Difficile sinodo
Il Sinodo della Chiesa cattolica tedesca, il cui inizio ha preceduto quello della nostra, spaventa la nostra gerarchia, che si rende ben conto che, volendo veramente coinvolgere tutti i fedeli, e non solo ritualmente, difficilmente si riuscirà a eludere i problemi, in particolare quello della umiliante condizione dei laici, e tra essi quella delle donne, e la crisi del sacerdozio ministeriale come stato di vita separato e privilegiato. Quindi penso che si sceglierà la via solita di ritualizzare e in tal modo di circoscrivere il contributo effettivo dei laici a quella parte di loro che ancora non si scandalizza di essere tenuto nella posizione di gregge.
La situazione alla quale non si riesce a porre rimedio ha origini storiche e si è particolarmente inasprita dal 16º secolo, nella fase applicativa del Concilio di Trento (1545-1563). La maggior parte dei fedeli non ne ha nessuna consapevolezza, ma i preti sì, ne vengono informati nel corso del loro lungo iter formativo. Se ne tratta, ad esempio, in NEUNER Peter,Per una teologia del popolo di Dio, pubblicato nel 2015 in Germania e in traduzione italiana da Queriniana l’anno successivo. Ne cito di seguito alcuni brani.
(pag. 64-65) La distinzione tra clero e laici caratterizzò l’ecclesiologia medievale che consisteva fondamentalmente in una dottrina della gerarchia e dei suoi poteri. Le immagini dell’unico popolo di Dio e dell’unico corpo di Cristo furono modificate in modo tale da non esprimere più l’unitá della chiesa, ma una separazione interna. […] La chiesa diventata una città con due popoli, l’uno raccolto dietro il papa, formato da vescovi,dai sacerdoti e dai monaci, l’altro raccolto dietro l’imperatore, formato dai principi, dai cavalieri, dai contadini, da uomini e donne.
[…] Clero e laici stavano gli uni di fronte agli altri in un atteggiamento di fondamentale ostilità, come chi domina e chi è dominato.
[…] Di fatto, i laici ora erano privati di tutto ciò che era significativo per la loro loro vita ecclesiale. Ora tutto questo apparteneva al clero.
[72-74] Nei decreti dogmatici del concilio [di Trento] il sacerdote è presentato come l’uomo dei sacramenti, caratterizzato dal potere di consacrare i doni eucaristici e di perdonare i peccati, vale a dire dai poteri che il laico non ha. […] I sacerdoti furono, per così dire, rapiti in cielo. Ne troviamo un esempio nel Catechismus romanus,un documento ufficiale che doveva rielaborare le decisioni del concilio di Trento per i parroci e le comunitá, nel quale si dice che “nessuna missione sulla terra è più sublime di quella dei sacerdoti e giustamente i preti sono chiamati non solo angeli, ma addirittura dèi, portando in sé stessi l’efficacia e la maestà della divinitá”.
[…]
Nell’epoca che segue il concilio di Trento la Chiesa viene vista innanzitutto e prima di tutto come una grandezza suddivisa in classi, come una società di diseguali. […] L’impostazione era chiara: da una parte c’era la. Chiesa docente, dall’altra la Chiesa discente e obbediente. I fedeli sono le pecore delle quali si prendono cura i pastori. La loro funzione nell’annuncio è limitata a “testimoniare ciò che è stato loro insegnato dai pastori”.
[…] Questa concezione della chiesa trovò la sua codificazione anche nel diritto canonico.Questo era quai esclusivamente un diritto riguardante il clero. I laici comparivano quasi esclusivamente come oggetti di diritto, non come soggetti di diritti. […] [Nel sistema del codice di diritto canonico del 1917] i laici sono coloro dei quali ci si deve prendere cura e sui quali, per questo motivo [il clero] può esercitare le proprie potestà. E anche laddove ai laici viene aperta la possibilità di esercitare una parte attiva, come ad esempiomnell’Azione Cattolica, nelle associazioni e confraternite, il diritto canonico deve fare in modo che tutte queste attività possano essere compiute attentamente soltanto sotto la guida e le direttive del clero. I laici, in definitiva, avevano soltanto il diritto di farsi accudire spiritualmente dal clero e di adempiere alcune e ben circoscritte funzioni seguendo le indicazioni della gerarchia ecclesiastica. E quando un sacerdote veniva privato dei diritti speciali che gli spettavano nella chiesa, questo atto veniva detto laicizzazione, riduzione allo stato laicale.
Le deliberazioni del Concilio Vaticano 2º (1962-1965), che ebbe come centro di riflessione la Chiesa come popolo di Dio e di conseguenza la condizione del laicato, iniziarono a scostarsi da quegli sviluppi ideologici prodottisi essenzialmente nel Secondo Millennio della storia della cristianità, ma in modo incompleto, mantenendone fondamentalmente la concezione della struttura gerarchica. Inoltre, nella lunga egemonia di san Karol Wojtyla e e di Joseph Ratzinger ai vertici ecclesiali, caratterizzata da un marcato inasprimento disciplinare verso clero e religiosi, gli unici strati della popolazione cristiana rimasti quasi completamente nel dominio della gerarchia ecclesiale, si cercò di imporne una interpretazione fortemente restrittiva, nel corso di quello che con il senno del poi appare un lungo inverno ecclesiale caratterizzato dalla profonda diffidenza in particolare verso i movimenti laicali dell’Europa occidentale.
Da ciò, sostanzialmente, la profonda crisi della partecipazione ecclesiale nella Chiesa cattolica italiana, dalla parte dei laici, ma anche di clero e religiosi, salvo frange reazionarie piuttosto bellicose e rumorose, ma pur sempre frange.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli