Crisi
del cattolicesimo democratico e neo-papismo
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Dall’articolo:
Società. Cattolici democratici, risorsa per l'Italia:
l'eredità di Piersanti Mattarella
di Vincenzo
Paglia, pubblicato su Avvenire on line, giovedì 9 gennaio 2025
https://www.avvenire.it/agora/pagine/cattolici-democratici-una-risorsa-per-litalia
«Il cattolicesimo politico italiano – negli anni Ottanta – ha
perso quel rapporto con la Chiesa – a tratti difficile per la necessità di
affermare la giusta autonomia dei laici in campo politico, ma necessario per
pensare in grande – così importante per le generazioni precedenti. Anche il
riferimento all’ispirazione cristiana si è affievolito. Sarebbe sbagliato dire
che il cattolicesimo politico italiano è diventato più laico, perché laicità
significa cercare un giusto rapporto tra Chiesa e Stato, non disinteressarsi di
uno dei due, e mantenere l’ispirazione cristiana nel pluralismo delle tendenze
ideologiche e politiche e non perderla. Direi che si è in parte smarrita la
strada tracciata dal cattolicesimo democratico nei decenni precedenti e questo
patrimonio politico-culturale ha stentato a trovare interpreti adeguati alle
nuove sfide. Sì, una cultura politica più povera non solo sul versante
cattolico, ma dell’intero Paese. La stessa crisi dei partiti ne è una
conseguenza. Oggi viviamo in una nuova epoca storica che, purtroppo, è priva di
visioni unitive.»
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Non sono d’accordo sul fatto che, dagli anni
Ottanta del secolo scorso, “il cattolicesimo italiano perse il rapporto con la Chiesa”, come ha
scritto Vincenzo Paglia su Avvenire di oggi, nell’articolo dal titolo Società. Cattolici democratici, risorsa per l'Italia:
l'eredità di Piersanti Mattarella.
Mi sono formato tra cattolici democratici e ho l’età per
aver vissuto consapevolmente quel periodo. Mi laureai nel 1981 e nel 1985 fui
assunto per svolgere la professione nella quale ancora sono impegnato.
Dal 1985 il papa Karol Wojtyla – Giovanni
Paolo 2°- impresse una marcata svolta neo-papista alla politica ecclesiastica. Egli,
formatosi nella Polonia caduta sotto un regime totalitario comunista di modello
staliniano, era profondamente diffidente verso il cattolicesimo democratico
italiano e, in particolare, per gli intensi e fecondi rapporti con i comunisti
italiani, risalenti alla guerra di Resistenza e alle fasi di costruzione di una
nuova Repubblica popolare democratica. Quelle relazioni si erano molto intensificate durante
la segreteria politica di Enrico Berlinguer nel Partito comunista italiano e,
nel 1978, dopo l’assassinio del cattolico democratico Aldo Moro, che ne era
stato protagonista, avevano condotto ad un
Governo monocolore democristiano di solidarietà nazionale con
l’appoggio esterno dei comunisti, guidato da Giulio Andreotti, politico dei
quali si fidavano gli statunitensi e la Curia vaticana. In quell’anno divenne
Papa il Wojtyla. L’anno seguente finì l’esperienza dei governi di solidarietà
nazionale, iniziata nel 1976 con un governo con l’astensione dei comunisti
(che dunque non gli avevano votato contro).
Dal 1985, con l’Assemblea generale dei Sinodo
dei vescovi nel ventennale dalla fine del Concilio Vaticano 2°, la svolta
neo-papista si abbatté sulla Chiesa cattolica, ma in particolare su quella italiana. Fu
caratterizzata da un forte accentramento sulla Santa Sede, dall’interventismo
diretto in politica da parte della lunga Presidenza di Camillo Ruini della
Conferenza Episcopale Italiana, nel corso della quale fu preferita
politicamente la neo-destra coalizzata da Silvio Berlusconi (l’appoggio fu
tolto nell’autunno 2011 dal nuovo presidente della CEI Angelo Bagnasco e ciò fu determinante nel condurre il 16
novembre successivo alle dimissioni dell’ultimo Governo Berlusconi).
Wojtyla fu apertamente ostile al
cattolicesimo democratico italiano in quanto quel composito movimento politico
era democratico e quindi laico nelle questioni politiche. La laicità
significa rifiutare in politica obbedienza acritica a qualsiasi autorità
costituita, compresa naturalmente quella dei Papi, e l’idea che vi siano in
politica valori non negoziabili, vale a dire sottratti al confronto
dialogico. Ne fece le spese un politico
di sicura fede cristiana, un dichiarato cattolico, un vero democratico, come
Romano Prodi, il quale tra il 1999 e il 2004, come Presidente della Commissione
europea, ebbe un ruolo fondamentale nell’integrazione nell’Unione Europea di
diversi stati usciti da regimi comunisti di tipo staliniano, del resto anche secondo
gli auspici del Wojtyla.
Nella Chiesa italiana dagli anni ’90 fu
repressa ogni forma di dissenso ecclesiale e imposto un unanimismo di facciata.
Si ebbe una forma di persecuzione analoga al triste ed efferato antimodernismo
di inizio Novecento, solo meno violenta, essenzialmente attuata mediante la
dura emarginazione dei dissenzienti. I teologi cattolici furono trattati molto
peggio. Spesso, anche da parte di storici della Chiesa italiana, se ne è
parlato come di un lunghissimo e gelido inverno ecclesiale. Dietro
questa svolta di politica ecclesiastica vi fu lo spietato razionalismo
teologico di Joseph Ratzinger, fino all’elezione al pontificato responsabile
del settore di polizia ideologica della Santa Sede, quella Congregazione per
la dottrina della fede che fu manifestazione contemporanea dell’efferata e stragista Inquisizione Romana.
Papa Francesco, dal 2013, ha tentato, con
scarso successo, di far uscire la Chiesa italiana, ma anche la Chiesa intera,
da quella situazione, che in Italia ha portato al sostanziale annientamento della
forza politica del cattolicesimo democratico italiano. La gerarchia ecclesiastica, assuefatta da
decenni all’autoritarismo neo-papista che può stroncare in un attimo promettenti
carriere, è timorosa di esporsi. L’altra gente non è più abituata a ciò che ora
viene definito sinodalità.
Il cattolicesimo democratico non ha mai
perso il rapporto con la Chiesa, perché ne fu e ne è ancora parte viva, pur
molto indebolita e screditata: indebolita perché troppo a lungo screditata. Piuttosto
è la gerarchia ecclesiastica che ancora se ne dimostra insofferente appunto per
la laicità di quel movimento. E’
questo che occorrerebbe superare. Nel quadro di una riforma ecclesiale sinodale
bisognerebbe abituarsi a non identificare Chiesa e gerarchia ecclesiastica.
Concludo osservando che anche il magistero di
papa Francesco si presenta come ostile al cattolicesimo democratico, sempre
perché democratico, e democratico
in quanto laico in politica, poichè in quel magistero democrazia e
laicità (non esiste democrazia senza laicità politica) vengono sostanzialmente viste come un portato
dell’odiato liberalismo e quest’ultimo come una forma di colonialismo culturale,
secondo quello che il prof. Loris Zanatta dell’Università di Bologna ha
definito populismo gesuita.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli