Pasqua 2024
Spiegare il senso profondo della Pasqua cristiana decrittando
la relativa teologia, in modo da rendere un’idea di ciò che la festa evoca che
sia coinvolgente anche per chi ha perso dimestichezza con le parole della
fede, non è facile. Specialmente in una confessione come quella cattolica nella
quale da metà Ottocento la fa da padrona un teologia dogmatica tanto crudele e
dispotica, quanto ormai poco utile per l’evangelizzazione. Veniamo poi da un
lungo e triste periodo ecclesiale nel quale si è assistito ad una ripresa
dell’assolutismo papale in funzione essenzialmente reazionaria: quello che si è
cominciato ad indicare come un inverno ecclesiale e che si è vissuto tra
il 1978 e il 2013. La svolta, comunque, risale storicamente a inizio Ottocento
quando, dopo il Congresso di Vienna (1814-1815), nel quale dalle potenze
vincitrici fu disegnata la nuova Europa dopo la definitiva sconfitta militare e
politica dell’Impero di Napoleone Bonaparte, il Papato romano diede all’intera
Chiesa cattolica una struttura modellata su quella degli stati contemporanei,
che prima era stata propria solo del suo piccolo regno territoriale nell’Italia
centrale.
Chi vuole approfondire, lo potrà fare, ad
esempio, leggendo il testo di Daniele Mennozzi, La storia della Chiesa,
L’età contemporanea (vol.4), editore EDB 2019, disponibile anche in e-book
e Kindle, o, con riferimento particolare ai rapporti tra Chiesa e Stato in
Italia, il classico di Arturo Carlo Iemolo, Chiesa e stato in Italia negli
ultimi cento anni, che io ho nell’edizione riveduta e ampliata del
1963, riedita da Einaudi nel 1990, con
un aggiornamento per il “Dopo fascismo”. Si vedrà come purtroppo il
ruolo politico del Papato romano fu estremamente negativo per lo sviluppo di
processi democratici in Italia fino al 1942, al contrario di quello di altre
componenti del popolo di fede.
In genere le spiegazioni sulla Pasqua che si
danno nelle omelie, che per i più sono la principale fonte di apprendimento
delle cose di fede, vengono accolte superficialmente, come un arredo liturgico.
Si dice che la morte è vinta. Ma l’evidenza è
proprio il contrario.
Del resto per la gente, come anche per ogni
altro organismo vivente, la morte non è un vero problema: ognuno sa come
affrontarla se riesce a fare appello alle sue risorse interiori innate,
liberandosi delle direttive che in merito danno le culture di riferimento, che
servono solo finché una persona è viva. Lo so per esperienza personale. La
religione non è utile nell’agonia. Può essere anche controproducente.
Lo scrittore russo Tolstoj, grande anima, scrisse, due anni prima di morire, una Lettura
del vangelo in breve, per spiegare la fede ai ragazzi che vivevano nella
sua tenuta agricola. È disponibile anche in eBook e Kindle. Cercò di farlo
estrapolando le parole che nei Vangeli sono direttamente messe in bocca a Gesù,
nello scopo dichiarato di liberare la fede dagli elementi dogmatici e di dare
indicazioni concrete di vita buona. E’ un’operazione che, comunque, come
riferiscono gli esegeti, non ci consente veramente di leggere esattamente le parole del Maestro
come egli le pronunciò nella sua predicazione, perché i Vangeli, il cui testo
si condensò molti decenni dopo la sua morte, sono totalmente opera redazionale con lo scopo principale di
dare indicazioni sulla costruzione comunitaria nel tempo in cui furono scritti.
Ma che consente di verificare che la vita dopo la morte non appare al
centro di quella predicazione. Potete provare anche voi a farlo.
Nella teologia, in particolare in quella del
Secondo Millennio, a quell’aspetto si è data invece moltissima importanza. Ne è
testimonianza la Trecentesca Divina
Commedia dantesca, nella quale, sulla base di quella teologia, si costruì
un incubo orrendo dove, per molte persone, peccatrici, la vita dopo la
morte è immaginata come una permanenza in una specie di azienda dell’orrore nella
quale esseri superni si dedicano a
torturarle nei modi più strani, per alcune di esse per sempre. Per scamparvi fu
ideata la teologia delle indulgenze, gestita dal Papato romano, che fu
sviluppata anche con metodologia propriamente giuridica e che, nel Cinquecento, portò allo
scisma protestante, perché ne fu obiettata la mancanza di fondamento evangelico.
al che il Papato e le potenze sue
alleate reagirono con un’incredibile violenza, alla quale si replicò con
violenza analoga. La frattura sul punto
si è risanata, dopo secoli di incredibili violenze, nel 1999, con la Dichiarazione
congiunta sulla dottrina della giustificazione firmata da cattolici e luterani
a Resenburg [Germania] alla quale via via hanno aderito altre Chiese
protestanti.
Resurrezione
propriamente non è vita dell’anima dopo la morte, ma significa tornare in vita
in spirito e corpo dopo che si è morti, anche se in un modo diverso,
esattamente come si narra sia avvenuto per Gesù di Nazareth. Infatti, i
racconti evangelici raccontano che si presentò ai suoi discepoli con il proprio
corpo, anche se con i segni della Passione, invitando l’apostolo Tommaso, che dubitava, a mettere la mano nelle sue
piaghe.
Come
può accadere? Naturalmente non lo sappiamo e nemmeno possiamo immaginarcelo.
Da molte tracce che troviamo negli scritti
neotestamentari possiamo dedurre che i primi gruppi dei seguaci del Maestro
siano rimasti sorpresi della sua morte in croce e che il giudizio sul mondo non
fosse giunto di lì a poco, restaurando il bene. L’inquadramento della
Resurrezione che vi troviamo servì a mantenere viva la speranza.
Per avere un’idea della scansione temporale,
immaginiamo che Gesù sia stato messo a morte negli scorsi anni ’30, regnante
Pio 11°. Le Lettere di Paolo sarebbero state scritte negli scorsi anni
’50 sotto Pio 12°. Il testo dei vangeli si sarebbe formato sotto Giovanni Paolo
2°, tra gli anni ’80 e la fine del
millennio. Le attese andate deluse nei decenni seguiti alla morte del
Maestro vennero tenute vive dando loro una prospettiva più ampia, alla fine dei
tempi. Ma la Resurrezione, comunque, rimase tale: anima e corpo, come si dice.
La Pasqua, che Gesù fino alla fine
intese nel senso giudaico, celebrando la
cena rituale secondo l’uso giudaico (almeno secondo la narrazione dei Vangeli
sinottici), fu allora riferita alla sua
Resurrezione.
Quando venne l’ora per la cena pasquale, Gesù
si mise a tavola con i suoi apostoli. Poi disse loro: «Ho tanto
desiderato fare questa cena pasquale con voi prima di soffrire. Vi
assicuro che non celebrerò più la Pasqua, fino a quando non si realizzerà
nel regno di Dio».
Poi Gesù
prese un calice, ringraziò Dio e disse: «Prendete questo calice e fatelo
passare tra di voi. Vi assicuro che da questo momento non berrò più vino
fino a quando non verrà il regno di Dio». Poi prese il pane, fece la
preghiera di ringraziamento, spezzò il pane, lo diede ai
suoi discepoli e disse: «Questo è il mio corpo, che viene offerto per
voi. Fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, alla fine della
cena, offrì loro il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza che
Dio stabilisce per mezzo del mio sangue, offerto per voi.
[Dal Vangelo secondo Luca, capitolo 22,
versetti da 14 a 20 – Lc 22, 14-20 – versione in italiano TILC Traduzione
interconfessionale in lingua corrente]
In questo
importantissimo brano evangelico, la cui
narrazione corrisponde a quella di Mt 26, 26-30; Mc 14, 22-26; 1 Cor 11,
23-25, troviamo menzionati il Regno di Dio e la nuova alleanza, che potrebbero
esserci utili per evadere da certe fantasie spiritistiche sul dopo morte
al modo di Dante Alighieri.
Siamo
operaie e operai di quel Regno e partecipi di quell’alleanza.
Accettiamo la morte fisiologica senza drammi, seguendo in questo l’esortazione
di Francesco d’Assisi, che la chiamò sorella, nello spirito dell’uomo
medievale, immerso com’era nella natura che lo sovrastava ma della quale anche
si sentiva parte.
Siamo
sempre in una condizione di passaggio, noi personalmente e la nostra società: la nostra Pasqua
si celebra di giorno in giorno, fino all’ultimo, e anche quel giorno lo vivremo
come un passaggio, che però vivremo soli, ma basteremo a noi stessi se
lasceremo fare al nostro organismo. Siamo biologicamente programmati per
nascere e morire. Come accadde ai nostri
avi accadrà anche per noi.
E
tuttavia la nostra vita in spirito e corpo non è per questo senza significato.
Questo il messaggio pasquale. Per quel Regno, per quell’alleanza, che sono già
in atto. Speriamo che con la nostra morte fisiologica non sia tutto finito e
nel frattempo diamoci da fare per l’edificazione del Regno seguendo l’esempio
del Maestro e confidando in quell’alleanza: il suo giogo, disse, è dolce e
il peso leggero.
In quel momento Gesù disse:
«Ti ringrazio, Padre,
Signore del cielo e della terra,
perché hai nascosto queste cose
ai grandi e ai sapienti
e le hai fatte conoscere ai piccoli».
Sì, Padre, così tu hai
voluto.
E disse ancora: «Il Padre
ha messo tutto nelle mie mani. Nessuno conosce il Figlio, se non il Padre.
Nessuno conosce il Padre, se non il Figlio e quelli ai quali il Figlio lo fa
conoscere».
«Venite con me, tutti voi che siete stanchi e
oppressi: io vi farò riposare.Accogliete le mie parole e lasciatevi istruire da me. Io
non tratto nessuno con violenza e sono buono con tutti. Voi troverete la pace,
perché quel che vi comando è per il vostro bene, quel che vi do da portare è un
peso leggero».
[dal Vangelo secondo
Matteo, capitolo 11, versetto da 25 a 30 – Mt 11, 25-30 - Versione in italiano TILC Traduzione
interconfessionale in lingua corrente]
Siamo stati salvati nella speranza, è
scritto (Rm 6,24-25). Non avremo nulla di più in questa vita, ma è già molto.
La Pasqua può essere spiegata anche così:
come festa della speranza nei passaggi della vita. Chi è genitore la vede come
incarnata nelle figlie e nei figli. Nell’età anziana questo spirito “pasquale”
lo si può sviluppare nei confronti di tutte le persone più giovani,
allargando maternità e paternità in senso spirituale. Si diviene così guide e
consolazione per la gente intorno.
E la sofisticata nostra teologia? Ha una sua
funzione, naturalmente. Ha sviluppato un grande pensiero (del quale la gran parte
delle persone, anche di quelle colte, si mostra spesso inconsapevole) che ha
ancora una sua utilità sociale, quando non fa soffrire inutilmente. Ma, nella
mia esperienza, è vano cercarvi consolazione spirituale personale. Serve,
come ogni altra forma di cultura, ad organizzare la società.
Mario Ardigó – Azione
Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.