Si avvicina l’Epifania
L’Epifania è un altro modo di celebrare il Natale. Narra del Dio dei cristiani.
Gli dei sono mito ancestrale nelle culture umane.
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[da ricerca mediante ChatGPT di OpenAI del 3-1-25]
Le narrazioni sugli dèi possono essere viste come **manifestazioni ancestrali** delle culture umane, nel senso che riflettono una connessione profonda con le origini e le strutture fondamentali delle civiltà.
[È utile] sottolineare alcuni punti:
1. **Universalità delle narrazioni sugli dèi**: Queste storie si trovano in tutte le culture umane, anche quelle separate geograficamente, suggerendo che siano radicate in esperienze ancestrali condivise, come il bisogno di spiegare fenomeni naturali, il senso del sacro o la ricerca di significato.
2. **Funzione simbolica e sociale**: Le narrazioni sugli dèi riflettono credenze, valori e strutture sociali che erano essenziali per la coesione delle comunità ancestrali, trasmettendo saggezza e norme etiche.
3. **Evoluzione delle narrazioni**: Anche se le storie sugli dèi cambiano nel tempo, mantengono tracce del loro significato originario, legato alle paure, ai desideri e alle aspirazioni primordiali dell'umanità.
4. **Risonanza archetipica**: Seguendo le teorie di Jung, potresti collegare le narrazioni sugli dèi agli archetipi dell'inconscio collettivo, che emergono proprio da esperienze ancestrali comuni.
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Ai tempi nostri si cerca di andare d’accordo con le persone di altre religioni. Negli scorsi anni ’70, quando fui adolescente e ricevetti la prima formazione religiosa proprio nella nostra parrocchia, non era ancora così. Avvertivo una forte polemica verso le altre fedi religiose, anche con altre confessioni cristiane.
Si dice che, in fondo, Dio è uno. Ma non in tutte le religioni è così. I cristiani, poi, ne narrano in un modo particolare e questo è al centro delle liturgie natalizie. Questo ha anche riflessi sull’etica professata, predicata. Quella praticata lascia sempre a desiderare ed è per questo che facciamo di continuo manifestazioni penitenziali.
I racconti evangelici degli eventi natalizi hanno coloratura mitica, anche se in passato li si intendeva realisticamente. Al centro di tutto c’è l’umanità del Cristo, del Signore, Salvatore e Redentore. Che cosa comporta per la nostra umanità? Con Paolo di Tarso, l’apostolo, confidiamo che, in virtù di quello, la morte fisica non sia l’ultima parola su di noi. Questo è l’oggetto della speranza cristiana. Vi confidiamo per la promessa di Cristo e per la sua resurrezione, la cui narrazione è giunta fino a noi dai tempi antichi. Ci sostiene una forza interiore che riteniamo frutto dell’azione in noi del nostro Dio, Spirito Santo. I teologi ne parlano come della Grazia, nella cui luce si cerca di vivere.
A ben vedere le narrazioni su Dio dei cristiani sono molto diverse da quelle delle altre religioni. Tanto che anticamente i cristiani furono accusati di ateismo.
Questo non toglie che storicamente i cristiani abbiano utilizzato, per imporre alle altre popolazioni la loro religione, anche metodi e argomenti non diversi da quelli delle altre religioni.
Nelle narrazioni dell’Epifania c’è il Cristo che viene manifestato, come bimbo tra l’altra gente, tra apparizioni prodigiose e che quindi viene riconosciuto ancor prima di aver potuto dire e fare alcunché. L’importante è la sua umanità divina, che i cristiani prendono molto sul serio: vero uomo e vero Dio, ci si fecero sopra i primi Concili ecumenici, quelli che rimangono fondamentali per la definizione della nostra fede.
Oggi l’umanità salvifica del Cristo non si impone tra la gente con la forza prodigiosa degli eventi del primo Natale. La missione che come cristiani riteniamo esserci stata affidata nel mondo è quella di predicarla all’altra gente:
Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". [dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 28, versetti 19 e 20 – Mt 28, 19-20]
Ma è anche quella di sforzarci di celebrare l’agàpe in società, di rendercene manifestazione sociale, perché il comando è quello di vivere l’agàpe con il Cielo e con la gente intorno a noi. L’agàpe è pace, misericordia, benevolenza e sollecitudine. Fatti prodigiosi, quando ci si riesce, tenendo conto di come di solito vanno le cose. Anch’essi Epifania nei nostri tempi, attraverso noi stessi e la nostra povera umanità redenta, per Grazia, solo per Grazia.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte sacro, Valli.