Lunedì Santo
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[Dalla voce Settimana Santa dell’Enciclopedia italiana Treccani on line –
https://www.treccani.it/enciclopedia/settimana-santa_(Enciclopedia-Italiana)/# di Nicola Turchi]
Detta anche maggiore (hebdomada maior), è quella che corre dalla domenica delle palme inclusa al sabato santo pure incluso, chiudendo così il periodo quaresimale e aprendo quello pasquale.
È la principale settimana di tutto l'anno liturgico, perché in essa: 1. si commemora la passione e morte redentrice di Cristo, che è la ragione d'essere del cristianesimo; 2. si compie (o piuttosto da principio si compiva) l'iniziazione delle nuove reclute cristiane, almeno nelle chiese d'Occidente, mentre in quelle d'Oriente la grande giornata battesimale cadeva il giorno dell'Epifania che ricorda le due grandi manifestazioni di Gesù, ai Magi e presso le acque del Giordano dove Giovanni battezzava.
Domenica delle palme (Dominica in palmis, κυριακὴ τῶν βαίων), così detta dalla benedizione e distribuzione di ramoscelli di palma o d'olivo, in ricordo dell'entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme, dalla cui prassi liturgica, attestata dalla pellegrina Eteria nel sec. IV, è derivato quest'uso in Occidente verso i secoli VIII-IX.
In Roma le palme venivano benedette e poi distribuite al clero dal papa stesso, e al popolo dai ministri inferiori nell'atrio della basilica lateranense, le cui porte chiuse venivano spalancate a un picchiare dei radunati, e la processione avanzava nella chiesa per assistere alla liturgia stazionale. Il tema di qumta è l'umiliazione profonda a cui il Redentore ha voluto sottoporsi per i peccati degli uomini. Al Vangelo si leggeva (e si legge) la Passione di Cristo secondo Matteo, durante la lettura della quale tutti tengono nelle mani la palma.
Lunedì santo. - In origine non era giornata stazionale, e perciò nemmeno liturgica: San Leone Magno, infatti, riprende nei suoi sermoni solo al mercoledì santo la spiegazione della passione di Cristo iniziata la domenica. Il tema della messa è sempre relativo alla passione di Gesù, che invoca il Padre affinché venga in suo soccorso. Un tempo il popolo si radunava nella basilica di Santa Balbina, sull'Aventino minore, e di là procedeva processionalmente verso la basilica dei santi Nereo e Achilleo (titulus de Fasciola), dove si celebrava la messa.
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Fin da bambino ho vissuto tra persone cristiane e i riti della Settimana Santa sono ormai legati in modo indissolubile alla memoria, che mi è molto cara, della mia famiglia e del suo mondo vitale, come credo che accada anche in altre fedi religiose.
Tra le Settimane sante che mi suscitano le emozioni più vi sono quelle che vissi nella seconda metà degli anni Settanta, da ragazzo, quando in quei giorni andavamo a Cervia, sulla riviera romagnola, dove mio padre, dopo il pensionamento, aveva comprato casa. Partecipavamo ai riti in Cattedrale. Li presiedeva il parroco mons. Elvezio Tanasini, che ho letto essere morto a Ravenna nel 2004. L’ “arciprete” era un uomo un po’ burbero, autorevole, capace però di far amare la Chiesa e di convincere della ovvietà del vangelo con una fede che a me, che all’epoca tentennavo un po’, appariva “solida”, densa com’era di solidale misericordia. Seppi che si era distinto nella guerra di Resistenza, aveva fatto parte del Comitato di liberazione quand’era stato cappellano di Mezzano, frazione di Ravenna, dove nel 2019 gli è stata intitolata una strada. Dopo la Liberazione intervenne presso la nuova Giunta popolare per cercare di fermare le violenze contro gli sconfitti.
Erano giorni, in quelle mie vacanze pasquali cervesi, in cui incontravo lo zio Achille, sociologo bolognese e mio padrino di Cresima, che ne approfittava per sorreggermi e indirizzarmi nella fede. Ho ancora la copia del libro Aut-Aut del filosofo danese Soren Kierkergaard, con passi da lui evidenziati appositamente per me, che mi regalò in una di quelle occasioni.
Le statistiche religiose dicono che oggi c’è meno gente che si affida alla fede dei cristiani. Cosi penso ci siano persone che non sanno bene perché si festeggi a Pasqua. Io che ho avuto il dono e la consolazione di mantenere quella fede ormai oltre la soglia della terza età sento la missione di ‘renderne ragione”, ma anche la mia insufficienza, perché non sono solido come mons. Elvezio né sapiente come mio zio, maestro per tante generazioni di giovani e anche per me.
Si dovrebbe far riferimento al catechismo sulla Pasqua e alla relativa teologia, ma non ne ho cuore, perché non è lì l’essenziale. La teologia, poi, in particolare quella dogmatica, è spesso crudele: conforta sapere che è solo cultura. Dire l’indicibile è ciò che si propone, ma al più riesce a renderne un’idea, perché l’indicibile rimane tale. Se però presume troppo, guasta tutto.
C’è il vangelo del Cristo al centro della fede cristiana.
Vangelo ci viene dal greco tramite il latino e significa buona notizia.
Il vangelo dei cristiani nasce dalla storia, dalla persona e dall’insegnamento di Gesù di Nazareth, vissuto come uomo tra la gente del suo tempo nella Palestina del Primo secolo, caduta sotto dominio dei romani nell’anno 63 dell’era antica.
I riti della Settimana Santa fanno memoria liturgica degli ultimi suoi giorni, quando, a Gerusalemme, fu catturato per ordine delle autorità del Tempio giudaico, da esse processato, consegnato alle autorità romane e da queste ultime fatto uccidere crocifisso. Nella solennità della Pasqua cristiana si fa memoria della sua Resurrezione da morte, della quale i suoi primi seguaci si convinsero, come anche della sua divinità, a partire dalla scoperta del suo sepolcro vuoto.
La morte di Gesù fu la sconfessione del suo vangelo. E’ l’esperienza che viene rievocata nel Venerdì santo. Quella della Pasqua vuole invece convincere che vi si può ancora confidare, perché la morte non è l’ultima parola su di noi. Però questo lo si può solo sperare; per questo si insegna che siamo salvati nella speranza. I fatti della natura la smentiscono, per questo è scritto che la nostra è speranza contro speranza, vale a dire speranza contro l’evidenza di ciò che porta a disperare. La nostra è fede nel Cristo, il Messia dei cristiani, nel Risorto. Si è persuasi che, in forza del legame con lui, egli, risorgendo, ci trarrà tutti a lui.
La principale conseguenza di quel modo di pensare è la presenza di cristiani nel mondo. Lo si divenne progressivamente in un processo che risulta perlopiù misterioso nei tempi più antichi, per la carenza di fonti affidabili. La presenza dei cristiani nel mondo è segnalata dall’agàpe, parola che indica un modo di vivere solidale, inclusivo e misericordioso in società, secondo lo spirito della parabola del Buon samaritano. Dove invece ci sono violenza e sopraffazione sotto bandiere cristiane, come storicamente è largamente accaduto, si vive una strumentalizzazione della nostra fede ad altri fini. Non si dovrebbe sentirne nostalgia. La cristianità, l’ordinamento sociale e politico basato su idee cristiane, fu sostanzialmente quello.
La presenza dei cristiani può essere considerata parte di quella buona notizia in cui consiste il vangelo. Gente che vuole trasformare il mondo praticando l’agàpe nella sequela di Gesù di Nazareth.
Ad alcuni pare poco e preferiscono una pratica di fede fatta di parole e di bei riti, ma così non mi sembra che si segua l’esempio di colui che chiamiamo Maestro. In un tempo nel quale i sacerdoti del Tempio esercitavano anche un potere politico, egli non fu uno di loro. Disse che il suo Regno non era di questo mondo.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli