Il
prossimo, la compassione e le lingue taglienti
L’altro giorno in radio, rispondendo ad una
domanda di un ascoltatore, un giornalista ha criticato il Papa perché si occupa
poco di spiriti e troppo di esortare ad aiutare chi sta peggio. Insomma: poca
spiritualità e troppa filantropia. E poi
è al prossimo che si dovrebbe pensare prima di tutto , vale a dire a chi ci
sta più vicino, ha concluso quel giornalista, così interpretando il comando biblico dell’amore del prossimo come di se stessi. Molti la pensano come lui, da quello che sento
in giro. Questo spiega perché sembra che di cristiani ce ne siano di meno di
una volta. Magari lo sono, ma non parlano come tali, e non ci vedono nulla di
male.
Chi è assiduo alla predicazione ecclesiale sa
bene, infatti, che l’insegnamento del Maestro è diverso. Il problema non è
individuare il nostro prossimo tra i sofferenti del mondo e quindi di partire
da quelli che ci stanno più vicini, ma di farsi
prossimi ai sofferenti indipendentemente da dove stanno. Questo principio
etico è contenuto nella parabola cosiddetta del Buon Samaritano, che
trascrivo dal WEB, dalla traduzione italiana della Bibbia del 2008 (CEI) pubblicata
sul sito <http://www.vatican.va/archive/ITA0001/_INDEX.HTM>:
[dal Vangelo secondo Luca 10, 25-37]
25] Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova:
"Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?".
[26] Gesù gli
disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?".
[27] Costui rispose: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente
e il prossimo tuo come te stesso".
[28] E Gesù:
"Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai".
[29] Ma quegli,
volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è il mio prossimo?".
[30] Gesù riprese:
"Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti
che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo
morto.
[31] Per caso, un
sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre
dall'altra parte.
[32] Anche un levita, giunto in quel luogo, lo
vide e passò oltre.
[33] Invece un Samaritano, che era in viaggio,
passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione.
[34] Gli si fece
vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il
suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.
[35] Il giorno
seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di
lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.
[36] Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è
incappato nei briganti?".
[37] Quegli rispose: "Chi ha avuto compassione
di lui". Gesù gli disse: "Va’ e anche tu fa’ lo stesso".
La domanda è quella che ci
interessa: “Chi è il mio prossimo?”. Il senso comune ci spinge a rispondere: “Chi è più vicino a noi”. L’insegnamento
della parabola è diverso. E’: “Farsi prossimi, con la compassione”. Così posta, la questione non è più di vicinanza geografica o sociale. Si parte dalla
sofferenza altrui e ce se ne fa prossimi
spinti dalla compassione, facendo ciò che occorre, prendendosi cura. Questo ha
spinto i cristiani fino agli estremi confini della Terra. Non è questione di
essere o meno spirituali e di occuparsi di spiriti, ma di eseguire un comando
del Maestro. Questa è la prospettiva che determina anche il magistero dell’attuale
Papa, come accaduto, per la verità, per ogni Papa, fin dalle origini. La
diversità della situazione contemporanea è che la grande facilità delle
comunicazioni sociali ci rimanda notizia di sofferenze molto lontane. Ogni
società è oggi più o meno organizzata per prendersi cura dei propri sofferenti,
ma, al di là di questo, nella dimensione personale, e possiamo anche dire spirituale, è la compassione a spingere, e
può portare molto lontano e anche in situazioni pericolose. E’ stata la vita di sempre dei missionari. Ma
oggi è forte anche il movimento di coloro che si fanno prossimi dei
lontani spinti solo o prevalentemente da compassione umanitaria, che, comunque,
ha pur sempre anche un senso religioso. Chi vede nei sofferenti stranieri una
minaccia ne sarà contrariato, e questo spiega certe uscite cattive verso chi fa
il bene, che, con l’arma del discredito sociale, colpiscono più duramente dei
banditi che travagliano la vita dei volenterosi della compassione. Del resto è
convinzione antica che:
18] Molti sono
caduti a fil di spada,
ma non quanti sono periti per colpa della lingua.
[dal libro del
Siracide 28, 18 - traduzione CEI 2008].
Dunque, certe chiacchiere non
sono solo chiacchiere. La chiacchiera cattiva è un peccato, ne ha parlato
recentemente il Papa, ma se poi produce sofferenza, o addirittura morte, è
molto più grave. Una cosa, ad esempio, è sparlare di chi cerca di venire incontro
alla sofferenze di quelli ai quali è capitato di essere prigionieri negli inferni del mondo o da lì cercano di spostarsi
per salvarsi. Ma se, con quelle chiacchiere cattive, si dà l’assenso politico a misure che poi concretamente
provocano sofferenza e morte, se ne è eticamente responsabili, anche dinanzi
agli spiriti, per così dire. Quando verrà il momento di rendere conto, e in
religione si è convinti che ad un certo punto venga, ci si difenderà, forse,
dicendo che erano tutte chiacchiere, come in genere fanno già, sempre, coloro che quaggiù vengono presi per un
orecchio e tratti davanti a chi di dovere, ma allora ci verranno mostrati
coloro che ci hanno rimesso la pelle proprio per quelle chiacchiere che,
cumulandosi in un grande chiacchiericcio, hanno poi determinato certe politiche
di esclusione, discriminazione e respingimento che, ad esempio, negli Stati Uniti d’America sembra che portino
l’amministrazione a voler usare armi
letali contro i disperati che bussano alle porte dello stato più ricco,
armato e interventista del mondo.
La parabola del Buon Samaritano è ambientata tra gente in viaggio. Quando si
viaggia si è tra estranei. “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico”: di che
nazionalità, religione, città era? Non è specificato. “Incappò nei briganti”:
può accadere a tutti, ma in particolare a chi viaggia, e anche a chi viaggia
per far del bene. Nelle settimane scorse si è avuta notizia di diversi
assassini tra i nostri missionari. E sappiamo della cooperante che qualche
giorno fa è stata rapita. Qual è il dovere verso chi è lasciato a mal partito
dai briganti? “E n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli
fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo
giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno
seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di
lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.” Alcuni, oggi,
direbbero che sono soldi buttati. Che se quell’uomo non si fosse messo in
viaggio non gli sarebbe accaduto di cadere nelle mani dei briganti. Da ultimo:
i predicatori (e di omelie su quella parabola nel ho sentite almeno una all’anno
da ormai tanti anni) osservano che è un samaritano,
un nemico religioso degli antichi ebrei come il Maestro, che viene posto a
modello di chi si fa prossimo. Qualche volta sembra che
non ci si renda conto del tanto bene che ci può venire da chi superficialmente
riteniamo nemico solo perché non fa parte della nostra cerchia. La parabola
contiene quindi, esplicitamente, anche la critica di una certa religiosità
senza cuore, incapace di compassione.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte
Sacro, Valli