Le molte religiosità
Definiamo religiosità un sistema
di relazioni con l’ambiente e con le altre persone che genera emotivamente la
percezione di un senso della
propria vita. Le relazioni sono mediate dalle culture: la religiosità, in
questo, è un comportamento appreso e quindi richiede apprendimento. Le emozioni
dipendono da come siamo fatti, dalla nostra fisiologia, e influiscono sulla
nostra mente. Quest’ultima è un effetto del nostro sistema nervoso e solo parzialmente
avviene sopra la soglia della nostra consapevolezza. In quanto legata alla
fisiologia, possiamo dire che la religiosità ci è connaturata, tanto che è stata
osservata nelle popolazioni più diverse, da quelle più primitive a quelle più
evolute e fin dall’antichità più risalente. Non necessariamente la religiosità
è legata al soprannaturale, tanto che anche un regime di attivo ateismo come
quello del comunismo sovietico ne manifestò una propria. Nel mondo di oggi vi
sono moltissime forme di religiosità, e moltissime ve ne sono state. Ve ne sono molte, e anche molto diverse, all’interno
delle stesse grandi denominazioni religiose contemporanee. Il termine denominazione
è usato in sociologia per definire,
senza connotati specificamente teologici, ciò che in religione chiamiamo Chiesa,
mettendo in risalto il modo con cui un gruppo religioso organizzato ha deciso
di chiamarsi: in questo contesto, anche la nostra Chiesa, la Chiesa cattolica,
è una denominazione religiosa.
Poiché la religiosità ha a che fare con il senso della vita essa naturalmente cambia con l’età. Ve n’è una
da bambini, un’altra da persone adulte, un’altra da persone anziane, una delle
persone sane, un’altra delle persone malate e via dicendo.
Quando
ero bambino
parlavo
da bambino,
come
un bambino
pensavo
e ragionavo.
Da
quando sono un uomo
ho
smesso di agire così.
[dalla
Prima lettera ai Corinzi di Paolo di Tarso, capitolo 13, versetto 11 – 1Cor 13,11]
Il
termine fede a volte indica una
denominazione religiosa e a volte la narrazione che fa da sfondo alla
religiosità. Le formule del Credo che recitiamo a Messa la domenica, dette anche
simboli della fede, sono esempi di queste narrazioni. Nella nostra religione
quelle narrazioni sono state molto formalizzate ed hanno assunto il carattere
di un sistema coerente di definizioni. Una volta nel catechismo per i
più piccoli si utilizzava un libretto a domande e risposte nel quale le
risposte erano delle definizioni. Queste ultime fin dall’antichità vengono
usate nelle Chiese cristiane per riconoscere i propri membri e, in questo,
costituiscono un sistema di verità. In religione si usa il termine verità
per indicare ciò che bisogna manifestare di accettare interiormente ed esteriormente (proclamandolo) per essere ritenuti dentro la Chiesa. Nelle antiche religioni precristiane
politeistiche mancava in genere l’interiorità come criterio veritativo. Non era necessario credere
in coscienza.
Il
concetto di verità è ancora
proprio solo della filosofia e della teologia, il complesso di scienze che si
occupa della cultura religiosa. In teologia si postula, quindi si dà per certo
senza necessità di dimostrarlo, che esistano verità eterne perché di origine
soprannaturale, in particolare divina. Da qui poi, tra i cristiani e in
particolare i cattolici, il cosiddetto potere delle chiavi, quindi di
ammettere o escludere in base all’adesione a quelle verità. Nelle scienze della
natura si accetta per vero solo ciò che risulta dall’osservazione condotta con
certi criteri e fino a prova contraria. Anzi, il criterio fondamentale per ritenere
scientifica una certa definizione
è oggi, in genere, che essa sia falsificabile, vale a dire che indichi
le condizioni che ne imporrebbero l’abbandono.
A volte
mi pare che in religione si pretenda l’accettazione di certe verità di fede nel senso che corrispondano a ciò che c’è
nella natura, ad esempio che la Resurrezione sia come il sole che sorge ogni mattina. Che il sole sorga ogni mattina è,
naturalmente, falso dal punto di vista scientifico, perché il sole ci sembra
sorgere, ma non sorge se non dal
nostro punto di osservazione. Comunque, poiché in qualche modo il fenomeno
viene osservato come un sorgere, in alcuni campi scientifici si utilizza
il sorgere del sole per dei ragionamenti, perché, ad esempio, certe
attività sono favorite o sfavorite dalla luce solare e allora diventa
importante stabilire quando si passa dalla notte al giorno in una certa area. La
Resurrezione non può invece essere osservata (né mai lo è stata, i testimoni riferirono
solo di aver visto il Risorto): ci è stata, appunto, testimoniata dagli antichi. Ma indubbiamente è
molto importante per la nostra fede, in particolare perché riguarda il senso
dell’esistenza che è alla base della
nostra religiosità. E’ coerente con il nostro desiderio religioso di sopravvivere.
Naturalmente,
avendo riguardo al senso della vita
personale e comunitaria e ai criteri di appartenenza religiosa, ci sono
state e ci sono tantissime verità religiose,
come ci sono state e ci sono tante fedi.
Anche all’interno di una stessa denominazione si manifestano in genere molte
varianti. Questo, fin dalle origini, creò molte difficoltà tra i cristiani,
difficoltà che le teologie, sviluppando discorsi ragionevoli a partire dai dati
biblici e dalle varie tradizioni religiose, non sono mai riuscite a superare.
Le diversità rimangono. Dato il carattere delle fedi religiose, non
convalidabili con osservazioni al modo dei fatti di natura, non è probabile che vengano mai superate. Si
può solo entrare in conflitto o decidere di convivere pacificamente cercando di
costruire narrazioni pacificanti, dando quindi un senso alla pace. Ed è qui che si arriva alla sinodalità. La
sinodalità essendo appunto uno dei modi pacifici nei quali si può vivere la
diversità cercando tuttavia di cooperare. Si può anche decidere di separarsi, e
alcune denominazioni religiose hanno seguito storicamente quella via, ma allora
non si coopera, ciascuno fa per sé, e questo è meno vantaggioso per tutti.
La
possibilità di sinodalità dipende da come si intendono le verità religiose
e infatti le teologie stanno impegnandosi a costruire sistemi concettuali che rendano
possibile cooperare pur se diversi su alcune convinzioni e costumi. Ma, a
prescindere da quei nuovi sistemi razionali, che naturalmente verranno
presentati come già presenti nell’antichità perché nella nostra Chiesa a questo
è legata una maggiore autorità, della sinodalità occorre iniziare a fare
tirocinio, anche prima che la teologia riesca a mettere a posto le cose (c’è molto
da fare perché la nostra Chiesa è stata assai poco sinodale nella sua tremenda
storia, in particolare negli ultimi cinque secoli). L’invito del Maestro all’agàpe,
a convivere solidalmente, in modo
sollecito e misericordioso, e il suo concreto esempio, possono bastare per chi
non è un teologo e nemmeno vuole esserlo (non occorre esserlo per praticare la
nostra religiosità).
La principale
difficoltà su quella via è che spesso i
gruppi assolutizzano certe loro pratiche, ad esempio la preghiera, l’emotività/spiritualità,
la vita comunitaria come una famiglia allargata, il rigorismo etico in particolare sessuale e via dicendo. Non solo
vorrebbero continuare a fare quello che fanno, ma vorrebbero che tutti
facessero come loro. Questo di solito è definito come spirito settario,
con connotazione negativa. Tuttavia bisogna considerare che tutti
preferirebbero avere attorno a sé propri simili, persone che la pensano allo
stesso modo: è un fatto naturale, che dipende da come siamo fatti. Il soprannaturale
della nostra religiosità sta appunto
nel confidare di poter superare questo nostro aspetto naturale. Di fatto,
avendo maggiore consuetudine con le altre persone, anche molto diverse, le differenze
vissute come divergenze sembrano
pian piano appianarsi, e le rispettive culture si integrano. E’ un fenomeno
riconosciuto e studiato dai sociologi. Ad alcuni fa paura: questo accadeva, ad
esempio, nell’antico giudaismo, testimoniato negli scritti biblici che ad esso
si riferiscono. Alle origini su questo tema ci si divise aspramente anche tra
cristiani e prevalsero le correnti che erano favorevoli ad integrare nelle Chiese
anche chi non era nato nel giudaismo e non ne seguiva le leggi religiose.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente
papa – Roma, Monte Sacro, Valli