Il dilemma del cattolicesimo democratico
Ciò che caratterizza veramente la Chiesa cattolica come ai tempi nostri la si vive è un papismo organizzato a partire dal Basso Medioevo. La celebrazione degli Anni Santi o Giubilei come evento di massa ne è una sorta di esposizione universale.
Dal Duecento si immaginò il potere ecclesiastico del Papa come quello di un imperatore del mondo. Dall’Ottocento si iniziò anche a pensare che potesse diventare una sorta di suo presidente globale ed eterno. Questa teologia, che è anche una ideologia politica, viene argomentata razionalmente a partire dalla volontà soprannaturale, costruendovi culturalmente sopra una gerarchia autocratica, perchè non legittimata dal basso, per cui, nonostante professioni di tolleranza di maniera, si ritiene, in fondo, che non vi si possa opporre se non in mala fede o ignoranza o perché traviati dalle culture di appartenenza (che è una forma dí ignoranza).
Il cattolicesimo democratico italiano non viene da quella radice, ma dal movimentismo popolare su base evangelica a cui risalgono, ad esempio, la spiritualità francescana, ma anche quella valdese. Si manifestò a fine Settecento, al tempo delle repubbliche nel Nord Italia seguite alla conquista da parte delle armate della Francia rivoluzionaria. Ma non ne fu l’espressione politica. Vi è infatti solo una superficiale assonanza tra il motto rivoluzionario di uguaglianza e fraternità e l’esortazione evangelica a quella forma di solidarietà fraterna chiamata agàpe e che è senza distinzione tra ricco e povero, cittadino e straniero, amico e nemico, uomo e donna, e soprattutto senza violenza.
Nel corso dell’Ottocento si produsse in Italia la tragedia del conflitto durissimo e radicale prima tra l’irredentismo nazionalistico unitario italiano e il Papato romano, sovrano da secoli di un regno territoriale in centro Italia, e poi tra il nuovo Regno d’Italia e il Papato, il quale, spodestato di quel suo regno ad opera delle armate italiane all’esito di una breve ma sanguinosa guerra, per vari decenni premette politicamente per riaverlo, mobilitando la popolazione italiana a sostegno di questa rivendicazione, vietandole la politica nazionale. Questo moto politico papista ebbe carattere intransigente, rifiutando qualsiasi compromesso con il Regno d’Italia fino alla restaurazione del regno dei Papi almeno a Roma.
In questa agitazione intransigente si inserirono nella seconda metà dell’Ottocento, in una strana sinergia, i molto diversi movimenti di solidarietà popolare organizzati dal cattolicesimo sociale in favore dei ceti meno abbienti, ad esempio per soccorrerli nella disoccupazione, nella malattia e nella vecchiaia, e per raccoglierne il risparmio, e il cattolicesimo democratico, che intendeva organizzare democraticamente la riforma degli ordinamenti pubblici per perseguire finalità evangeliche con gli strumento istituzionali della politica democratica liberale.
Presto le iniziative politiche del cattolicesimo democratico furono sconfessate dal Papato romano, ancora per l’intransigentismo, in particolare con l’enciclica Graves de communi re – Le gravi [dispute] sulla questione sociale del 1901. Seguirono: nel 1904 lo scioglimento dell’Opera dei Congressi -organizzazione creata da intransigenti, cattolici sociali e cattolici democratici, per timore che vi prevalessero questi ultimi, l’efferata tragedia della persecuzione religiosa antimodernista e l’istituzione, nel 1906, delle prime organizzazioni di Azione Cattolica, come istituzioni gerarchicamente strettamente sottomesse al Papato per la sua azione politica e sociale sulle masse.
In realtà il cattolicesimo democratico italiano continuò a manifestarsi anche in Azione Cattolica e nel primo dopoguerra organizzò un suo primo partito politico, il Partito popolare di don Luigi Sturzo ed altri. Il Papato se ne mostrò sempre diffidente, preferendogli presto il fascismo mussoliniano, reputando, a torto come si vide, di poterlo controllare e integrare nella propria autocrazia. Mussolini aveva intenti speculari e opposti, anch’essi andati frustrati. Nel ’29 il Papato si compromise con il fascismo mussoliniano aprendogli la strada verso il totalitarismo, stipulando i Patti Lateranensi, dai quali riebbe un piccolo regno territoriale a Roma, la Città del Vaticano, ingenti compensazioni economiche, una posizione di privilegio per clero e istituzioni cattoliche e la possibilità di partecipare all’istruzione pubblica primaria e secondaria. Don Sturzo fu costretto a Londra. Venne accettata la soppressione dei partiti democratici, tra i quali il Partito Popolare. Nel 1931, con l’enciclica Il Quarantennale - Quadragesimo Anno, nell’anniversario della prima enciclica della dottrina sociale contemporanea, la Delle novità - Rerum novarum, del 1891, si ordinò agli aderenti dell’Azione cattolica di cooperare per la costruzione dell’ordinamento corporativo fascista.
Dopo l’entrata dell’Italia nella Seconda Guerra mondiale nel 1940, voluta da Mussolini, il Papato, che l’aveva fortemente avversata, dal 1942 si sganciò dal fascismo italiano e ordinò ai cattolici democratici italiani, i vecchi popolari, gli universitari e laureati dell’Azione cattolica, ammaestrati da don Giovanni Battista Montini, e gruppi dell’Università cattolica del Sacro Cuore, di costruire un nuovo stato di tipo democratico. Ciò che fu fatto nel corso della guerra e nei primi anni successivi, collaborando con socialisti, comunisti, liberali e monarchici. Lì si sperimentò e otganizzò una nuova democrazia popolare. Da qui la nuova Repubblica popolare e democratica italiana (come si legge nell’art.1 della sua Costituzione) e una lunga egemonia del nuovo partito cattolico democratico, la Democrazia Cristiana, fondato da Alcide De Gasperi e altri, conclusasi nel 1994.
Lo storico Pietro Scoppola chiarì i termini del compromesso tra il Papato e i cattolici democratici mediato dal democristiano Alcide De Gasperi: il Papato garantiva ai cattolici democratici il consenso delle masse cattoliche alla nuova democrazia, in particolare mediante l’Azione Cattolica, la Democrazia Cristiana garantiva al Papato l’inserimento in Costituzione dei Patti Lateranensi e la difesa degli interessi patrimoniali della Chiesa italiana e della sua influenza sugli affari politici italiani.
Il compromesso rimase sempre precario, in particolare durante il regno del papa Pio 12º: la Chiesa cattolica italiana rimaneva organizzata secondo principi antidemocratici. Veniva apprezzato il franchismo spagnolo (organizzato da generale golpista Francisco Franco Bahamonde, persona efferata e pia), un fascismo in linea con l’autocrazia papale. Nel 1953 si perpetrò con esso un concordato. Fu sottoscritto dal pro-Segretario di Stato Tardini e da un plenipotenziario del dittatore.
Dopo la riforma ecclesiastica tentata con il Concilio Vaticano 2º (1962-1965) e durante il papato del Montini, dal 1963 al 1978, i moti del cattolicesimo democratico si fecero più forti: nel nuovo Statuto dell’Azione Cattolica del 1969 entrò esplicitamente la finalità democratica. Negli ultimi anni del regno di Montini si acuì la tensione con la gerarchia cattolica e, in particolare, con il Papato. Montini, un reale socio fondatore della Democrazia Cristiana, rimase però sempre garante del patto mediato con De Gasperi. L’assassinio di Aldo Moro, influente politico democristiano formatosi alla scuola di Montini, e architetto dal 1976 della nuova coalizione politica emergenziale detta solidarietà nazionale, affidata a governi democristiani ma senza l’opposizione dei comunisti, divenuti negli anni ‘70 molto forti elettoralmente, fece entrare in crisi quel modello. Dal 1969, con il nuovo statuto deliberato (e approvato dalla gerarchia) sotto la presidenza nazionale del giurista democristiano cattolico democratico Vittorio Bachelet, l’Azione Cattolica italiana aveva cessato di essere il braccio politico del Papato.
Dal 1978, con il regno del papa Giovanni Paolo 2º la situazione mutò rapidamente, con la ripresa di un neopapismo autocratico, centrato sulla personalità umana del Papa che i mezzi di comunicazione di massa avvicinarono molto alla gente, e l’inizio di un lungo e apparentemente inesorabile declino del cattolicesimo democratico come movimento politico unitario organizzato. Sembrò che potesse sopravvivere esercitando autonomia politica rispetto al Papato e alla gerarchia ecclesiastica, ma non con la loro aperta ostilità.
Con gli accordi di revisione del Concordato Lateranense del 1984, la Chiesa cattolica italiana conseguì dalla nuova Repubblica democratica un vantaggiosissimo sistema di finanziamento pubblico, non riducibile unilateralmente da parte della Repubblica italiana, neppure in tempi di grave crisi economica, e, in questo modo, si rese indipendente dai fedeli. Per contropartita accettò formalmente che il principio della religione cattolica come unica religione dello Stato, proclamato regnante la dinastia Savoia, fosse sconsiderato superato. Dall’anno successivo, con il Sinodo dei vescovi nel ventennale dell’ultimo Concilio, si iniziò, ad opera del Papato, il ridimensionamento della portata della riforma ecclesiale che vi era stata tentata. La Conferenza Episcopale italiana iniziò a trattare direttamente con la politica italiana, senza mediazione dei cattolici democratici italiani, in genere mostrando di preferire la neo-destra berlusconiana, che aveva integrato parte dei cattolici liberali italiani e soprattutto parte di ciò che rimaneva del clericofascismo formatosi in epoca Mussoliniana nei precedenti anni ‘30 (il suo motto; dio-patria-famiglia), dalla quale si smarcò solo nell’autunno del 2011, al tempo della Presidenza Bagnasco della CEI. concausando la caduta dell’ultimo Governo Berlusconi.
Il Papato non accetta veramente l’autonomia in politica dei movimenti cattolici democratici, vale a dire la loro laicità. La considera un perdere il rapporto con la Chiesa, come scritto recentemente da Vincenzo Paglia su Avvenire. Questo però significa rifiutare la democrazia, perché non v’è democrazia senza laicità. In tema di laicità non entrano in questione la fede religiosa e i suoi miti soprannaturali, ma la supremazia politica del Papato che quest’ultimo pretende sacra, vale a dire incontestabile. I cattolici democratici si trovarono e ancora si trovano sempre nel dilemma se obbedire acriticamente alla linea politica del Papato o seguire la propria coscienza democratica, che impone l’esame critico di ogni questione politica, nel dialogo, anche con la gerarchia ecclesiastica, e secondo personale e collettiva responsabilità. È la difficoltà che ha finora ostacolato il pieno sviluppo della riforma ecclesiale sinodale promossa dal 2015 da Papa Francesco, sulla quale ci si è affannati dal 2021 nei cammini sinodali, con deludenti risultati, finora.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli
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