Consegnarsi al mito – 3 – conclusione
L’antropologia è la scienza che studia come vivono gli esseri umani, in particolare nei loro rapporti sociali, perché gli umani sono viventi che creano società tra loro.
Da qualche giorno sto leggendo di Enrico Comba, Antropologia delle religioni. Una introduzione, Laterza 2008, anche in e-book e Kindle (io l’ho in quest’ultimo formato). Vi ho trovato una interessante informazione: sono pochi gli studi antropologici sui cristiani.
Non parlo dell’antropologia teologica, che è una branca della teologia e studia le concezioni sull’essere umano che stanno dietro le dottrine cristiane, ma parlo proprio dello studio su come tra persone cristiane si vive la fede (le teologie, invece, si interrogano sul come e sul perché si debba viverla in un certo modo).
Tendiamo a fare antropologia sugli altri per misurare la differenza tra noi e loro.
Le religioni possono essere vissute e pensate in molti modi. Sulla base della mia esperienza di fede, e ormai sono arrivato ad un’età in cui ne comincio a tirare le somme, la loro verità sta proprio nell’antropologia, perché fino ad oggi ci sono state indispensabili in quell’attività caratteristica della nostra specie che consiste nel creare e mantenere vive società molto vaste ed evolute tra individui consapevoli di esistere, come anche di aver avuto un’origine biologica e di essere destinati ad una fine biologica.
Si è detto “penso, dunque sono”, ma, a ben vedere, le cose non vanno così: la realtà è che “siamo, dunque pensiamo”, e pensiamo per quello che siamo. Insomma, la fisiologia della nostra mente è inseparabile dal pensiero da essa espresso, come le neuroscienze ci avvertono. Il nostro, insegnano, è un pensiero emotivo. Chi è interessato può leggere in merito un testo divulgativo che ho trovato molto interessante, di Daniel Kahneman, Pensieri lenti e veloci, Mondadori 2020, anch’esso disponibile il e-book e Kindle (io l’ho letto in questo formato).
Le emozioni provengono dalla nostra fisiologia. Essa è rimasta fondamentalmente la stessa, nella nostra specie, da 200.000 anni ed è illusione pensare di affrancarcene.
I miti, fondamentali nelle narrazioni religiose, fanno appello alle nostre emozioni e questo spiega come le religioni demitizzate non aggregano, vale a dire non funzionano.
Quindi possiamo serenamente consegnarci ai miti religiosi, purché si acquisisca la capacità di individuarli come tali.
Il soprannaturale religioso, vale a dire ciò che riteniamo il fondamento e il senso della nostra esistenza personale e sociale può essere evocato solo nel mito. È cosa diversa il paranormale, vale a dire il complesso delle nostre sensazioni sul soprannaturale, che percepiamo con la nostra mente e dipendono sostanzialmente da quest’ultima. Le neuroscienze ci avvertono anche di questo: la realtà come ci appare intorno a noi è una creazione della nostra mente. Questo non significa che non sia una delle realtà.
Così i miti religiosi, e naturalmente le religioni, manifestano la realtà di come siamo, parlano dunque di noi, e penso convenga giudicarle in base a questo, non illudendosi che possano cogliere altre realtà, come invece in passato, e in passati neanche tanto lontani, si ritenne, e per questo, ad esempio, il nostro Galileo Galilei ebbe guai cercando di spiegare una nuova cosmologia basata sull’osservazione della natura.
Non tutte le religioni, sotto quel profilo, sono dunque equivalenti, perché non lo sono, e non lo furono, le società umane di cui parlano e parlavano. E, va anche detto, noi non vivemmo e viviamo un solo cristianesimo nel praticare la nostra fede, ma molti cristianesimi, alcuni dei quali purtroppo furono caratterizzati da forme assai efferate di violenza stragista.
Questo sotto il profilo, per così dire, antropologico.
Ma sotto quello religioso, e anche per quanto riguarda quello teologico, che considera le cose all’interno della religione, è diverso, molto diverso.
Ciò che una religione può dirci su di noi, nessun altro può. La religione è alimento dell’anima, altra realtà della quale siamo ben consapevoli. La fede religiosa ci guida e ci fortifica ed è il fondamento di ciò che si spera, e la speranza ci guida poi all’agape universale, la benevolenza e solidarietà cristiane senza limiti che vorrebbero far spazio, vicino, ad ogni altra persona. E questa può essere considerata come una realtà molto importante nei cristianesimi, per i quali il fondamento santo è agàpe. Considerando le cose dal punto di vista di un cristianesimo, non ci sarà dato altro segno, e questo è vangelo, se ho ben compreso.
Poi, certo, ci sono dottrine e teologie, ma bisogna avere ben chiaro che si tratta di narrazioni, quindi di cultura, che non esauriscono il fondamento, che può essere colto solo nell’esperienza mistica, in cui di quelle narrazioni si deve fare a meno e nella quale cessa ogni divisione tra mente e corpo e percepiamo vivendola la nostra più autentica realtà personale.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli