La storia
Con la parola “storia” definiamo le modifiche nel tempo di una società come appaiono in una narrazione retrospettiva, vale a dire che fa memoria del passato.
Ciò che è accaduto nel passato non può essere mutato, ma ne possono essere cambiate la memoria e la narrazione, quindi la sua storia. Così ci può sembrare diverso.
Fin dall’antichità si è presa conoscenza di un problema che riguarda il tempo e la storia: il presente, nel momento in cui vi puntiamo l’attenzione, non è più tale, perché è passato. E il passato non è più reale, appunto perché è passato, mentre il futuro non lo è perché non è ancora. Così si potrebbe concludere che l’unica realtà che esiste è nel presente, ma essa ci sfugge mentre accade, e la narrazione che dopo ne facciamo potrebbe non essere affidabile nel farne memoria.
Memoria e narrazione storiche sono fatti sociali e quindi vengono costantemente corrette nel continuo mutare delle società di riferimento. Servono per cercare di capire il senso della storia e per orientarsi nel futuro. Infatti il corso degli eventi, alla memoria storica, ci appare come un processo che evolve dal passato al futuro transitando per un presente secondo dinamiche di causa ed effetto.
Che cosa accadrà domani?
Come possiamo incidere su ciò che accadrà domani?
Quando ci poniamo queste domande, interroghiamo la storia.
Quello che ho osservato vale per qualsiasi società umana in grado di produrre una memoria storica ed anche per le nostre Chiese.
In un certo senso, si potrebbe dire che ogni società costruisce la memoria storica che le occorre per conseguire gli obiettivi che si è data. Questo modo di fare ed essere società è studiato scientificamente dall’antropologia.
Quando sulla memoria storica si è lavorato molto di più per cercare di porla a fondamento di una costruzione sociale essa trapassa nel mito. Nel mito l’esigenza di affidabilità della memoria, e quindi delle sue fonti, si fa meno importante. Ad esempio, la narrazione del passaggio prodigioso degli israeliti attraverso il Mar Rosso viene ritenuta, oggi, un mito, così come quella della Creazione contenuta nel libro biblico della Genesi. Oggi non ci è più indispensabile, a fini religiosi, pensare a quelle narrazioni come storia, ma a lungo si ritenne diversamente.
Siamo sempre di fronte a quest’alternativa: storia o mito? Dipende da ciò che serve in un certo momento.
La storia stessa è stata talvolta pensata come un mito, come una forza che ci sovrasta e dirige il corso degli eventi in modo tale che alla gente rimane poco da fare.
Senza miti non ci è possibile la costruzione sociale, in particolare perché non ci è possibile conseguire il senso emotivo di ciò che accade. E per gli umani l’emotività è talmente importante che si è detto che la nostra è una mente emotiva [si può leggere di Daniel Kahneman, Pensieri lenti e veloci, Mondadori 2012, anche in e-book e Kindle]. Questa conclusione sull’importanza dei miti per l’azione sociale ci viene dall’antropologia.
Quando, ad esempio, parliamo di popolo in politica e in religione attiviamo un mito.
La storia è diventata però anche una disciplina scientifica e in questo campo si fa molto conto dell’affidabilità delle fonti, che devono essere fededegne, vale a dire valutate come realistiche nel riferire di un evento, in particolare nel riferire quando, dove e come accadde. Ad esempio non ne disponiamo di tali in merito alla data precisa di nascita di Gesù di Nazaret. In base a fonti che vengono ritenute fededegne si stima, in genere, oggi e allo stato attuale delle conoscenze, che egli sia nato tra il 6 e il 4 dell’era antica, che convenzionalmente viene indicata come prima di Cristo in base ad una stima dell’anno di nascita di Gesù di Nazaret fatta nel 6º secolo che oggi non viene ritenuta più affidabile. Però continuiamo a contare gli anni sulla base di essa, che ormai, non avendo più valore storico, è trasmodata nel mito. Il messaggio che ci vuole dare e che Gesù di Nazaret, il Cristo dei cristiani, e al centro della storia.
Allora, in definitiva, non abbiamo più punti di riferimento storici sicuri?
In realtà molte delle cose più importanti della nostra vita in società sono date per sicure, nel senso di affidabili, ma non possiamo escludere sorprese, e questa è la condizione umana, non la possiamo cambiare. Viviamo in un delicato equilibrio tra i miti, che ci sono indispensabili, e la storia ritenuta affidabile, che anch’essa ci è indispensabile, con un continuo trapasso della seconda ai primi e da questi ultimi alla storia, e allora si ha una demitizzazione. Il rischio, se ci si orienta solo in base ai miti, è quello di fallire nel produrre ciò che occorre in società, basandosi su previsioni irrealistiche. È necessario quindi, in particolare se ci si vuole impegnare nell’azione sociale, imparare ad esercitare, collettivamente, nel dialogo, lo spirito critico, e, va sottolineato, non v’è alcun altro modo per apprenderne l’esercizio che farne tirocinio collettivo.
A volte ingenuamente si pensa che la fede religiosa si basi sulla credulità popolare, ed in effetti talvolta è così come accade in genere nelle estasi degli eventi miracolanti, ma, a ben vedere, i cristianesimi hanno prodotto, e ancora producono, manifestazioni culturali di elevato profilo intellettuale, in altre parole sono stati e sono pieni di persone realmente sapienti. È anche per questa via che sono stati così importanti nella storia europea e di molte altre popolazioni, insieme purtroppo anche all’esercizio di una efferata violenza politica e bellica nei secoli passati. Proprio facendone una memoria storica realistica stiamo cercando di distaccarcene e questo, come insegnò il papa Giovanni Paolo 2º esortandoci a praticarla, si chiama purificazione della memoria.
Tuttavia in genere si riscontra nella gente, anche in quella che vorrebbe influire nell’azione sociale, una formazione assai povera nelle cose della religione, spesso marcatamente devozionale, quindi centrata sui miti. Il nostro servizio in Azione Cattolica dovrebbe anche puntare a migliorare questa situazione.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli