dal WEB:
http://www.settimanesociali.it/wp-content/uploads/2017/10/Santoro-29-ottobre.pdf
48ª
Settimana Sociale “Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo,
solidale” Cagliari, 26-29 ottobre 2017
Conclusioni di Mons.
Filippo Santoro, Presidente del Comitato
Cagliari, 29 ottobre 2017
In
questa Settimana Sociale abbiamo fatto davvero una esperienza di lavoro comune:
dalla preghiera, alla meditazione sapienziale sul valore del lavoro nella
Bibbia, dall’ascolto dei drammi e delle criticità nel mondo del lavoro alle
buone pratiche, dal dialogo critico tra di noi e con le istituzioni, alle
proposte per il parlamento ed il governo dell’Italia e dell’Europa. Abbiamo
fatto un lavoro sinodale che è cominciato ben prima di queste giornate. Le
delegate e i delegati laici, i vescovi, religiosi e religiose sono stati i
protagonisti di questi giorni. Vi ringraziamo di cuore.
Come
anche ringraziamo i preziosi contributi dei membri del Comitato scientifico ed
organizzatore, delle persone della cultura, della politica, delle associazioni
e dei movimenti cattolici presenti, del mondo del sindacato e dell’impresa. Un
ringraziamento speciale per la presenza del Cardinale Bassetti , nostro
presidente della CEI, del nostro Segretario Generale Mons. Nunzio Galantino.
Siamo grati ai ministri, al Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, che è
stato colpito dallo spirito e dall’intenzione di questa Settimana Sociale, ha
ascoltato le nostre proposte e ed ha offerto un quadro complessivo della
questione lavoro. Un vivo ringraziamento al Presidente del Parlamento Europeo,
Antonio Tajani, che è stato presente in maniera qualificata al nostro incontro.
Continueremo a coltivare questo rapporto con le istituzioni sensibilizzandole
nell’unico interesse per il bene comune.
1. L’aspetto centrale del nostro convenire è stato il senso del lavoro che si identifica con il lavoro
degno. Nel suo messaggio il Santo Padre ci ha detto. “La dignità del lavoro
è la condizione per creare lavoro buono: bisogna perciò difenderla e
promuoverla”.
Sono
state sempre presenti dinanzi ai nostri occhi i volti delle persone, di chi non
ha lavoro, di chi non lo ha più, di chi rischia di perderlo, di chi ha un
lavoro precario o non degno perché incapace di sostenere il costo della vita e
della famiglia. Parlando di volti, la testimonianza di Stefano Arcuri marito
della bracciante Paola Clemente, morta mentre lavorava nei campi, ci ha tenuti con
fiato sospeso ed ha mostrato la ferita che ci lacera il cuore quando il lavoro
non è per la vita, ma per la morte. Per lei e per tutte le vittime del lavoro
la nostra preghiera e il silenzioso omaggio di questa assemblea.
È
riecheggiata costantemente la Dottrina Sociale della Chiesa dalla Rerum
Novarum alla Laudato Si’ che ha messo in risalto esplicitamente
nella Laborem Excercens “il fatto che il lavoro umano è una chiave, e
probabilmente la chiave essenziale di tutta la questione sociale” (LE 3).
Il lavoro
infatti risponde al bisogno della persona, alle
sue esigenze fondamentali che sono di pane, di realizzazione, di significato,
di giustizia, di felicità, di infinito. Per questo obiettivo vale la pena il
sudore quotidiano, la fatica e il sacrificio, ma anche il giusto riposo perché
il lavoro non si trasformi in idolo. Ci è
stato detto che “senza il riposo ogni lavoro è schiavitù”; ed ancora che il
frutto del lavoro può essere goduto solo se lasciamo uno spazio libero di non
lavoro e di festa, e questo abbiamo il diritto dovere di farlo particolarmente
nel giorno del Signore. Nel lavoro fatto con un senso, e quindi ben fatto,
si costruisce la persona, la famiglia, la società portando avanti l’opera
creatrice di Dio. Le dita del Michelangelo ce lo hanno costantemente ricordato.
Tutto ciò non è un riferimento romantico, ma ci spinge a rispondere alla
gravità della situazione in cui viviamo oggi.
Così
abbiamo preso in considerazione le più evidenti criticità e tra loro
innanzitutto quella che riguarda il rapporto giovani e lavoro e quindi la
distanza tra sistema educativo e mondo del lavoro, il lavoro delle donne, il
lavoro e la cura della casa comune, il lavoro malsano, pericoloso e le altre
criticità del lavoro. Ce lo hanno fortemente e artisticamente documentato la
mostra e il docufilm.
I nostri esperti ci hanno indicato le cause
della disoccupazione e delle varie criticità identificando alcuni mali sociali.
Innanzitutto investimenti senza progettualità; finanza senza responsabilità;
tenore di vita senza sobrietà; efficienza tecnica senza coscienza; politica
senza società; rendite senza ridistribuzione; richiesta di risultati senza
sacrifici.
2. Tutto ciò
comporta una vera “conversione
culturale” legata alla riscoperta del senso del lavoro come lo ha
vissuto nelle sue forme migliori il cattolicesimo democratico e popolare in
dialogo con le altre visioni della vita presenti nel Paese. Ciò accade mediante
la valorizzazione dei legami sociali e spirituali in un nuovo rapporto tra
imprenditore e lavoratore quando, come ha detto il Papa a Genova, “l’imprenditore
non deve confondersi con lo speculatore” e quindi riscoprendo un nuovo
ruolo decisivo dell’impresa. È sempre più importante mettere insieme economia e
società, le persone con le loro aspirazioni legittime e la visione alta della
politica.
In tal
senso non immaginiamo un impossibile
futuro, ma proprio in questi giorni abbiamo verificato come fattore decisivo
l’esistenza di “buone pratiche”
sparse per tutta l’Italia. Questa prospettiva genera una presenza originale
fonte di nuove forme di vita per la persona, la famiglia e la società. Genera
creatività per mezzo di imprese virtuose che non hanno come fine ultimo il puro
profitto economico fine a se stesso, ma semmai fonte positiva di ricchezza condivisa
ed inclusiva per tutti in particolare gli scartati.
Qui a
Cagliari abbiamo dato spazio e
visibilità sia nella mostra come nel docufilm, nei tavoli di lavoro e negli
incontri personali a molte delle oltre 400 buone pratiche raccolte nei mesi
scorsi nel progetto Cercatori di lavoro.
Si è vista l’opera di imprenditori, di piccole, medie e grandi aziende, di
cooperative, di iniziative sorte nel sindacato e anche in amministrazioni,
tutta una preziosa “retinopera” che
già si muove in modo da favorire l’occupazione, particolarmente quella
giovanile, con sostenibilità sia sociale che ambientale.
Le
Settimane Sociali di Cagliari hanno segnato una vera novità di metodo. che è
persino più importante delle singole buone pratiche identificate e delle
proposte per l’Italia e per l’Europa. Il metodo è stato vissuto a vari livelli
dal cammino preparatorio fatto dal Comitato promotore della Settimana, ai
lavori fatti in molte Diocesi, al progetto Policoro e particolarmente dai
Cercatori di LavOro che, in questo caso è consistito nel mettersi in cammino
per incontrare sui territori i 10, 100, 400 innovatori che hanno creato o
favorito la creazione di buon lavoro (imprese, istituzioni formative,
amministrazioni). Ne è uscita una fotografia del paese dove a trainare sono la
manifattura di qualità che rilocalizza in Italia e cerca lavoratori qualificati
che spesso non trova, il settore socio-assistenziale sempre più importante con
i servizi alla persona, l’economia che valorizza il genius loci dei nostri territori, enogastronomia, arte, storia e
cultura.
Nell’appuntamento di Cagliari i 100 tavoli
hanno lavorato per estrarre da queste buone pratiche suggerimenti per risolvere
la piaga della mancanza di lavoro, di un lavoro degno nel nostro paese.
Cagliari è solo una tappa intermedia tra il
percorso preparatorio che ha portato alla raccolta delle buone pratiche e il
percorso futuro. Nel quale questa rivoluzione di metodo può diventare un
processo permanente in grado di informare, disseminare, innovare e valutare
favorendo nascita e riproducibilità sul territorio
Un altro ambito vitale per il superamento
della disoccupazione giovanile è costituito dal superamento della distanza tra
istituzioni formative e mondo del lavoro con l’esigenza, prima fra tutte di
trovare un percorso adeguato all’alternanza scuola-lavoro. È urgente
investire su una formazione più efficace e più breve per l’ingresso dei giovani
nel mondo del lavoro e prevedere una formazione continua per chi già lavora in modo da gestire adeguatamente
un lavoro 4.0.
Ci sono
poi due orizzonti che vogliamo privilegiare come indicazione del percorso del
dopo Cagliari: il Mezzogiorno col Mediterraneo e l’Europa.
3.Tale rivoluzione di metodo è possibile se
decliniamo adeguatamente i termini di una “conversione culturale” che risponde
alle esigenze di un cambiamento d’epoca come ci dice papa Francesco.
Ci ha detto Mauro Magatti che “Per il nostro
Paese, cogliere le opportunità di questa nuova fase storica è una meta
impegnativa ma ineludibile. Una via stretta che comincia con il mettere in
agenda 3 tematiche”.
Si
discute tanto di formazione e competenze. Ma su una cosa almeno possiamo essere d’accordo: occorre superare le false dicotomie che
separano invece di tener insieme. La persona intera è fatta di più dimensioni
(cognitiva, emotiva, manuale, sociale) che vanno stimolate e curate, avendo
cura di attivare sia il sapere teorico che quello pratico. In una prospettiva
di sviluppo sostenibile, l’inclusione è un principio economico.
Secondariamente, rimettere al centro il
lavoro significa creare un ambiente
favorevole a chi lo crea e a chi lo esercita. Un obiettivo che in Italia
appare ancora molto lontano.
Infine, solo il lavoro che riconosce la
dignità del lavoratore e lo ingaggia nella produzione di un valore non solo
economico rende sostenibile la competitività e permette di fronteggiare la
sfida della digitalizzazione. Per questo oggi, per fare la quantità di lavoro
occorre puntare sulla sua qualità: passare da un’economia della sussistenza -
come fabbricazione e sfruttamento - ad un’economia dell’esistenza -
produttrice, cioè, di saper-vivere e di saper-fare è la via per salvare e
insieme umanizzare il lavoro.
La proposta della 48esima edizione delle
Settimane Sociali dei Cattolici italiani è che proprio la nuova centralità del
lavoro segni la via che dobbiamo percorrere, diventando il cardine di una
inedita alleanza intergenerazionale capace di salvare i nostri figli dalla
stagnazione e gli anziani da una progressiva perdita di protezione.
Questa è
la linea auspicata dal Presidente della CEI, il cardinale Bassetti, quando ha
parlato di “un nuovo patto sociale per il lavoro. Un patto sociale che oltre
alla salvaguardia della dignità umana sappia, al tempo stesso, creare
occupazione e sviluppare veramente l’Italia con un progetto per il Paese e non
solo con misure emergenziali”.
E proprio guardando il Paese nel suo insieme appare urgente sviluppare una strategia
specifica per il Mezzogiorno, per i giovani, e, guardando specificamente varie
realtà dell’Italia, non solo Taranto, la difesa dell’ambiente, della nostra
casa comune.
4. Giungiamo così alle proposte al Parlamento e
al Governo nate da una ampia e corale partecipazione che si è sviluppata
questi giorni sino a questa mattina.
• Per
ridurre la disoccupazione giovanile non bastano gli incentivi all’assunzione,
ma è necessario rafforzare i corsi di istruzione e formazione professionale
aumentando i finanziamenti dello stato, portando a regime la sperimentazione
del sistema duale tra aziende e centri di formazione professionale, sviluppando
il livello terziario non accademico attraverso i sistemi ITS (Istituti tecnici
superiori e scuole per le tecnologia applicate).
• Sostenere
le Piccole e Medie Imprese (PMI) attraverso i piani individuali di risparmio
(PRI).
•
Migliorare ulteriormente le regole degli appalti per accelerare il passaggio
dalla prassi del mas-simo ribasso a quella della massima dignità.
• Avviare
un percorso di rimodulazione delle aliquote IVA per premiare le filiere
sostenibili e così combattere (il dumping) concorrenza sleale in campo sociale
ed ambientale
Per il Parlamento e le Istituzioni Europee abbiamo presentato al Presidente Tajani tre proposte.
a) Armonizzazione fiscale ed eliminazione dei
paradisi fiscali interni all’Unione Europea.
b)
Accrescere gli investimenti infrastrutturali e investimenti produttivi (anche
privati) e adeguare il loro trattamento nelle discipline di bilancio.
c)
Integrazione nello statuto della BCE del parlamento dell’occupazione accanto a
quello dell’inflazione come riferimenti per le scelte di politica economica.
5. Da quanto presentato sin ora nella linea di
iniziare percorsi per un lavoro degno sviluppando le condizioni che lo rendono
possibile si delineano i tratti di una
economia che veda la persona al centro, possibile solo in forza di una
conversione culturale. Non un’economia di mercato ripiegata sulla massimizzazione
del profitto e che finisce quindi per uccidere, ma un’ economia che antepone ad
esso un fine di utilità sociale secondo quanto suggerisce la Caritas in
Veritate quando parla di “civilizzazione della economia”.
Sul
piano della azione sarà, perciò
fondamentale istituzionalizzare, rendendolo periodico, attraverso incontri ad
hoc, un aggiornamento del progetto Cercatori di Lavoro, un rilancio deciso del
progetto Policoro, affinché i nostri Uffici e Commissioni di Pastorale sociale
aiutino le migliori Buone pratiche ad
emergere e ad imporsi come modelli positivi, istituendo processi di democrazia
partecipativa e deliberativa che provochino chi ha le redini politiche ed
economiche, con proposte concrete, sulla base della Dottrina sociale della
Chiesa, coinvolgendo tutti gli uomini di buona volontà. Questo in vista di
quella Ecologia integrale tante volte invocata da Papa Francesco nella Laudato
si’.
Ogni conversione culturale, come verifichiamo
nella conversione religiosa, accade in forza di qualcosa che viene prima della
economia e della politica. Per essere profetici dinanzi all’attuale modello di
sviluppo sociale ed economico è necessario attingere alla fonte della diversità
che è l’irruzione dello Spirito. Questo prima non può essere mai ignorato anche
nello sviluppo della nostra presenza nella società. Qui è chiamato in causa lo
spessore della esperienza vitale delle nostre comunità parrocchiali, degli
Istituti religiosi, di associazioni, movimenti, servizi e altre forma di
aggregazione laicale. Non possiamo
chiedere la novità alla politica se non la viviamo prima noi. Il cuore
cristiano delle nostre comunità è chiamato a dare un passo decisivo
nell’obbedire allo Spirito che suscita i carismi più diversi, verificati e
stimolati dal ministero, in particolare da quello petrino, secondo quanto papa Francesco
ci ha offerto dalla Evangelii Gaudium sino al messaggio che ci ha
rivolto in questa Settimana.
Prima di ogni azione sociale o politica c’è uno
spessore ecclesiale da vivere come luogo in
cui la vita è rigenerata nell’appartenenza al mistero di Cristo e della Chiesa.
Di qui sorge la responsabilità della comunità cristiana , e in particolare dei
fedeli laici in campo sociale e politico come ci sollecita la grande lezione
del Vaticano II sino al IV capitolo della Evangelii Gaudium. È
profondamente vero che quanto ha detto il cardinale Bassetti che ”La Chiesa non
è un’agenzia di collocamento sociale”, ma è anche vero che la vita delle nostre
comunità non può limitarsi alla catechesi, liturgia, processioni e benedizioni. È vero che il cammino
del dopo Cagliari deve ripartire da una profonda esperienza del kerygma, sino ad un suo sviluppo nella
carità e sino alla ripresa sistematica della Dottrina sociale della Chiesa.
Così questo patrimonio potrà tradursi anche in una nostra responsabilità
sociale e politica. Nell’alta politica come lo ha proposto il Santo Padre nel
discorso all’Azione Cattolica e lo ha ripreso nella sua visita a Cesena. Anche
il Presidente della CEI, il cardinal Bassetti in vari interventi e nel suo
saluto all’inizio di questa Settimana. Tutto
ciò ci spinge a compiere dei passi avanti a partire da alcuni punti fermi.
1. I problemi
sociali e i drammi della gente non sono
per noi una nicchia in cui il potere economico tenta di confinarci
lasciando a tutt'altra la logica la struttura portante della società nei suoi
elementi culturali, economici e politici. L’asse portante della nostra società
non può e-sere lasciato in mano all'attuale modello di sviluppo, non può vedere
assenti o insignificanti i cattolici: dalla fede nasce una passione che è
certamente fermento di novità positiva nella società come è accaduto nella
preparazione e nella scrittura della nostra costituzione, con la partecipazione
diretta delle varie tradizioni culturali presenti nel paese.
2. La rilevanza pubblica dei Cattolici deve quindi
svilupparsi sino ad incidere sui
problemi vitali delle persone e della società, quali il lavoro, la
famiglia, la scuola, la difesa della salute, dell'ambiente e dei migranti.
Nell’orizzonte si colloca poi Il problema della povertà nelle sue forme
differenti che è una ferita alla dignità umana che va curata e risanata.
3. L’opzione della
Chiesa per i poveri è un dettato evangelico centrale nella prospettiva
che nasce da questa Settimana. I documenti pontifici per la Chiesa universale
la riprendono ampiamente. In una fase economica che produce molti scartati
questa opzione è la traduzione più urgente ed immediata del principio del bene
comune dal quale nessuno può essere escluso. La formulazione più chiara e
recente è stata fatta da papa Francesco quando nella Evangelii Gaudium,
citando il discorso di Benedetto nell’apertura della Conferenza di Aparecida,
ha affermato. “Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica
prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. Tale opzione è
implicita nella fede cristologica in quel Dio che si è fatto povero per noi,
per arricchirci mediante la sua povertà. Per questo desidero una chiesa povera
per i poveri”(EG 198)”.
4. Oltre alla pregevoli attività caritative che intervengono
in soccorso dei grandi drammi dei poveri di ogni tipo, siamo chiamati a prevenire con consapevolezza diffusa le cause
culturali, sociali ed economiche che fanno nascere questi drammi.
Questo, senza evitare opinioni diverse pur legittime nello sviluppo delle
risposte ai vari bisogni, ma integrandole in luoghi di confronto , momenti di
un processo che aiutino ad attuare i principi evangelici non solo a
proclamarli.
In ogni diocesi potrebbe strutturarsi organicamente un gruppo di collegamento tra cattolici
impegnati in politica stimolato ed animato dall’iniziativa degli Uffici e delle
Commissioni per i problemi sociali, del lavoro giustizia, pace e custodia del
creato, riprendendo le proposte di questa Settimana.
5. Ecco perché in tutte le diocesi appare necessario costituire e rinnovare l’impegno per la pastorale
sociale intesa come fonte e mezzo di evangelizzazione. Qualora le
diocesi non abbiano questi organismi essi vanno costituiti anche grazie
all’apporto di laici competenti ed impegnati con grande disponibilità secondo
lo spirito del IV capitolo della Evangelii Gaudium.
Questo coinvolgimento delle migliori energie positive dei
nostri territori, questo muoversi del Popolo come soggetto aiuterà a far
nascere nuove leadership che contribuiscano ad una rinnovata politica come
presenza laicale nelle attività temporali in fedeltà alla attuazione dei
principi costituzionali.
6. Il metodo
sinodale è in sé un vero contenuto perché raccorda esperienze diverse
orientate a dare risposta ai bisogni della gente e specificamente al bisogno di
lavoro. Da questa realtà già esistente in forme variegate, ma connesse fra loro
delle modalità di impegno di varie associazioni e movimenti si può sviluppare
una unità operativa che nasce dal fermento evangelico.
7. Tale prospettiva lo ripetiamo si allarga coinvolgendo nell’azione persone di buona
volontà anche se provengono da esperienze culturali differenti. Qualcosa
di simile è accaduto con il contributo dei parlamentari cattolici nella stesura
della nostra costituzione repubblicana.
8. Abbiamo arato il terreno, abbiamo individuato semi di
vita che hanno bisogno di essere sviluppati per germogliare e dar frutto ed
essere “lievito sociale”. Aratura semina e coltura che hanno bisogno di un
popolo che raccoglie la sfida della realtà e promuove la formazione di uno strumento di coordinamento che
possa incidere sulla politica nella
prospettiva di una conversione culturale e di una rinnovata presenza dei
cattolici nella società come ci è indicato dai ripetuti interventi del
Santo Padre e del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
Che la passione manifestata durante questi
giorni possa continuare con la forza dello Spirito e per il cuore di ciascuno
di noi, commosso dinanzi ai profondi bisogni dei nostri fratelli e all’infinito
amore del Signore.
Grazie e buona continuazione.