Buon Samaritano e agàpe: come farsi vicini a Dio e alle altre persone
ὁ δὲ ἀποκριθεὶς εἶπεν· Ἀγαπήσεις κύριον τὸν θεόν σου ἐξ ὅλης ⸀τῆς καρδίας σου καὶ ⸂ἐν ὅλῃ τῇ ψυχῇ⸃ σου καὶ ⸂ἐν ὅλῃ τῇ ἰσχύϊ⸃ σου καὶ ⸂ἐν ὅλῃ τῇ διανοίᾳ⸃ σου, καὶ τὸν πλησίον σου ὡς σεαυτόν
o [egli] de apocrithèis [risposto] èipen [disse] [: agapèseis [farai
agàpe con il] kùrion [Signore] ton theòn [il Dio] su ex òles [tutto] tes
kardìas [cuore] sou [tua] kài [e] òle
ten psuchè [soffio di vita] sou kài en ole tè ischùi [forza] sou kài en òle te
dianòia [mente] sou, kài ton plesìon [colui che è vicino] sou òs seautòn [te stesso]
Egli per rispondere disse: “Farai
agàpe con il Signore il Dio
con tutto il tuo cuore, con tutta il tuo soffio vitale, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e colui che ti è vicino come te stesso".
Nella messa di oggi, domenica 13
luglio 2025 si è proclamato questo brano evangelico, tratto dal Vangelo secondo
Luca, capitolo 10, versetti da 25 a 37 – Lc 10, 25-37, che qui sotto trascrivo
nella versione in italiano secondo Cei 2008
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò
per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per
ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge?
Come leggi?». [27] Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il
tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua
mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene;
fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a
Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a
Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo
percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un
sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre.
Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un
Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe
compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino;
poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di
lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore,
dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio
ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto
nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui».
Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
All’inizio ho trascritto il testo nel greco
evangelico del versetto 27, la pronuncia in italiano e una mia traduzione
testuale. Vorrei richiamare la vostra attenzione sul verbo Ἀγαπήσεις - agapèseis. E’ la seconda persona singolare
dell’indicativo futuro del verbo ἀγαπάω
– agapào - faccio agàpe. E’ l’esortazione
a fare agàpe con Dio: Ἀγαπήσεις κύριον τὸν θεόν σου - agapèseis [amerai]
kùrion [Signore] ton theòn [il Dio].
Il brano evangelico prosegue con
la parabola del Samaritano compassionevole.
Ma, e questo è sorprendente, dobbiamo fare
agàpe anche con Dio: Ἀγαπήσεις κύριον τὸν θεόν σου - agapèseis [farai
agàpe con il] kùrion [Signore] ton theòn [il Dio], in definitiva facendoci
vicini a lui. Nel brano evangelico, importantissimo per la vita di fede [Papa
Francesco nel 2020 ci ha costruito sopra l’enciclica Fratelli tutti] c’è
un parallelismo tra il fare agàpe con Dio e con le altre persone intorno a noi, facendoci
vicini in modo sollecito e compassionevole.
La parabola scombina il discorso
delle priorità nelle cerchie
dell’agàpe, prima la famiglia, poi la comunità di prossimità, la nazione e più
in là, il mondo, secondo la predicazione di qualche tempo fa del vicepresidente
degli Stati Uniti d’America James David
Vance. Il Samaritano si fa vicino agàpico di uno sconosciuto incontrato ferito per la
via di Gerico, uno non solo non della sua cerchia di immediata prossimità ma
probabilmente addirittura un nemico, come Samaritani e Giudei di quel tempo si
consideravano reciprocamente, e questo farsi
vicini universale è la legge
dell’agàpe cristiana.
Vance ha fatto un azzardato riferimento
all’ordo amoris menzionato da Agostino d’Ippona nell’opera Della
Città di Dio – De Civitate Dei, libro 15°, in cui si legge, al paragrafo
22: «Ordo est amoris, ut diligantur
homines: alii plus, alii minus; sed omnes diligendi», che viene tradotto con «Vi è un ordine
nell'amore: gli uomini devono essere amati, alcuni più, altri meno, ma tutti
devono essere amati». Nel latino di Agostino, l’agàpe diventa amore e prediligere. Si perde molto, perché amore
e prediligere evocano un sentimento, come anche nell’italiano.
Non è questo il senso dell’agàpe evangelica. Certo che il sentimento personale
è più forte in famiglia che verso gente di altre nazioni, ma anche di altre
parti della stessa città in cui viviamo. Ma la legge evangelica è farsi
vicini agapici con tutte le persone
che di questo hanno bisogno.
Il detto riportato
nel versetto 27 fu tratto dalle Scritture sacre dell’antico giudaismo. Rispetto
ad esso la predicazione evangelica basata sulla parabola del Samaritano
compassionevole inserisce un apporto notevole.
Nel film Crimini
e Misfatti, del regista Woody Allen,
del 1989, in cui, nonostante il tono da
commedia scherzosa si fa riferimento a temi spirituali della letteratura del grande
scrittore russo Dostoevskij, il protagonista è Cliff Stern, un regista che
sta realizzando un documentario su un
filosofo esistenzialista immaginario, il professor Louis Levy. In una sequenza,
Stern presenta a una produttrice di un altro
documentario che sta girando alcune riprese in cui Levy parla dell’amore di Dio.
Ecco le battute di
Levy:
La cosa
straordinaria che accadde agli antichi israeliti fu che concepirono un Dio
sollecito. Lo è, però nel medesimo tempo egli pretende che ti comporti
moralmente. Ma qui viene il paradosso. Qual è la prima cosa che quel Dio
chiede? Dio chiede ad Abramo di sacrificare il suo unico figlio, il suo figlio
diletto, a lui. In altre parole, a dispetto dei millenni di sforzi, noi non
siamo riusciti a creare l’immagine di un Dio che fosse veramente mite ed
amoroso. Questo ha trasceso la nostra capacità di immaginazione.
Ebbene nell’agàpe
evangelica si coglie qualcosa di nuovo su questo tema.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma,
Monte Sacro, Valli