Cultura religiosa
Negli scorsi anni Cinquanta i laici italiani cominciarono a contare di più nella nostra Chiesa, questo essenzialmente per il ruolo politico nelle vicende nazionali che si erano dimostrati capaci di svolgere. Era stato il risultato di un lungo processo di formazione che si era svolto prevalentemente in Azione Cattolica, organismo costruito dal Papato agli inizi del Novecento, nei tempi bui della persecuzione antimodernista, proprio al fine di costituire una forza sociale e politica che sostenesse le sue rivendicazioni politiche. La nuova associazione, in realtà fatta di un complesso coordinato di associazioni di settore, aveva presto superato le aspettative clericali, finendo per costruire ed esprimere una multiforme cultura democratica. Poiché l’Italia, ormai organizzata politicamente come stato nazionale, era divenuta una sorta di laboratorio politico del Papato, i principi fondamentali di quell’esperienza finirono per orientare la politica ecclesiastica mondiale, anche se la cultura teologica che venne impiegata per pensare il nuovo corso ci provenne in gran parte da intellettuali francesi, in particolare da filosofo Jacques Maritain (1882-1973) e dai teologi Yves Congar (1904-1995) ,domenicano, ed Henry de Lubac (1896-1991), gesuita. Giovanni Battista Montini apprezzò particolarmente il pensiero del primo e, al termine del Concilio Vaticano 2º, consegnò da Papa a Maritain il messaggio del Concilio agli uomini di pensiero e di scienza. Questo nuovo clima culturale influì molto anche in Germania, un’altra nazione europea che era finita in preda al fascismo e nella quale i cristiani, protestanti e cattolici, dal secondo dopoguerra svolsero un ruolo fondamentale nella ricostruzione politica ed economica nazionale, mentre durante il passato regime erano stati prevalentemente silenziati e asserviti, non essendosi manifestato il quel Paese qualcosa di analogo al clericofascismo italiano. Non sono d’accordo, quindi, con un commentatore politico italiano il quale ha scritto l’altro giorno che la lunga egemonia politica dei cattolici italiani, durata dal ’46 al ’94, sia stata “accidentale”: in realtà si colse ciò che era stato a lungo seminato.
Lo stesso può dirsi a proposito dei nostri attuali problemi ecclesiali, ai quali ci si propone di porre un rimedio con il processo sinodale diffuso che inizierà dal prossimo ottobre.
La politica ecclesiale del Papato durante il lungo regno papale di san Karol Wojtyla non si è rivelata positiva per l’Italia, tesa com’era fondamentalmente a sopire, anche con una pressione disciplinare su clero e religiosi, i fermenti che si erano manifestati nella nostra Chiesa negli anni Settanta, quelli in cui si cercò di attuare i principi deliberati durante il Concilio Vaticano 2º. Ne è derivato un certo clericalismo tra i laici italiani che ne ha ridotto la capacità di pensiero innovativo anche nel campo loro più proprio delle cose sociali e politiche. Del resto era proprio questo che si voleva produrre. Finora quindi gli appelli ad un loro nuovo protagonismo che ciclicamente sono venuti dai vescovi italiani e dai Papi dal 2005 sono andati delusi. Come i chierici e i religiosi, i laici temono l’emarginazione esponendosi. Del resto le occasioni di incontro intraecclesiale sono in genere egemonizzate dall’episcopato e scontentarlo può costare caro, a chi preme di avere voce nella nostra Chiesa. Così anche i vibrati appelli al rinnovamento venuti dal 2013 da papa Francesco non hanno avuto una buona accoglienza, anche perché egli ragiona secondo una prospettiva culturale assai distante da quelle alla quali i cattolici italiani hanno finito in prevalenza per acculturarsi, che sono il clericofascismo, ancora assai radicato, e il cattolicesimo democratico.
È importante quindi, cercando di liberarsi delle semplicistiche parole d’ordine, vuote di senso, dell’ecclesialese clericale, provare a riprendere a ragionare di cultura religiosa nella prospettiva dei laici, cercando di non pasticciare troppo con la teologia, che, in passato, ha fatto più danni che bene nelle cose sociali. Come ho scritto, meglio attenersi alla teologia scritta nei documenti del Concilio Vaticano 2º, definita dal Montini il “catechismo dei nostri tempi”. Basta e avanza. E per capirla ci vuole comunque molto impegno.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa- Roma, Monte Sacro, Valli