Chiesa-stato e Chiesa-comunità
La nostra Chiesa è attualmente organizzata come uno stato. Definiamo “stato” una particolare istituzione che, semplificando molto, pretende di possedere in modo esclusivo un territorio con la gente che c’è sopra. Questo modo di possedere è detto sovranità, che si ha quando un dominio non riconosce altro o altri sopra di sé. Una istituzione è una organizzazione che ha lo scopo di mantenere effettivo e stabile nel tempo un ordine sociale al fine di conseguire un certo scopo: è fatta di norme e di ruoli sociali corrispondenti a certe funzioni. La caratteristica di uno stato è di avere, come istituzione, lo scopo principale di costituire, mantenere stabile e tramandare di generazione in generazione il proprio potere. Non è per questo però che, a detta dei teologi, è stata fondata la Chiesa. Qual è lo scopo della Chiesa? È stato spiegato in molti modi nei secoli e anche ai tempi nostri esistono varie concezioni in merito. Di solito tutte fanno riferimento al vangelo e alla salvezza in esso annunciata. Si avverte una tensione irriducibile tra le prassi di uno stato e le finalità della Chiesa.
Per quanto ne so, in genere non si ritiene che il Maestro abbia voluto fondare uno stato, come strumento della diffusione del suo vangelo,mentre mi pare di capire che si sia d’accordo nel ritenere che abbia voluto la Chiesa. Lo stato come oggi lo intendiamo ha avuto genesi storica in Europa dal Seicento. A quell’epoca la nostra Chiesa ha iniziato a trasformarsi in uno stato e, anzi, ne possedeva uno territoriale nel centro Italia, con capitale Roma e sovrano il Papa, ma ha inteso la sua sovranità, nel senso che ho specificato, come estesa al mondo intero. Anche ora manda ambasciatori in tutto il mondo, chiamati Nunzi apostolici, ma essi non svolgono solo funzioni di raccordo tra il Papato e gli Stati presso i quali sono accreditati, vale a dire riconosciuti come portavoce del Papato, bensì anche funzioni di controllo sugli episcopati locali. Quello dei Nunzi non è un ufficio relativo alla Città del Vaticano, la piccola entità sovrana istituita a Roma in base ai Patti Lateranensi conclusi nel 1929 tra il Papato romano, regnante il Papa Pio 11º, e il Regno d’Italia, rappresentato dal capo del Governo di allora, Benito Mussolini, Duce del fascismo italiano, ma della Chiesa cattolica, alla quale, come tale, per lunga tradizione, è riconosciuta personalità giuridica di diritto internazionale.
La struttura statuale della nostra Chiesa non ha fondamento evangelico, ma solamente storico ed anche piuttosto recente. La si può quindi modificare senza ostacoli teologici. Soprattutto ora che è divenuta obsoleta, basandosi su un’autocrazia assolutistica, laddove tra gli europei e le civiltà da loro derivate o che ad essi si ispirano prevalgono, nell’attuale fase storica, organizzazioni democratiche. Ma questo è reso estremamente difficile perché la Chiesa-stato, come ogni stato, difende strenuamente, innanzi tutto, il proprio potere. Del resto l’affermarsi in Europa dei processi democratici non è stato incruento e ancor oggi, in particolare nella Federazione Russa, e altrove nel nostro continente, assistiamo a fenomeni recessivi verso l’autocrazia. Definiamo autocrazia il regime politico nel quale chi esercita il ruolo di governo supremo non cerca né vanta una legittimazione dal basso, e giustifica la sua supremazia solo con la propria volontà o con la volontà di un dio. La nostra Chiesa, come tale, quindi a parte il piccolo regno nel centro Italia che perse nel 1870, dal Cinquecento non ha vissuto movimenti propriamente rivoluzionari al suo interno, anche perché ha sempre duramente e spietatamente represso ogni istanza critica, secondo i costumi degli assolutismi. Da qui, però, anche l’incapacità di riformarsi in quanto stato e la sua obsolescenza come tale, che però sta trascinando a fondo ciò che al suo interno corrisponde alla missione ricevuta alle origini, la Chiesa-comunità.
Chiesa-comunità è dove si vive insieme il vangelo. Questa vita è fatta di benevola sollecitudine reciproca, di frequenza alle Scritture, di preghiera e di liturgia. È chiaro che è possibile solo in gruppi limitati, nei quali, incontrandosi, ci si riconosce e ci si chiama per nome. Al di là di questo c’è l’istituzione, molto diversa, però, dalle istituzioni della Chiesa-stato. La legge di questo diverso tipo di istituzioni è che, qualunque ruolo vi si abbia, si sta come colui che serve. Questo diverso modo di pensare, organizzare e vivere la Chiesa può essere definito efficacemente come sinodalità. L’obiettivo della riforma sinodale alla quale lo scorso anno siamo stati chiamati è appunto quello di liberare la Chiesa-comunità, di fondamento evangelico, dal carcere della Chiesa-stato, decadente incrostazione storica, senza alcun futuro.
Come è chiaro si avrà sempre a che fare con istituzioni, perché senza di esse le società umane non sono organizzabili, ma con istituzioni di tipo molto diverso.
Un ostacolo su quella via è il peso dell’amministrazione di un immane patrimonio immobiliare che la Chiesa possiede in Europa, e in particolare qui in Italia, e che comprende, ad esempio l’intera Città del Vaticano, sotto molti profili una enorme palla al piede per il Papato, nella quale certe volte il Papa regnante è apparso più che il sovrano addirittura un prigioniero. È esperienza comune che l’amministrazione di grandi ricchezze corrompe le istituzioni e certo la nostra Chiesa-stato non sembra aver fatto eccezione, a leggere degli scandali che ciclicamente sono venuti alla luce.
Sebbene con istituzioni avremo sempre a che fare, bisognerà sempre essere consapevoli che esse, nelle società umane e a prescindere dalle fantasiose argomentazioni della teologia, sono solo forma, un ordine sociale, ruoli, e non sostanza, l’umanità, che invece è propria delle comunità, e solo di esse, nella misura in cui vivono la sinodalità.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro,Valli