Le relazioni creano il senso della vita
Quando iniziai il catechismo dell’infanzia, che ebbi proprio nella nostra parrocchia, cominciarono con lo spiegarmi chi era Dio. Avrebbero fatto forse meglio a spiegarmi prima chi ero io. Capii confusamente di essere qualcuno nella massa degli uomini, nella specie dei bambini e che, come tale, avevo degli obblighi assai vasti di obbedienza nei confronti dei miei genitori, innanzi tutto, e poi di coloro che ne facevano le veci, nonne, preti, maestri e poi l’Akela dei lupetti. In cima a tutti c’era questo Dio, che fondava il potere di tutti gli altri sotto e che poteva mandarti all’inferno, per sempre, per la minima disobbedienza. Per molti la religione rimane essenzialmente questo, anche quando la riscoprono in altre stagioni della vita o, addirittura, solo da anziani. La rivoluzione nella catechesi che si cercò di progettare negli anni ’70 cercò di presentare un diverso modo di vivere la fede, ma nella pratica non ci si riuscì mai, perché senza la sacralizzazione del potere di cui dicevo sembrava che tutto svanisse.
Noi capiamo chi siamo mediante le relazioni sociali a cui partecipiamo nelle varie età della vita, nella quale troviamo un limite oggettivo come quello che ci si prospetta verso la fine. Se ne prese coscienza anche in religione negli anni ’60 e ’70 e si cercò quindi di organizzare la catechesi rinnovata in comunità educanti, le quali, però, finirono per manifestare un certo dispotismo, quando non realmente partecipate. Non basta, infatti, all’animo umano proporre di continuare a fare come tutti gli altri, e meno che mai secondo i costumi della famiglia di origine. Queste comunità ovile o comunità serra, la cui caratteristica era la separazione dal resto della società per preservare nuclei di resistenti, creavano relazioni troppo povere, in particolare per i giovani, che per fisiologia sono spinti a rendersi autonomi. Inoltre finiscono per selezionare elementi docili, l’urtante termine che purtroppo ricorre nel Magistero quando si rivolge ai laici, mentre gli altri prendono altre strade. La crisi dei modelli ecclesiali correnti è prima di tutto crisi di relazioni sociali, alla quale si cerca di porre inutilmente rimedio con la spiritualità miracolistica e l’agitazione liturgica, la prima fortemente caratterizzante la seconda. Nell’attuale prassi liturgica il popolo, composto in massima parte da persone laiche, è ridotto al ruolo di mera comparsa adorante e non ha vera voce.
Formare alla fede, come in ogni altro tipo di formazione vera, significa costruire società, quindi relazioni tra persone. Anche quella con Dio, come viene inteso tra i cristiani, va costruita, per questo non è mai la stessa in tutte le persone e anche nell’evolvere dei tempi.
Da bambino, per come mi presentavano la religione, pensai che avrei finito per annoiarmene: man mano che crescevo mi resi conto che le persone, nella loro vita, non hanno mai veramente il tempo di annoiarsi perché essa è breve, troppo breve, e le stagioni della vita si succedono tumultuosamente, cambiando il mondo che percepiamo intorno perché cambiano le nostre relazioni con esso. Chi vuole fermare il proprio tempo, ad esempio sforzandosi di credere come quand’era bambino, rimane deluso, perché non funziona per quanto ci si sforzi, attivando,l’immaginazione.
Piuttosto la religione, se non tiene conto che le persone cambiano, diventa rapidamente inutile e, proprio perché il tempo della loro vita è poco, le persone tendono a non sprecarlo per ciò che si rivela inutile.
La religione, come ancora oggi è presentata, diventa rapidamente inutile. Pochi tra i laici hanno il privilegio di approfondirla in modo da rendersi conto perché, invece, essa è stata amata da grandi anime del passato, e lo è anche oggi, e tra esse persone molto sapienti.
Il miglioramento della formazione religiosa delle persone laiche, da non intendere strettamente come catechesi ma come costruzione sociale, è pregiudiziale all’esito del processo sinodale diffuso che si sta progettando nella Chiesa italiana dal prossimo ottobre, perché non si risolva nella solita, noiosa, insensata, pantomima paraliturgica, nella quale il ruolo delle persone laiche è più che altro quello di recitare ciò che leggono sul foglietto con la loro parte.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli