INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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domenica 25 novembre 2018

Divisioni


Divisioni

Venerdì scorso il nostro parroco ha ricordato che nella lettera di Clemente I, san Clemente "Papa"  o "romano",  ai cristiani di Corinto (scritta in greco antico) si trattava delle divisioni che travagliavano quelle prime comunità ecclesiali [di seguito il testo in traduzione in italiano, una biografia del santo e un interessante discorso di Benedetto 16° - Joseph Ratzinger ad una  udienza generale del 2007, nella quale ricordò quel documento e la figura del santo]. E’ un problema che c’è anche ora, quello delle divisioni, ha aggiunto. Ne aveva già trattato Paolo di Tarso, in un lettera sempre a quelli di Corinto in Grecia, che oggi è compresa nella nostra Bibbia, nel Nuovo Testamento, come Prima lettera ai Corinzi. Un male così antico può essere risolto? Non ci si dovrebbe rassegnare ad esserne afflitti?  Paolo indicò la via: l’agàpe, il volersi bene prima di tutto, facendo spazio agli altri, come in un lieto convito dal quale nessuno sia escluso. Clemente indicò invece la via dell’obbedienza e dell’umiltà, in un’epoca in cui cominciava ad organizzarsi la gerarchia sacrale, prendendo a modello la gerarchia sacerdotale dell’ebraismo antico. Per circa duemila anni fu questa via ad essere innanzi tutto proposta dal Magistero successivo, senza tralasciare, naturalmente la prima: occorreva obbedire per amore. Dalla metà del secolo scorso, e in particolare a seguito della riforma attuata dal Concilio Vaticano 2° (1962-1965) fu invece innanzi tutto, di nuovo,  quella dell’agàpe, alla quale la stessa autorità della gerarchia sacrale doveva conformarsi, obbedendole. Comandare si doveva, certo, ma per amore. Una stessa legge, quindi, per il comando e l’obbedienza. Storicamente quella dell’agàpe fu la legge più violata dalle prassi ecclesiali che si succedettero nel tempo e si affiancarono nei vari tempi. E ancora oggi presenta problemi attuativi.
 Storicamente le nostre comunità si sono organizzate secondo questi modelli:
- il cenacolo intorno ad un profeta, una personalità straordinaria, qualche volta ritenuta prodigiosa,  che si riteneva interpretasse il senso della storia per illuminazione superiore;
-  la comunità guidata da una classe sacerdotale, con distinzione molto marcata tra la gerarchia e il resto del popolo, sul modello dell’antico ebraismo;
 - la comunità guidata da un re - pastore, un sovrano civile con ruolo anche religioso, sul modello di Giustiniano I, sovrano dell’Impero romano d’Oriente (Sesto secolo della nostra era) che riproponeva, adattandolo, l’antico modello sacrale degli imperatori romani precristiani.
  Nel Primo millennio prevalse il terzo modello (il sovrano pastore religioso del suo popolo), fino alla metà del Secondo prevalse il secondo modello. Dopo di allora il primo (profetico) e il secondo modello (sacerdotale) si contesero l’autorità sul popolo. Il primo modello ebbe successo nelle Chiese sorte dalla riforma. Una ripresa del terzo modello si ebbe nel Seicento e fino all’affermarsi del principio democratico della laicità dello Stato, dall’Ottocento. In quei tre modelli vi sono guide ben distinte da coloro che sono guidati. Il primo modello si trova attuato anche in diversi movimenti  nati dalla riforma della teologia del laicato deliberata dal Concilio Vaticano 2°. Dagli anni Sessanta  del Novecento si sono andate diffondendo concezioni democratiche, secondo le quali i fedeli laici, la base  del popolo, dovrebbero avere più voce nelle questioni religiose. Un modello secondo questo principio è quello adottato dalla nostra Azione Cattolica, ma solo per le decisioni di competenza associativa, mentre per il resto si segue il modello sacerdotale. Secondo questo modello si decide insieme, dopo un lavoro di autoformazione che rende meno dipendenti da guide profetiche o sacrali e più capaci di critica ragionevole nei confronti di queste ultime. Si collabora con loro co-decidendo consapevolmente.
  Il principio di autorità, profetica o sacerdotale, genera di solito divisioni molto marcate, mentre promette di risolvere quelle nella base. Al dunque prevale il più forte, che cerca di cancellare gli altri. Le lotte alle cosiddette eresie, le differenziazioni ideologiche su punti importanti della fede religiosa, hanno avuto storicamente quel senso. L’ecumenismo, il processo di superamento delle divisioni religiose, animato dalle autorità religiose è avanzato  molto faticosamente, trascinato dai movimenti espressi dalla base. Ora anche questi ultimi  sono in fase recessiva.  
 Storicamente il popolo religioso ha chiesto guide per fare unità: difficilmente l’ha mantenuta per virtù propria, nello spirito dell’agàpe. Questo è assai difficile anche oggi. Non si riesce ad intendersi e finisce spesso in rissa, cercando di prevalere per vie di fatto. L’aver sviluppato, nel corso di due millenni di riflessione religiosa, una complicatissima ed estesissima teologia rende difficile l’accesso dei più alla riflessione religiosa, ne ha fatto una questione destinata ad un ceto ristretto  studiosi. Il movimento di riforma del Concilio Vaticano 2° ha cercato di suscitare una migliore  competenza teologica nel laicato, sfruttando anche l’opportunità data dalla maggiore istruzione popolare sviluppata dai sistemi scolastici improntati ai principi delle democrazie occidentali. Da qui anche la riforma della catechesi che in Italia si è avviata a partire dagli anni Settanta. I risultati ci sono stati, ma molto inferiori alle aspettative, e forse alle possibilità della gente. Di fatto, nell’associazionismo religioso, quello animato dalle persone che più tempo dedicano alla religione, vale a dire  i praticanti  e  partecipanti,  la competenza religiosa appare ancora piuttosto carente, per cui nessuna discussione ha uno sviluppo utile senza il supporto di un prete. Molto vago appare, in particolare, l’orientamento biblico. Di fronte alla Bibbia i più si scoraggiano e, invitati a trovare nel testo  argomenti su una certa questione, non lo sanno fare. E’ una situazione che riguarda giovani e anziani. Non è molto diffusa l’abitudine a ragionare di Bibbia in un gruppo biblico, aiutandosi reciprocamente nello studio e nella comprensione. La religiosità, dunque, mi appare ancora prevalentemente devozionale. Molto forte è quella dei santi prodigiosi e dei santuari, che ricalca in parte le consuetudini precristiane, delle quali spesso appare una trasfigurazione. Così è per la religiosità del miracolo, del resto inculcata anche dalla gerarchia sacrale, che, ad esempio, fonda le conferme di santità su questo tipo di eventi prodigiosi.
  Che succede se si scontrano il modello profetico  quello  sacerdotale in una medesima comunità? L’esperimento si è fatto da noi in parrocchia, e molto a lungo. Il risultato è quello che vediamo. Due comunità affiancate, ma non   integrate, che hanno di recente imparato almeno a convivere, senza voler silenziare l’altra. Si fa vita separata, e quando si è tentato di incontrarsi per confrontare le proprie religiosità, ci si è limitati ad esporre, come si dice,  i propri punti di vista, incapaci di trovare un modo di vita comune salvo che, in parte, nella liturgia. Come sappiamo, anche su quest’ultimo aspetto della vita parrocchiale si sono viste scintille, e la guerra della Settimana santa ne è espressione, in quel tempo liturgico in cui si è forzati a trovarsi insieme e ognuno vorrebbe però fare secondo i  propri costumi, imponendoli agli altri. La missione affidata al parroco giunto tra noi nell’ottobre 2015 è proprio quella di guidarci a superare questa frattura. Molto si è fatto. Ma molto rimane da fare. Del resto qui da noi si è vissuta l’esasperazione di una situazione che è comune più o meno a tutte le comunità in cui esperienze religiose di diversa impostazione cercano di coesistere nello spirito dell’agàpe, o almeno senza farsi troppo male. Va meglio dove si vive in una monocultura, come nei movimenti. La nostra Azione Cattolica è la dimostrazione che un modo diverso di convivere è realmente possibile. La soluzione proposta in Azione Cattolica, dalla fine degli anni Sessanta, è quella del metodo democratico, che comprende diversi importanti principi umanitari, come quello di rispettare chi la pensa diversamente, di non negare a nessuno la sua dignità di persona, che sono  attuazioni dello spirito dell’agàpe. La pratica della democrazia è tuttavia piuttosto insufficiente, o inesistente, al di fuori dell’Azione Cattolica, (il tirocinio dovrebbe iniziare fin da molto piccoli, fin dal primo catechismo) e si scontra con la storica diffidenza della gerarchia che l’ha duramente combattuta fino ad un recente passato, trovandola inadatta alle relazioni ecclesiali e da utilizzare solo in quelle civili, in quanto potenzialmente fonte di indisciplina e sedizione. Ogni tanto ancora si sbotta nel “La Chiesa non è una democrazia!”.  Non lo è sicuramente ora, ma non farebbe male a diventarlo. Le sarebbe utile proprio per provare a sanare le divisioni in modo veramente pacifico.  La questione è sempre: “principio di autorità  o agàpe?”. Secondo Paolo di Tarso quest’ultima dovrebbe prevalere in ogni cosa, nell’autorità come nell’obbedienza e nelle relazioni paritarie.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San  Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli




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Prima lettera di Clemente Romano ai Corinzi
[dal WEB: https://www.liturgia.it/content/1cor_clem_ita.pdf]
Nota: il documento fu scritto in greco antico

La Chiesa di Dio che è a Roma alla Chiesa di Dio che è a Corinto, agli eletti santificati nella volontà di Dio per nostro Signore Gesù Cristo. Siano abbondanti in voi la grazia e la pace di Dio onnipotente mediante Gesù Cristo. Elogio dei Corinti I, 1. Per le improvvise disgrazie e avversità capitatevi l'una dietro l'altra, o fratelli, crediamo di aver fatto troppo tardi attenzione alle cose che si discutono da voi, carissimi, all'empia e disgraziata sedizione aberrante ed estranea agli eletti di Dio. Pochi sconsiderati e arroganti l'accesero, giungendo a tal punto di pazzia che il vostro venerabile nome, celebre e amato da tutti gli uomini, è fortemente compromesso. 2. Chi, fermandosi da voi, non ebbe a riconoscere la vostra fede salda e adorna di ogni virtù? Ad ammirare la vostra pietà cosciente ed amabile in Cristo? Ad esaltare la vostra generosa pratica dell'ospitalità? A felicitarsi della vostra scienza perfetta e sicura? 3. Facevate ogni cosa, senza eccezione di persona, e camminavate secondo le leggi del Signore, soggetti ai vostri capi e tributando l'onore dovuto ai vostri anziani. Esortavate i giovani a pensare cose moderate e degne. Raccomandavate alle donne di compiere tutto con coscienza piena, dignitosa e pura, amando sinceramente, come conviene, i loro mariti; insegnavate a ben accudire alla casa, attenendosi alla norma della sottomissione e ad essere assai prudenti.
II, 1. Tutti eravate umili e senza vanagloria, volendo più ubbidire che comandare, più dare con slancio che ricevere. Contenti degli aiuti di Cristo nel viaggio e meditando le sue parole, le tenevate nel profondo dell'animo, e le sue sofferenze erano davanti ai vostri occhi. 2. Così una pace profonda e splendida era data a tutti e un desiderio senza fine di operare il bene e una effusione piena di Spirito Santo era avvenuta su tutti. 3. Colmi di volontà santa nel sano desiderio e con pietà fiduciosa, tendevate le mani verso Dio onnipotente, supplicandolo di essere misericordioso se in qualche cosa, senza volerlo, avevate peccato. 4. Giorno e notte per tutta la vostra comunità vi adoperavate a salvare con pietà e coscienza il numero dei suoi eletti. 5. Gli uni verso gli altri eravate sinceri, semplici e senza rancori. 6. Ogni sedizione ed ogni scisma era per voi orribile. Vi affliggevate per le disgrazie del prossimo e ritenevate le sue mancanze come vostre. 7. Senza pentirvi mai di ogni buona azione, eravate pronti ad ogni opera di bene. 8. Ornati di una condotta virtuosa e venerata, compivate ogni cosa nel timore di Lui: i comandamenti e i precetti del Signore erano scritti nella larghezza del vostro cuore.
Funeste conseguenze della discordia
III, 1. Ogni onore e abbondanza vi erano stati concessi e si era compiuto ciò che fu scritto: "Il diletto mangiò e bevve, si fece largo e si ingrassò e recalcitrò". 2. Di qui gelosia e invidia, contesa e sedizione, persecuzione e disordine, guerra e prigionia. 3. Così si ribellarono i disonorati contro gli stimati, gli oscuri contro gli illustri, i dissennati contro i saggi, i giovani contro i vecchi. 4. Per questo si sono allontanate la giustizia e la pace, in quanto ognuno ha abbandonato il timore di Dio ed ha oscurato la sua fede; non cammina secondo i comandamenti divini, non si comporta come conviene a Cristo, ma procede secondo le passioni del suo cuore malvagio, in preda alla gelosia ingiusta ed empia attraverso la quale anche "la morte venne nel mondo".
Esempi del Vecchio Testamento
IV, 1. Così è scritto: "Accadde che, dopo molti giorni, Caino offrì a Dio in sacrificio dei frutti della terra e Abele offri anche lui in sacrificio dei primogeniti delle pecore e del loro grasso. 2. E Dio guardò Abele e i suoi doni, ma non prestò attenzione a Caino e ai suoi sacrifici. 3. Caino ne fu molto rattristato e il suo volto mostrava abbattimento. 4. Dio disse a Caino: perché sei triste, e perché il tuo volto mostra abbattimento? Non hai forse peccato, se, pur offrendo rettamente il tuo sacrificio, non hai diviso rettamente le parti? 5. Rasserenati: la tua offerta ritorna a te e tu ne potrai disporre. 6. Disse Caino al fratello Abele: andiamo in campagna. E avvenne che mentre erano in campagna Caino si gettò sul fratello e l'uccise". 7. Vedete, fratelli, l'invidia e la gelosia portarono al fratricidio. 8. Per l'invidia il nostro padre Giacobbe fuggì dal cospetto di suo fratello Esaù. 9. L'invidia fece perseguitare Giuseppe sino alla morte e portarlo sino alla schiavitù. 10.L'invidia spinse Mosè a fuggire dalla presenza del Faraone, re di Egitto, nel sentire da un suo connazionale: "Chi ti ha posto come arbitro e giudice su di noi? Tu credi di uccidermi come hai ucciso ieri l'egiziano?". 11. Per invidia Aronne e Maria alloggiarono fuori dell'accampamento. 12. L'invidia portò vivi nell'inferno Datan ed Abiran per essersi ribellati contro il servo di Dio Mosè. 13. Per l'invidia David ebbe non solo l'odio degli stranieri, ma fu anche perseguitato da Saul, re d'Israele.
Esempi del Nuovo Testamento
V, 1. Ma lasciando gli esempi antichi, veniamo agli atleti vicinissimi a noi e prendiamo gli esempi validi della nostra epoca. 2. Per invidia e per gelosia le più grandi e giuste colonne furono perseguitate e lottarono sino alla morte. 3. Prendiamo i buoni apostoli. 4. Pietro per l'ingiusta invidia non una o due, ma molte fatiche sopportò, e così col martirio raggiunse il posto della gloria. 5. Per invidia e discordia Paolo mostrò il premio della pazienza. 6. Per sette volte portando catene, esiliato, lapidato, fattosi araldo nell'oriente e nell'occidente, ebbe la nobile fama della fede. 7. Dopo aver predicato la giustizia a tutto il mondo, giunto al confine dell'occidente e resa testimonianza davanti alle autorità, lasciò il mondo e raggiunse il luogo santo, divenendo il più grande modello di pazienza.
Una schiera di eletti
VI, 1. A questi uomini che vissero santamente si aggiunse una grande schiera di eletti, i quali, soffrendo per invidia molti oltraggi e torture, furono di bellissimo esempio a noi. 2. Per gelosia furono perseguitate le donne, giovanette e fanciulle che soffrirono oltraggi terribili ed empi per la fede. Affrontarono una corsa sicura ed ebbero una ricompensa generosa, esse deboli nel fisico. 3. La gelosia allontanò le mogli dai mariti ed alterò la parola del nostro padre Adamo: "Ecco ella è osso delle mie ossa e carne della mia carne". 4. La gelosia e la discordia rovinarono molte città e distrussero grandi nazioni.
pentimento
VII, 1. Carissimi, scriviamo tutte queste cose non solo per avvertire voi, ma anche per ricordarle a noi. Siamo sulla stessa arena e uno stesso combattimento ci attende. 2. Lasciamo i vani ed inutili pensieri e seguiamo la norma gloriosa e veneranda della nostra tradizione. 3. Vediamo ciò che è bello, ciò che è piacevole e gradito davanti a chi ci ha creato. 4. Guardiamo il sangue di Gesù Cristo e consideriamo quanto sia prezioso al Padre suo. Effuso per la nostra salvezza portò al mondo la grazia del pentimento. 5. Scorriamo tutte le generazioni e notiamo che di generazione in generazione il maestro "diede luogo al pentimento" per tutti quelli che volevano a lui rivolgersi. 6. Noè predico il pentimento e tutti quelli che l'ascoltarono furono salvi. 7. Giona predisse lo sterminio ai Niniviti, ma essi, pentiti dei loro peccati, si resero propizio Dio pregando ed ebbero la salvezza, benché estranei a Dio.
Il pentimento è desiderato dal Signore
VIII, 1. I ministri della grazia di Dio parlarono del pentimento per mezzo dello Spirito Santo. 2. Anche il Signore di tutte le cose parlò del pentimento col giuramento: "Io vivo - dice il Signore - e non voglio la morte del peccatore, bensì la sua conversione". Aggiunse anche un buon proposito. 3. "Pentiti, o casa d'Israele, della tua iniquità. Riferisci ai figli del mio popolo: anche se i vostri peccati arriveranno dalla terra al cielo e saranno più rossi dello scarlatto e più neri del sacco, e vi convertite a me con tutto il cuore e direte: "Padre", io vi ascolterò come un popolo santo". 4. In un altro passo dice così: "Lavatevi e purificatevi, toglietevi le cattiverie dalle vostre anime innanzi ai miei occhi. Cessate dalle vostre iniquità, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, liberate l'oppresso, rendete il suo diritto all'orfano e rendete giustizia alla vedova, e poi discuteremo, dice il Signore. E se i vostri peccati fossero come la porpora, io li renderò bianchi come la neve; se fossero come lo scarlatto li renderò bianchi come la lana. Se volete e mi ascoltate, vi nutrirete dei beni della terra. Se non volete e non mi ascoltate, una spada vi divorerà. Questo infatti la bocca del Signore disse". 5. Egli nella sua onnipotente volontà ha deciso che tutti i suoi diletti partecipino al pentimento.
Enoch e Noè
IX, 1. Obbediamo dunque alla sua grandiosa e gloriosa volontà. Divenuti supplici della sua misericordia e della sua bontà, prosterniamoci e rivolgiamoci alla sua pietà, abbandonando la vanità, la discordia e la gelosia che conduce alla morte. 2. Guardiamo i ministri perfetti della sua grandezza e della sua gloria. 3. Prendiamo Enoch che fu trovato giusto nella sua ubbidienza e fu elevato dal mondo senza morire. 4. Noè fu trovato fedele. Mediante il suo ministero predicò al mondo la rinascita ed il Signore, suo tramite, salvò gli animali che in concordia erano entrati nell'arca.
Abramo
X, 1. Abramo, chiamato l'amico, fu trovato fedele nell'essere ubbidiente alle parole di Dio. 2. Egli per ubbidienza uscì dalla sua terra, dalla sua parentela e dalla casa di suo padre. Per aver abbandonato una piccola terra, una parentela insignificante e una umile casa, ereditò le promesse di Dio. 3. Dice a lui (il Signore): "Esci dalla tua terra, dalla tua parentela, dalla casa di tuo padre per andare nel paese che ti mostrerò. Farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai benedetto. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò quelli che ti malediranno e in te saranno benedette tutte le tribù della terra". 4. E di nuovo, nel separarsi da Lot, Dio gli disse: "Alza i tuoi occhi e dal luogo ove sei guarda a nord, a mezzogiorno e ad oriente verso il mare. Tutta la terra che tu vedi la darò a te e alla tua discendenza per sempre. 5. Renderò la tua discendenza come la sabbia della terra. Se qualcuno può contare la sabbia della terra, conterà anche la tua discendenza". 6. E di nuovo parla: "Dio condusse fuori Abramo e gli disse: guarda il cielo e conta le stelle se puoi contarle. Così sarà la tua discendenza. Abramo credette a Dio e gli fu reputato a giustizia". 7. Per la fede e l'ospitalità gli fu dato un figlio nella vecchiaia e per obbedienza lo offrì in sacrificio a Dio sopra uno dei monti che gli indicò.
Lot
XI, 1. Per l'ospitalità e la pietà Lot fu salvato da Sodoma, quando tutta la regione fu punita dal fuoco e dallo zolfo. Chiaramente il Signore mostrava che egli non abbandona quelli che sperano in lui, e manda punizioni e tormenti a quelli che sono ribelli. 2. Infatti la moglie uscita insieme a Lot, poiché era di diversi sentimenti e in disaccordo, fu trasformata in una colonna di sale. Fu posta quale segno sino ai nostri giorni, perché fosse noto a tutti che si separano e non credono alla potenza di Dio, sono di condanna e di esempio a tutte le generazioni.
Raab
XII, 1. Per la fede e l'ospitalità fu salvata la meretrice Raab. 2. Quando Gesù di Nave mando gli esploratori a Gerico e il re della regione seppe che erano venuti ad esplorare la sua terra mandò gli uomini per prenderli e ucciderli. 3. L'ospitale Raab allora, dopo averli accolti, li nascose nella soffitta sotto gli steli di lino. 4. Sopraggiunti (i messi) del re le dissero: "Quelli che sono venuti ad esplorare la nostra terra sono entrati da te; cacciali fuori, il re comanda così". Essa rispose: "Gli uomini che cercate sono entrati da me, ma subito sono usciti e camminano sulla strada" e mostrava loro la direzione opposta. 5. Disse agli uomini (che aveva nascosto): "So bene che il Signore Iddio vi affida questa terra; lo spavento e il terrore sono caduti sugli abitanti. Quando ve ne sarete impadroniti salvate me e la casa di mio padre". 6. Essi le risposero: "Sarà come tu hai detto. Quando ti accorgi che stiamo per venire, riunisci tutti i tuoi sotto il tuo tetto e saranno salvi; quanti saranno trovati fuori della casa saranno uccisi". 7. Stabilirono di dare un segnale, di appendere, cioè, dello scarlatto alla casa. Si manifestava così che per mezzo del sangue del Signore ci sarebbe stato il riscatto per tutti quelli che credono e sperano in Dio. 8. Vedete, carissimi, che in questa donna non c'era solo la fede, ma anche la profezia.
L'umiltà XIII, 1. Dunque, fratelli, siamo umili deponendo ogni baldanza, boria, stoltezza ed ira e facciamo quello che è scritto. Dice infatti lo Spirito Santo: "I1 saggio non si glori della sua sapienza nè il forte della sua forza, nè il ricco della sua ricchezza, ma chi si gloria si glori nel Signore, di ricercarlo e di praticare il diritto e la giustizia". Ricordiamoci soprattutto delle parole che il Signore Gesù disse insegnandoci la benevolenza e la magnanimità. 2. Così disse: "Siate misericordiosi per ottenere misericordia; perdonate per essere perdonati; come farete agli altri, così sarà fatto a voi; come date, così sarà dato a voi; come giudicate, così sarete giudicati; la bontà che usate, sarà usata; la misura con la quale misurate, sarà di misura per voi". 3. Rafforziamoci in questo comandamento e in questi precetti, per procedere umili ed ubbidienti alle Sue sante parole. Dice la sua santa parola: 4. "A chi rivolgerò lo sguardo se non al mite, al pacifico e a chi teme le mie parole?".
L'orgoglio
XIV, 1. E' giusto e santo, fratelli, che noi siamo ubbidienti a Dio, piuttosto che seguire nell'arroganza e nella sedizione i capi dell'esecranda gelosia. 2. Noi ci esponiamo non ad un danno leggero, bensì ad un grande pericolo se audacemente ci abbandoniamo ai voleri di uomini che gettano nella contesa e nelle sedizioni per distoglierci da ciò che è bene. 3. Siamo buoni gli uni verso gli altri, secondo la compassione e la dolcezza di chi ci ha fatti. 4. E' scritto: "I buoni abiteranno la terra, e gli innocenti resteranno su di essa, ma i peccatori vi saranno sterminati". 5. E dice di nuovo: "Ecco l'empio esaltato e innalzato come i cedri del Libano; passai e non c'era più e cercai il luogo dov'era e non lo trovai. Custodisci l'innocenza e osserva la rettitudine. Per l'uomo pacifico c'è una posterità".
Unità e pace
XV, 1. Uniamoci, dunque, a quelli che religiosamente vivono la pace e non a quelli che la vogliono con ipocrisia. 2. Dice infatti: "Questo popolo mi onora con le labbra e il suo cuore è lontano da me". 3. E di nuovo: "Con la bocca mi benedicevano e con il cuore mi maledicevano". 4. Di nuovo dice: "Lo amavano con la bocca e con la lingua gli mentivano, il loro cuore non era retto con lui, nè rimanevano fedeli alla sua alleanza". 5. Per questo "divengano mute le loro labbra ingannatrici che dicono iniquità contro il giusto". E di nuovo: "Disperda il Signore tutte le labbra ingannatrici, la lingua orgogliosa, quel1i che dicono: noi renderemo potente la nostra lingua, le nostre labbra sono per noi. Chi è padrone di noi? 6. Per la miseria dei poveri e i lamenti dei bisognosi mi leverò, dice il Signore, li porrò in salvo; 7. e parlerò liberamente con loro".
Umiltà di Cristo
XVI, 1. Cristo è degli umili, non di chi si eleva sul suo gregge. 2. Lo scettro della maestà di Dio, il Signore Gesù Cristo, non venne nel fragore della spavalderia e dell'orgoglio - e l'avrebbe potuto - ma nell'umiltà di cuore, come lo Spirito Santo ebbe a dire di lui: 3. "Signore, chi credette alla nostra voce? e il braccio del Signore a chi fu rivelato? Noi l'annunciammo alla sua presenza: egli è come un fanciullo, come una radice nella terra assetata; non ha apparenza nè gloria. Noi lo vedemmo, non aveva una bella apparenza, ma l'aspetto suo era spregevole, lontano dall'aspetto degli uomini. Come l'uomo che è nel dolore e nel travaglio e che sa sopportare l'afflizione perché nasconde il suo volto, non fu onorato e tenuto in considerazione. 4. Egli porta i nostri peccati e soffre per noi, e noi l'abbiamo considerato punito, castigato da Dio e umiliato. 5. Egli fu ferito per i nostri peccati e tribolato per le nostre malvagità. I1 castigo che ci dà salvezza è su di lui; fummo risanati per le sue lividure.6. Tutti come pecore eravamo sbandati; l'uomo si era sviato dal suo cammino. 7. E il Signore diede lui per i nostri peccati, e lui per essere stato maltrattato, non apre bocca. Come pecora fu condotto al macello e come l'agnello muto davanti a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nell'umiliazione fu tolta la sua condanna. 8. Chi spiegherà la sua generazione? La sua vita è presa dalla terra. 9. Per le malvagità del mio popolo è giunto alla morte. 10. E darò i malvagi in cambio della sua sepoltura e i ricchi in cambio della sua morte. 11. Se fate sacrifici per il peccato, la vostra anima vedrà una lunga posterità. 12. E il Signore vuole liberarlo dall'afflizione della sua anima, mostrargli la luce e plasmarlo con l'intelligenza e giustificare il giusto che si fa servo di molti; ed egli porterà i loro peccati. 13. Per questo egli erediterà molti e dividerà le spoglie dei forti come ricompensa, poiché fu consegnata alla morte la sua anima, e fu considerato tra i malvagi. 14. Egli portò i peccati di molti e fu tradito per i loro peccati". 15. E di nuovo egli dice: "Io sono un verme e non un uomo, obbrobrio degli uomini e disprezzo del popolo. 16. Tutti quelli che mi vedono mi scherniscono, parlano tra le labbra e scuotono il capo: ha sperato nel Signore, Lui lo liberi, lo salvi se lo vuole". 17. Vedete, carissimi, quale modello ci è dato! Se il Signore si è umiliato a tal punto, che cosa faremo noi che, per mezzo suo, siamo venuti sotto il giogo della sua grazia?
Umiltà di santi
XVII, 1. Siamo imitatori di quelli che camminavano nelle pelli di capra e di pecora annunziando la venuta di Cristo. Alludiamo ai profeti Elia ed Eliseo ed anche Ezechiele, ed oltre a questi anche a coloro che resero testimonianza. 2. Fu grandemente testimoniato Abramo e fu chiamato amico di Dio, e dice con umiltà guardando alla gloria di Dio: "Io sono polvere e cenere". 3. Anche di Giobbe è scritto così: a Giobbe era giusto, irreprensibile, veritiero, pio, alieno da ogni male". 4. Ma egli si accusa dicendo: "Nessuno è mondo da macchia, neppure se la sua vita è di un giorno". 5. Mosè fu chiamato "il fedele in tutta la sua casa" e per il suo servizio Dio punì l'Egitto con i flagelli e i tormenti. Ma egli, grandemente onorato, non si vantò e disse dal roveto quando ebbe la rivelazione: "Chi sono io, perché mandi me? Io sono debole di voce e di lingua tarda". 6. E di nuovo dice: "Io sono vapore che esce dalla pentola".
Umiltà di David
XVIII, 1. Che diremo di David cui fu data testimonianza? A lui disse il Signore: "Ho trovato un uomo secondo il mio cuore, David figlio di Iesse; lo unsi nella mia eterna misericordia". 2. Ma anch'egli dice a Dio: "Abbi pietà di me, secondo la tua grande pietà e la pienezza della tua compassione cancelli la mia iniquità. 3. Lavami dalla mia malvagità e purificami dal mio peccato perché io conosco la mia iniquità e il mio peccato mi è sempre davanti. 4. Contro te solo ho peccato ed ho fatto il male alla tua presenza, perché tu sia trovato giusto nelle tue parole e vinca quando sei chiamato in giudizio. 5. Ecco, sono stato concepito nell'iniquità e nei peccati mi concepì mia madre. 6. Ecco, tu hai amato la verità e mi hai svelato gli arcani e i segreti della tua sapienza. 7. Mi aspergerai con l'issopo e sarò purificato, mi laverai e sarò bianco più della neve. 8. Mi farai sentire allegria e gioia ed esalteranno le ossa umiliate. 9. Distogli il tuo volto dai miei peccati e cancella tutte le mie iniquità. 10. Crea in me un cuore puro, o Dio, e rinnova nelle mie viscere uno spirito retto. 11. Non cacciarmi dal tuo cospetto e non togliere da me il tuo santo spirito. 12. Dammi la gioia della tua salvezza e fortificami con lo spirito che mi guidi. 13. Insegnerò ai perversi le tue vie e gli empi si convertiranno a te. 14. Purificami dai delitti di sangue, o Dio, Dio della mia salvezza. 15. La mia lingua celebrerà la tua giustizia. Signore tu aprirai la mia bocca e le mie labbra annunzieranno la tua lode. 16. Se tu volessi un sacrificio lo darei; tu non ti compiaci di olocausti. 17. E' sacrificio a Dio uno spirito contrito; Dio non disprezzerà un cuore contrito ed umiliato".
La pace
XIX, 1. L'umiltà e la modestia di siffatti uomini, tanto celebri per l'obbedienza, hanno reso migliori non solo noi, ma anche le generazioni a noi precedenti e quelli che recepiscono le parole di Lui nel timore e nella verità. 2. Partecipi, dunque, di molte e grandi azioni gloriose, corriamo verso la meta di pace dataci fin dal principio e guardiamo il padre e creatore di tutto l'universo. Attacchiamoci ai doni e ai benefici della pace, magnifici e sublimi. 3. Contempliamolo con il pensiero e guardiamo con gli occhi dell'anima la grande sua volontà! Consideriamo quanto sia equanime verso ogni sua creatura.
L'armonia del mondo nella pace e nella concordia
XX, 1. I cieli che si muovono secondo l'ordine di Lui gli ubbidiscono nell'armonia. 2. Il giorno e la notte compiono il corso da Lui stabilito e non si intralciano a vicenda. 3. Il sole e la luna e i cori delle stelle secondo la Sua direzione girano in armonia senza deviazione per le orbite ad essi assegnate. 4. La terra, feconda per Sua volontà, produce abbondante nutrimento per gli uomini, per le fiere e per tutti gli animali che vivono su di essa, senza riluttanza e senza cambiare nulla dei Suoi ordinamenti. 5. Le cose misteriose degli abissi e i giudizi inesplicabili degli inferi sono retti dagli stessi ordinamenti. 6. La massa del mare immenso che nella sua creazione si raccolse nei suoi antri, non supera i limiti posti, ma come fu ad esso ordinato, così agisce. 7. Disse infatti: "Fin qui tu verrai, e i tuoi flutti si infrangeranno in te stesso". 8. L'oceano senza fine per gli uomini e i mondi, che sono oltre, sono retti dalle stesse leggi del Signore. 9. Le stagioni di primavera, d'estate, d'autunno e d'inverno si susseguono in armonia una dopo l'altra. 10. I venti nell'incalzarsi compiono nel proprio tempo il loro servizio senza intralcio; le sorgenti perenni create per il rinfrancamento e la salute, senza mai cessare, offrono da bere per la vita degli uomini. Anche gli animali più piccoli si riuniscono nella pace e nella concordia. 11. Il creatore e signore dell'universo dispose che tutte queste cose fossero nella pace e nella concordia, benefico verso tutto e particolarmente verso di noi che ricorriamo alla sua pietà per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo. 12. A Lui la gloria e maestà nei secoli dei secoli. Amen.
Ubbidienza al Signore
XXI, 1. Guardate, carissimi, che i numerosi benefici di Lui non diventino condanna per noi se vivendo in modo degno di Lui non facciamo nella concordia ciò che è bello e gradito al suo cospetto. 2. Dice, infatti, in un luogo: "Lo Spirito del Signore è lucerna che esplora le profonditàlle viscere". 3. Consideriamo che egli è vicino e nulla gli sfugge nè dei nostri pensieri nè dei discorsi che facciamo. 4. E' quindi giusto che non ci discostiamo dalla sua volontà. 5. E' meglio urtare gli uomini stolti, ignoranti, superbi, vanagloriosi nella spavalderia della loro parola che urtare Dio. 6. Veneriamo il Signore Gesù Cristo il cui sangue fu dato per noi, rispettiamo quelli che ci guidano, onoriamo gli anziani, educhiamo i giovani al timore di Dio, indirizziamo al bene le nostre donne. 7. Esse mostrino l'indimenticabile costume della purezza, manifestino la loro vera volontà di pace, rendano palese la moderazione della loro lingua mediante il silenzio ed esercitino la carità non secondo le passioni, ma santamente senza parzialità per tutti quelli che temono Dio. 8. I nostri figli partecipino dell'educazione in Cristo; imparino che cosa possano l'umiltà e l'amore presso il Signore e come sia bello e grande il timore di Lui che salva tutti quelli che vivono santamente in Lui con mente pura. 9. Egli è scrutatore dei pensieri e dei sentimenti. Il suo spirito è in noi, e quando vuole lo toglie.
La grandezza della fede e la miseria dei peccatori
XXII, 1. La fede in Cristo conferma tutte queste cose. Egli per mezzo dello Spirito Santo così ci esorta: "Figli, ascoltatemi: vi insegnerò il timore del Signore. 2. Chi è l'uomo che vuole la vita, desiderando vedere giorni felici? Frena la tua lingua dal male e le tue labbra dal parlare con inganno. 4. Evita il male e opera il bene. 5. Cerca la pace e perseguila. 6. Gli occhi del Signore sono sui giusti e le sue orecchie attente alla loro supplica. La faccia del Signore è verso quelli che fanno il male, per distruggere dalla terra il loro ricordo. 7. Il giusto ha gridato e il Signore l'ha ascoltato e l'ha liberato da tutti gli affanni. 8. Molte sono le tribolazioni del giusto, ma da tutte lo libererà il Signore". E ancora: "Molte sono le afflizioni del peccatore, ma la misericordia circonderà coloro che sperano nel Signore".
Fede in Cristo
XXIII, 1. Il Padre misericordioso e benevolo in tutto ha cuore verso coloro che lo temono, e con dolcezza e con soavità offre le sue grazie a quelli che si rivolgono a lui con semplicità di pensiero. 2. Perciò non restiamo dissociati, nè la nostra anima si gonfi dei suoi benefici sovrabbondanti e magnifici. 3. Non sia per noi la Scrittura quando parla: "Infelici quelli dall'animo doppio e vacillanti nello spirito che dicono: queste cose udimmo già dai padri nostri, ora siamo diventati vecchi e nulla di questo ci è accaduto. 4. O stolti paragonatevi ad un albero; prendete ad esempio la vite; prima perde le foglie, poi si ha il germoglio, poi la foglia, poi il fiore e dopo ciò il grappolo verde, infine l'uva matura".Vedete che in poco tempo il frutto dell'albero si matura. 5. In verità presto e improvvisamente si compirà la volontà di Lui, e lo attesta anche la Scrittura: "Egli verrà presto e non tarderà" e "all'improvviso verrà il Signore nel suo tempio e il santo che voi attendete".
La risurrezione
XXIV, 1. Carissimi, notiamo come il Signore ci mostri di continuo la futura resurrezione di cui ci diede come primizia il Signore Gesù Cristo risuscitandolo dai morti. 2. Osserviamo, carissimi, la resurrezione che avviene di volta in volta. 3. Il giorno e la notte ci mostrano la resurrezione; cessa la notte e sorge il giorno; se ne va il giorno e sopraggiunge la notte. 4. Prendiamo i frutti. In che modo e in qual parte germoglia il seme? 5. Uscì il seminatore e gettò nella terra i semi; secchi e nudi caduti nella terra si dissolvono. Poi la grandezza della provvidenza del Signore li fa rinascere, e da uno solo crescono molti e portano frutto.
La fenice
XXV, 1. Consideriamo lo strano prodigio che avviene nelle terre d'oriente, cioè in quelle vicino all'Arabia. 2. Vi è un uccello chiamato fenice: è il solo della specie e vive cinquecento anni. Quando è vicino a morire si fa un nido con incenso, mirra ed altri aromi e giunta l'ora vi entra e muore. 3. Dalla carne in putrefazione nasce un verme che nutrendosi dei succhi dell'animale morto, mette le ali. Poi, divenuto forte prende quel nido in cui sono le ossa del suo genitore e portandoselo passa dall'Arabia all'Egitto nella città chiamata Eliopoli. 4. E di giorno sotto lo sguardo di tutti, volando sull'altare del sole lo depone e così torna indietro. 5. Pertanto i sacerdoti esaminano gli annali e trovano che esso è giunto al compiersi del cinquecentesimo anno.
La grandezza delle promesse
XXVI, 1. Riteniamo, dunque, cosa grande e straordinaria che il creatore dell'universo opererà la risurrezione di coloro che lo hanno servito santamente nella sicurezza di una fede sincera. Non ci comprova anche in un uccello la grandezza della sua promessa? 2. Dice infatti: "Mi risusciterai e ti loderò". E: "Mi coricai e dormii, mi svegliai poiché tu sei con me". 3. E ancora dice Giobbe: "E risusciterai questa mia carne che ha sopportato queste cose".
Il Signore tutto conosce e possiede
XXVII, 1. Con questa speranza le nostre anime si stringano al fedele nelle promesse e al giusto nei giudizi. 2. Chi ci ordina di non mentire, egli soprattutto non mentirà. Nulla è impossibile a Dio, tranne il mentire. 3. Si riaccenda dunque la fede di lui in noi, e riflettiamo che ogni osa gli è vicina. 4. Nella parola della sua maestà ha fatto sussistere tutte le cose e nella parola le può distruggere. 5. Chi gli può chiedere: "Cosa hai fatto? Chi può resistere alla potenza della sua forza?". Quando vuole e come vuole farà ogni cosa e nulla cadrà delle cose da lui stabilite. 6. Tutto gli è presente e nulla si cela alla sua volontà. 7. Se "I cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento annunzia l'opera delle sue mani; il giorno la trasmette al giorno e la notte la fa conoscere alla notte; e non esistono parole nè lingue di cui non si comprendono i suoni".
Dio tutto vede e ascolta
XXVIII, 1. Dio vede ed ascolta dunque ogni cosa. Temiamolo abbandonando i malvagi desideri di opere ignobili per essere protetti con la sua misericordia nel giudizio futuro. 2. Dove uno di noi può sfuggire alla sua potente mano? Quale mondo può dare rifugio a chi lo diserta? Dice infatti la Scrittura: 3. "Dove andrò e dove mi nasconderò al tuo sguardo? Se salgo in cielo, tu sei là; se vado agli estremi limiti della terra, là è la tua destra; se mi stendo negli abissi, là è il tuo spirito". 4. Dove uno può ritirarsi? Dove può fuggire lontano da chi tutto abbraccia?
Israele popolo eletto
XXIX, 1. Avviciniamoci a Lui nella santità dell'anima, alzando a Lui le mani pure e senza macchia e amando il nostro padre benevolo e misericordioso, il quale fece di noi una porzione scelta per sè. 2. Così, infatti, è scritto: "Quando l'Altissimo distribuì le genti e disseminò i figli di Adamo, stabilì i confini delle nazioni secondo il numero degli angeli di Dio. Porzione del Signore fu il popolo di Giacobbe, Israele fu la parte della sua eredità". 3. In un altro passo la Scrittura dice: "Ecco, il Signore ha preso per sè un popolo in mezzo alle genti come un uomo serba per sé a primizia della sua aia. Da questo popolo uscirà il santo dei santi".
Le opere e non le parole
XXX, 1.Essendo noi una porzione santa, praticheremo tutto ciò che appartiene alla santità: fuggiamo le maldicenze, gli amplessi impuri e ignobili, l'ubriachezza, la mania innovatrice, le passioni orribili, l'adulterio infame e l'orgoglio odioso. 2. "Dio, infatti, dicono, resiste ai superbi, e dà la grazia agli umili". 3. Uniamoci dunque a coloro ai quali la grazia è data da Dio; rivestiamoci della concordia rendendoci umili e padroni di noi stessi, lontani da ogni mormorazione e maldicenza, giudicando con le opere e non con le parole. 4. La Scrittura dice infatti: "Chi parla molto, anche a sua volta ascolterà; il ciarliero pensa forse di essere giusto? 5. Benedetto il nato da donna che ha vita breve. Non essere abbondante di parole". 6. La nostra lode sia in Dio e non per noi stessi. Dio disdegna i lodatori di se stessi. 7. La testimonianza della buona azione sia data agli altri, come fu data ai nostri padri giusti. 8. La temerità, la presunzione e l'audacia sono per i maledetti da Dio; la benevolenza, l'umiltà e la dolcezza, invece, per i benedetti da Dio.
Benedizione divina
XXXI, 1. Uniamoci alla Sua benedizione e vediamone le vie. Sfogliamo gli avvenimenti dall'inizio. 2. Per quale motivo il nostro padre Abramo fu benedetto se non per aver praticato con fede la giustizia e la verita? 3. Isacco, conoscendo il futuro, con fiducia si fece volentieri condurre al sacrificio. 4. Giacobbe con umiltà si allontanò dalla sua terra per il fratello e andò da Labano e ne divenne servitore. A lui fu dato lo scettro delle dodici tribù di Israele.
La fede
XXXII, 1. A considerare sinceramente uno ad uno i beni elargiti da lui si riconosceranno grandiosi. 2. Da Giacobbe, discendono tutti i sacerdoti e i leviti ministri dell'altare di Dio; da lui il Signore Gesù secondo la carne; da lui i re, gli arconti e i capi secondo Giuda; ne sono di piccola gloria gli altri scettri, come Dio aveva promesso: "La tua discendenza sarà numerosa come le stelle del cielo". 3. Tutti furono glorificati ed esaltati non per se stessi o per le loro opere o per l'azione giusta che avevano compiuto, ma per la volontà Sua. 4. E noi, dunque, che per Sua volontà siamo stati chiamati in Gesù Cristo, non siamo giustificati nè per la nostra sapienza o intelligenza o pietà o le opere compiute in santità di cuore, ma per la fede con la quale Dio onnipotente giustificò tutti sin dal principio. A Lui sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Le opere buone
XXXIII, 1. Che faremo o fratelli? Cesseremo di fare il bene e trascureremo la carità? Giammai permetta il Signore che questo avvenga tra noi, ma con zelo ed ardore sforziamoci di compiere ogni opera buona. 2. Lo stesso artefice e signore dell'universo si compiace delle sue opere. 3. Con la sua immensa potenza fissò i cieli e li ornò con la sua incomprensibile intelligenza. Separò la terra dall'acqua che la circonda e la stabilì sul saldo fondamento della sua volontà e con il suo comando chiamò in vita tutti gli animali che in essa s'aggirano. Avendo preparato il mare e gli animali che sono in esso con la sua potenza li rinchiuse. 4. Con le mani sacre ed immacolate plasmò l'uomo, l'essere superiore e che tutto governa, quale impronta della sua immagine. 5. Così dice il Signore: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza. E Dio creò l'uomo; li fece maschio e femmina". 6. Avendo compiuto tutte queste cose le approvò e le benedisse col dire: "Crescete e moltiplicatevi". 7. Vediamo che tutti i giusti furono ornati di opere buone, e lo stesso Signore che si era ornato di opere buone provò gioia. 8. Con un tale modello volgiamoci senza indugio alla Sua volontà e con tutta la nostra forza applichiamoci all'opera di giustizia.

Partecipi delle grandi promesse
XXXIV, 1. Il buon operaio prende a fronte alta il pane del suo lavoro mentre il pigro e l'indolente non guardano il datore di lavoro. 2. Conviene dunque che siamo premurosi nel fare il bene; da Lui ci viene ogni cosa. 3. Lo ha dichiarato: "Ecco il Signore, e davanti a lui sta la mercede da dare a ciascuno secondo la sua opera". 4. Poichè noi crediamo con tutto il cuore in Lui, ci esorta a non essere inoperosi nè trascurati in ogni opera buona. 5. Siano in Lui il nostro vanto e la nostra sicurezza, sottostiamo alla sua volontà e consideriamo che tutta la schiera dei suoi angeli, stando intorno a lui, adempie la sua volontà. 6. Dice, infatti, la Scrittura: "Miriadi e miriadi stavano intorno a lui e mille migliaia lo servivano e gridavano: Santo, santo, santo il Signore Sabaoth; tutta la creazione è piena della sua gloria". 7. E noi, riuniti nella concordia e dall'intimo come da una sola bocca, gridiamo con insistenza verso di lui che ci renda partecipi delle sue grandi e gloriose promesse. 8. La Scrittura dice infatti: "Occhio non vide, orecchio non ascoltò e non penetrò nel cuore dell'uomo quanto ha preparato per quelli che l'attendono".
Una grande ricompensa
XXXV, 1. Come sono magnifici e mirabili i doni di Dio, o carissimi. 2. Vita nell'immortalità, splendore nella giustizia, verità nella libertà, la fede nella sicurezza, padronanza di sé nella santità. Tutte queste cose cadono sotto la nostra intelligenza. 3. Quali sono le cose preparate per quelli che le attendono? Il creatore e padre dei secoli, il santissimo, sa la quantità e la bellezza di esse. 4. Noi, dunque, lottiamo per trovarci nel numero di quelli che lo attendono per essere partecipi dei doni promessi. 5. Come questo avverrà, o carissimi? Se la nostra mente sarà fissa fedelmente in Dio, se cercheremo le cose a lui accette e gradite, se compiremo ciò che conviene alla sua volontà irreprensibile e seguiremo la via della verità, allontanando da noi ogni ingiustizia e cattiveria, avarizia, contese, malignità e inganni, mormorazioni, maldicenze, odio a Dio, orgoglio, iattanza, vanagloria e inospitalità. 6. Quelli che fanno queste cose sono odiosi a Dio e "non solo quelli che le fanno, ma anche quelli che le approvano". 7. Dice infatti la Scrittura: "A1 peccatore Dio parlò: Perché spieghi i miei precetti ed hai sulla bocca la mia alleanza? 8. Tu odiasti la disciplina e gettasti dietro le spalle le mie parole. Se vedevi un ladro, correvi con lui, e con gli adulteri avevi la parte. La tua bocca era piena di malvagità e la tua lingua tesseva inganni. Sedendo sparlavi di tuo fratello e al figlio di tua madre ponevi tranelli. 9. Questo facevi e io tacqui; tu supponevi, iniquo, che io ti fossi simile. 10. Ti confonderò e ti porro faccia a faccia con te stesso. 11. Capite queste cose, voi che vi dimenticate di Dio, perché non vi assalga come un leone e non ci sia chi vi liberi. 12. Un sacrificio di lode mi darà gloria; ivi la strada con la quale gli mostrerò la salvezza di Dio".
Gesù Cristo, la salvezza
XXXVI, 1. Questa la strada, o beneamati, nella quale troviamo salvezza: Gesù Cristo il sommo sacerdote delle nostre offerte, il protettore e l'aiuto della nostra debolezza. 2. Per mezzo suo fissiamo lo sguardo sulle altezze dei cieli, per mezzo suo osserviamo come in uno specchio la sua faccia immacolata e sublime, per mezzo suo si sono aperti gli occhi del cuore, per mezzo suo la nostra mente ottusa e ottenebrata rifiorisce alla luce, per mezzo suo il Signore ha voluto farci gustare la scienza immortale. "Egli, splendore della maestà divina, di tanto è superiore agli angeli di quanto il nome che ebbe in eredita è più eccellente". 3. E' scritto così: "Egli ha fatto dei venti i suoi messaggeri e delle vampe di fuoco i suoi ministri". 4. Di suo figlio così disse il Signore: "Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato. Chiedi a me e ti darò le genti in tua eredità e tuoi saranno i confini della terra". 5. E di nuovo gli dice: "Siedi alla mia destra finchè io ponga i nemici a sgabello dei tuoi piedi". 6. Chi sono i nemici? I malvagi e quelli che si oppongono alla sua volontà.
Cristo, la nostra guida
XXXVII, 1. Militiamo, fratelli, con ogni nostra prontezza sotto i suoi ordini irreprensibili. 2. Consideriamo i soldati sotto gli ufficiali, con quale ordine, disciplina e sottomissione eseguono i comandi. 3. Non tutti sono proconsoli, nè capi di mille, cento, nè di cinquanta e così di seguito, ma ciascuno nel proprio ordine esegue i comandi dei re o dei governanti. 4. I grandi non possono stare senza i piccoli e i piccoli senza i grandi; in tutte le cose c'è qualche collegamento e in questo la utilità. 5. Prendiamo il nostro corpo. La testa non può stare senza i piedi, nè i piedi senza la testa. Le più piccole parti del nostro corpo sono necessarie ed utili a tutto il corpo; ma tutte convivono ed hanno una sola subordinazione per salvare tutto il corpo.
Tutti i beni da Dio
XXXVIII, 1. Si conservi dunque tutto il nostro corpo in Cristo Gesù e ciascuno si sottometta al suo prossimo, secondo la grazia in cui fu posto. 2. Il forte si prenda cura del debole, e il debole rispetti il forte. Il ricco soccorra il povero, il povero benedica Dio per avergli dato chi supplisce alla sua indigenza. Il saggio dimostri la sua saggezza non nelle parole, ma nelle opere buone. L'umile non testimoni a se stesso, ma lasci che sia testimoniato da altri. Il casto nella carne non si vanti, sapendo che un altro gli concede la continenza. 3. Consideriamo, fratelli, di quale materia siamo fatti, come e chi entrammo nel mondo, da quale fossa e tenebra colui che ci plasmò e ci creò ci condusse al mondo. Egli aveva preparato i benefici prima che noi fossimo nati. 4. Abbiamo tutto da lui, di tutto lo dobbiamo ringraziare. A lui la gloria nei secoli. Amen.
Niente superbia
XXXIX, 1. Gli sciocchi, gli insensati, i pazzi, gli ineducati, ci deridono e ci scherniscono, volendo esaltarsi con i propri sentimenti. 2. Che cosa può un mortale? Quale la forza di chi nasce dalla terra? 3. E' scritto infatti: "Non vi era una figura davanti ai miei occhi, ma percepivo un soffio di vento e una voce. 4. Che dunque? Sarà puro un mortale davanti al Signore? O sarà incensurabile nelle sue opere l'uomo se non si fida dei suoi servi e scorge il torto anche nei suoi angeli? 5. Non è puro neanche il cielo al suo cospetto. 94. Ahimè, quelli che abitano case di fango, tra i quali siamo anche noi di quel fango! Li ha schiacciati come un tarlo e dal mattino alla sera non esistono più. Perirono per non poter aiutare se stessi. 6. Soffiò su di loro e morirono, perché non avevano saggezza. 7. Tu chiama se qualcuno ti ascolterà o se vedrai qualche angelo santo. L'ira rovina lo sciocco e la gelosia uccide il perverso. 8. Ho visto gli stolti mettere radici, ma subito la loro vita fu divorata. 9. Siano lungi dalla salvezza i loro figli; siano disprezzati davanti alle porte dei più infelici. Non vi sarà chi li liberi. I beni per loro preparati li consumeranno i giusti; essi, invece, non saranno liberati dai mali".
I tempi stabiliti
XL, 1. Sono per noi evidenti queste cose e siamo scesi nelle profondità della conoscenza divina. Dobbiamo fare con ordine tutto quello che il Signore ci comanda di compiere nei tempi fissati. 2. Egli ci prescrisse di fare le offerte e le liturgie, e non a caso o senz'ordine, ma in circostanze ed ore stabilite. 3. Egli stesso con la sua sovrana volontà determina dove e da chi vuole siano compiute, perché ogni cosa fatta santamente con la sua santa approvazione sia gradita alla sua volontà. 4. Coloro che fanno le loro offerte nei tempi fissati sono graditi e amati. Seguono le leggi del Signore e non errano. 5. A1 gran sacerdote sono conferiti particolari uffici liturgici, ai sacerdoti è stato assegnato un incarico specifico e ai leviti incombono propri servizi. Il laico è legato ai precetti laici.
Piacere a Dio
XLI, 1. Ciascuno, o fratelli, nel suo posto piaccia a Dio, agendo in buona coscienza e dignità, senza infrangere la norma stabilita per il suo compito. 2. Non si offrano dappertutto, o fratelli, sacrifici perpetui o votivi, o di espiazione o di riparazione, ma solo a Gerusalemme. Ivi pure non si offrano sacrifici in ogni luogo, ma innanzi al tempio sull'altare, dopo un esame minuto della vittima da parte del sommo sacerdote e dei ministri prima ricordati. 3. Quelli che agiscono non conformi alla di lui volontà meritano la pena di morte. 4. Vedete, fratelli, quanto maggiore è la scienza di cui fummo degnati, tanto maggiore il pericolo cui siamo esposti.
I ministri della Chiesa
XLII, 1. Gli apostoli predicarono il Vangelo da parte del Signore Gesù Cristo che fu mandato da Dio. 2. Cristo fu inviato da Dio e gli apostoli da Cristo. Ambedue le cose ordinatamente secondo la volontà di Dio. 3. Ricevuto il mandato e pieni di certezza nella risurrezione del Signore nostro Gesù Cristo e fiduciosi nella parola di Dio con l'assicurazione dello Spirito Santo, andarono ad annunziare che il regno di Dio stava per venire. 4. Predicavano per le campagne e le città e costituivano le primizie del loro lavoro apostolico, provandole nello spirito, nei vescovi e nei diaconi dei futuri fedeli. 5. E questo non era nuovo; da molto tempo si era scritto intorno ai vescovi e ai diaconi. Così, infatti, dice la Scrittura: "Stabilirono i loro vescovi nella giustizia e i loro diaconi nella fede".
La dignità sacerdotale
XLIII, 1. Che meraviglia se quelli che avevano fede in Cristo stabilirono come opera da parte di Dio i ministri predetti? Anche Mosè "fedele servitore in tutta la casa" segnò nei libri sacri tutto ciò che gli fu ordinato. Gli altri profeti lo seguirono rendendo testimonianza alle norme stabilite da lui. 2. Quando sorse gelosia intorno al sacerdozio e le tribù si disputavano quale di esse si sarebbe ornata del nome glorioso, egli ordinò ai dodici capitribù di portargli delle verghe e che ciascuna fosse contrassegnata dal nome. Avendole prese, le legò, le sigillò con gli anelli dei capitribù e le pose nel tabernacolo della testimonianza sulla tavola di Dio. 3. Chiuso il tabernacolo sigillò le chiavi come le verghe. 4. E disse loro: "Fratelli, la tribù la cui verga germoglierà, Dio sceglie per esercitare il sacerdozio e servirlo". 5. Venuto il mattino, convocò tutto Israele, seicentomila uomini. Mostrò i sigilli ai capitribù e aprì il tabernacolo della testimonianza e tirò fuori le verghe. E si trovò che la verga di Aronne non solo era germogliata, ma aveva anche il frutto. Che ve ne pare, o carissimi? Mosè non prevedeva che questo sarebbe accaduto? Lo sapeva davvero. Fece così perché non scoppiasse un tumulto in Israele e fosse glorificato il nome del vero e dell'unico Dio. A lui sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Giusto ufficio
XLIV, 1. I nostri apostoli conoscevano da parte del Signore Gesù Cristo che ci sarebbe stata contesa sulla carica episcopale. 2. Per questo motivo, prevedendo esattamente l'avvenire, istituirono quelli che abbiamo detto prima e poi diedero ordine che alla loro morte succedessero nel ministero altri uomini provati. 3. Quelli che furono stabiliti dagli Apostoli o dopo da altri illustri uomini con il consenso di tutta la Chiesa, che avevano servito rettamente il gregge di Cristo con umiltà, calma e gentilezza, e che hanno avuto testimonianza da tutti e per molto tempo, li riteniamo che non siano allontanati dal ministero. 4. Sarebbe per noi colpa non lieve se esonerassimo dall'episcopato quelli che hanno portato le offerte in maniera ineccepibile e santa. 5. Beati i presbiteri che, percorrendo il loro cammino, hanno avuto una fine fruttuosa e perfetta! Essi non hanno temuto che qualcuno li avesse allontanati dal posto loro stabilito. 6. Noi vediamo che avete rimosso alcuni, nonostante la loro ottima condotta, dal ministero esercitato senza reprensione e con onore.
La persecuzione dei giusti
XLV, 1. Voi siete pieni di emulazione e di zelo nelle cose che riguardano la salvezza. 2. Vi siete curvati sulle Sacre Scritture, le vere, date dallo Spirito Santo. 3. Siete convinti che nulla di ingiusto e di falso è scritto in esse. Non troverete che i giusti siano stati ricusati da uomini santi. 4. I giusti sono stati perseguitati, ma dagli ingiusti; sono stati imprigionati, ma dagli empi; sono stati lapidati, ma dagli iniqui; uccisi da quelli che vengono presi dall'invidia perversa e malvagia. 5. Essi sopportarono gloriosamente queste sofferenze. 6. Che dire, o fratelli? Daniele forse fu gettato nella fossa dei leoni da quelli che temevano Dio? 7. Anania, Azaria e Misaele furono chiusi in una fornace di fuoco da quelli che praticavano il culto grande e glorioso dell'Altissimo? Giammai questo. Chi sono, dunque, quelli che l'hanno commesso? Persone detestabili e piene di ogni cattiveria spinsero il loro furore sino al punto da mandare alla tortura quelli che servivano Dio in santità e senza reprensione. Esse non sapevano che l'Altissimo è difensore e protettore di quelli che con coscienza difendono il suo santo nome. A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen. 8.Coloro che hanno sopportato con fiducia hanno ereditato la gloria e l'onore, sono stati esaltati e scritti da Dio nel suo memoriale per i seco1i dei secoli. Amen.
Attaccarsi ai giusti
XLVI, 1. A siffatti esempi bisogna, fratelli, che ci atteniamo anche noi. 2. E' scritto, infatti: "Attaccatevi ai santi perché quelli che sono uniti ad essi diverranno santi". 3. E di nuovo in un altro luogo la Scrittura dice: "Con l'innocente sarai innocente, con l'eletto sarai eletto, ma con il perverso ti pervertirai". 4. Attacchiamoci dunque agli innocenti e ai giusti, sono gli eletti di Dio. 5. Perché tra voi contese, ire, dissensi, scismi e guerra? 6. Non abbiamo un solo Dio, un solo Cristo e un solo spirito di grazia effuso su di noi e una sola vocazione in Cristo? 7. Perché strappiamo e laceriamo le membra di Cristo e insorgiamo contro il nostro corpo giungendo a tanta pazzia da dimenticarci che siamo membra gli uni degli altri? Ricordatevi delle parole di Gesù e nostro Signore. 8. Disse, infatti: "Guai a quell'uomo; sarebbe stato meglio che non fosse nato, piuttosto che scandalizzare uno dei miei eletti. Meglio per lui che gli fosse stata attaccata una macina e fosse stato gettato nel mare, piuttosto che pervertire uno del miei eletti". Il vostro scisma ha sconvolto molti e molti gettato nello scoraggiamento, molti nel dubbio, tutti noi nel dolore. Il vostro dissidio è continuo.
La discordia
XLVII, 1.Prendete la lettera del beato Paolo apostolo. 2. Che cosa vi scrisse all'inizio della sua evangelizzazione? 3. Sotto l'ispirazione dello Spirito vi scrisse di sé, di Cefa, e di Apollo per aver voi allora formato dei partiti. 4. Ma quella divisione portò una colpa minore. Parteggiavate per apostoli che avevano ricevuto testimonianza e per un uomo (Apollo) stimato da loro. 5. Ora, invece, considerate chi vi ha pervertito e ha menomato la venerazione della vostra rinomata carità fraterna. 6. E' turpe, carissimi, assai turpe e indegno della vita in Cristo sentire che la Chiesa di Corinto, molto salda e antica, per una o due persone si è ribellata ai presbiteri. 7. E tale voce non solo è giunta a noi, ma anche a chi è diverso da noi. Per la vostra sconsideratezza si è portato biasimo al nome del Signore e si è costituito un pericolo per voi stessi.
La porta della giustizia
XLVIII, 1. Liberiamocene subito e gettiamoci ai piedi del Signore. Piangendo, supplichiamolo che fattosi propizio si riconcili con noi e ci ristabilisca nella nobile e santa pratica della carità fraterna. 2. Questa è la porta della giustizia aperta alla vita, come è scritto: "Apritemi le porte della giustizia; entrando confesserò il Signore. 3. Questa è la porta del Signore; i giusti entreranno per essa". 4. Molte sono le porte aperte, (ma) quella della giustizia è in Cristo. Beati sono tutti quelli che vi entrano e dirigono il loro cammino nella santità e nella giustizia, tutto facendo tranquillamente. 5. Ciascuno sia fedele, sia capace di esporre la scienza, sia saggio nel giudicare i motivi, sia puro nelle opere. 6. Tanto più occorre che sia umile quanto più è creduto molto grande, e deve cercare il bene comune per tutti e non quello proprio.
La carità
XLIX, 1. Chi ha la carità in Cristo pratichi i suoi comandamenti. 2. Chi può spiegare il vincolo della carità di Dio? 3. Chi è capace di esprimere la grandezza della sua bellezza? 4. L'altezza ove conduce la carità è ineffabile. 5. La carità ci unisce a Dio: "La carità copre la moltitudine dei peccati". La carità tutto soffre, tutto sopporta. Nulla di banale, nulla di superbo nella carità. La carità non ha scisma, la carità non si ribella, la carità tutto compie nella concordia. Nella carità sono perfetti tutti gli eletti di Dio. Senza carità nulla è accetto a Dio. 6. Nella carità il Signore ci ha presi a sé. Per la carità avuta per noi, Gesù Cristo nostro Signore, nella volontà di Dio, ha dato per noi il suo sangue, la sua carne per la nostra carne e la sua anima per la nostra anima.
L, 1. Vedete, carissimi, come è cosa grande e meravigliosa la carità, e della sua perfezione non c'è commento. 2. Chi è capace di trovarsi in essa se non quelli che Dio ha reso degni? Preghiamo dunque e chiediamo alla sua misericordia perché siamo riconosciuti nella carità, senza sollecitazione umana, irreprensibili. 3. Sono passate tutte le generazioni da Adamo sino ad oggi, ma quelli che con la grazia di Dio sono perfetti nella carità raggiungono la schiera dei più, che saranno visti nel novero del regno di Cristo. 4. Infatti è scritto: "Entrate nelle vostre stanze per pochissimo, finché passa la mia ira e il mio furore; mi ricorderò del giorno buono e vi risusciterò dai vostri sepolcri". 5. Siamo beati, carissimi, se eseguiamo i comandamenti di Dio nella concordia della carità, perché ci siano rimessi i peccati per la carità. 6. E' scritto: "Beati quelli cui furono rimesse le malvagità e i cui peccati sono stati coperti; beato l'uomo del quale il Signore non considererà il peccato, né l'inganno è sulla sua bocca". 7. Questa beatitudine è per quelli scelti da Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Confessare le colpe
LI, 1. Chiediamo che ci siano perdonate le mancanze e le azioni ispirate dall'avversario. Coloro che furono i capi della sedizione e dello scisma devono considerare la parte comune della speranza. 2. Quelli che vivono nel timore e nella carità vogliono incappare nelle ingiurie piuttosto essi stessi che il prossimo. Preferiscono subire il biasimo per la bella e giusta armonia trasmessaci. 3. E' meglio per l'uomo confessare le sue colpe che indurire il suo cuore, come si indurì il cuore dei rivoltosi contro il servitore di Dio, Mosè, e la loro condanna fu ben chiara; 4. poiché "discesero vivi nell'ade" e "la morte li pascolerà". 5. Il Faraone e il suo esercito e tutti i capi di Egitto, i carri e quelli che vi erano sopra, per questo motivo furono sommersi nel Mar Rosso e perirono. I loro cuori insensati si erano induriti, dopo i miracoli e i portenti avvenuti in Egitto, mediante il servo di Dio Mosè.
LII, 1. Fratelli, il Signore dell'universo non ha bisogno, non cerca nulla da nessuno tranne che si faccia a lui la confessione. 2. Dice, infatti, l'eletto David: "Mi confesserò al Signore e gli sarà accetto più di un giovenco che mette le corna e le unghie. Vedano i poveri e gioiscano". 3. E di nuovo dice: "Offri a Dio un sacrificio di lode e rivolgi all'Altissimo le tue preghiere; invocami nel giorno della tua afflizione e io ti libererò e tu mi glorificherai". 4. "Sacrificio gradito a Dio è uno spirito contrito".

La carità di Mosè
LIII, 1. Carissimi, voi conoscete le Sacre Scritture e le conoscete bene; avete meditato le parole di Dio. Per il ricordo vi scriviamo queste cose. 2. Quando Mosè salì sul monte trascorrendo quaranta giorni e quaranta notti nel digiuno e nell'umiltà, a lui disse il Signore: "Discendi presto di qui perché il popolo tuo, che conducesti dalla terra di Egitto, ha prevaricato; si è presto allontanato dalla via che tu avevi prescritto, e si è fatto idoli di metallo fuso". 3. E disse a lui il Signore: "Ti ho parlato una volta e anche due dicendo: "Ho riguardato questo popolo e vedi è di dura cervice; lascia che lo distrugga. Cancellerò il suo nome di sotto il cielo e farò di te una nazione grande, meravigliosa e molto più numerosa di questa"". 4. E disse Mosè: "Giammai, Signore. Rimetti il peccato a questo popolo, o cancella me dal libro dei viventi". 5. O grande carità! O perfezione insuperabile! Un servo parla con libertà al Signore, implora il perdono per il popolo o chiede di essere eliminato anche lui con esso.
La pace del gregge di Cristo
LIV, 1. Tra voi c'é qualcuno generoso, misericordioso e pieno di amore? 2. Dica: se per colpa mia si sono avuti sedizione, lite e scismi vado via. Me ne parto dove volete e faccio quello che il popolo comanda purché il gregge di Cristo viva in pace con i presbiteri costituiti. 3. Ciò facendo si acquisterà una grande gloria in Cristo e ogni luogo lo riceverà. "Del Signore è la terra e quanto essa contiene". 4. Così hanno fatto e faranno quelli che con una condotta senza rimorsi, sono cittadini di Dio.
LV, 1. Per riportare gli esempi dei pagani, molti re e capi, in tempi di pestilenza, ammoniti dall'oracolo, si offrirono alla morte per salvare con il loro sangue i cittadini. Molti abbandonarono le loro città perché cessasse la sedizione. 2. Sappiamo che molti tra noi si offrirono alle catene per liberare gli altri; molti si offrirono alla schiavitù e con il prezzo ricavato davano da mangiare agli altri. 3. Numerose donne rese forti dalla grazia di Dio compirono molte azioni virili. 4. La beata Giuditta, mentre la città era assediata, chiese agli anziani che la lasciassero andare nel campo degli avversari. 5. Si espose dunque al pericolo. Uscì dalla città per amore della patria e del popolo che era assediato e il Signore diede Oloferne in mano di una donna. 6. Ester, perfetta nella fede, non si espose a minor pericolo per salvare le dodici tribù di Israele sul punto di perire. Nel digiuno e nella umiltà implorò il Signore che tutto vede, Dio dei secoli. Egli, vedendo l'umiltà dell'anima di lei, salvò il popolo per il cui amore affrontò il pericolo.
La protezione di Dio
LVI, 1. Per quelli che si trovano in qualche peccato intercediamo anche noi, perché siano loro concesse la mansuetudine e l'umiltà e cedano non a noi ma alla volontà di Dio. Così sarà fruttuoso e perfetto presso Dio e presso i santi il ricordo con la pietà. 2. Accettiamo il rimprovero per il quale nessuno deve indispettirsi, o carissimi. La correzione che ci facciamo a vicenda è buona e assai vantaggiosa; ci unisce alla volontà di Dio. 3. Così dice la santa parola: "Il Signore mi ha educato con il rimprovero e non mi ha consegnato alla morte". 4 "Il Signore corregge chi ama e frusta ogni figlio che gli è accetto". 5. "Il giusto - dice - mi correggerà nella misericordia e mi proverà; l'olio dei peccatori non unga la mia testa". 6. E di nuovo dice: "Beato l'uomo che il Signore ha corretto; non ricusare l'ammonizione dell'onnipotente; egli fa soffrire, e di nuovo ristabilisce. 7. Percuote e le sue mani guariscono. 8. Sei volte ti trarrà dalle angustie e alla settima non ti toccherà il male. 9. Nella fameti scamperà dalla morte, nella guerra ti libererà dalla mano di ferro. 10. E ti proteggerà dalla sferza della lingua, e non temerai i mali che sopravvengono. 11. Riderai degli ingiusti e dei malvagi e non temerai le bestie feroci; 12. perché esse saranno in pace con te. 13. Poi conoscerai che è in pace la tua casa, e la prosperità della tua tenda non viene mai meno. 14. Vedrai che è numerosa la tua discendenza e i tuoi figli come l'erba del campo. 15. Scenderai nel sepolcro come grano maturo mietuto alla stagione, o come mucchio dell'aia raccolto a suo tempo". 16. Guardate, carissimi, quanta è la protezione per quelli che sono corretti dal Signore. Come padre buono ci corregge nell'avere misericordia di noi con un santo rimprovero.
Sottomissione ai presbiteri
LVII, 1. Voi che siete la causa della sedizione sottomettetevi ai presbiteri e correggetevi con il ravvedimento, piegando le ginocchia del vostro cuore. 2. Imparate ad assoggettarvi deponendo la superbia e l'arroganza orgogliosa della vostra lingua. E' meglio per voi essere trovati piccoli e ritenuti nel gregge di Cristo, che avere apparenza di grandezza ed essere rigettati dalla sua speranza. 3. Così parla la sapienza maestra di virtù: "Ecco, io emetterò per voi una parola del mio spirito e insegnerò a voi il mio discorso. 4. Poiché chiamai e non ascoltaste, prolungai i discorsi e non foste attenti, ma frustraste i miei consigli e disobbediste ai miei richiami. Anch'io riderò della vostra rovina, e mi rallegrerò se arriverà lo sterminio su di voi e se improvviso giungerà il tumulto e sovrasterà la catastrofe simile al turbine e quando avverranno l'angoscia e l'oppressione. 5. Accadrà che voi m'invocherete e non vi ascolterò; i cattivi mi cercheranno e non mi troveranno. Odiarono la sapienza, non vollero saperne del timore del Signore, né vollero ascoltare i miei consigli e disprezzarono le mie esortazioni. 6. Per questo mangeranno i frutti della loro condotta e si sazieranno della loro empietà. 7. Saranno uccisi per aver commesso ingiustizie contro i fanciulli e il giudizio distruggerà gli empi. Chi mi ascolta riposerà fiducioso sulla speranza e vivrà tranquillo lontano da ogni male".
Umiltà nell'ubbidienza
LVIII, 1. Ubbidiamo dunque al suo nome santissimo e glorioso e sfuggiamo alle minacce fatte dalla Sapienza contro i disobbedienti, per riposare fiduciosi nel nome santissimo della sua Maestà. 2. Ascoltate il nostro consiglio, e non avrete a pentirvi. Vive Dio, vive il Signore Gesù Cristo e lo Spirito Santo, la fede e la speranza degli eletti. Chi avrà praticato in umiltà, con costante mitezza e senza rimpianto i comandamenti e i precetti dati da Dio sarà posto e annoverato nel numero dei salvati da Gesù Cristo, per mezzo del quale a Lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
La grande preghiera
LIX, 1. Quelli che disubbidiscono alle parole di Dio, ripetute per mezzo nostro, sappiano che incorrono in una colpa e in un pericolo non lievi. 2. Noi saremo innocenti di questo peccato e chiederemo, con preghiera assidua e supplica, che il creatore dell'universo conservi intatto il numero dei suoi eletti che si conta in tutto il mondo per mezzo dell'amatissimo suo figlio Gesù Cristo Signore nostro, col quale ci chiamò dalle tenebre alla luce, dall'ignoranza alla conoscenza del suo nome glorioso, 3. a sperare nel tuo nome, principio di ogni creatura: Tu apristi gli occhi del nostro cuore perché conoscessimo te, il solo altissimo nell'altissimo dei cieli, il santo che riposi tra i santi, che umili la violenza dei superbi, che sciogli i disegni dei popoli, che esalti gli umili e abbassi i superbi. Tu che arricchisci e impoverisci, che uccidi e dai la vita, il solo benefattore degli spiriti e Dio di ogni carne, che scruti gli abissi, che osservi le opere umane, che soccorri quelli che sono in pericolo e salvi i disperati, creatore e custode di ogni spirito che moltiplichi i popoli sulla terra, e che fra tutti scegliesti quelli che ti amano per mezzo di Gesù Cristo, l'amatissimo tuo figlio mediante il quale ci hai educato, ci hai santificato e ci hai onorato. 4. Ti preghiamo, Signore, sii il nostro soccorso e sostegno. Salva i nostri che sono in tribolazione, rialza i caduti, mostrati ai bisognosi, guarisci gli infermi, riconduci quelli che dal tuo popolo si sono allontanati, sazia gli affamati, libera i nostri prigionieri, solleva i deboli, consola i vili. Conoscano tutte le genti che tu sei l'unico Dio e che Gesù Cristo è tuo figlio e "noi tuo popolo e pecore del tuo pascolo".
LX, 1. Con le tue opere hai reso visibile l'eterna costituzione del mondo. Tu, Signore, creasti la terra. Tu, fedele in tutte le generazioni, giusto nei tuoi giudizi, mirabile nella forza e nella magnificenza, saggio nel creare, intelligente nello stabilire le cose create, buono nelle cose visibili, benevolo verso quelli che confidano in te, misericordioso e compassionevole, perdona le nostre iniquità e ingiustizie, le cadute e le negligenze. Non contare ogni peccato dei tuoi servi e delle tue serve ma purificaci nella purificazione della tua verità e dirigi i nostri passi per camminare nella santità del cuore e fare ciò che è buono e gradito al cospetto tuo e dei nostri capi. 3. Sì, o Signore, fa' splendere il tuo volto su di noi per il bene, nella pace, per proteggerci con la tua mano potente e scamparci da ogni peccato col tuo braccio altissimo, e salvarci da coloro che ci odiano ingiustamente. 4. Dona concordia e pace a noi e a tutti gli abitanti della terra, come la desti ai padri nostri quando ti invocavano santamente nella fede e nella verità; rendici sottomessi al tuo nome onnipotente e pieno di virtù e a quelli che ci comandano e ci guidano sulla terra.
LXI, 1. Tu, Signore, desti loro il potere della regalità per la tua magnifica e ineffabile forza, perché noi, conoscendo la gloria e l'onore loro dati, ubbidissimo ad essi senza opporci alla tua volontà. Dona ad essi, Signore, sanità, pace, concordia e costanza, per esercitare al sicuro la sovranità data da te. 2. Tu, Signore, re celeste dei secoli, concedi ai figli degli uomini gloria, onore e potere sulle cose della terra. Signore, porta a buon fine il loro volere, secondo ciò che è buono e gradito alla tua presenza, per esercitare con pietà, nella pace e nella dolcezza, il potere che tu hai loro dato e ti trovino misericordioso. 3. Te, il solo capace di compiere questi beni ed altri più grandi per noi, ringraziamo per mezzo del gran Sacerdote e protettore delle anime nostre Gesù Cristo, per il quale ora a te sia la gloria e la magnificenza e di generazione in generazione e nei secoli dei secoli. Amen.
Ricapitolazione degli argomenti trattati
LXII, 1. Fratelli, vi abbiamo scritto abbastanza sulle cose che convengono alla nostra religione e sono utili a una vita virtuosa per quelli che vogliono osservare la pietà e la giustizia. 2. Abbiamo toccato tutti i punti che riguardano la fede, la penitenza, la vera carità, la continenza, la saggezza e la pazienza. Vi abbiamo ricordato che nella giustizia, nella verità e nella magnanimità bisogna piacere santamente a Dio onnipotente, amando la concordia, dimenticando le offese, nell'amore e nella pace con una benevolenza continua, come i nostri padri, di cui abbiamo già parlato, si resero graditi con l'umiltà verso il Padre, Dio e creatore, e tutti gli uomini. 3. E questo abbiamo ricordato con piacere, perché eravamo certi di scrivere a fedeli eccellenti che hanno approfondito le parole dell'insegnamento di Dio.
I messaggeri di pace
LXIII, 1. E' giusto che noi con tali e tanti esempi sottostiamo, prendendo il posto dell'obbedienza. Desistiamo dalla vana sedizione per raggiungere senza biasimo lo scopo propostoci nella verità. 2. Ci darete esultanza di gioia se, divenuti obbedienti a ciò che vi abbiamo scritto mediante lo Spirito Santo, smorzerete la collera ingiusta della vostra gelosia, secondo l'esortazione fatta in questa lettera alla pace e alla concordia. 3. Vi abbiamo inviato uomini fedeli e saggi, vissuti in mezzo a noi con modi corretti dalla gioventù alla vecchiaia, che saranno testimoni tra noi e voi. 4. Abbiamo fatto questo perché sappiate che ogni nostro pensiero è stato ed è che ritroviate presto la pace.
La benedizione di Dio
LXIV, 1. Dio che tutto vede ed è padrone degli spiriti e signore di ogni carne, che ha scelto il Signore Gesù Cristo e noi mediante Lui ad essere suo popolo, conceda ad ogni anima che implora il suo mirabile e santo nome, fede, timore, pace, pazienza e magnanimità, continenza, purezza e prudenza. E sia gradita al Suo nome per mezzo del sommo sacerdote e nostro protettore Gesù Cristo, per il quale sia a lui la gloria, grandezza, potenza e onore, ora e nei secoli dei secoli. Amen.
LXV, 1. Rimandateci presto nella pace e nella gioia i messaggeri da noi inviati, Claudio, Efebo e Valerio Bitone con Fortunato perché ci annunzino quanto prima la pace e la concordia invocate e desiderate, e presto noi ci rallegriamo della vostra serenità. 2. La grazia del Signor nostro Gesù Cristo sia con voi e con tutti quelli ovunque chiamati da Dio per mezzo Suo e a Lui sia gloria, onore, potenza e maestà e regno eterno, dai secoli nei secoli dei secoli. Amen
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Biografia di San Clemente Papa
dal Web: http://www.treccani.it/enciclopedia/santo-clemente-i_(Enciclopedia-dei-Papi)/

Clemente I, santo
Nella lista dei vescovi di Roma fornita da Ireneo di Lione, C. (o Clemente Romano) è considerato il terzo successore degli apostoli dopo Lino e Anacleto. Ireneo afferma che C., non unico nella sua epoca, era stato a contatto con gli apostoli, tanto che la loro predicazione risuonava alle sue orecchie e la loro tradizione era davanti ai suoi occhi, e ricorda che durante il suo episcopato la Chiesa di Roma inviò ai Corinzi una lettera per farli riconciliare, rinnovando la fede e la tradizione apostolica da poco ricevuta. Eusebio di Cesarea conferma questi dati aggiungendo altre notizie: sarebbe succeduto ad Anacleto nel dodicesimo anno di Domiziano, cioè nel 92 (Historia ecclesiastica III, 15; cfr. Chronicon, ad a. 92, dove si afferma che fu a capo della Chiesa di Roma per nove anni), sarebbe stato compagno di Paolo (Historia ecclesiastica III, 4, 9) - con un probabile riferimento all'omonimo personaggio citato in Filippesi 4, 3 - insieme ad altri collaboratori dell'apostolo.
Questa identificazione risale a Origene, In Iohannem VI, 54, 279, ma non sembra sufficientemente fondata, soprattutto per motivi cronologici se si deve porre il vescovo C. alla fine del I secolo, oltre al fatto che nel passo citato Paolo sembra riferirsi a cristiani di Filippi, che non hanno alcun rapporto con la Chiesa di Roma.
Lo stesso Eusebio fornisce molte informazioni sulla lettera della Chiesa dei Romani alla Chiesa dei Corinzi, la cosiddetta Epistula ad Corinthios o I Clementis, rilevando in essa la presenza di molte citazioni di Ebrei (Historia ecclesiastica III, 38, 1; cfr. Girolamo, De viris illustribus 15), e riporta l'opinione che C. sarebbe stato il traduttore della medesima epistola neotestamentaria, scritta da Paolo nella sua lingua materna (Historia ecclesiastica III, 38, 3); Eusebio cita inoltre un passo delle omelie di Origene su Ebrei, in cui si riferiva la tradizione secondo cui per alcuni C. ne sarebbe stato l'autore (ibid. VI, 25, 13). Eusebio aggiunge che C. guidava ancora i Romani all'epoca di Nerva e agli inizi dell'impero di Traiano (ibid. III, 21), e più precisamente che cessò di vivere nel terzo anno di Traiano, cioè nel 99, trasmettendo il suo ufficio a Evaristo (ibid. III, 34; cfr. Chronicon, ad a. 99).
La tradizione che pone C. dopo Lino e Anacleto è nota anche a Girolamo, De viris illustribus 15: "quartus post Petrum Romae episcopus", ma lo stesso Girolamo ne conosce un'altra secondo cui C. sarebbe stato il successore immediato di Pietro (ibid.: "tametsi plerique Latinorum secundum post Apostolum putent fuisse Clementem"; cfr. Adversus Iovinianum I, 12; In Esaiam XIV, 52, 13-15). Questa tradizione è spesso congiunta con quella che vuole C. ordinato dallo stesso Pietro, e si legge già in Tertulliano, De praescriptione haereticorum 32, 2, nella Epistula Clementis ad Iacobum - un testo che oggi si pensa risalga alla fine del sec. III e che fa parte della letteratura pseudoclementina, nel quale tuttavia si specifica che tale ordinazione avvenne quando Pietro era in fin di vita - e più tardi nelle Constitutiones apostolorum.
È probabile che l'intento di collegare C. direttamente a Pietro trovi la sua spiegazione nel fatto che C. era stato identificato con il personaggio omonimo citato in Filippesi 4, 3, quindi davvero contemporaneo degli apostoli, e anche perché senza dubbio egli costituisce la personalità più importante tra i primi successori di Pietro.
Un tentativo di mediare le due tradizioni, quella che vedeva in Lino il successore di Pietro e quella che considerava tale C., è rappresentato da quei testi che propongono la serie Pietro-Lino-C., come le citate Constitutiones apostolorum in Oriente, il Catalogo Liberiano, le liste episcopali romane di Ottato di Milevi e di Agostino in Occidente. Ma sono attestate anche altre soluzioni. Epifanio di Salamina si chiedeva come mai un contemporaneo degli apostoli fosse subentrato solo più tardi, e non immediatamente alla loro morte, nell'episcopato romano. Epifanio ipotizza che gli apostoli possano aver ordinato chi li sostituisse nel governo della Chiesa romana mentre loro erano impegnati nel ministero apostolico, e immagina - sulla base di Epistula ad Corinthios 54, 2, in cui si esortano i più generosi ad allontanarsi piuttosto che suscitare sedizioni, divisioni e discordie, e vedendo in questo passo il riflesso di una situazione personale dell'autore - che per non suscitare problemi all'interno della comunità C. si sia astenuto dall'esercitare le funzioni episcopali finché non vi fu costretto alla morte di Pietro, di Lino e di Cleto. Quella di Epifanio non è altro che una ipotesi, ed egli stesso in definitiva afferma di non sapere se C. sia stato ordinato da Pietro o da Cleto (Panarion 27, 6, 2-7). Pur come tale, l'ipotesi fu ampliata nel Prologus alle Recognitiones da Rufino di Aquileia, il quale, volendo conciliare questa tradizione con le più antiche liste episcopali romane che ponevano Lino e Anacleto dopo Pietro, appoggiandosi sulla apocrifa Epistula Clementis ad Iacobum, in cui C. affermava di essere stato ordinato da Pietro, sostenne come un dato acquisito che Lino e Cleto avrebbero esercitato le funzioni episcopali quando Pietro, che si era riservato l'ufficio apostolico, era ancora in vita. Così Rufino poteva affermare come certo sia che Lino e Cleto avrebbero preceduto C., sia che lo stesso C. poteva dirsi successore di Pietro in quanto subentrato nell'episcopato al governo di Pietro esercitato insieme con Lino e Cleto.
Il Catalogo Liberiano stabilisce questa successione con la relativa cronologia: Lino (56-67)-C. (68-76)-Cleto (77-83). Il Liber pontificalis, nr. 4, tiene conto del sistema introdotto da Rufino e consono con le liste di Ireneo e di Eusebio, ma mantiene la cronologia del Catalogo Liberiano, creando così una contraddizione tra la successione e la cronologia: Lino (56-67)-Cleto (77-83)-C. (68-76). Come già accennato, tutti questi interventi sono motivati dalla preoccupazione di assicurare a C. un posto di prestigio nella lista episcopale romana, che però non si saprebbe dire quanto corrisponda alla realtà delle successioni episcopali del sec. I. Certo, non si può affermare con sicurezza che la lista di Ireneo, ripresa da Eusebio, Epifanio e Clemente, abbia maggiore credibilità sul piano storico. Se tuttavia C. è l'autore dell'Epistula ad Corinthios, che la critica pone ormai concordemente alla fine del sec. I, si è tenuti ad accettare per C. una cronologia più vicina a quella di Eusebio.
A questo proposito si deve ricordare che scarsa fortuna ha raccolto l'ipotesi che C. si debba identificare con il console del 95 Flavio Clemente, mandato a morte l'anno successivo da Domiziano secondo Dione Cassio e Svetonio, soprattutto perché non è affatto dimostrato, come si pretendeva in questa eventualità, che le motivazioni della condanna del console fossero di natura religiosa. Un rapporto tra C. vescovo e il console Flavio Clemente era già stato supposto esplicitamente nella Passio Nerei et Achillei, un testo di nessun valore storico, in cui C. è detto figlio del fratello del console. Non maggiore credito devono avere le notizie su C. che si ricavano dalle Pseudoclementine, secondo cui egli sarebbe stato romano (Recognitiones I, 1; Homiliae I, 1), figlio di Faustiniano, imparentato con la famiglia dell'imperatore, e della nobile matrona Mattidia, fratello minore dei gemelli Fausto e Faustino (Recognitiones VII, 8). Anche l'identificazione con l'omonimo personaggio citato nel Pastore di Erma è dubbia, potendosi ammettere solo anticipando alla fine del sec. I la composizione del Pastore. In base alla Epistula ad Corinthios, attribuita a C., si può dedurre che il suo autore fosse di cultura giudaico-ellenistica, per la conoscenza dell'Antico Testamento e di alcune opere della letteratura intertestamentaria, come per certe sue caratteristiche di stile e di composizione. J.B. Lightfoot ha supposto che C. fosse un liberto di famiglia patrizia.
Secondo il Liber pontificalis C., romano di nascita, della regione celimontana, figlio di Faustino, avrebbe esercitato il suo ministero per nove anni, due mesi e quattro giorni dal 68 al 76. C. avrebbe ricevuto da Pietro la dignità episcopale di governare la Chiesa, così come a Pietro era stata consegnata e affidata la cattedra da Cristo, e il fatto che Lino e Cleto siano nominati prima di lui è giustificato per il fatto che essi sarebbero stati ordinati vescovi per esercitare il ministero sacerdotale. La notizia gli attribuisce la suddivisione di Roma in sette regioni, affidate ognuna ad un notaio incaricato di indagare "sollicite et curiose [...] diligenter" le gesta dei martiri della propria; afferma che compose molti libri, tra i quali cita "duas epistolas, quae catholicae nominantur" e quella scritta a Giacomo, di cui però non dice espressamente trattarsi di una sua opera (ma che tale deve considerarsi nella opinione del redattore, in quanto in essa C. comunica a Giacomo gli ultimi atti di Pietro prima di morire). Afferma inoltre che procedette a due ordinazioni per un totale di dieci presbiteri, due diaconi e quindici vescovi. Sulla base del Chronicon di Eusebio, la fonte aggiunge che C. sarebbe morto martire nel terzo anno di Traiano, cioè nel 99, e sarebbe stato sepolto "in Grecias" il 24 novembre. La sua morte fu seguita da ventun giorni di vacanza. Per un personaggio come C. i dati del Liber pontificalis, se non si possono considerare storicamente attendibili, manifestano apertamente la loro origine nella letteratura e nella tradizione ecclesiastica romana. Il riferimento alla zona celimontana ("de regione Celiomonte"), come quella in cui C. sarebbe nato, riflette la relazione, ormai nel VI secolo data per certa, tra C. papa e la chiesa di S. Clemente, posta più precisamente nella vallata tra il Celio e l'Esquilino e già ricordata da Girolamo negli ultimi anni del IV secolo (Girolamo, De viris illustribus 15: "nominis eius memoriam usque hodie exstructa ecclesia custodit") e poco più tardi da una lettera di papa Zosimo (ep. I, 2: "in sancti Clementis basilica").
 La connessione diretta dei resti di strutture d'età romana rinvenuti al di sotto della chiesa medievale con C. è da escludere, dal momento che sono in massima parte non anteriori al III secolo: è probabilmente contemporaneo alla testimonianza di Girolamo un collare, oggi perduto, recante un'iscrizione graffita (Corpus Inscriptionum Latinarum, XV, nr. 7192: "tene me quia fugi et reboca me Victori acolito a dominicu Clementis" seguita dal monogramma cristologico), che costituisce la più antica testimonianza epigrafica di un toponimo cristiano legato ad un non meglio specificato Clemens. Dunque tra Celio ed Esquilino già dagli ultimi anni del IV secolo si era fissato un toponimo connesso con un Clemens, che Girolamo identificava con il papa del I secolo, ma che è forse più corretto ritenere un più tardo (sec. IV) omonimo donatore degli ambienti in cui fu ospitato un edificio o una struttura funzionale cristiana variamente denominata nelle diverse fonti (ecclesia, dominicum, basilica, titulus) secondo una dinamica simile a quella di altri tituli romani (F. Guidobaldi, S. Clemens).
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BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 7 marzo 2007
Saluto ai pellegrini presenti nella Basilica Vaticana:

Dal WEB: http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2007/documents/hf_ben-xvi_aud_20070307.html

Cari fratelli e sorelle,
sono lieto di accogliervi e rivolgo a ciascuno di voi il mio cordiale benvenuto. Saluto anzitutto i pellegrini provenienti dalle Diocesi della Regione Ecclesiastica Piemontese, che accompagnano i loro Vescovi nella Visita ad limina. Cari amici, la fede cristiana si confronta, anche in Piemonte e Valle d’Aosta con molte sfide dovute, nell’odierno contesto socio-culturale, alle tendenze agnostiche presenti in campo dottrinale, come pure alle pretese di piena autonomia etica e morale. Non è certo facile annunciare e testimoniare oggi il Vangelo. Tuttavia permane nel popolo un solido substrato spirituale, che si manifesta tra l’altro nell’attenzione alle istanze della vita cristiana, nell’intimo bisogno di Dio, nella riscoperta del valore della preghiera, nella stima verso il sacerdote zelante e il suo ministero. Si avverte, inoltre, da parte di fedeli laici e di gruppi di impegno apostolico, una più sentita esigenza di tensione alla santità, misura alta della vita cristiana. Mi rivolgo pure a voi, cari Fratelli nell’Episcopato: di fronte alle difficoltà che a volte incontrano le comunità ecclesiali affidate alle vostre cure, vi esorto a proseguire con coraggio nell’aiutarle a seguire fedelmente il Signore, valorizzando le loro potenzialità spirituali e i carismi di ciascuno. Ricordate loro che nessuna difficoltà può separarci dall’amore di Cristo, come già affermava san Paolo (cfr. Rm 8,35-39). Per questo, unendo le forze, voi Pastori insieme ai sacerdoti, alle persone consacrate e ai fedeli laici testimoniate con fervore la vostra comune adesione a Cristo ed edificate la Chiesa nella carità e nella verità. La Madre Celeste, che il popolo piemontese invoca da sempre con sentita devozione, vi assista, vi illumini e vi conforti.
Saluto ora i giovani qui presenti, in particolare gli alunni della Scuola Don Carlo Costamagna di Busto Arsizio e quelli della Scuola Don Giovanni Bosco di Canonica d'Adda. Cari amici, il tempo di Quaresima, che stiamo vivendo, sia per voi occasione propizia per riscoprire il dono della sequela di Cristo e imparare ad aderire sempre, con il suo aiuto, alla volontà del Padre.
E così prendiamo la strada giusta, la strada che ci apre il cammino al futuro.
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San Clemente Romano
Cari fratelli e sorelle,
abbiamo meditato nei mesi scorsi sulle figure dei singoli Apostoli e sui primi testimoni della fede cristiana, che gli scritti neo-testamentari menzionano. Adesso dedichiamo la nostra attenzione ai santi Padri dei primi secoli cristiani. E così possiamo vedere come comincia il cammino della Chiesa nella storia.
San Clemente, Vescovo di Roma negli ultimi anni del primo secolo, è il terzo successore di Pietro, dopo Lino e Anacleto. Riguardo alla sua vita, la testimonianza più importante è quella di sant’Ireneo, Vescovo di Lione fino al 202. Egli attesta che Clemente «aveva visto gli Apostoli», «si era incontrato con loro», e «aveva ancora nelle orecchie la loro predicazione, e davanti agli occhi la loro tradizione» (Contro le eresie 3,3,3). Testimonianze tardive, fra il quarto e il sesto secolo, attribuiscono a Clemente il titolo di martire.
L’autorità e il prestigio di questo Vescovo di Roma erano tali, che a lui furono attribuiti diversi scritti, ma l’unica sua opera sicura è la Lettera ai Corinti. Eusebio di Cesarea, il grande «archivista» delle origini cristiane, la presenta in questi termini: «E’ tramandata una lettera di Clemente riconosciuta autentica, grande e mirabile. Fu scritta da lui, da parte della Chiesa di Roma, alla Chiesa di Corinto ... Sappiamo che da molto tempo, e ancora ai nostri giorni, essa è letta pubblicamente durante la riunione dei fedeli» (Storia Eccl. 3,16). A questa lettera era attribuito un carattere quasi canonico. All’inizio di questo testo – scritto in greco – Clemente si rammarica che «le improvvise avversità, capitate una dopo l’altra» (1,1), gli abbiano impedito un intervento più tempestivo. Queste «avversità» sono da identificarsi con la persecuzione di Domiziano: perciò la data di composizione della lettera deve risalire a un tempo immediatamente successivo alla morte dell’imperatore e alla fine della persecuzione, vale a dire subito dopo il 96.
L’intervento di Clemente era sollecitato dai gravi problemi in cui versava la Chiesa di Corinto: i presbiteri della comunità, infatti, erano stati deposti da alcuni giovani contestatori. La penosa vicenda è ricordata, ancora una volta, da sant’Ireneo, che scrive: «Sotto Clemente, essendo sorto un contrasto non piccolo tra i fratelli di Corinto, la Chiesa di Roma inviò ai Corinti una lettera importantissima per riconciliarli nella pace, rinnovare la loro fede e annunciare la tradizione, che da poco tempo essa aveva ricevuto dagli Apostoli» (Contro le eresie 3,3,3). Potremmo quindi dire che questa lettera costituisce un primo esercizio del Primato romano dopo la morte di san Pietro. La lettera di Clemente riprende temi cari a san Paolo, che aveva scritto due grandi lettere ai Corinti, e in particolare la dialettica teologica, perennemente attuale, tra indicativo della salvezza e imperativo dell’impegno morale. Prima di tutto c’è il lieto annuncio della grazia che salva. Il Signore ci previene e ci dona il perdono, ci dona il suo amore, la grazia di essere cristiani, suoi fratelli e sorelle. E’ un annuncio che riempie di gioia la nostra vita e dà sicurezza al nostro agire: il Signore ci previene sempre con la sua bontà, e la bontà del Signore è sempre più grande di tutti i nostri peccati. Occorre però che ci impegniamo in maniera coerente con il dono ricevuto e rispondiamo all’annuncio della salvezza con un cammino generoso e coraggioso di conversione. Rispetto al modello paolino, la novità è che Clemente fa seguire alla parte dottrinale e alla parte pratica, che erano costitutive di tutte le lettere paoline, una «grande preghiera», che praticamente conclude la lettera.
L’occasione immediata della lettera schiude al Vescovo di Roma la possibilità di un ampio intervento sull’identità della Chiesa e sulla sua missione. Se a Corinto ci sono stati degli abusi, osserva Clemente, il motivo va ricercato nell’affievolimento della carità e di altre virtù cristiane indispensabili. Per questo egli richiama i fedeli all’umiltà e all'amore fraterno, due virtù veramente costitutive dell’essere nella Chiesa: «Siamo una porzione santa», ammonisce, «compiamo dunque tutto quello che la santità esige» (30,1). In particolare, il Vescovo di Roma ricorda che il Signore stesso «ha stabilito dove e da chi vuole che i servizi liturgici siano compiuti, affinché ogni cosa, fatta santamente e con il suo beneplacito, riesca bene accetta alla sua volontà ... Al sommo sacerdote infatti sono state affidate funzioni liturgiche a lui proprie, ai sacerdoti è stato preordinato il posto loro proprio, ai leviti spettano dei servizi propri. L’uomo laico è legato agli ordinamenti laici» (40,1-5: si noti che qui, in questa lettera della fine del I secolo, per la prima volta nella letteratura cristiana, compare il termine greco laikós, che significa «membro del laós», cioè «del popolo di Dio»).
In questo modo, riferendosi alla liturgia dell’antico Israele, Clemente svela il suo ideale di Chiesa. Essa è radunata dall’«unico Spirito di grazia effuso su di noi», che spira nelle diverse membra del Corpo di Cristo, nel quale tutti, uniti senza alcuna separazione, sono «membra gli uni degli altri» (46,6-7). La netta distinzione tra il «laico» e la gerarchia non significa per nulla una contrapposizione, ma soltanto questa connessione organica di un corpo, di un organismo, con le diverse funzioni. La Chiesa infatti non è luogo di confusione e di anarchia, dove uno può fare quello che vuole in ogni momento: ciascuno in questo organismo, con una struttura articolata, esercita il suo ministero secondo la vocazione ricevuta. Riguardo ai capi delle comunità, Clemente esplicita chiaramente la dottrina della successione apostolica. Le norme che la regolano derivano in ultima analisi da Dio stesso. Il Padre ha inviato Gesù Cristo, il quale a sua volta ha mandato gli Apostoli. Essi poi hanno mandato i primi capi delle comunità, e hanno stabilito che ad essi succedessero altri uomini degni. Tutto dunque procede «ordinatamente dalla volontà di Dio» (42). Con queste parole, con queste frasi, san Clemente sottolinea che la Chiesa ha una struttura sacramentale e non una struttura politica. L’agire di Dio che viene incontro a noi nella liturgia precede le nostre decisioni e le nostre idee. La Chiesa è soprattutto dono di Dio e non creatura nostra, e perciò questa struttura sacramentale non garantisce solo il comune ordinamento, ma anche questa precedenza del dono di Dio, del quale abbiamo tutti bisogno.
Al termine, la «grande preghiera» conferisce un respiro cosmico alle argomentazioni precedenti. Clemente loda e ringrazia Dio per la sua meravigliosa provvidenza d’amore, che ha creato il mondo e continua a salvarlo e a santificarlo. Particolare rilievo assume l’invocazione per i governanti. Dopo i testi del Nuovo Testamento, essa rappresenta la più antica preghiera per le istituzioni politiche. Così, all’indomani della persecuzione, i cristiani, ben sapendo che sarebbero continuate le persecuzioni, non cessano di pregare per quelle stesse autorità che li avevano condannati ingiustamente. Il motivo è anzitutto di ordine cristologico: bisogna pregare per i persecutori, come fece Gesù sulla croce. Ma questa preghiera contiene anche un insegnamento che guida, lungo i secoli, l’atteggiamento dei cristiani dinanzi alla politica e allo Stato. Pregando per le autorità, Clemente riconosce la legittimità delle istituzioni politiche nell’ordine stabilito da Dio; nello stesso tempo, egli manifesta la preoccupazione che le autorità siano docili a Dio e «esercitino il potere, che Dio ha dato loro, nella pace e nella mansuetudine con pietà» (61,2). Cesare non è tutto. Emerge un’altra sovranità, la cui origine ed essenza non sono di questo mondo, ma «di lassù»: è quella della Verità, che vanta anche nei confronti dello Stato il diritto di essere ascoltata.
Così la lettera di Clemente affronta numerosi temi di perenne attualità. Essa è tanto più significativa, in quanto rappresenta, fin dal primo secolo, la sollecitudine della Chiesa di Roma, che presiede nella carità a tutte le altre Chiese. Con lo stesso Spirito facciamo nostre le invocazioni della «grande preghiera», là dove il Vescovo di Roma si fa voce del mondo intero: «Sì, o Signore, fa’ risplendere su di noi il tuo volto nel bene della pace; proteggici con la tua mano potente ... Noi ti rendiamo grazie, attraverso il Sommo Sacerdote e guida delle anime nostre, Gesù Cristo, per mezzo del quale a te la gloria e la lode, adesso, e di generazione in generazione, e nei secoli dei secoli. Amen» (60-61).