Cambiare la parrocchia dal basso
Se si è d’accordo che gli ultimi 75 anni dell’Europa occidentale contengono un’evoluzione
straordinaria anche della vita religiosa, oltre che di quella civile e politica,
allora è su questo che è meglio concentrarsi per progettare un modo rinnovato di vivere la
Chiesa nella parrocchia. Di solito, seguendo il metodo delle teologie
cristiane, si inizia invece dal riflettere come si fu nei primi secoli, e questo
per l’importanza che si attribuisce, in particolare nella nostra confessione
religiosa, alla tradizione, che, con riferimento alle principali convinzioni di
fede, tra i cattolici si scrive con la “T” maiuscola, Tradizione. Ma di
quei tempi, in particolare quando si risale al Primo secolo, si sa poco e la memoria
che la tradizione ecclesiale ci ha tramandato fino ad oggi non è completamente
affidabile. Inoltre i processi sociali di organizzazione che si svilupparono
nelle Chiese delle origini non contengono quella novità dei tempi contemporanei
a cui ho fatto riferimento. Essa può essere sintentizzata in questo modo: ai
tempi nostri le Chiese cristiane storiche non si combattono più e, addirittura,
in genere si stimano, collaborano, perciò progressivamente vengono meno o sono
attenuate le condanne che si scagliarono reciprocamente contro nel loro
tremendo passato. Questa situazione è nuova nel senso che non c’è mai stata
nei secoli passati, e questo fin dalle origini, nelle quali, in particolare,
tra cristiani si fu veramente molto bellicosi. Essa non ha avuto ancora una
soddisfacente sistemazione teologica e quindi anche una legittimazione da quel
punto di vista. In un certo senso, anzi, la teologia è rimasta piuttosto
indietro e ragiona come se si vivesse ancora nei tempi delle divisioni dure,
per cui, ad esempio, vive male il fatto che sussistano ancora più
organizzazioni cristiane e non una sola. A ben vedere, però, l’ideale di una unità
nel senso di soggezione politico-amministrativa delle Chiese ad un unico centro
di potere o almeno di coordinamento è il risultato di metamorfosi culturali che
non si produssero subito fin dall’epoca detta apostolica, ma che
caratterizzarono l’espansione dei cristianesimi solo a partire dalla metà del Secondo
secolo e, soprattutto, la loro integrazione come ideologia politico-religiosa
nella riforma dell’antico Impero romano. La formulazione delle nostre principali
convinzioni di fede, dei dogmi, ne dipende, risalendo ad un arco storico
tra il Quarto e il Nono secolo.
Una ricostruzione storica sintetica della storia
della parrocchia come istituzione religiosa locale si trova in
https://www.treccani.it/enciclopedia/parrocchia-e-parroco_%28Enciclopedia-Italiana%29/
una
voce scritta dal grande specialista di diritto ecclesiastico e storico della
Chiesa Arturo Carlo Jemolo (1891-1981).
Da essa
emerge che la parrocchia, come istituzione territoriale locale di decentramento
burocratico-religioso, risale al massimo al Quarto secolo, epoca a cui risale
anche gran parte del cristianesimo ancora confessato nella nostra Chiesa e in cui
i cristianesimi divennero ideologia politica dell’Impero romano, in particolare
sacralizzando il potere dei suoi imperatori. Nel Secondo Millennio e, in particolare,
dal Cinquecento, quando la nostra Chiesa volle darsi un’organizzazione amministrativa
e politica analoga a quella degli stati nazionali che a quell’epoca cominciarono a formarsi, la burocrazia
parrocchiale svolse una funzione molto importante, come ancora ora, quella
della tenuta dei registri parrocchiali, dove vengono annotate informazioni su
Battesimi, matrimoni, morti. Le parrocchie furono a lungo, come in fondo ancora
sono tra i cattolici, la sede principale della formazione religiosa di base del
popolo di fede e il centro liturgico di prossimità per le persone comprese nel
loro territorio. Dopo il Concilio Vaticano 2° si volle riformarle in senso comunitario,
operazione che non può dirsi, in genere, riuscita.
La teologia
spesso dà un’immagine della parrocchia diversa da quella reale, perché vi
riflette certe sistemazioni culturali su come vive il Cielo che si vorrebbero
riprodurre, in maniera per così dire analoga, sulla Terra, nelle società dei
fedeli. Così facendo i ruoli sociali assegnati agli attori di questa società
locale non ne facilitano l’adattamento ai tempi nuovi, in particolare privando
del tutto di voce e competenza il laicato, facendone solo un gregge curato
dal parroco e dal clero che con lui collabora.
Non mi
interessa, e del resto non ho competenza in merito, discutere quella teologia,
posto che è più semplice partire da alcuni importanti principi che si sono
affermati durante il Concilio Vaticano 2° e che sono anche alla base delle
democrazie europee avanzate. I principali sono quelli della libertà di coscienza
e del pluralismo, il secondo prodotto dal primo. Va detto che essi sono il risultato
di una vera rivoluzione culturale nella nostra Chiesa, che si è cominciata a
manifestare veramente, in Europa, dal Secondo dopoguerra, quindi dal 1945,
benché i fermenti culturali, e in
particolare teologici, dai quali derivò li vediamo manifestarsi a cavallo tra
Ottocento e Novecento.
Una
formulazione della libertà di coscienza si ha nel Decreto sulla libertà
religiosa Della dignità umana del Concilio Vaticano 2°, al paragrafo
n.3:
L'uomo coglie e
riconosce gli imperativi della legge divina attraverso la sua coscienza, che è
tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività per raggiungere il suo fine
che è Dio. Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza. E
non si deve neppure impedirgli di agire in conformità ad essa, soprattutto in
campo religioso. Infatti l'esercizio della religione, per sua stessa natura,
consiste anzitutto in atti interni volontari e liberi, con i quali l'essere
umano si dirige immediatamente verso Dio: e tali atti da un'autorità meramente
umana non possono essere né comandati, né proibiti. Però la stessa natura
sociale dell'essere umano esige che egli esprima esternamente gli atti interni
di religione, comunichi con altri in materia religiosa e professi la propria
religione in modo comunitario.
In quella formulazione, per ciò che posso
capire, c’è tutta la teologia fondamentale che serve per riorganizzare la vita
parrocchiale maggiormente in senso comunitario.
Mario Ardigò –
Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli