Lavoro nella base
L’ultima volta che, a Bologna, incontrai don Lorenzo Bedeschi, amico di famiglia e storico del cristianesimo, mi congedò intimandomi con l’indice alzato “Mario, combatti il clericalismo!”. Mia zia Francesca colse quell’attimo e ci fece una fotografia che ho incorniciato e appeso in casa. Si era nel 2002 e ancora non avevo molto approfondito il tema, ma dall’enfasi con cui ne aveva trattato don Bedeschi avevo capito che era molto importante. In effetti gran parte dei problemi degli italiani con la nostra fede sta appunto nel loro inveterato clericalismo, del resto indotto consapevolmente nella scarsa formazione religiosa che in genere si dá loro. Così la principale virtù sembra essere quella di obbedire alla cosiddetta gerarchia e la principale colpa, imperdonabile, quella di mostrarsene in un certo grado autonomi: questo appunto è clericalismo.
In Italia anche una parte delle persone che si definiscono non credenti, in prevalenza uomini, mostrano un certo clericalismo. E subito iniziano a pontificare, aggiungendosi alla sterminata schiera di padri che pretendono di insegnarci la vita cristiana. Sono anche piuttosto pretenziosi: fanno le mostre di aver per capito tutto. Del resto gli psicologi cognitivi ci avvertono: per come funziona la mente umana, meno si sa è più si è convinti di sapere. Ecco che quindi che, ad esempio, ci spiegano con sufficienza che il cristianesimo non è opera di Gesù di Nazaret ma di Paolo di Tarso, e, dal punto di vista storico, nessuna delle due affermazioni è attendibile. In particolare, perché, benché gli scritti attribuiti a Paolo di Tarso circolassero prima dei Vangeli canonici, il paolinismo ci mise del tempo per affermarsi, e, quando avvenne, Paolo, era già morto. I cristianesimi furono storicamente manifestazioni pluralistiche di stuoli di cristiani, non di questo o quello scrittore, capo carismatico, o vescovo o anche papa. Vivendo da cristiana, ogni persona, anche oggi, vi contribuisce. Ma questo sfugge ai clericali, credenti e non. In definitiva, anche per quelli che vengono definiti sarcasticamente atei devoti, la Chiesa si riduce sostanzialmente a clero e religiosi, ma loro ci si mettono in mezzo come delle specie di vescovi, o addirittura papi, di complemento, aggravando il problema.
Nell’opera Le cinque piaghe della Santa Chiesa, del 1848, don Antonio Rosmini, beato dal 2007, quel libro essendo messo nell’Indice dei libri proibiti (ai fedeli) nel 1849, ed essendo il suo pensiero condannato nel 1888 dal cosiddetto Sant’Uffizio e riabilitato dal papa Giovanni 23º e dai suoi successori, stigmatizzò come piaga la divisione del popolo dal clero
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In realtà, più che di divisione, si è trattato di annullamento del popolo, che, si osservò ai tempi del Concilio Vaticano 2º, veniva considerato come un qualcosa di appiccicato dall’esterno al clero, considerato, esso solo, la Chiesa. Elemento in tanto tollerato, in quanto sottomesso al clero. Anche l’istituzione dell’Azione Cattolica italiana, avvenuta nel 1906, sulla base dell’enciclica Il fermo proposito del papa Pio 10º dell’anno precedente, rispondeva a quel criterio. Ancora nel 1951, il Papa Pio 12º, parlando al Primo Congresso Mondiale sull’apostolato dei laici disse che l’Azione Cattolica “è uno strumento nelle mani della gerarchia, deve essere il prolungamento del suo braccio, è, per questo fatto, sottomessa per natura alla direzione del superiore ecclesiastico”. Chiarì il suo pensiero dichiarando:
“La gerarchia, istituita divinamente, possiede in se stessa ed espressamente, anche senza la cooperazione dei laici, la missione e la potestà, di cui essa potrebbe fare uso efficacemente nell’apostolato che le appartiene, mentre i laici da se stessi, vale a dire indipendentemente dalla gerarchia, e formalmente non posseggono la potestà di esercitare un apostolato legittimo ed efficace.” Osserva Peter Neuner, in Per una teologia del popolo di Dio, Queriniana 2016, pag.92: “In questa concezione il laico non ha un’esistenza autonoma e definita nella chiesa. Il laico si può comprendere solo a partire dalla gerarchia e deve essere definito in riferimento ad essa: egli è semplicemente il non-chierico”.
Ora, i deliberati del Concilio Vaticano 2º hanno mutato profondamente i presupposti dogmatici di quel modo di pensare, che tuttavia di fatto si è perpetuato nella prassi, essenzialmente per gravi carenze formative dei laici, intese sia come insufficienze di istruzione, sia come impedimenti a costruzioni sociali conformi alle nuove concezioni. La situazione si è aggravata per le interpretazioni riduttive degli aggiornamenti deliberati nell’ultimo concilio che sono venuti dalla gerarchia.
Come ho scritto in precedenza, non credo che la situazione cambierà per interventi dall’alto, dalla gerarchia, che appare tuttora restia a condividere realmente le decisioni sui principi che riguardano l’azione sociale e politica, quelli che riguardano l’ordinare la società, che dovrebbe essere il campo privilegiarono dei laici, né tanto meno a fare spazio ai laici nella gestione delle strutture ecclesiastiche, manifestando di essere disposta al più a servirsene come consulenti, ma solo se si dimostrano docili.
D’altra parte, qualcosa bisogna pur tentare di fare, perché, o scrive lo storico Riccardi nel suo ultimo interessante libro, la Chiesa brucia, nel senso che si sta annientando per consunzione, un po’ come è accaduto alla cattedrale di Notre-Dame in Parigi nel 2019. La strada è più aperta in periferia, alla base, lontano dai centri del potere ecclesiastico, lì dove non si è intralciati dagli affanni dell’amministrazione di un imponente patrimonio immobiliare e finanziario e dalle ambizioni della carriera ecclesiastica, lì dove, benché sostanzialmente caduti in desuetudine nel lungo inverno ecclesiale vissuto in Italia, sono formalmente aperti spazi di partecipazione popolare, e, in particolare nelle parrocchie. Lì e anche privilegiato d’impegno della nostra Azione Cattolica che è agevolata dall’aver conquistato una struttura realmente democratica, senza essere afflitta dall’emergere di oppressive strutture para-clericali che si nota in alcuni movimenti laicali piuttosto bellicose e rumorosi (in ciò attualizzando poco virtuose tradizioni ecclesiali che risalgono addirittura alle origini).
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli