente della loro dignità umana, e infine uccisi. Pochissimi di quanti furono internati nei campi di concentramento sopravvissero, e i superstiti rimasero terrorizzati per tutta la vita. Questa fu la Shoah: uno dei principali drammi della storia di questo secolo, un fatto che ci riguarda ancora oggi.
Dinanzi a questo orribile genocidio, che i responsabili delle nazioni e le stesse comunità ebraiche trovarono difficile da credere nel momento in cui veniva perpetrato senza misericordia, nessuno può restare indifferente, meno di tutti la Chiesa, in ragione dei suoi legami strettissimi di parentela spirituale con il popolo ebraico e del ricordo che essa nutre delle ingiustizie del passato. La relazione della Chiesa con il popolo ebraico è diversa da quella che condivide con ogni altra religione.(2) Non è soltanto questione di ritornare al passato. Il futuro comune di ebrei e cristiani esige che noi ricordiamo, perché « non c'è futuro senza memoria ».(3) La storia stessa è memoria futuri.
Nel rivolgere questa riflessione ai nostri fratelli e sorelle della Chiesa cattolica sparsi nel mondo, chiediamo a tutti i cristiani di unirsi a noi nel riflettere sulla catastrofe che colpì il popolo ebraico, e sull'imperativo morale di far sì che mai più l'egoismo e l'odio abbiano a crescere fino al punto da seminare sofferenze e morte.(4) In modo particolare, chiediamo ai nostri amici ebrei, « il cui terribile destino è divenuto simbolo dell'aberrazione cui può giungere l'uomo, quando si volge contro Dio »,(5) di predisporre il loro cuore ad ascoltarci.

II. Che cosa dobbiamo ricordare
Nel dare la sua singolare testimonianza al Santo di Israele ed alla Torah, il popolo ebraico ha grandemente patito in diversi tempi ed in molti luoghi. Ma la Shoah fu certamente la sofferenza peggiore di tutte. L'inumanità con cui gli ebrei furono perseguitati e massacrati in questo secolo va oltre la capacità di espressione delle parole. E tutto questo fu fatto loro per la sola ragione che erano ebrei.
La stessa enormità del crimine suscita molte domande. Storici, sociologi, filosofi politici, psicologi e teologi tentano di conoscere di più circa la realtà e le cause della Shoah. Molti studi specialistici rimangono ancora da compiere. Ma un simile evento non può essere pienamente misurato attraverso i soli criteri ordinari della ricerca storica. Esso richiama ad una « memoria morale e religiosa » e, in particolare tra i cristiani, ad una riflessione molto seria sulle cause che lo provocarono. Il fatto che la Shoah abbia avuto luogo in Europa, cioè in paesi di lunga civilizzazione cristiana, pone la questione della relazione tra la persecuzione nazista e gli atteggiamenti dei cristiani, lungo i secoli, nei confronti degli ebrei.

III. Le relazioni tra ebrei e cristiani
La storia delle relazioni tra ebrei e cristiani è una storia tormentata. Lo ha riconosciuto il Santo Padre Giovanni Paolo II nei suoi ripetuti appelli ai cattolici a considerare il nostro atteggiamento nei confronti delle nostre relazioni con il popolo ebraico.(6) In effetti il bilancio di queste relazioni durante i due millenni è stato piuttosto negativo.(7)
Agli albori del cristianesimo, dopo la crocifissione di Gesù, sorsero contrasti tra la Chiesa primitiva ed i capi dei giudei ed il popolo ebraico i quali, per ossequio alla Legge, a volte si opposero violentemente ai predicatori del Vangelo e ai primi cristiani. Nell'impero romano, che era pagano, gli ebrei erano legalmente protetti dai privilegi garantiti loro dall'Imperatore e le autorità in un primo tempo non fecero distinzione tra le comunità giudee e cristiane. Ben presto, tuttavia, i cristiani incorsero nella persecuzione dello Stato. Quando, in seguito, gli imperatori stessi si convertirono al cristianesimo, dapprima continuarono a garantire i privilegi degli ebrei. Ma gruppi esagitati di cristiani che assalivano i templi pagani, fecero in alcuni casi lo stesso nei confronti delle sinagoghe, non senza subire l'influsso di certe erronee interpretazioni del Nuovo Testamento concernenti il popolo ebraico nel suo insieme. « Nel mondo cristiano — non dico da parte della Chiesa in quanto tale — interpretazioni erronee e ingiuste del Nuovo Testamento riguardanti il popolo ebreo e la sua presunta colpevolezza sono circolate per troppo tempo, generando sentimenti di ostilità nei confronti di questo popolo ».(8) Tali interpretazioni del Nuovo Testamento sono state totalmente e definitivamente rigettate dal Concilio Vaticano II.(9)
Nonostante la predicazione cristiana dell'amore verso tutti, compresi gli stessi nemici, la mentalità prevalente lungo i secoli ha penalizzato le minoranze e quanti erano in qualche modo « differenti ». Sentimenti di antigiudaismo in alcuni ambienti cristiani e la divergenza che esisteva tra la Chiesa ed il popolo ebraico, condussero a una discriminazione generalizzata, che sfociava a volte in espulsioni o in tentativi di conversioni forzate. In una larga parte del mondo « cristiano », fino alla fine del XVIII secolo, quanti non erano cristiani non sempre godettero di uno status giuridico pienamente garantito. Nonostante ciò, gli ebrei diffusi in tutto il mondo cristiano rimasero fedeli alle loro tradizioni religiose ed ai costumi loro propri. Furono per questo considerati con un certo sospetto e diffidenza. In tempi di crisi come carestie, guerre e pestilenze o di tensioni sociali, la minoranza ebraica fu più volte presa come capro espiatorio, divenendo così vittima di violenze, saccheggi e persino di massacri.
Tra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX secolo, gli ebrei avevano generalmente raggiunto una posizione di uguaglianza nei confronti degli altri cittadini nella maggioranza degli Stati, e un certo numero di loro giunse a ricoprire ruoli influenti nella società. Ma in questo stesso contesto storico, in particolare nel XIX secolo, prese piede un nazionalismo esasperato e falso. In un clima di rapido cambiamento sociale, gli ebrei furono spesso accusati di esercitare un'influenza sproporzionata rispetto al loro numero. Allora cominciò a diffondersi in vario grado, attraverso la maggior parte d'Europa, un antigiudaismo che era essenzialmente più sociopolitico che religioso.
Nello stesso periodo, cominciarono ad apparire delle teorie che negavano l'unità della razza umana, affermando una originaria differenza delle razze. Nel XX secolo, il nazionalsocialismo in Germania usò tali idee come base pseudo-scientifica per una distinzione tra le così dette razze nordico-ariane e presunte razze inferiori. Inoltre, una forma estremistica di nazionalismo fu stimolata in Germania dalla sconfitta del 1918 e dalle condizioni umilianti imposte dai vincitori, con la conseguenza che molti videro nel nazionalsocialismo una soluzione ai problemi del Paese e perciò cooperarono politicamente con questo movimento.
La Chiesa in Germania rispose condannando il razzismo. Tale condanna apparve per la prima volta nella predicazione di alcuni tra il clero, nell'insegnamento pubblico dei Vescovi cattolici e negli scritti di giornalisti cattolici. Già nel febbraio e marzo 1931, il Cardinale Bertram di Breslavia, il Cardinale Faulhaber ed i Vescovi della Baviera, i Vescovi della Provincia di Colonia e quelli della provincia di Friburgo pubblicarono lettere pastorali che condannavano il nazionalsocialismo, con la sua idolatria della razza e dello Stato.(10) L'anno stesso in cui il nazionalsocialismo giunse al potere, il 1933, i ben noti sermoni d'Avvento del Cardinale Faulhaber, ai quali assistettero non soltanto cattolici, ma anche protestanti ed ebrei, ebbero espressioni di chiaro ripudio della propaganda nazista antisemitica.(11) A seguito della Kristallnacht, Bernard Lichtenberg, prevosto della Cattedrale di Berlino, elevò pubbliche preghiere per gli ebrei. Egli morì poi a Dachau ed è stato dichiarato Beato.
Anche il Papa Pio XI condannò il razzismo nazista in modo solenne nell'Enciclica Mit brennender Sorge,(12) che fu letta nelle chiese di Germania nella Domenica di Passione del 1937, iniziativa che procurò attacchi e sanzioni contro membri del clero. Il 6 settembre 1938, rivolgendosi ad un gruppo di pellegrini belgi, Pio XI asserì: « L'antisemitismo è inaccettabile. Spiritualmente siamo tutti semiti ».(13) Pio XII, fin dalla sua prima enciclica, Summi Pontificatus,(14) del 20 ottobre 1939, mise in guardia contro le teorie che negavano l'unità della razza umana e contro la deificazione dello Stato, tutte cose che egli prevedeva avrebbero condotto ad una vera « ora delle tenebre ».(15)

IV. Antisemitismo nazista e la Shoah
Non si può ignorare la differenza che esiste tra l'antisemitismo, basato su teorie contrarie al costante insegnamento della Chiesa circa l'unità del genere umano e l'uguale dignità di tutte le razze e di tutti i popoli, ed i sentimenti di sospetto e di ostilità perduranti da secoli che chiamiamo antigiudaismo, dei quali, purtroppo, anche dei cristiani sono stati colpevoli.
L'ideologia nazionalsocialista andò anche oltre, nel senso che rifiutò di riconoscere qualsiasi realtà trascendente quale fonte della vita e criterio del bene morale. Di conseguenza, un gruppo umano, e lo Stato con il quale esso si era identificato, si arrogò un valore assoluto e decise di cancellare l'esistenza stessa del popolo ebraico, popolo chiamato a rendere testimonianza all'unico Dio e alla Legge dell'Alleanza. A livello teologico non possiamo ignorare il fatto che non pochi aderenti al partito nazista non solo mostrarono avversione all'idea di una divina Provvidenza all'opera nelle vicende umane, ma diedero pure prova di un preciso odio nei confronti di Dio stesso. Logicamente, un simile atteggiamento condusse pure al rigetto del cristianesimo, e al desiderio di vedere distrutta la Chiesa o per lo meno sottomessa agli interessi dello Stato nazista.
Fu questa ideologia estrema che divenne la base delle misure intraprese, prima per sradicare gli ebrei dalle loro case e poi per sterminarli. La Shoah fu l'opera di un tipico regime moderno neopagano. Il suo antisemitismo aveva le proprie radici fuori del cristianesimo e, nel perseguire i propri scopi, non esitò ad opporsi alla Chiesa perseguitandone pure i membri.
Ma ci si deve chiedere se la persecuzione del nazismo nei confronti degli ebrei non sia stata facilitata dai pregiudizi antigiudaici presenti nelle menti e nei cuori di alcuni cristiani. Il sentimento antigiudaico rese forse i cristiani meno sensibili, o perfino indifferenti, alle persecuzioni lanciate contro gli ebrei dal nazionalsocialismo quando raggiunse il potere?
Ogni risposta a questa domanda deve tener conto del fatto che stiamo trattando della storia di atteggiamenti e modi di pensare di gente soggetta a molteplici influenze. Ancor più, molti furono totalmente ignari della « soluzione finale » che stava per essere presa contro un intero popolo; altri ebbero paura per se stessi e per i loro cari; alcuni trassero vantaggio dalla situazione; altri infine furono mossi dall'invidia. Una risposta va data caso per caso e, per farlo, è necessario conoscere ciò che precisamente motivò le persone in una specifica situazione.
All'inizio, i capi del Terzo Reich cercarono di espellere gli ebrei. Sfortunatamente, i Governi di alcuni Paesi occidentali di tradizione cristiana, inclusi alcuni del Nord e Sud America, furono più che esitanti ad aprire i loro confini agli ebrei perseguitati. Anche se non potevano prevedere quanto lontano sarebbero andati i gerarchi nazisti nelle loro intenzioni criminali, i capi di tali nazioni erano a conoscenza delle difficoltà e dei pericoli a cui erano esposti gli ebrei che vivevano nei territori del Terzo Reich. In quelle circostanze, la chiusura delle frontiere all'immigrazione ebraica, sia che fosse dovuta all'ostilità antigiudaica o al sospetto antigiudaico, a codardia o limitatezza di visione politica o a egoismo nazionale, costituisce un grave peso di coscienza per le autorità in questione.
Nelle terre dove il nazismo intraprese la deportazione di massa, la brutalità che accompagnò questi movimenti forzati di gente inerme, avrebbe dovuto suscitare il sospetto del peggio. I cristiani offrirono ogni possibile assistenza ai perseguitati, e in particolare agli ebrei?
Molti lo fecero, ma altri no. Coloro che aiutarono a salvare quanti più ebrei fu loro possibile, sino al punto di mettere le loro vite in pericolo mortale, non devono essere dimenticati. Durante e dopo la guerra, comunità e personalità ebraiche espressero la loro gratitudine per quanto era stato fatto per loro, compreso anche ciò che Pio XII aveva fatto personalmente o attraverso suoi rappresentanti per salvare centinaia di migliaia di vite di ebrei.(16) Molti Vescovi, preti, religiosi e laici, sono stati per tale ragione onorati dallo Stato di Israele.
Nonostante ciò, come Papa Giovanni Paolo II ha riconosciuto, accanto a tali coraggiosi uomini e donne, la resistenza spirituale e l'azione concreta di altri cristiani non fu quella che ci si sarebbe potuto aspettare da discepoli di Cristo. Non possiamo conoscere quanti cristiani in paesi occupati o governati dalle potenze naziste o dai loro alleati, constatarono con orrore la scomparsa dei loro vicini ebrei, ma non furono tuttavia forti abbastanza per alzare le loro voci di protesta. Per i cristiani questo grave peso di coscienza di loro fratelli e sorelle durante l'ultima guerra mondiale deve essere un richiamo al pentimento.(17)
Deploriamo profondamente gli errori e le colpe di questi figli e figlie della Chiesa. Facciamo nostro ciò che disse il Concilio Vaticano II con la Dichiarazione Nostra aetate, che inequivocabilmente afferma: « La Chiesa... memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque ».(18)
Ricordiamo e facciamo nostro quanto Papa Giovanni Paolo II, nel rivolgersi ai capi della comunità ebraica di Strasburgo nel 1988 affermò: « Ribadisco nuovamente insieme con voi la più ferma condanna di ogni antisemitismo e di ogni razzismo, che si oppongono ai principi del cristianesimo ».(19) La Chiesa cattolica, pertanto, ripudia ogni persecuzione, in qualsiasi luogo e in qualsiasi tempo, perpetrata contro un popolo o un gruppo umano. Essa condanna nel modo più fermo tutte le forme di genocidio, come pure le ideologie razziste che l'hanno reso possibile. Volgendo lo sguardo su questo secolo, siamo profondamente addolorati per la violenza che ha colpito gruppi interi di popoli e di nazioni. Ricordiamo in modo particolare il massacro degli armeni, le vittime innumerevoli nell'Ucraina degli anni '30, il genocidio degli zingari, frutto anch'esso di idee razziste, e tragedie simili accadute in America, in Africa e nei Balcani. Né vogliamo dimenticare i milioni di vittime dell'ideologia totalitaria nell'Unione Sovietica, in Cina, in Cambogia ed altrove. Neppure possiamo dimenticare il dramma del Medio Oriente, i cui termini sono ben noti. Anche mentre noi facciamo la presente riflessione, « troppi uomini continuano ad essere vittime dei propri fratelli ».(20)

V. Guardando insieme ad un futuro comune
Guardando al futuro delle relazioni tra ebrei e cristiani, in primo luogo chiediamo ai nostri fratelli e sorelle cattolici di rinnovare la consapevolezza delle radici ebraiche della loro fede. Chiediamo loro di ricordare che Gesù era un discendente di Davide; che dal popolo ebraico nacquero la Vergine Maria e gli Apostoli; che la Chiesa trae sostentamento dalle radici di quel buon ulivo a cui sono stati innestati i rami dell'ulivo selvatico dei gentili (cfr Rm 11,17-24); che gli ebrei sono nostri cari ed amati fratelli, e che, in un certo senso, sono veramente i « nostri fratelli maggiori ».(21)
Al termine di questo Millennio la Chiesa cattolica desidera esprimere il suo profondo rammarico per le mancanze dei suoi figli e delle sue figlie in ogni epoca. Si tratta di un atto di pentimento (teshuvà): come membri della Chiesa, condividiamo infatti sia i peccati che i meriti di tutti i suoi figli. La Chiesa si accosta con profondo rispetto e grande compassione all'esperienza dello sterminio, la Shoah, sofferta dal popolo ebraico durante la seconda Guerra Mondiale. Non si tratta di semplici parole, bensì di un impegno vincolante. « Rischieremmo di far morire nuovamente le vittime delle più atroci morti, se non avessimo la passione della giustizia e se non ci impegnassimo, ciascuno secondo le proprie capacità, a far sì che il male non prevalga sul bene, come è accaduto nei confronti di milioni di figli del popolo ebraico... L'umanità non può permettere che ciò accada di nuovo ».(22)
Preghiamo che il nostro dolore per le tragedie che il popolo ebraico ha sofferto nel nostro secolo conduca a nuove relazioni con il popolo ebraico. Desideriamo trasformare la consapevolezza dei peccati del passato in fermo impegno per un nuovo futuro nel quale non ci sia più sentimento antigiudaico tra i cristiani e sentimento anticristiano tra gli ebrei, ma piuttosto un rispetto reciproco condiviso, come conviene a coloro che adorano l'unico Creatore e Signore ed hanno un comune padre nella fede, Abramo.
Infine, invitiamo gli uomini e le donne di buona volontà a riflettere profondamente sul significato della Shoah. Le vittime dalle loro tombe, e i sopravvissuti attraverso la vivida testimonianza di quanto hanno sofferto, sono diventati un forte grido che richiama l'attenzione di tutta l'umanità. Ricordare questo terribile dramma significa prendere piena coscienza del salutare monito che esso comporta: ai semi infetti dell'antigiudaismo e dell'antisemitismo non si deve mai più consentire di mettere radice nel cuore dell'uomo.
16 Marzo 1998.
Cardinale Edward Idris Cassidy
Presidente
Pierre Duprey
Vescovo tit. di Thibar
Vice-Presidente
Remi Hoeckman O.P.
Segretario


(1) Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 33: AAS 87 (1995), 25.
(2) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso in occasione dell'incontro con la comunità ebraica della città di Roma (13 aprile 1986), 4: AAS 78 (1986), 1120.
(3) Giovanni Paolo II, Angelus dell'11 giugno 1995: Insegnamenti 181, 1995, 1712.
(4) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso alla Comunità ebraica di Budapest (18 agosto 1991), 4: Insegnamenti 142, 1991), 349.
(5) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 17: AAS 83 (1991), 814-815.
(6) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso ai Delegati delle Conferenze Episcopali per i rapporti con l'Ebraismo (6 marzo 1982): Insegnamenti 51, 1982, 743-747.
(7) Cfr Commissione della Santa Sede per le Relazioni religiose con gli ebrei, Note sul corretto modo di presentare gli ebrei e l'ebraismo nella predicazione e nella catechesi nella Chiesa cattolica romana (24 giugno 1985) VI, 1: Ench. Vat. 9, 1656.
(8) Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti all'incontro di studio su « Radici dell'antigiudaismo in ambiente cristiano » (31 ottobre 1997), 1: L'Osservatore Romano, 1 novembre 1997, p. 6.
(9) Cfr Nostra aetate, 4.
(10) Cfr B. Statiewski (Ed.), Akten deutscher Bischöfe über die Lage der Kirche, 1933-1945, vol. I, 1933-1934 (Mainz 1968), Appendix.
(11) Cfr L. Volk, Der Bayerische Episkopat und der Nationalsozialismus 1930-1934 (Mainz 1966), pp. 170-174.
(12) Del 14 marzo 1937: AAS 29 (1937), 145-167.
(13) La Documentation Catholique, 29 (1938), col. 1460.
(14) AAS 31 (1939), 413-453.
(15) Ibid., 449.
(16) Organizzazioni e personalità ebraiche rappresentative riconobbero varie volte ufficialmente la saggezza della diplomazia di Papa Pio XII. Ad esempio, il giovedì 7 settembre 1945 Giuseppe Nathan, Commissario dell'Unione delle Comunità Israelitiche Italiane, dichiarò: « Per primo rivolgiamo un reverente omaggio di riconoscenza al Sommo Pontefice, ai religiosi e alle religiose che, attuando le direttive del Santo Padre, non hanno veduto nei perseguitati che dei fratelli, e con slancio e abnegazione hanno prestato la loro opera intelligente e fattiva per soccorrerci, noncuranti dei gravissimi pericoli ai quali si esponevano » (L'Osservatore Romano, 8 settembre 1945, p. 2). Il 21 settembre dello stesso anno, Pio XII ricevette il Dott. A. Leo Kubowitzki, Segretario Generale del World Jewish Congress, recatosi in Udienza per presentare « al Santo Padre, a nome della Unione delle Comunità Israelitiche, i più sentiti ringraziamenti per l'opera svolta dalla Chiesa Cattolica a favore della popolazione ebraica in tutta l'Europa durante la guerra » (L'Osservatore Romano, 23 settembre 1945, p. 1). Il giovedì 29 novembre 1945 il Papa ricevette circa 80 delegati di profughi ebrei, provenienti dai campi di concentramento in Germania, giunti a manifestargli « il sommo onore di poter ringraziare personalmente il Santo Padre per la sua generosità dimostrata verso di loro, perseguitati durante il terribile periodo di nazifascismo » (L'Osservatore Romano, 30 novembre 1945, p. 1). Nel 1958, alla morte di Papa Pio XII, Golda Meir inviò un eloquente messaggio: « Condividiamo il dolore dell'umanità... Quando il terribile martirio si abbatté sul nostro popolo, la voce del Papa si elevò per le sue vittime. La vita del nostro tempo fu arricchita da una voce che chiaramente parlò circa le grandi verità morali al di sopra del tumulto del conflitto quotidiano. Piangiamo un grande servitore della pace ».
(17) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso al nuovo Ambasciatore della Repubblica Federale di Germania (8 novembre 1990), 2: AAS 83 (1991), 587-588.
(18) N. 4.
(19) N. 8: Insegnamenti 113, 1988, 1134.
(20) Giovanni Paolo II, Discorso ai membri del Corpo diplomatico (15 gennaio 1994), 9: AAS 86 (1994), 816.
(21) Giovanni Paolo II, Discorso in occasione dell'incontro con la comunità ebraica della città di Roma (13 aprile 1986), 4: AAS 78 (1986), 1120.
(22) Giovanni Paolo II, Discorso in occasione della commemorazione dell'Olocausto (7 aprile 1994), 3: Insegnamenti 171, 1994, 897 e 893

D)liturgia penitenziale presieduta dal Papa Giovanni Paolo II il 12-3-00
PREGHIERA UNIVERSALE
CONFESSIONE DELLE COLPE E RICHIESTA DI PERDONO 
Monizione iniziale 

Il Santo Padre: 
Fratelli e sorelle,
supplichiamo con fiducia Dio nostro Padre,
misericordioso e compassionevole,
lento all'ira, grande nell'amore e nella fedeltà,
perché accolga il pentimento del suo popolo,
che confessa umilmente le proprie colpe,
e gli conceda la sua misericordia. 

Tutti pregano per qualche momento in silenzio. 
I. CONFESSIONE DEI PECCATI IN GENERALE 
Un Rappresentante della Curia Romana: 
Preghiamo perché la nostra confessione e il nostro pentimento
siano ispirati dallo Spirito Santo,
il nostro dolore sia consapevole e profondo,
e perché, considerando con umiltà le colpe del passato,
in un'autentica «purificazione della memoria»,
ci impegniamo in un cammino di vera conversione. 

Preghiera in silenzio.
Il Santo Padre: 
Signore Dio,
la tua Chiesa pellegrina,
sempre da te santificata nel sangue del tuo Figlio,
in ogni tempo annovera nel suo seno
membri che rifulgono per santità
ed altri che nella disobbedienza a te
contraddicono la fede professata e il santo Vangelo.
Tu, che resti fedele
anche quando noi diventiamo infedeli,
perdona le nostre colpe
e concedici di essere tra gli uomini
tuoi autentici testimoni.
Per Cristo nostro Signore. 

R. Amen. 
Il Cantore: Kyrie, eleison; Kyrie, eleison; Kyrie, eleison. 
L'assemblea ripete: Kyrie, eleison; Kyrie, eleison; Kyrie, eleison. 
Viene accesa una lampada davanti al Crocifisso. 
II. CONFESSIONE DELLE COLPE NEL SERVIZIO DELLA VERITÀ 
Un Rappresentante della Curia Romana: 
Preghiamo perché ciascuno di noi,
riconoscendo che anche uomini di Chiesa,
in nome della fede e della morale,
hanno talora fatto ricorso a metodi non evangelici
nel pur doveroso impegno di difesa della verità,
sappia imitare il Signore Gesù,
mite e umile di cuore. 

Preghiera in silenzio. 
II Santo Padre: 
Signore, Dio di tutti gli uomini,
in certe epoche della storia
i cristiani hanno talvolta accondisceso a metodi di intolleranza
e non hanno seguito il grande comandamento dell'amore,
deturpando così il volto della Chiesa, tua Sposa.
Abbi misericordia dei tuoi figli peccatori
e accogli il nostro proposito
di cercare e promuovere la verità nella dolcezza della carità,
ben sapendo che la verità
non si impone che in virtù della stessa verità.
Per Cristo nostro Signore. 

R. Amen. 
R. Kyrie, eleison; Kyrie, eleison; Kyrie, eleison. 
Viene accesa una lampada davanti al Crocifisso
[…]
IV. CONFESSIONE DELLE COLPE NEI RAPPORTI CON ISRAELE 
Un Rappresentante della Curia Romana: 
Preghiamo perché, nel ricordo delle sofferenze patite
dal popolo di Israele nella storia,
i cristiani sappiano riconoscere i peccati
commessi da non pochi di loro
contro il popolo dell'alleanza e delle benedizioni,
e così purificare il loro cuore. 

Preghiera in silenzio. 
Il Santo Padre: 
Dio dei nostri padri,
tu hai scelto Abramo e la sua discendenza
perché il tuo Nome fosse portato alle genti:
noi siamo profondamente addolorati
per il comportamento di quanti
nel corso della storia hanno fatto soffrire questi tuoi figli,
e chiedendoti perdono vogliamo impegnarci
in un'autentica fraternità
con il popolo dell'alleanza.
Per Cristo nostro Signore. 

R. Amen. 
R. Kyrie, eleison; Kyrie, eleison, Kyrie, eleison. 
Viene accesa una lampada davanti al Crocifisso. 
V. CONFESSIONE DELLE COLPE COMMESSE CON COMPORTAMENTI CONTRO L'AMORE, LA PACE, I DIRITTI DEI POPOLI, IL RISPETTO DELLE CULTURE E DELLE RELIGIONI 
Un Rappresentante della Curia Romana: 
Preghiamo perché nella contemplazione di Gesù,
nostro Signore e nostra Pace,
i cristiani sappiano pentirsi delle parole e dei comportamenti
che a volte sono stati loro suggeriti dall'orgoglio, dall'odio,
dalla volontà di dominio sugli altri,
dall'inimicizia verso gli aderenti ad altre religioni
e verso gruppi sociali più deboli,
come quelli degli immigrati e degli zingari. 

Preghiera in silenzio. 
Il Santo Padre: 
Signore del mondo, Padre di tutti gli uomini,
attraverso tuo Figlio
tu ci hai chiesto di amare il nemico,
di fare del bene a quelli che ci odiano
e di pregare per i nostri persecutori.
Molte volte, però, i cristiani hanno sconfessato il Vangelo
e, cedendo alla logica della forza,
hanno violato i diritti di etnie e di popoli,
disprezzando le loro culture e le loro tradizioni religiose:
mostrati paziente e misericordioso con noi e perdonaci!
Per Cristo nostro Signore. 

R. Amen. 
R. Kyrie, eleison; Kyrie, eleison; Kyrie, eleison. 
Viene accesa una lampada davanti al Crocifisso 
[…]
Preghiera in silenzio. 
Il Santo Padre: 
Dio, Padre nostro,
che sempre ascolti il grido dei poveri,
quante volte anche i cristiani non ti hanno riconosciuto
in chi ha fame, in chi ha sete, in chi è nudo,
in chi è perseguitato, in chi è incarcerato,
in chi è privo di ogni possibilità di autodifesa,
soprattutto negli stadi iniziali dell'esistenza.
Per tutti coloro che hanno commesso ingiustizie
confidando nella ricchezza e nel potere,
e disprezzando i « piccoli »,
a te particolarmente cari,
noi ti chiediamo perdono:
abbi pietà di noi ed accogli il nostro pentimento.
Per Cristo nostro Signore. 

R. Amen 
R. Kyrie, eleison; Kyrie, eleison; Kyrie, eleison. 
Viene accesa una lampada davanti al Crocifisso. 
Orazione conclusiva 
Il Santo Padre: 
O Padre misericordioso,
tuo Figlio Gesù Cristo, giudice dei vivi e dei morti,
nell'umiltà della prima venuta
ha riscattato l'umanità dal peccato
e nel suo glorioso ritorno chiederà conto di ogni colpa:
ai nostri padri, ai nostri fratelli e a noi tuoi servi,
che mossi dallo Spirito Santo
ritorniamo a te pentiti con tutto il cuore,
concedi la tua misericordia e la remissione dei peccati.
Per Cristo nostro Signore.

R. Amen.
Il Santo Padre in segno di penitenza e di venerazione abbraccia e bacia il Crocifisso.
[Il Papa terminò con una serie di “mai più”: "Mai più contraddizioni alla carità nel servizio della verità, mai più gesti contro la comunione della Chiesa, mai più offese verso qualsiasi popolo, mai più ricorsi alla logica della violenza, mai più discriminazioni, esclusioni, oppressioni, disprezzo dei poveri e degli ultimi".]
Il Santo Padre:

Il Signore sia con voi.
E con il tuo spirito.

Vi benedica il Padre che ci ha generati alla vita eterna.
Amen.

Vi benedica il Cristo che ci ha fatti suoi fratelli.
Amen.

Vi benedica lo Spirito Santo che dimora nel tempio dei nostri cuori.
Amen.

Vi benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo.
Amen.



Fratelli e sorelle,
questa liturgia che ha celebrato la misericordia del Signore
e ha voluto purificare la memoria
del cammino dei cristiani nei secoli
susciti in tutta la Chiesa e in ciascuno di noi
un impegno di fedeltà al messaggio perenne del Vangelo:
mai più contraddizioni alla carità nel servizio della verità,
mai più gesti contro la comunione della Chiesa,
mai più offese verso qualsiasi popolo,
mai più ricorsi alla logica della violenza,
mai più discriminazioni, esclusioni, oppressioni,
disprezzo dei poveri e degli ultimi.
E il Signore con la sua grazia
porti a compimento il nostro proposito
e ci conduca tutti insieme alla vita eterna.

Amen.