Distinguere tra Cielo e Terra
Leggo, citato in SALATO Nicola (a cura di), La
sinodalità al tempo di papa Francesco – 1 – Una chiave di lettura storico –
dogmatica, contributo “La sinodalità
nella riflessione dei Padri della Chiesa, di Roberto Della Rocca, questo
brano tratto dall’opera De Dominica Oratione, 23 – Sulla Preghiera
del Signore, 23, del vescovo di Cartagine e “Padre” della Chiesa Cipriano,
vissuto nel Terzo secolo in Nord Africa, appunto nell’antica colonia romana di
Cartagine, ricostruita dai romani nell’area dell’attuale Tunisi dopo la
distruzione dell’antico insediamento di origine fenicia:
«Infatti Dio comanda che nella sua casa
tutti siano miti, concordi e in pace e vuole che noi, una volta rinati,
continuiamo a essere quali ci ha creati grazie alla seconda nascita. Noi, che
iniziamo a essere figli di Dio, dobbiamo rimanere in pace con Dio perché vi sia
una sola anima e un solo sentire in coloro nei quali c’è un solo spirito. Così
Dio non accetta il sacrificio di colui che non è in pace, e gli comanda di
allontanarsi dall’altare e di riconciliarsi prima con il fratello, perché Dio
possa essere propiziato con preghiere di pace. Infatti il sacrificio più grande
per Dio è la pace che regna tra noi, la nostra concordia di fratelli e il fatto
di essere un popolo riunito nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo».
Della Rocca evidenzia che la definizione della
Chiesa come popolo riunito nell’unità
del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo divenne classica e che ad essa ci
si richiamò durante il Concilio Vaticano 2° (1962-1965), tanto che nella
Costituzione dogmatica sulla Chiesa Luce per le genti – Lumen gentium, al
n. 4 viene riportata quella stessa citazione:
Lo Spirito
santificatore della Chiesa
4. Compiuta l'opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla
terra (cfr. Gv 17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per
santificare continuamente la Chiesa e affinché i credenti avessero così
attraverso Cristo accesso al Padre in un solo Spirito (cfr. Ef 2,18). Questi è
lo Spirito che dà la vita, una sorgente di acqua zampillante fino alla vita
eterna (cfr. Gv 4,14; 7,38-39); per mezzo suo il Padre ridà la vita agli
uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cristo i loro
corpi mortali (cfr. Rm 8,10-11). Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei
fedeli come in un tempio (cfr. 1 Cor 3,16; 6,19) e in essi prega e rende
testimonianza della loro condizione di figli di Dio per adozione (cfr. Gal 4,6;
Rm 8,15-16 e 26). Egli introduce la Chiesa nella pienezza della verità (cfr. Gv
16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la provvede e dirige con
diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti (cfr. Ef
4,11-12; 1 Cor 12,4; Gal 5,22). Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire,
continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo .
Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: « Vieni » (cfr. Ap 22,17).
Così la Chiesa universale si presenta come « un popolo che deriva
la sua unità dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo » [CIPRIANO, La Preghiera del Signore - De Orat. Dom.
23, formula richiamata anche da Agostino -vissuto tra il 4° e il
5° secolo- e Giovanni di Damasco -vissuto tra il 7° e l’8° secolo].
Ora, è indubitabile che
l’obiettivo di rimanere in pace con Dio perché vi sia una sola anima e un
solo sentire in coloro nei quali c’è un solo spirito è stato storicamente sempre fallito dalle Chiese cristiane salvo che in rari
e precari tempi di sentire condiviso su base mistico-carismatica. Esso,
realisticamente, non è dunque alla portata degli esseri umani: può solo essere
un criterio etico orientativo, non politico. La storia della Chiese
cristiane è stata sempre, con le eccezioni che dicevo, una storia di
divisioni, polemiche e anche di violenze, che raggiunsero efferatezze,
intensità ed estensioni che ai tempi nostri ci paiono incredibili.
Se il
processo sinodale che inizierà nel prossimo ottobre punterà a far scendere il
Cielo sulla Terra, proponendosi un’unità con quelle caratteristiche, è
altamente probabile, se non certo, che fallirà, perché è quasi sempre andata
così, in particolare, da ultimo, nella fase attuativa del Concilio Vaticano
2°.
Riconoscere
al processo sinodale non solo la natura, ad esempio, di conferenza teologica o spirituale, o di
azione liturgica, ma propriamente di azione
di ricostruzione sociale, vale a dire di riforma, cioè di azione
politica, perché la politica è progettare, costruire e governare società, esige
di porre alla sua base il criterio della distinzione tra Cielo e Terra e quindi
di prendere atto che l’amicizia sociale, ciò che può essere evocato anche
come agàpe in senso propriamente religioso e che è alla base
dei processi politici di qualsiasi natura, anche religiosa, non deve avere
come condizione essenziale e irrinunciabile un “solo sentire” su tutto come se
i molti divenissero una sola persona, vale a dire che necessariamente, se ci si
vuole veramente distaccare dal nostro tremendo passato, si debba accettare una pace di tipo
pluralistico, la sola alla portata degli esseri umani, anche se animati
dallo spirito religioso. Purtroppo su
questa via non possiamo trarre esempi virtuosi dal passato, in particolare in
base alle vicende nel corso delle quali ci si è scontrati aspramente su definizioni terminologiche,
secondo anche il metodo che poi fu definito dalla teologia quando fu fondata
come disciplina scientifica, all’inizio del Secondo Millennio. Il che è come
dire che se la teologia vorrà imporre il suo dominio assoluto sulla politica, come
mi pare di capire che stia accadendo in questa fase preparatoria del Sinodo
della Chiesa Italiana, si fallirà sicuramente l’obiettivo politico, per
la riforma ecclesiale, dell’amicizia sociale e della pace, e la teologia
rimarrà solo un complesso di idee sulla pace sociale, capace solo in realtà di produrre il suo opposto.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente
papa – Roma, Monte Sacro, Valli