Come
bambini
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La Corte Costituzionale (foto da Web) |
Diventare come bambini?
Non in tutto è bene proporselo.
E’ scritto anche che quando si è bambini si
ragiona da bambini, ma quando si è adulti…
In particolare: negli affari di stato è un
atteggiamento giusto ragionare e agire come bambini?
Perché educare
la gente se poi, ad esempio in
politica, deve tornare bambina?
L’anti-politica,
che poi sarebbe meglio chiamare non-politica,
si basa proprio su questo rimbambimento della gente, per cui ci si decide senza
tanto pensarci su, per ripicca, per contrapposizione superficiale, e,
soprattutto, in opposizione ai grandi.
Che succederebbe se ai bambini riuscisse di
controllare i grandi? Proverebbero a
farlo, poi però, non sapendo che fare senza di loro, e vedendo rapidamente
degradare l’ambiente intorno, li riporterebbero al potere. Un bambino
fatalmente dipende dai grandi,
proprio perché è bambino e ha dei limiti. Può anche giocare a fare l’adulto e allora questo è un modo di imparare
a crescere, ma se tutto fosse affidato a lui andrebbe rapidamente in malora.
Il principale problema politico oggi in
Italia è che molta gente, nelle questioni di stato, ragioni e agisca da
bambina. La pratica della rete telematica, i rapporti via WEB, incoraggia a
farlo. Sul WEB una persona si può sentire onnipotente, come nei videogiochi.
Toccando l’icona “CANCELLA” si può ripartire da capo. E’ più facile seguire la corrente e non c’è
tanto bisogno di studiare sui problemi. Può sembrare strano, ma la vita sul WEB
induce molto conformismo: si tende a fare come gli altri. Del resto non c’è
tempo per riflettere. Le decisioni devono essere immediate: “SI’” o “NO”. Si sa
subito chi ha vinto. E ricomincia la partita.
Bisogna però considerare che certe decisioni
politiche sono difficilmente reversibili. Una scelta sbagliata può peggiorare
la vita di un popolo molto rapidamente e molto a lungo. In particolare questo
accade quando si modificano i principi fondamentali che reggono la struttura
degli stati, quelli contenuti nelle costituzioni. E’ appunto quello che sta per
accadere in Italia, in una data che non si sa ancora quando sarà ma che sarà a breve,
entro il prossimo dicembre. Quando voteremo al referendum sulla recente riforma costituzionale.
I fautori della riforma dicono che essa non
riguarda diritti e doveri delle persone, ma solo l’organizzazione dei
principali organi dello stato. Essa tuttavia può potenzialmente incidere su
quei diritti e doveri, perché, riformando Parlamento, Presidenza della
Repubblica e Corte Costituzionale, incide sugli organi ai quali compete la formulazione e tutela dei principi
costituzionali. Se si mettono questi tre organi costituzionali potenzialmente
nelle mani di una minoranza, nella specie del maggiore dei partiti di
minoranza, e questo potrebbe essere l’effetto della riforma costituzionale
combinata con quella precedente del sistema elettorale della Camera dei
deputati, tutta la Costituzione potrebbe rapidamente cambiare,
anche nei principi fondamentali, ad esempio nel principio di uguaglianza e nel
diritto al lavoro e alla salute, e nel
breve periodo non ci si potrebbe fare nulla. Non c’è un tasto “CANCELLA” in
queste cose.
In precedenti interventi ho analizzato la
riforma costituzionale sotto vari aspetti.
Voglio qui segnalare che essa, come detto,
riguarda anche la Corte Costituzionale. Attualmente un terzo dei suoi membri,
cinque, vengono eletti dal Parlamento in seduta comune. Anche dopo la riforma in alcuni casi le
Camere decideranno in seduta comune: per la nomina del Presidente della
Repubblica e per la nomina di otto membri del Consiglio superiore della magistratura,
l’organo che è alla base dell’indipendenza dei giudici da ogni altro potere
dello stato e, quindi, dell’indipendenza della giurisdizione dall’influsso
degli altri poteri. In questa sede il nuovo Senato conterà molto meno perché
avrà due terzi di membri in meno.
Possiamo immaginare, quindi che la decisione del partito di minoranza
relativa, quello che secondo la nuova legge elettorale per la Camera dei
deputati avrà vinto le elezioni, e lo si saprà subito, conseguendo la maggioranza assoluta dei deputati, conterà molto di più in quelle
decisione.
Per quanto riguarda la scelta dei giudici
costituzionali, invece, il Senato, quel Senato piuttosto depotenziato che
uscirà della riforma, scaturito da una classe politica locale in genere
controllata dai partiti egemoni a livello nazionale, conterà invece molto di
più. Pur avendo un sesto dei membri rispetto a quelli della Camera dei
deputati, nominerà due giudici costituzionali su cinque. Perché? Non è ben
chiaro la ragione di questa scelta, che potenzialmente può pesantemente
incidere sulla giurisprudenza della Corte Costituzionale e quindi sull’attuazione
dei diritti della gente.
Possono immaginarsi tre scenari.
Il primo: sfruttando le possibilità offerte
dai sistemi maggioritari vigenti per le elezioni regionali e comunali un
partito riesce a controllare la maggioranza delle Regioni. A quel punto esso
controllerà anche la nomina dei due giudici costituzionali da parte del Senato.
Ma, poiché la nomina di quei giudici si farà in molto meno senatori di oggi,
sarà più facile controllarla. Controllare i novantacinque persone, quanti
saranno i nuovi senatori nominati dai consiglieri regionali, sarà più facile
che controllarne trecentoquindici, quanti sono oggi i senatori. Ma,
soprattutto, poiché la carica di senatore dipenderà da quella come consigliere
regionale e sindaco, sarà più facile controllare i senatori con la minaccia di
provocare in sede locale una crisi politica che porti alla decadenza anche
dalla carica in Senato.
Il secondo: per le procedure di nomina dei
senatori, che con la riforma non saranno più contestuali con quelle dei
deputati, in quanto il nuovo Senato si rinnoverà parzialmente ad ogni elezione
regionale, ci potrebbe essere una marcata divergenza politica tra Camera dei
deputati e nuovo Senato. In questo caso la nomina dei giudici costituzionali
fatta dal Senato potrebbe essere fatta dalla maggioranza di controllo del Senato
per organizzare una resistenza contro la maggioranza che controlla la Camera di
deputati. Questo inciderebbe sull’unitarietà e sullo spirito di collaborazione
nel collegio dei giudici costituzionali. Potrebbero essere molto di più di oggi
le decisioni prese con esigue maggioranze.
Il terzo: il Senato potrebbe cadere in mano a
politiche centrate su particolarismi
locali, secondo i quali ad esempio che ogni Regione debba fare da sé, con le proprie risorse,
senza poter contare sulla solidarietà delle Regioni più ricche. In questo caso
questa tendenza si rifletterà sulla giurisprudenza costituzionale attraverso i membri nominati dal Senato.
I riformatori costituzionali sono ben
consapevoli di quei problemi, come anche degli altri che nei precedenti
interventi ho segnalato. Ritengono che, comunque, si debba procedere perché una
riforma imperfetta è pur sempre meglio che nessuna riforma. Questo però
non è condivisibile, trattandosi di una riforma costituzionale. Come tale
essa sarà difficilmente reversibile e potrebbe produrre, sotto l’azione di
minoranze spregiudicate favorite dai sistemi elettorali maggioritari vigenti
per le elezioni nazionali e locali, ulteriori importanti effetti sul sistema
dei diritti e doveri dei cittadini: del resto è proprio a questo che si punta,
quando si dice che la riforma costituzionale aprirà la strada alle riforme.
Di queste ultime si sa poco, perché chi ne parla non fornisce di solito
particolari. Di solito quelle recenti sono state dolorose per le masse dei
lavoratori: hanno ridotto le prestazioni di stato
sociale. E’ stato osservato che, paradossalmente, le prestazioni di stato
sociale, l’intervento dello stato a sostegno di componenti della società in
difficoltà, sono state mantenute, e incrementate solo per i ceti più ricchi. Il
principio “Meno tasse!” e il sostegno alle banche ne sono stati
espressione.
Una riforma imperfetta, che è tale fin dall'inizio, che nasce imperfetta, funzionerà in maniera imperfetta. Essendo una riforma costituzionale essa influirà sul complessivo funzionamento dello stato, rendendolo imperfetto. La sua imperfezione renderà difficile correggerla, perché le riforme della riforma imperfetta dovranno farsi proprio con le procedure costituzionali della riforma imperfetta che ci si propone di riformare.
Le riforme costituzionali devono essere fatte bene, molto bene, fin dall'inizio, pena grossi guai.
Come funzionerà una riforma imperfetta? A volte è difficile prevederlo. Proprio la sua imperfezione la rende imprevedibile. Alcuni costituzionalisti pronosticano gravi problemi di coordinamento tra le istituzioni di vertice. Hanno osservato, ad esempio, che, al posto dell'unica procedura per fare le leggi, dopo la riforma ce ne saranno una decina.
Bisogna anche tener presente che non è vero che il
sistema costituzionale attualmente vigente abbia impedito riforme, anche
costituzionali. Gli anni ’90 e il primo decennio del nuovo millennio, ad
esempio, sono stati epoche di intense riforma. Tra l’altro anche la riforma
costituzionale attualmente in questione è stata approvata dal Parlamento com’è
oggi. Quello che in genere si è riusciti a impedire è la prevaricazione di
maggioranze risicate ma intraprendenti. Nel nuovo sistema, tutto rischia
addirittura di essere posto nelle mani della maggiore tra le minoranze
politiche.
La riforma costituzionale in questione cambia
una parte significativa della Costituzione vigente e tratta quindi molte
materie. Studiare i problemi costa tempo e fatica. E la decisione con un “SI’”
o un “NO” non rende le cose più semplici, anzi. Tende a ridurre tutto a
qualcosa come un videogioco. E genera la tendenza a decidersi sulla base della
fiducia che si ha in uno dei capi dei partiti personali di oggi.
La riforma è stata approvata su impulso dell’attuale
Governo e allora si potrebbe pensare di avere un’idea dei suoi effetti tenendo
conto del programma politico del suo attuale capo. Ma, una volta approvata la
riforma, non è sicuro che sarà proprio lui a beneficiarne. E le statistiche,
infatti, segnalano che il suo partito, se si votasse oggi per l’elezione dei deputati,
non vincerebbe le elezioni. Sarà la maggiore delle minoranze, anzi il maggiore dei partiti di minoranza, a controllare la
Camera dei deputati e, probabilmente, prima o poi, man mano che lo si rinnoverà
di elezione regionale in elezione regionale, anche il Senato.
Se i bambini potessero scegliere, quali grandi vorrebbero avere per genitori? Se glielo si
chiede, in genere, pensano che i loro attuali genitori siano i migliori per
loro. I bambini in genere sono piuttosto conservatori. Oppure, se in un certo
momento sono in urto con i genitori, magari dicono di volere come genitori dei grandi che li assecondino in tutto. Ma non sempre, in
realtà, i genitori che hanno sono i migliori che si possano pensare per loro e
sicuramente un genitore che assecondi in tutti i suoi figli da bambini non è un
buon genitore. Per i bambini la capacità realistica di giudizio sui grandi e poi l'acquisizione della piena cittadinanza, sviluppando la medesima capacità di giudizio, sono conquiste culturali che dovrebbero raggiungere crescendo, all’interno di un
processo educativo. Alla fine non ragionano più come bambini. Perché il ragionamento dei bambini è imperfetto, insufficiente.
Com’è che gli adulti, talvolta, di fronte a
scelte cruciali per la vita della nazione, sembrano ragionare come bambini? Si
può pensare che non si sia curata sufficientemente la loro formazione politica
permanente, per cui poi essi si siano lasciati andare, o siano regrediti, si siano lasciati
trascinare dalla corrente, abbiano dimenticato l’educazione civica ricevuta a
scuola, e in definitiva ora non sappiano più fare altro che ragionare e comportarsi come i bambini.
Del resto, lo vediamo in parrocchia: quando
mai nella formazione religiosa, che dovrebbe comprendere anche la consapevolezza
e la pratica dei principi della dottrina sociale, si è trattato del modo in cui
si deve fare il cittadino in una nazione democratica come la nostra, in cui il
voto è decisivo per imprimere svolte alla vita pubblica? I cattolici hanno dato
un grandissimo contributo alla costruzione della Repubblica democratica e li
troviamo anche tra gli ideatori dell’attuale riforma costituzionale. Il
problema però non è nelle classi colte, negli elementi di punta dei cattolici italinani, ma nelle
masse cattoliche, quelle stesse che, negli anni Venti del secolo scorso, assecondarono l’avvento
del fascismo mussoliniano.
L’Azione Cattolica, in ACR, sta svolgendo un
progetto di formazione alla politica fin dai bambini più piccoli. Possiamo
immaginare che tra una decina d’anni avremo adulti di fede più consapevoli e
maturi. Ma è oggi che, per certi versi, si decide il loro
futuro. Vivranno infatti nello stato che scaturirà dal prossimo referendum
costituzionale.
Mario
Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli