Le basi dogmatiche della riforma sui laici già esistono
Peter Neuner, in Per una teologia del popolo di Dio, Queriniana 2016, osserva (pag.72-83) che l’inesorabile nuova dogmatica affermatasi nel Concilio di Trento (1545-1563), a seguito della quale la Chiesa venne vista innanzi tutto e prima di tutto come una grandezza suddivisa in classi, come una società di diseguali, con il clero che accentrava nella pratica la definizione dei principi, lasciando ai laici il solo compito di testimoniare ciò che era stato loro insegnato dai pastori, venne mitigata nei decreti di riforma del medesimo Concilio, che ponevano al centro dei compiti di vescovi e sacerdoti la predicazione e la pastorale. Quest’ultima parte della riforma attuata con quel Concilio è sostanzialmente sopravvissuta nelle concezioni alla base delle deliberazioni del Concilio Vaticano 2º, svoltosi circa quattro secoli dopo, mentre la dogmatica ecclesiale del Concilio di Trento appare radicalmente mutata, in particolare con la Costituzione dogmatica sulla Chiesa Luce per genti – Lumen gentium. Semplicemente, non se ne sono tratte ancora tutte le conseguenze con riferimento in particolare alle posizioni e alle funzioni ecclesiali dei laici. È un lavoro che non può essere completato solo da autocrati religiosi e dai loro teologi di corte, i quali fatalmente, come dimostrato dall’esperienza storica della fase attuativa del Concilio Vaticano 2º, finora fallita, cercheranno di proporre una lettura restrittiva della nuova dogmatica deliberata in quel Concilio per esimere i gerarchi dall’attuarla. La legge generale di ogni potere politico, e quello della nostra gerarchia ecclesiale ha anche questa natura, ed è questo suo aspetto ad umiliare i laici, è quella di resistere ad ogni riforma che ne comporti limiti, prospettando la dissoluzione del corpo politico di riferimento. La fase attuativa del Concilio Vaticano 2º abortirà se, per la parte che riguarda il laicato, non sarà largamente partecipata dal laicato, mediante processi propriamente democratici e non solo sinodali.
Poiché i profili dogmatici sono già stati faticosamente definiti e tenuto conto che la teologia cattolica in Italia, prevalentemente organizzata in università controllate dalla gerarchia mediante una asfissiante pressione disciplinare, tende a sopravvivere adattandosi agli orientamenti della gerarchia che attualmente spingono verso interpretazioni restrittive della dogmatica dell’ultimo concilio, è consigliabile muoversi nell’ottica della dogmatica conciliare, cercando di trarne tutte le possibili conseguenze in tema di laicato, invece che ulteriormente pasticciare confusamente in teologia, finendo stritolati da quella di corte fondamentalmente reazionaria ma capace di un pensiero raffinato.
Il punto di forza del laicato è questo: l’attuale sua umiliante condizione ecclesiale deriva da una disumanizzazione delle persone di fede non appartenenti al clero, ridotte ideologicamente alla condizione di gregge alla completa mercé di gerarchi ecclesiali, che in realtà si sono riconosciuti bisognosi del consiglio dei laici anche nei compiti loro propri della predicazione e della cosiddetta pastorale. Questo è dimostrato dalla riconosciuta ampia partecipazione di esperti laici alla redazione delle encicliche pontificie almeno dalla Delle novità – Rerum novarum del 1891. La direzione politica dell’organizzazione ecclesiale è arbitrariamente ancora riservata alla gerarchia, anche negli aspetti che non toccano la predicazione e la pastorale, come quelli, ad esempio, dell’amministrazione e utilizzazione dei beni ecclesiastici, tipico il caso della Cittá del Vaticano ma la stessa situazione si ripresenta in un ambiente sociale di base come la parrocchia, e quelli delle relazioni politiche con i poteri civili, nelle quali ancora, ed arbitrariamente dal punto di vista della dogmatica, quando si parla della Chiesa si intende ancora solo la gerarchia ecclesiastica.
Dati i deliberati dogmatici del Concilio Vaticano 2º in materia di Chiesa è possibile uscire tranquillamente dalla politica ecclesiastica di impero religioso che ci ha connotati (solo) dal Secondo Millennio e costruire, a partire dalla pratica, quindi iniziando a farne tirocinio, forme più partecipate e meno umilianti per i laici di essere e fare Chiesa. E non si deve temere per il fatto che una cosa del genere non ci sia stata mai nel passato, ed è vero, perché, sotto questo specifico profilo, non abbiamo più esempi virtuosi ancora validi per il nostro oggi, ma una storia tremenda, veramente orrenda nella sua estrema, estesissima ed efferata violenza, dalla quale occorre distanziarci in quel lavoro di purificazione della memoria al quale iniziò a guidarci, nell’ultima fase del suo regno di Papa, san Karol Wojtyla e che ora sembra caduto un po’ in desuetudine. Questa storia sconvolgente non risale però alle origini e, in particolare, al nostro Maestro, mite e umile di cuore, ma a teologie politiche di molto successive, le ultime manifestazioni eclatanti delle quali si ebbero durante il Concilio di Trento e il Concilio Vaticano 1º (1869-1870), travolto traumaticamente dagli eventi bellici italiani che portarono alla soppressione dello Stato Pontificio nel Centro Italia. Il Concilio Vaticano 2º inaugurò una nuova era.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli