INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

ON THE WEBSITE www.bibbiaedu.it THE ITALIAN TRANSLATIONS OF THE BIBLE CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONAL IN CURRENT LANGUAGE AND THE BIBLICAL TEXTS IN ANCIENT GREEK AND ANCIENT JEWISH MAY BE CONSULTED. WITH A FUNCTIONALITY OF THE WEBSITE THE VARIOUS TEXTS MAY BE COMPARED.

lunedì 25 settembre 2017

Sovranità

Sovranità

  Molti politici chiedono agli elettori il consenso ad una politica che recuperi al popolo italiano la  sovranità. Di che si tratta? E quand’è che la sovranità ci è stata tolta?
 La nostra Costituzione si apre proclamando che la sovranità appartiene al popolo (art.1, comma 2°). Sovranità è l’esercizio di un potere che non ha limiti, sovrano appunto. Era quello degli antichi sovrani assoluti. Però, nella medesima proposizione di quell’articolo in cui si attribuisce al popolo la sovranità, c’è scritto che essa si esercita   nelle forme e nei limiti della Costituzione. Dunque, anche  quello del popolo non è un  potere senza limiti. Questo perché, come è scritto nell’art.1, comma 1°, della Costituzione, l’Italia è una repubblica democratica. La democrazia è appunto un sistema politico di limiti ad ogni potere, pubblico e privato: limiti basati su valori. Ad esempio quello della persona umana e quello del lavoro. Il potere degli antichi sovrani assoluti era invece, almeno sulla carta, secondo le leggi che essi stessi o i loro predecessori avevano dato ai popoli caduti in loro dominio, senza alcun limite che non fosse  quello della volontà dello stesso sovrano, il quale poteva decidere di disfare ciò che aveva fatto: in questo senso era assoluto, non condizionato da null'altro. Quei sovrani avevano potere di vita e di morte e su ogni proprietà dei loro sudditi. Dal Duecento, in Europa, anche il potere di quei sovrani iniziò progressivamente ad avere dei limiti, fondamentalmente verso i pari della dinastia sovrana, verso la classe dei nobili legati a quest’ultima da legami feudali, tra dinastie, per i quali alle dinastie inferiori veniva riconosciuto un potere politico autonomo su certi territori purché riconoscessero la supremazia di quelle superiori, facessero formale atto di sottomissione. Sviluppandosi processi democratici, dalla fine del Settecento, finirono per averne di molto più intensi, fino alla situazione di oggi, in cui le dinastie sovrane europee che rimangono si dice che regnino ma non governino, esercitando, oltre che funzioni di rappresentanza nelle pubbliche cerimonie, un ministero più che altro morale. In Europa c’è ancora un solo monarca  veramente  assoluto ed  è il Papa, sia come capo religioso che come sovrano del suo piccolo dominio di quartiere a Roma, sul colle Vaticano. Lo è di fatto  e di diritto. Riporto di seguito la “costituzione”, denominata legge fondamentale, della Città del Vaticano, che comincia quando si entra  in piazza San Pietro o si attraversa uno dei varchi nei muraglioni vaticani presidiati dalla Guardia Svizzera, il piccolo esercito del Pontefici, erede di una tradizione storica di bellicosi mercenari.  E’ entrata in vigore nel 2001, sostituendo quella del 1929. Noterete che è piuttosto breve e che è priva di dichiarazioni relative a valori o a diritti dei governati. Del resto la Città del Vaticano, che secondo il Trattato del 1929 con il Regno  d’Italia non potrebbe neppure essere definita stato  (non è mai nominata come tale in quell'atto), è un’entità politica molto particolare, costituita solo per garantire indipendenza e libertà al Papa, per l’esercizio del suo alto ministero religioso. Il suo popolo  è fatto di dipendenti dell’organizzazione della Curia, il complesso degli uffici che aiuta il Papa nelle sue funzioni, e da alcuni dei  lavoratori dei servizi ausiliari. Potrebbe, oggi, il Papa, se si arrabbiasse veramente,  far tagliare la testa a eretici e sovversivi politici, come i suoi predecessori fecero? Il codice penale che si applica nella Città del Vaticano è quello vigente nel Regno d’Italia nel 1929, con le modifiche introdotte nel 1969 e  2013: per queste ultime, non si dovrebbe più rischiare la pena di morte. Ma con i sovrani assoluti nulla è mai detto in modo definitivo. E’ così anche con i popoli insofferenti dei limiti democratici e dei valori a cui fanno riferimento.
 Il fatto che ogni più alto potere abbia dei limiti è assolutamente normale in democrazia. Ed è normale anche se si voglia costruire una ordinamento internazionale su basi democratiche. Ad esempio costituendo un’entità politica sovranazionale come l’Unione Europea. L’Italia vi partecipa, ma non la domina. Anche gli organi supremi dell’Unione hanno dei limiti, verso gli stati e verso ogni altra aggregazione sociale minore, così come verso le singole persone, secondo il principio fondamentale della  sussidiarietà. Infatti l’Unione Europea ha una Costituzione piena di limiti democratici e di valori, che è composta del Trattato di Lisbona, concluso nel 2007 ed entrato in vigore il 1 dicembre 2009, e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, entrata in vigore insieme al Trattato. L’Unione Europea è un lavoro collettivo: è ovvio che anche gli stati debbano avere dei limiti. Ma, partecipando all’Unione, la loro azione politica è di molto potenziata e inoltre la collettività sovranazionale li protegge, perché ci si aiuta nelle difficoltà. Riprenderci la sovranità  significherebbe in definitiva uscire dall’Unione, perché non si può parteciparvi,  quindi esserne parte, senza accettare dei limiti. Usciti, si sarebbe poi soli di fronte al grande mondo, una virgoletta in un piccolo mare interno, quale appare l’Italia sul mappamondo. Significherebbe essere più deboli, in  un mondo in cui i più forti sono tentati di mangiarsi i più deboli.
 In Costituzione si menziona la  sovranità, perché quando fu scritta, e forse anche ora, non c’era altra parola che rendesse l’idea di un sistema politico fatto in modo che nessuno potesse far schiavo il popolo. Di fatto, finora, nessuno c’è riuscito nell'Italia democratica. I limiti democratici hanno resistito. Questo perché il popolo, tutta la gente che ha diritto di partecipare  alla nostra democrazia, ha detto la sua, quando poteva farlo. Ha fatto la sua parte. Ma è impegno che va rinnovato ad ogni scadenza importante.
  L’idea di sovranità  dovrebbe essere accompagnata dall’idea di  responsabilità. Un sovrano assoluto non accetterebbe di  rendere conto di ciò che decide, di essere quindi  responsabile. Anche il popolo dovrebbe essere così? Non in democrazia. In questo regime politico si chiede una certa coerenza misurata sui valori. Democrazia e virtù sono strettamente legate: non è possibile una democrazia non virtuosa, e senza propositi e condotte virtuose le democrazie decadono. E questo è vero specialmente nei tempi difficili, quando si è tentati di mollare e farsi lecito tutto quello che ci si era vietato: quello che gli economisti chiamano  azzardo morale.
 Una delle questioni più importanti in ballo nelle elezioni politiche che si terranno nella prossima primavera, e per le quali occorre prepararsi, è appunto, nientedimeno, se continuare ad essere una democrazia, con tutti i valori che essa comporta, in primo  luogo quelli della persona e del lavoro. Ci sono di quelli che sono insofferenti dei limiti democratici. Questa insofferenza è manifestata in primo luogo dai principali attori dell’economia capitalista. Ritengono che i poteri pubblici non dovrebbero occuparsi tanto di economia, la quale dovrebbe essere lasciata alle dinamiche di  mercato, quelle della domanda e dell’offerta. Il loro compito, in materia economica,  dovrebbe essere essenzialmente quello di garantire la sicurezza delle proprietà, dei flussi finanziari e dei commerci, nel quadro di accordi internazionali e secondo i principi da essi stabiliti a livello mondiale.
  Oggi lo stato italiano è il maggiore datore di lavoro: i dipendenti pubblici sono oltre tre milioni, dei quali circa la metà sono statali. I più numerosi sono gli insegnanti, i militari e le forze di polizia.  Il loro lavoro è in genere più sicuro di quello dei dipendenti privati, in cui si sono progressivamente allargate le aree di precariato ed è diventato più facile licenziare. Il settore pubblico dovrebbe avvicinarsi al privato o dovrebbe essere l’inverso? Tutto dipende da che impostazione si dà alla politica economica. I licenziamenti più facili e le retribuzioni in calo, secondo le leggi di mercato, incidono sui valori fondamentali della persona e del lavoro. Sono fondamentali non solo per le vite della gente, ma anche per la stessa democrazia. La nostra infatti vuole essere fondata sul lavoro. E’ scritto nell’art.1 della Costituzione, nella parte dedicata ai Principi fondamentali. Però rispettare le persone e il loro lavoro costa, in termini propriamente economici. E’ per questo che nei decenni passati certe lavorazioni industriali sono state trasferite, delocalizzate si  dice, in nazioni dove i lavoratori costavano meno. Rispettare, nelle imprese industriali e commerciali, il  valore della persona e del lavoro è un limite, un limite al profitto, a ciò che rimane dedotti i costi di produzione e le tasse. E’ un limite che è previsto in un altro articolo della costituzione, l’art.41. Lo si vorrebbe ritoccare.
 Chi propone di recuperare  sovranità si mostra insofferente di certi limiti, che, dice, ci costano troppo. Bisognerebbe  non accontentarsi di parole d’ordine:   riprendersi la sovranità. Bisognerebbe approfondire di  quali limiti ci si vorrebbe liberare, perché non accada poi, gira gira, di finire vittime di questa nuova libertà da certi limiti. In un’economia lasciata a sé stessa, alle sue dinamiche, i più forti si mangiano i più deboli. Siamo poi proprio sicuri di riuscire ad essere sempre, per tutta la nostra vita, anche da anziani ad esempio, dalla parte dei primi?
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

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Legge fondamentale
dello Stato della Città del Vaticano
26 novembre 2000
Acta Apostolicae Sedis, Supplemento, 01.02.2001

nota: la nuova Legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano del 26 novembre 2000, in sostituzione della precedente - la prima - emanata il 7 giugno 1929 dal Papa Pio XI di v.m., è entrata in vigore il 22 febbraio 2001, Festa della Cattedra di San Pietro
 Il Sommo Pontefice, preso atto della necessità di dare forma sistematica ed organica ai mutamenti introdotti in fasi successive nell'ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano, allo scopo,pertanto, di renderlo sempre meglio rispondente alle finalità istituzionali dello stesso, che esiste a conveniente garanzia della libertà della Sede Apostolica e come mezzo per assicurare l’indipendenza reale e visibile del Romano Pontefice nell’esercizio della Sua missione nel mondo, di Suo Motu Proprio e certa scienza, con la pienezza della Sua sovrana autorità, ha promulgato la seguente Legge:
Art. 1
1. Il Sommo Pontefice, Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario.
2. Durante il periodo di Sede vacante, gli stessi poteri appartengono al Collegio dei Cardinali, il quale tuttavia potrà emanare disposizioni legislative solo in caso di urgenza e con efficacia limitata alla durata della vacanza, salvo che esse siano confermate dal Sommo Pontefice successivamente eletto a norma della legge canonica.
Art. 2
La rappresentanza dello Stato nei rapporti con gli Stati esteri e con gli altri soggetti di diritto internazionale, per le relazioni diplomatiche e per la conclusione dei trattati, è riservata al Sommo Pontefice, che la esercita per mezzo della Segreteria di Stato.
Art. 3
1. Il potere legislativo, salvi i casi che il Sommo Pontefice intenda riservare a Se stesso o ad altre istanze, è esercitato da una Commissione composta da un Cardinale Presidente e da altri Cardinali, tutti nominati dal Sommo Pontefice per un quinquennio.
2. In caso di assenza o di impedimento del Presidente, la Commissione è presieduta dal primo dei Cardinali Membri.
3. Le adunanze della Commissione sono convocate e presiedute dal Presidente e vi partecipano, con voto consultivo, il Segretario Generale ed il Vice Segretario Generale.
Art. 4
1. La Commissione esercita il suo potere entro i limiti della Legge sulle fonti del diritto, secondo le disposizioni di seguito indicate ed il proprio Regolamento.
2. Per l’elaborazione dei progetti di legge, la Commissione si avvale della collaborazione dei Consiglieri dello Stato, di altri esperti nonché degli Organismi della Santa Sede e dello Stato che possano esserne interessati.
3. I progetti di legge sono previamente sottoposti, per il tramite della Segreteria di Stato, alla considerazione del Sommo Pontefice.
Art. 5
1. Il potere esecutivo è esercitato dal Presidente della Commissione, in conformità con la presente Legge e con le altre disposizioni normative vigenti.
2. Nell’esercizio di tale potere il Presidente è coadiuvato dal Segretario Generale e dal Vice Segretario Generale.
3. Le questioni di maggiore importanza sono sottoposte dal Presidente all'esame della Commissione.
Art. 6
Nelle materie di maggiore importanza si procede di concerto con la Segreteria di Stato.
Art. 7
1. Il Presidente della Commissione può emanare Ordinanze, in attuazione di norme legislative e regolamentari.
2. In casi di urgente necessità, egli può emanare disposizioni aventi forza di legge, le quali tuttavia perdono efficacia se non sono confermate dalla Commissione entro novanta giorni.
3.  Il potere di emanare Regolamenti generali resta riservato alla Commissione.
Art. 8
1. Fermo restando quanto disposto agli artt. 1 e 2, il Presidente della Commissione rappresenta lo Stato.
2. Egli può delegare la rappresentanza legale al Segretario Generale per l’ordinaria attività amministrativa.
Art. 9
1. Il Segretario Generale coadiuva nelle sue funzioni il Presidente della Commissione.
Secondo le modalità indicate nelle Leggi e sotto le direttive del Presidente della
Commissione, egli:
a) sovraintende all’applicazione delle Leggi e delle altre disposizioni normative ed
all'attuazione delle decisioni e delle direttive del Presidente della Commissione;
b) sovraintende all’attività amministrativa del Governatorato e coordina le funzioni delle
varie Direzioni.
2. In caso di assenza o impedimento sostituisce il Presidente della Commissione,
eccetto per quanto disposto all'art. 7, n. 2.
Art. 10
1. Il Vice Segretario Generale, d’intesa con il Segretario Generale, sovraintende
all’attività di preparazione e redazione degli atti e della corrispondenza e svolge le altre funzioni a lui attribuite.
2. Egli sostituisce il Segretario Generale in caso di sua assenza o impedimento.
Art. 11
1. Per la predisposizione e l’esame dei bilanci e per altri affari di ordine generale
riguardanti il personale e l’attività dello Stato, il Presidente della Commissione è assistitodal Consiglio dei Direttori, da lui periodicamente convocato e da lui presieduto.
2. Ad esso prendono parte anche il Segretario Generale ed il Vice Segretario Generale.
Art. 12
I bilanci preventivo e consuntivo dello Stato, dopo l’approvazione da parte della
Commissione, sono sottoposti al Sommo Pontefice per il tramite della Segreteria di Stato.
Art. 13
1. Il Consigliere Generale ed i Consiglieri dello Stato, nominati dal Sommo Pontefice per un quinquennio, prestano la loro assistenza nell’elaborazione delle Leggi e in altre materie di particolare importanza.
2. I Consiglieri possono essere consultati sia singolarmente che collegialmente.
3. Il Consigliere Generale presiede le riunioni dei Consiglieri; esercita altresì funzioni di coordinamento e di rappresentanza dello Stato, secondo le indicazioni del Presidente della Commissione.
Art. 14
Il Presidente della Commissione, oltre ad avvalersi del Corpo di Vigilanza, ai fini della sicurezza e della polizia può richiedere l’assistenza della Guardia Svizzera Pontificia.
Art. 15
1. Il potere giudiziario è esercitato, a nome del Sommo Pontefice, dagli organi costituiti secondo l’ordinamento giudiziario dello Stato.
2. La competenza dei singoli organi è regolata dalla legge.
3. Gli atti giurisdizionali debbono essere compiuti entro il territorio dello Stato.
Art. 16
In qualunque causa civile o penale ed in qualsiasi stadio della medesima, il Sommo Pontefice può deferirne l’istruttoria e la decisione ad una particolare istanza, anche con facoltà di pronunciare secondo equità e con esclusione di qualsiasi ulteriore gravame.
Art. 17
1. Fatto salvo quanto disposto nell’articolo seguente, chiunque ritenga leso un proprio diritto o interesse legittimo da un atto amministrativo può proporre ricorso gerarchico ovvero adire l’autorità giudiziaria competente.
2. Il ricorso gerarchico preclude, nella stessa materia, l’azione giudiziaria, tranne che il Sommo Pontefice non l’autorizzi nel singolo caso.
Art. 18
1. Le controversie relative al rapporto di lavoro tra i dipendenti dello Stato e
l’Amministrazione sono di competenza dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica, a norma del proprio Statuto.
2. I ricorsi avverso i provvedimenti disciplinari disposti nei confronti dei dipendenti dello Stato possono essere proposti dinanzi alla Corte di Appello, secondo le norme proprie.
Art. 19
La facoltà di concedere amnistie, indulti, condoni e grazie è riservata al Sommo
Pontefice.
Art. 20
1. La bandiera dello Stato della Città del Vaticano è costituita da due campi divisi
verticalmente, uno giallo aderente all’asta e l’altro bianco, e porta in quest'ultimo la tiara con le chiavi, il tutto secondo il modello, che forma l’allegato A della presente Legge.
2. Lo stemma è costituito dalla tiara con le chiavi, secondo il modello che forma
l’allegato B della presente Legge.
3. Il sigillo dello Stato porta nel centro la tiara con le chiavi ed intorno le parole "Stato della Città del Vaticano", secondo il modello che forma l’allegato C della presente Legge.
La presente Legge fondamentale sostituisce integralmente la Legge fondamentale della Città del Vaticano, 7 giugno 1929, n. I. Parimenti sono abrogate tutte le norme vigenti nello Stato in contrasto con la presente Legge.
Essa entrerà in vigore il 22 febbraio 2001, Festa della Cattedra di San Pietro Apostolo.
Comandiamo che l’originale della presente Legge, munito del sigillo dello Stato, sia depositato nell’Archivio delle Leggi dello Stato della Città del Vaticano, e che il testo corrispondente sia pubblicato nel Supplemento degli Acta Apostolicae Sedis mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare.
Data dal Nostro Palazzo Apostolico Vaticano il ventisei novembre duemila, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo, anno XXIII del Nostro Pontificato.
IOANNES PAULUS II, PP (Papa Giovanni Paolo 2°)