Azione
Cattolica: fede religiosa e democrazia
di Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa -
Roma, Monte Sacro, Valli
INTRODUZIONE
1. Viviamo, come società italiana, tempi
impegnativi. Per ognuno lo è sempre la vita quotidiana. Si cambia, bisogna
farsi largo, bisogna sopravvivere, si cerca di durare il più a lungo possibile
e meglio che si può. Per ogni persona è così. Ma la riuscita degli sforzi
individuali dipende in larga misura da come è la società. Il benessere è sempre
un fatto collettivo. Innanzi tutto dipende dalle relazioni sociali. E poi certi
obiettivi, come la possibilità di vivere sicuri, di avere un’istruzione, di
avere una casa e un’alimentazione sufficiente, di poter svolgere un lavoro con
una retribuzione sufficiente, di essere aiutati nella nei periodi in cui non si
ha lavoro o non si può lavorare per malattia o vecchiaia, di potere fare sport,
musica e altre attività interessanti, anche di praticare una religione,
dipendono in gran parte da come è organizzata la società, a cominciare dalla
sua economia, in cui tanta parte hanno le iniziative collettive, di enti
pubblici e privati. Organizzare una società significa fare politica. Lo si può fare su grande e piccola scala. Non ci
sono solo gli stati, i comuni e via dicendo. Ognuno di noi, interagendo con gli
altri, fa politica, ad esempio nel palazzo dove abita,
nel quartiere, nel circolo che frequenta, nel gruppo sportivo, e anche in una
parrocchia. Ogni fatto collettivo influisce in maniera più o meno accentuata su
altri fatti collettivi e modifica la società intorno. Poi si cerca anche di
intervenire d’autorità, esercitando poteri pubblici, diramando ordini,
sentenziando, preparando programmi, stabilendo regole. Ma come verranno
accolti? Ogni società esprime una certa resistenza alle imposizioni. Per
vincerla c’è la strada della persuasione o quella della violenza. Si cerca di
fare in modo di scoraggiare la violenza
privata, ma allora si deve organizzare una certa misura di violenza pubblica.
Ma quando quest’ultima supera un certo livello, la società diventa infelice.
Accade anche quando non si riesce a limitare la violenza privata, ad esempio
quella delle bande criminali. Ma come persuadere più gente possibile? A questo
serve il dialogo politico, quello che
riguarda l’organizzazione della società. Perché sia efficace occorre però
fidarsi degli altri ed essere veramente convinti che insieme si possano trovare e soprattutto attuare soluzioni più efficaci sia ai mali sociali, sia ai mali
privati che a quelli sociali sono tanto strettamente collegati. Per aver
fiducia gli uni negli altri occorre conoscersi. Meglio ci si conosce, più ci si
fida. Ma di chi? Se, conoscendo una persona, trovo che è cattiva, allora non
dovrei fidarmi di lei. Perché magari ora non è cattiva con me, ma solo con altri, ma
potrebbe venire il momento in cui lo sarà anche con me. Chi è cattivo, chi è
buono? Se lo chiedo, i miei interlocutori si trovano in imbarazzo a darmi una
risposta. In altre epoche si era meno indecisi. Ma ogni epoca ha avuto i suoi
criteri etici, per giudicare il buono e il cattivo. Nella nostra, appunto, si è
più indecisi. Però decidersi è importante. Ecco, l’Azione Cattolica, fu fondata
proprio per fare questo lavoro, politico in
senso ampio.
2. Di solito si
racconta le sue origini risalgono ad un gruppo di giovani bolognesi che si
costituì nel 1867. Si era in un’epoca molto impegnativa nella storia d’Italia.
Si sottolinea l’aspetto religioso dell’iniziativa, ma, in realtà, la
politica era il vero campo di impegno. Si stava completando l’unità nazionale.
Il Regno d’Italia, sotto la dinastia piemontese dei Savoia, era stato
proclamato nel 1861. Mancava Roma e i nazionalisti di vario orientamento, i
monarchici ma anche i repubblicani di Giuseppe Mazzini (1805-1872), la
volevano. A Roma e dintorni c’era il Papa, che era anche il sovrano di un
piccolo regno nell’Italia centrale di allora, che dal 1860 si era ridotto più o
meno al Lazio. Vi furono quindi movimenti di laici cattolici che si
organizzarono come forza sociale di resistenza a difesa della monarchia
pontificia. Nel 1870 lo Stato
pontificio, il regno politico del Papa, fu conquistato militarmente dal Regno
d’Italia. In quel momento era in corso a Roma un concilio ecumenico, il
Concilio ecumenico Vaticano 11°. La città fu assaltata; a cannonate si fece una
breccia nelle mura della città, un centinaio di metri a destra guardando Porta
Pia. Ci furono combattimenti sanguinosi con morti e feriti tra glie eserciti
contrapposti, ma i pontifici si arresero presto. L’anno seguente la capitale
del Regno d’Italia fu trasferita a Roma e, per garantire la posizione e la
missione del Papato, fu approvata una apposita legge, detta delle Guarentigie (=garanzie). Il Papato vietò
ai cattolici la partecipazione alla politica nazionale, sotto pena di sanzione
canonica e si considerò prigioniero in
Vaticano.
Questi fatti suscitarono un’enorme
impressione nella società cattolica italiana. Una parte dei cattolici era stati
ed erano nazionalisti. Ma molti si schierarono a difesa del Papato, a sostegno
delle sue rivendicazioni di restituzione del suo regno intorno a Roma.
Naturalmente questo movimento ebbe motivazioni profonde e colte, che, in
sostanza, proponevano l’idea che, senza quel piccolo regno, il Papato fosse
menomato anche nella sua missione religiosa. Quindi la posizione politica intransigente verso i nazionalisti
monarchici e repubblicani, verso l’ideologia liberale che in genere era da loro
seguita, verso i nuovo regno unitario italiano, ebbe anche profonde motivazioni
religiose. Senza un Papato veramente indipendente, si sosteneva, anche la
civiltà del popolo italiano, che tanto era legata alla fede religiosa, ne
sarebbe uscita scossa, alterata. Si pensò, ed era la prima volta che accadeva,
di suscitare un vasto moto di resistenza nel popolo a difesa delle ragioni del
Papato, non solo con un’azione di propaganda culturale, ma con un ampio
programma di azioni sociali, sull’esempio di ciò che si stava facendo in tutta
Europa a quell’epoca, in particolare ad opera dei movimenti socialisti, in
particolare per sostenere e istruire i lavoratori dipendenti delle città e
delle campagne, ad esempio con mutue per assisterli nella disoccupazione o nelle
malattie, con cooperative di
lavoro. Si cercò di dare un coordinamento nazionale a tutte queste
iniziative creando un’organizzazione specifica, l’Opera dei Congressi, costituita nel 1974, con articolazione
centrale e locale, strettamente legata al Papa, sebbene non fosse una sua
emanazione. C’era tutta questa attività sociale a sfondo religioso, che
comprendeva anche un capillare lavoro di formazione culturale e propriamente
politico, nel senso appunto di un atteggiamento intransigente verso il nuovo stato unitario italiano. Ma
l’intento principale era politico.
Scrive Arturo Carlo Jemolo
(1891-1981), professore di diritto ecclesiastico (che riguarda le norme degli
stati che regolano i rapporti con la Chiese)
e storico, uno dei maggiori esponenti del mondo cattolico italiano, in Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento
anni, Einaudi, 1948 (1° ed.) - 1963
(ed. riveduta e ampliata) [richiede una formazione di tipo universitario]:
[pag.13] «La prima metà del secolo era quasi consumata
allorché, il 1 giugno 1846, si spegneva Gregori XVI [16°]; già s’intravedevano
le caratteristiche della storia della Chiesa nell’Ottocento quali si sarebbero
profilate allo storico futuro.
Non grandi controversie teologiche, né aspri dibattiti
dottrinali, né contrapposizione di scuole a scuole; neppure lotte tra Ordini
religiosi, o tra clero secolare e clero regolare.
[…]
In nessuno di questi campi la
storia della Chiesa dell’Ottocento avrebbe presentato episodi emozionanti,
aspri contrasti, com’eransi dati in altri secoli, La Chiesa avrebbe incontrato
in vece le sue ore più difficili nei rapporti con gli Stati. Di fronte alle
ideologie politiche, ai partiti che le incarnano, alle leggi per realizzarle,
la Chiesa avrebbe dovuto prendere posizione; e qui avrebbe affrontato
battaglie, forse toccato dure sconfitti.
L’Ottocento appariva ormai come il
secolo contraddistinto dal contrasto
delle ideologie politiche. Due fondamentali di fronte. Quella che era ancora la
prosecuzione dell’enciclopedismo e
dell’illuminismo, realizzatisi in struttura politica nella Rivoluzione
francese, e che, a ragione o a torto, […] si considerava avesse avuto ad erede l’impero napoleonico e,
dopo la sua caduta, quanto ne serbavano rimpianto. E l’ideologia che affermava
i valori del cattolicesimo, quelli della tradizione, anzitutto della tradizione
monarchica; che nel re legittimo, alleato con la Chiesa, scorgeva il caposaldo per l’opera di ricostruzione, di cui appariva
urgente il bisogno ai suoi fautori; ricostruzione degl’istituti, delle leggi,
delle grandi linee della struttura politica, del sistema dei rapporti tra
popoli, e soprattutto dell’uomo interiore e di ciò che lo forma: scuola, metodi
di educazione, stessa disciplina familiare, ambiti tutti in cui occorreva
rimediare all’opera deleteria svoltasi a partire dal Settecento.”
Con la fine del suo regno
nell’Italia centrale il Papato si vide minacciato nella sua missione religiosa,
in Italia e nel mondo, e vide minacciata la stessa civiltà degli italiani.
Bisogna infatti ricordare che il
nazionalismo italiano, di impostazione fondamentalmente liberale, era
divenuto piuttosto anticlericale nel contrapporsi alle pretese politiche del
Papato di mantenere quel regno. Quindi vennero incoraggiate quelle aggregazioni
laicali confluite nell’Opera dei Congressi, che presto divennero l’equivalente
di un potente partito politico, di impostazione politica intransigente verso le nuove istituzioni
unitarie e verso la politica nazionale che le sosteneva. Ad esse il Papato
diede uno straordinario manifesto ideologico, un documento di natura
programmatica che disegnava un progetto di riforma dell’intera società, avendo
di vista in particolare la situazione italiana: l’enciclica Rerum
Novarum - Le Novità diffusa nel 1891
dal papa Vicenzo Gioacchino Pecci, regnante ormai solo in religione con il nome
di Leone XIII (fino al papa Francesco, i papi continuarono l’uso di attribuirsi
un nome da monarchi capi di stato, con il numero ordinale a fianco: primo, secondo…). A questo punto i
cattolici italiani divennero una forza politica molto agguerrita, con una
struttura capillare sul territorio e una forte ideologia, divenuta obbligatoria, parte della dottrina, appunto una dottrina
sociale, un vasto programma di riforma sociale a cui diedero il loro
contributo, per svilupparlo, ingegni di grande rilievo, come l’economista e
sociologo beato Giuseppe Toniolo (1845-1918). Ma, passando gli
anni dalla conquista dello Stato pontificio, ci si rese conto che
l’atteggiamento intransigente, che comportava il divieto di partecipare alla
politica nazionale eleggendo e presentandosi come candidati, non consentiva di
cogliere le opportunità offerte dall’ordinamento democratico del Regno
d’Italia, un regno costituzionale, in cui l’indirizzo
politico dello stato era determinato anche da una camera elettiva, la Camera dei deputati, oltre che da un Senato integralmente di nomina regia e a vita. I
giovani soprattutto proposero di organizzare una partecipazione democratica alla vita politica nazionale, secondo principi
sociali orientati dalla fede,
in linea con la dottrina sociale. Ciò avrebbe richiesto maggiori spazi di
autonomia dei laici nelle cose della società. Quest’idea, della possibilità di
una democrazia cristiana, fu duramente
respinta dal Papato, con un’enciclica diffusa nel 1901 dallo stesso Papa della Rerum Novarum, il Pecci - Leone 13°, la Graves
de communi re - Le serie divergenze [sulle questioni sociali] [su
<vatican.va> solo nel testo inglese - traduzione italiana in
<http://www.totustuustools.net/magistero/l13grave.htm>]. Alle correnti democratiche cristiane si opposero duramente, nell’Opera dei
Congressi, quelle intransigenti. L’ideologia democratico
cristiana fu presto confusa e assimilata con il modernismo, il movimento essenzialmente culturale per un
rinnovamento della cultura religiosa nel cattolicesimo, in particolare
nell’interpretazione dei testi sacri, colpito radicalmente e senza tregua in
quella che fu l’ultima persecuzione religiosa attuata storicamente dal
Papato. Non ottenendosi una tacitazione
delle correnti democratiche cristiane, il Papato assunse l’iniziativa di
organizzare, in sostituzione dell’Opera dei Congressi che fu sciolta d’autorità
nel 1904, una nuova organizzazione, che comprese anche una sezione propriamente
politica, denominata Unione elettorale. L’iniziativa prese inizio con l’enciclica Fermo proposito, diffusa nel 1905 dal papa Giuseppe Sarto,
regnante in religione come Pio 10°, che potete leggere in
http://w2.vatican.va/content/pius-x/it/encyclicals/documents/hf_p-x_enc_11061905_il-fermo-proposito.html
nella quale è scritto:
«Importa inoltre ben definire le opere intorno alle quali si devono spendere
con ogni energia e costanza le forze cattoliche. Quelle opere devono essere di
così evidente importanza, così rispondenti ai bisogni della società odierna,
così acconce agli interessi morali e materiali, soprattutto del popolo e delle
classi diseredate, che mentre infondono ogni migliore alacrità dei promotori
dell’azione cattolica pel grande e sicuro frutto che da sé medesime promettono,
siano insieme da tutti e facilmente comprese ed accolte volonterosamente.
Appunto perché i gravi problemi della vita odierna sociale esigono una soluzione
pronta e sicura, si desta in tutti il più vivo interesse di sapere e conoscere
i vari modi onde quelle soluzioni si propongono in pratica. Le discussioni in
un senso o nell’altro si moltiplicano ogni dì più e si propagano facilmente per
mezzo della stampa. È quindi supremamente necessario che l’azione cattolica
colga il momento opportuno, si faccia innanzi coraggiosa e proponga anch’essa
la soluzione sua e la faccia valere con propaganda ferma, attiva, intelligente,
disciplinata, tale che direttamente si opponga alla propaganda avversaria. La
bontà e giustizia dei principi cristiani, la retta morale che professano i
cattolici, il pieno disinteresse delle cose proprie non altro apertamente e
sinceramente bramando che il vero, il solo, il supremo bene altrui, infine
l’evidente loro capacità di promuovere meglio degli altri anche i veri
interessi economici del popolo, è impossibile non facciano breccia sulla mente
e sul cuore di quanti ascoltano e non ne aumentino le file, fino a renderli un
corpo forte e compatto, capace di resistere gagliardamente alla contraria
corrente e di tenere in rispetto gli avversari.
Tale supremo bisogno avvertì pienamente il
Nostro Antecessore di beata memoria Leone XIII, additando soprattutto nella
memoranda Enciclica Rerum Novarum" ed in altri documenti posteriori,
l’oggetto intorno al quale precipuamente doveva svolgersi l’azione cattolica,
cioè "la pratica soluzione a seconda dei principi cristiani della
questione sociale". Noi pure, seguendo così sapienti norme, col Nostro
Motu proprio del 18 Dicembre 1903 abbiamo dato all’azione popolare cristiana,
che in sé comprende tutto il movimento cattolico sociale, un ordinamento
fondamentale che fosse quasi la regola pratica del lavoro comune ed il vincolo
della concordia e della carità. Qui dunque ed a questo scopo santissimo e
necessarissimo devono anzitutto aggrupparsi e solidarsi le opere cattoliche,
varie e molteplici nella forma, ma tutte egualmente intese a promuovere con
efficacia il medesimo bene sociale.
[…]
l’odierno ordinamento degli Stati offre
indistintamente a tutti la facoltà di influire sulla pubblica cosa, ed i
cattolici, salvo gli obblighi imposti dalla legge di Dio e dalle prescrizioni
della Chiesa, possono con sicura coscienza giovarsene, per mostrarsi idonei al
pari, anzi meglio degli altri, di cooperare al benessere materiale civile del
popolo ed acquistarsi così quell’autorità e quel rispetto che rendano loro
possibile eziandio di difendere e promuovere i beni più alti, che sono quelli
dell’anima.
Quei diritti civili sono parecchi e di
vario genere, fino a quello di partecipare direttamente alla vita politica del
paese rappresentando il popolo nelle aule legislative. Ragioni gravissime Ci dissuadono, Venerabili Fratelli, dallo scostarsi
da quella norma già decretata dal Nostro Antecessore di s. m. Pio IX e seguita
poi dall’altro Nostro Antecessore di s. m.Leone
XIII durante il diuturno suo Pontificato, secondo la quale
rimane in genere vietata in Italia la partecipazione dei cattolici al potere
legislativo. Sennonché altre ragioni parimenti gravissime, tratte dal supremo
bene della società, che ad ogni costo deve salvarsi, possono richiedere che nei
casi particolari si dispensi dalla legge, specialmente quando voi, Venerabili
Fratelli, ne riconosciate la stretta necessità pel bene delle anime e dei
supremi interessi delle vostre Chiese e ne facciate dimanda.
Ora la possibilità di questa benigna concessione Nostra induce il dovere
nei cattolici tutti di prepararsi prudentemente e seriamente alla vita
politica, quando vi fossero chiamati. Onde importa assai, che quella stessa attività, già lodevolmente
spiegata dai cattolici per prepararsi con una buona organizzazione elettorale
alla vita amministrativa dei Comuni e dei Consigli provinciali, si estenda
altresì a prepararsi convenientemente e ad organizzarsi per la vita politica,
come fu opportunamente raccomandato con la circolare del 3 dicembre 1904 alla
Presidenza generale delle Opere economiche in Italia. Nello stesso tempo
dovranno inculcarsi e seguirsi in pratica gli altri principi che regolano la
coscienza di ogni vero cattolico. Deve egli ricordarsi sopra ogni cosa di
essere in ogni circostanza e di apparire veramente cattolico, accedendo agli
offici pubblici ed esercitandoli col fermo e costante proposito di promuovere a
tutto potere il bene sociale ed economico della Patria e particolarmente del
popolo, secondo le massime della civiltà spiccatamente cristiana e di difendere
insieme gli interessi della Chiesa, che sono quelli della Religione e della
giustizia.
[…]
Ci resta a toccare, Venerabili Fratelli, di un altro punto di somma
importanza, ed è la relazione che tutte le opere dell’azione cattolica devono
avere rispetto all’Autorità ecclesiastica. Se bene si considerano le dottrine
che siamo andati svolgendo nella prima parte di queste Nostre Lettere, si
conchiuderà di leggieri, che tutte
quelle opere che direttamente vengono in sussidio del ministero spirituale
pastorale della Chiesa e che si propongono un fine religioso in bene diretto
delle anime, devono in ogni menoma cosa essere subordinate all’autorità dei
Vescovi, posti dallo Spirito Santo a reggere la Chiesa di Dio nelle diocesi
loro assegnate. Ma anche le altre opere, che, come abbiamo detto, sono precipuamente
istituite a ristorare e promuovere in Cristo la vera civiltà cristiana e che
costituiscono nel senso spiegato l’azione cattolica, non si possono per niun
modo concepire indipendenti dal consiglio e dall’alta direzione dell’Autorità
ecclesiastica, specialmente poi in quanto devono tutte informarsi ai
principi della dottrina e della morale cristiana; molto meno è possibile
concepirle in opposizione più o meno aperta con la medesima Autorità. Certo è che tali opere, posta la natura
loro, si debbono muovere con la conveniente ragionevole libertà, ricadendo
sopra di loro la responsabilità dell’azione, soprattutto poi negli affari
temporali ed economici ed in quelli della vita pubblica amministrativa o
politica, alieni dal ministero puramente spirituale. Ma poiché i cattolici
alzano sempre la bandiera di Cristo, per ciò stesso alzano la bandiera della
Chiesa, ed è quindi conveniente che la ricevano dalle mani della Chiesa, che la
Chiesa ne vigili l’onore immacolato e che a questa materna vigilanza i cattolici
si sottomettano, docili ed amorevoli figliuoli.»
Ho
trascritto questa lunga citazione dell’enciclica, mettendo a dura prova la
pazienza dei miei lettori, perché i
principi contenuti nei brani citati sono
state le norme che hanno regolato l’azione civile e politica dei
cattolici italiani fino al Concilio Vaticano 2° (1962-1965). E’
sostanzialmente lo statuto di una potente organizzazione politica popolare che
non poteva dirsi propriamente partito politico solo perché mancava di vera autonomia laicale
ed è interamente soggetta alla supremazia di Papa e vescovi. Anticipo che la
situazione è molto cambiata, nel senso del realizzarsi di quella autonomia, con
il nuovo statuto dell’Azione Cattolica approvato nel 1969, per renderlo
conforme ai principi di azione sociale stabiliti nel Concilio Vaticano 2°. Ma anche ora
l’Azione Cattolica non è un
partito politico, perché non è
strumento di alcuna politica, non è partito del papa né partito dei cattolici, non sacralizza
alcun orientamento politico, ma è agente di formazione politica per
preparare le persone di fede a coniugare, in autonomia e libertà, sapienza e
dottrina, dialogando i società, nella pluralità delle opzioni possibili, azione
sociale e politica e carità in senso religioso, quindi per capire come riempire
politica e azione sociale dei valori di fede. Questo il senso della scelta religiosa fatta dall’associazione, con il consenso dei
vescovi italiani, con l’approvazione del nuovo statuto del 1969, sotto la
presidenza di Vittorio Bachelet (1926-1890).
Nel 1906, l’anno seguente
l’enciclica Fermo proposito, furono
approvati i nuovi statuti dell’Azione
Cattolica, costituita da quattro organizzazioni: l’Unione popolare, l’Unione
economico sociale, l’Unione
elettorale e la Società
della gioventù cattolica. Il disegno
si completò nel 1908 con l’Unione donne
cattoliche italiane, che ebbe un
grandioso sviluppo dopo la Prima Guerra mondiale (1914-1918). E’ a questa epoca
che risale la nostra Azione Cattolica. Uno dei principali
architetti di questo disegno organizzativo fu il beato Giuseppe Toniolo. Questo
potente movimento sociale venne indirizzato alla riforma sociale secondo
principi di fede e organizzò una grandioso e capillare lavoro di formazione
politica popolare, di massa, che coinvolse anche le donne, in epoca in cui esse
non potevano ancora votare (in Italia poterono farlo per la prima volta solo
nel 1946). Sempre più passò in secondo piano la questione romana, le pretese
politiche del Papato ad un proprio regno in Italia
vennero infine risolte, in maniera ritenuta disonorevole da diverse grandi anime del cattolicesimo italiano, ma comunque
risolte, nel 1929, con i Patti lateranensi, accordi con il Regno d’Italia che
in quell’occasione fu rappresentato dal capo del governo di allora, Benito
Mussolini, fondatore del regime fascista storico, con la creazione di un
simulacro di stato in Vaticano, denominato Città
del Vaticano, dove tutt’oggi è arroccata la corte pontificia. In nessun
modo esso è il successore dello Stato pontificio. Dovrebbe servire solo a
rendere indipendente il Papato dalle pretesi degli stati del mondo. Ma il
Papato partecipa nella comunità internazionale, ad esempio mandando propri
ambasciatori (detti Nunzi) e
ricevendo quelli degli stati, non come sovrano della Città del Vaticano, ma
proprio in quanto Papato, e ciò per millenaria tradizione storica.
Nell’Azione cattolica italiana
maturò la lenta assimilazione culturale della politica democratica da parte dei
cattolici italiani.
Una prima tappa fu l’organizzazione,
nel 1919, di un vero e proprio partito
politico, distinto dall’Azione cattolica e dalla Chiesa cattolica, con
responsabilità propria dei propri aderenti, per un disegno di riforma sociale
nel senso indicato dalla dottrina sociale, il Partito popolare, sciolto d’autorità, con altri partiti
democratici, nel 1926 dal regime fascista.
Dal 1930, con l’enciclica Quadragesimo anno - Il quarantennale, diffusa nel 1931 dal papa Achille Ratti,
regnante come Pio 11°, documento che contiene anche la formulazione
dell’importantissimo principio di sussidiarietà, sul quale, con la
collaborazione determinante di politici cattolici, fu fondata la nostra nuova
Europa, il Papato accreditò il regime fascista, al quale i cattolici italiani
furono spinti a collaborare. Il tirocinio democratico rimase proprio, in Azione
Cattolica, quasi solo di alcune organizzazioni ristrette, come la FUCI - gli
universitari cattolici - e i Laureati cattolici, in particolare sotto la cura
religiosa di Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo 6°. Questo
orientamento mutò radicalmente di fronte alle catastrofi sociali provocate
dalla Seconda Guerra Mondiale.
Dagli anni ’30 le organizzazioni intellettuali dell’azione Cattolica, costituite nella storia
dell’associazione, progettarono il superamento del regime fascista, e, in
particolare una nuova costituzione e nuovi indirizzi politici. Cattolici
provenienti dall’Azione Cattolica furono protagonisti nella guerra civile
combattuta contro le ultime manifestazioni del regime fascista, dal 1945 al
1945 e della creazione della Repubblica democratica. Essi crearono il partito
politico, denominato Democrazia Cristiana, che, dal 1946 al 1994, resse le coalizioni di
governo, prima di orientamento centrista e poi di centrosinistra,
con la partecipazione di partiti
socialisti, attuando parte delle riforme sociali disegnate nella nuova
Costituzione repubblicana, scritta e approvata, con il contributo determinante
di cattolici provenienti dall’Azione Cattolica, negli anni 1946 e 1947 ed entrata
in vigore il 1 gennaio 1948. Il successo
di tale partito fu determinato dall’appoggio del Papato, che, con una serie di
radiomessaggi natalizi tra il 1941 e il 1944 del papa Eugenio Pacelli - Pio 12°
(tutti pubblicati sul sito <vatican.va>), in piena Seconda guerra
mondiale, defascistizzò l’orientamento
politico dei cattolici italiani, spingendoli a partecipare a una riforma
costituzionale e sociale democratica, realizzata con la nostra Costituzione
repubblicana, piena di principi desunti dalla dottrina sociale.
La svolta democratica dell’Azione
Cattolica fu consolidata nel 1969 con il nuovo statuto, nel quale
l’associazione è definita palestra di democrazia.
3. Mi sono
dilungato su riferimenti storici per far capire che l’Azione Cattolica italiana è
cosa molto diversa da come spesso la si pensa superficialmente, assimilandola
ad altre associazioni e movimenti a sfondo religioso.
Nella nostra parrocchia quest’anno
partirà l’Azione Cattolica Ragazzi - ACR. Ci
saranno altri ragazzi, poco più anziani di quelli dell’ACR, che faranno da
educatori. Si faranno delle domande sull’Azione Cattolica. I ragazzi dell’ACR
cresceranno presto e anche loro si faranno domande analoghe. Ecco, ho cercato di
spiegare che cos’è l’Azione Cattolica. Ma anche di
rendere un’idea del lavoro che c’è da fare in società. Perché a quello ci
chiamano, con particolare intensità oggi, il Papa e i vescovi.
La
società vive tempi impegnativi: così ho iniziato. Ci sono problemi sociali
che creano dolore e difficoltà nelle vite delle persone. Per pensare e realizzare soluzioni serve
gente preparata ed eticamente ben indirizzata. Quindi gente competente e buona,
capace di collaborare con l’altra gente competente
e buona che c’è, per cambiare sapientemente ciò che
non va, dialogando con gli altri, persuadendoli a seguire le vie buone e
coinvolgendoli in questo lavoro che è, ancora, riforma sociale. Formarla fin dai giovanissimi, educarla,
completarne la preparazione anche da adulta, cercando di suscitare e
diffondere, in un lavoro collettivo che è anche e principalmente di
auto-formazione, visioni realistiche, affidabili, di ciò che accade e progetti
di soluzione, è parte del lavoro di Azione Cattolica. In una prospettiva che,
ormai, non riguarda più solo l’Italia, o l’Europa, ma addirittura il mondo
interno, secondo le indicazioni che troviamo nell’enciclica Laudato si’, diffusa nel 2015 dal papa
Francesco.
Ho cercato anch’io di fare la mia
parte, negli anni passati.
Nei tre post che precedono, pubblico, raccolte in un unico
documento, mie riflessioni, svolte sul blog <acvivearomavalli.blospot.it>
dal settembre 2012 all’agosto 2016, che possono essere utili a quel lavoro da fare in
Azione Cattolica, in particolare in un gruppo locale di impegno collettivo che voglia avere una certa
consapevolezza storica.
Ne autorizzo il libero utilizzo in
qualunque forma, senza onere di indicarne l’autore. Come ho scritto presentando
un mio precedente lavoro, restituisco ciò che ho ricevuto in un lungo periodo
di formazione prima nella nostra parrocchia, poi tra gli scout cattolici, in
FUCI e infine del Movimento Ecclesiale di impegno Culturale, l’attuale
denominazione degli antichi Laureati cattolici.
Consiglio a tutti di avere sotto
mano il libro di storia dell’ultimo anno delle scuole medie frequentata, inferiori
o superiori. A quelli che non l’hanno più in casa, consiglio di procurarsi
l’ultima edizione del volume 3 del testo Nuovi
Profili Storici - Con percorsi di documenti e di critica storica di Andrea Giardina, Giovanni Sabbatucci e
Vittorio Vidotto, Editori Laterza, €40,50, un testo per i licei.
Per aggiornarsi rapidamente si
possono utilizzare:
http://www.treccani.it/enciclopedia/
e
http://www.treccani.it/biografico/index.html