INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

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mercoledì 6 novembre 2024

La nuova sinodalità – 5.1 §§§§§§§§§§ Sintesi della Parte I – Il cuore della sinodalità – del Documento finale deliberato il 26-10-24 dalla 16° Assemblea generale del Sinodo dei vescovi 2021-2024 sulla sinodalità - A

 

La nuova sinodalità – 5.1

 

§§§§§§§§§§

 

Sintesi della Parte I – Il cuore della sinodalità – del Documento finale deliberato il 26-10-24  dalla 16° Assemblea generale del Sinodo dei vescovi 2021-2024 sulla sinodalità

[Nota: il testo sintetizzato è quello del documento originario, tranne le parti tra parentesi quadre che sono mie aggiunte redazionali]

A

(paragrafi 13 – 27)

[La Parte 1° del Documento finale ha contenuto teologico, dietro il quale però ve ne è uno di politica ecclesiale, come accade sempre  nella teologia, che si è storicamente sviluppata fin dalle origini proprio a quel fine. La politica ecclesiale è l’ambito proprio della sinodalità ecclesiale, che significa compartecipazione alle decisioni ecclesiali.

  Il testo della Parte 1° si divide in 6   sezioni intitolate

La Chiesa Popolo di Dio, sacramento di unità 

Le radici sacramentali del Popolo di Dio 

Significato e dimensioni della sinodalità 

L’unità come armonia

La spiritualità sinodale

Sinodalità come profezia sociale 

e si articola nei paragrafi dai paragrafi 13  a 47  e da pagina 7 a pagina 16.

 Di seguito cercherò di mettere in risalto le linee guida in materia di politica ecclesiale, estraendole dal rivestimento teologico.

  Il testo è introdotto da una citazione biblica dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 20, versetti da 19 a 20  - Gv 20, 19 – 20:

Venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

estratto dal capitolo 20, versetto da 1 a 20 – Gv 20, 1-20 -  del Vangelo di Giovanni – traduzione in italiano CEI 2008:

 Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!". Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa.

  Maria invece stava all'esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: "Donna, perché piangi?". Rispose loro: "Hanno portato via il mio Signore e non so dove l'hanno posto". Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: "Donna, perché piangi? Chi cerchi?". Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: "Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove l'hai posto e io andrò a prenderlo". Gesù le disse: "Maria!". Ella si voltò e gli disse in ebraico: "Rabbunì!" - che significa: "Maestro!". Gesù le disse: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: "Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro". Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: "Ho visto il Signore!" e ciò che le aveva detto.

  La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 

 

dal commento al brano biblico della Parte 1°:]

Ognuno ha il proprio ruolo.  Il Discepolo Amato sa cedere il passo a chi, più anziano, ha ricevuto il compito di guida  [:] Pietro.  Maria [di Màgdala]  riconosce il Signore che la invia ad annunciare la Sua resurrezione alla comunità dei discepoli. La loro dipendenza reciproca incarna il cuore della sinodalità.

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[Segue il resto del testo della Parte 1°]

Il processo sinodale ci ha fatto [sentire] di essere Popolo di Dio [: e]sso non è mai la semplice somma dei Battezzati, ma il soggetto comunitario e storico della sinodalità.

  Nel Popolo santo di Dio, che è la Chiesa, la comunione dei Fedeli (communio Fidelium) è al tempo stesso la comunione delle Chiese (communio Ecclesiarum), che si manifesta nella comunione dei Vescovi (communio Episcoporum), in ragione del principio antichissimo  [- 3° Secolo -]  che «la Chiesa è nel Vescovo e il Vescovo è nella Chiesa» (S. Cipriano [ - Cipriano vescovo di Cartagine, nella provincia romana di Africa e nell’attuale Tunisia,  vissuto nel 3° secolo  -], Epistola 66, 8). Al servizio di questa multiforme comunione il Signore ha posto l’apostolo Pietro (cfr. Mt 16,18) e i suoi successori. In forza del ministero petrino, il Vescovo di Roma è «il perpetuo e visibile principio e il fondamento» (LG 23  [– Costituzione dogmatica sulla Chiesa Luce per le genti – Lumen Gentium del Concilio Vaticano 2° - 1962\1965]) dell’unità della Chiesa.

 L’opzione preferenziale per i poveri  [v. nota 1]è implicita nella fede cristologica. La Chiesa è chiamata a essere povera con i poveri, che sono spesso la maggioranza dei Fedeli,  ad ascoltarli a considerarli soggetti dell’evangelizzazione.

 [La] Chiesa [assume] la responsabilità di essere il lievito efficace dei legami, delle relazioni e della fraternità della famiglia umana in un tempo dominato dalla crisi della partecipazione – cioè del sentirsi parte e attori di un destino comune – e da una concezione individualista della felicità e della salvezza.

 Tutti i credenti possiedono un istinto per la verità del Vangelo, chiamato sensus fidei[:] l’attitudine a cogliere intuitivamente ciò che è conforme alla verità della Rivelazione nella comunione della Chiesa. Attraverso il Battesimo tutti i Cristiani partecipano al sensus fidei. Perciò esso, oltre che principio della sinodalità, costituisce anche il fondamento dell’ecumenismo [v. nota 2]. «Il cammino della sinodalità, che la Chiesa Cattolica sta percorrendo, è e deve essere ecumenico, così come il cammino ecumenico è sinodale» (Papa Francesco, Discorso a Sua Santità Mar Awa III, 19 novembre 2022).

L’ecumenismo è anzitutto una questione di rinnovamento spirituale. Esige processi di pentimento e di guarigione della memoria delle ferite passate, fino al coraggio della correzione fraterna in spirito di carità evangelica.

La liturgia è un ascolto della Parola di Dio e una risposta alla sua iniziativa di alleanza. Anche l’assemblea sinodale è un ascolto della medesima Parola, che risuona tanto nei segni dei tempi quanto nel cuore dei Fedeli, e una risposta dell’assemblea che discerne [=decide qual è nel caso concreto e tra più opzioni possibili] la volontà di Dio per metterla in pratica. L’approfondimento del legame tra liturgia e sinodalità aiuterà tutte le comunità cristiane, nella pluriformità  [= diverse forme, pluralismo] delle loro culture e tradizioni, ad assumere stili celebrativi che manifestino il volto di una Chiesa sinodale.


Note:

[ricerca mediante ChatGPT di OpenAI del 6-11-24]

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Nota sull’AI utilizzata: utilizzo il servizio di AI [artificial intelligence intelligenza artificiale]  di OpenAI, al quale sono abbonato, per rendere più veloce l’elaborazione di contenuti. Come avverte il gestore del servizio, l’AI di ChatGPT di OpenAI, che è un sistema di ricerca, elaborazione e generazione  di testi molto evoluto in grado di colloquiare con l’utente, può talvolta generare risposte non corrette. Sono ciò che gli specialisti definiscono “allucinazioni” del sistema, analoghe a quelle vissute anche dalle menti umane. Gli utenti sono quindi invitati a verificare la correttezza delle risposte. In genere interrogo l’AI in materie in cui ho almeno un’informazione di base. Dove le risposte prodotte presentano evidenti incongruenze, ne verifico la correttezza, innanzi tutto utilizzando la stessa AI che è in grado di svolgere bene questo controllo, e poi servendomi di altre fonti, principalmente l’enciclopedia Treccani on line. Personalmente ho studiato e pratico il diritto italiano, complesso di materie in cui ho un’informazione più completa per ragioni professionali. Invito tuttavia i lettori a svolgere un lavoro analogo, approfondendo, sia quanto alle risposte generate dall’AI che trascrivo sia in genere quanto a tutto ciò che scrivo, perché, come ho osservato, anche la mente umana incontra gli stessi problemi di quella non umana, la cui architettura funzionale è modellata sulla prima. Il testo tra parentesi quadre che inserisco nella trascrizione della risposta generata dall’AI contiene mie correzioni basate su altre fonti. Le correzioni generate dalla stessa AI a seguito di mie richieste di verifica sono invece inserite nel testo senza evidenziazione.

  OpenAI ha avvertito gli abbonati al servizio che l’interazione tra loro e l’AI contribuisce ad addestrarla. Ho potuto constatare un rapido e continuo miglioramento di prestazioni dell’algoritmo da quando ho iniziato servirmene.

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1. Opzione preferenziale per i poveri

 L’“Opzione preferenziale per i poveri” è un orientamento teologico ed etico [che dagli anni Sessanta si è] profondamente radicato nella dottrina sociale della Chiesa cattolica. Questo principio afferma che la Chiesa, in continuità con l’insegnamento di Cristo, deve prestare una speciale attenzione e un impegno prioritario nei confronti dei poveri e degli emarginati. Tale preferenza non è esclusiva, ma enfatizza l’importanza di costruire una società giusta e solidale.

Fonti letterarie e sviluppo storico

  Le radici bibliche di questa opzione si trovano nell'Antico Testamento, dove l'attenzione verso i poveri e gli oppressi è evidente in testi come il Deuteronomio (“Apri generosamente la tua mano al tuo fratello povero e bisognoso nel tuo paese”, Dt 15,11) e i Profeti, specialmente Isaia, Amos e Geremia, che denunciano le ingiustizie sociali. Nel Nuovo Testamento, Gesù stesso incarna questa preferenza, come emerge chiaramente nei Vangeli (“Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio”, Lc 6,20) e nel suo ministero tra gli emarginati e i diseredati.

  In epoca contemporanea, l'opzione preferenziale per i poveri si è sviluppata come risposta teologica alle profonde ingiustizie sociali e politiche, specialmente in America Latina. Qui, negli anni '60 e '70, si sviluppò la Teologia della Liberazione, di cui Gustavo Gutiérrez è uno dei principali esponenti. Nel suo libro “Teologia della liberazione” (1971), Gutiérrez definì la povertà come una realtà da affrontare non solo con la carità, ma attraverso un cambiamento strutturale della società. Altri teologi importanti in questo ambito includono Leonardo Boff e Jon Sobrino.

Esponenti principali e documenti del magistero

 Uno dei momenti chiave dell’esplicitazione dell'opzione preferenziale per i poveri a livello ufficiale avvenne durante la Conferenza Episcopale di Medellín (1968) e successivamente a Puebla (1979), in cui i vescovi latinoamericani misero in risalto l'importanza di questo principio nella missione pastorale della Chiesa.

[I] pontefici che hanno menzionato e approfondito questo orientamento ci sono:

·         Paolo VI: Nell'enciclica Populorum Progressio (1967), Paolo VI sottolinea la necessità di uno sviluppo umano integrale, che implica la giustizia e l’attenzione verso i poveri.

·         Giovanni Paolo II: Durante il suo pontificato, Giovanni Paolo II menzionò spesso l’opzione preferenziale per i poveri, specialmente nell’enciclica Sollicitudo Rei Socialis (1987), in cui afferma che “la Chiesa deve manifestare una speciale solidarietà verso i poveri”, e nella Centesimus Annus (1991), dove approfondisce le implicazioni sociali ed economiche di tale principio.

·         Benedetto XVI: Sebbene meno esplicito rispetto ai suoi predecessori, Benedetto XVI affronta il tema nell’enciclica Deus Caritas Est (2005), in cui sottolinea che la carità non è mai separabile dalla giustizia e che l’impegno per i poveri deve essere una componente essenziale della missione ecclesiale.

·         Papa Francesco: Con Francesco, l’opzione preferenziale per i poveri ha trovato una rinnovata centralità. Nel documento Evangelii Gaudium (2013), egli afferma: “Desidero una Chiesa povera per i poveri” (EG 198). Inoltre, in Fratelli Tutti (2020) e nella Laudato Si’ (2015), Papa Francesco connette la giustizia sociale alla tutela dell’ambiente, mostrando come le crisi ecologiche colpiscano soprattutto i più vulnerabili.

Contenuto e implicazioni dell’orientamento

L’opzione preferenziale per i poveri non si limita a un mero assistenzialismo, ma comporta un approccio trasformativo che mira a eliminare le cause strutturali della povertà. Questo implica che la Chiesa, attraverso le sue comunità, deve impegnarsi attivamente per la giustizia sociale, difendere i diritti dei più deboli e promuovere la dignità di ogni persona.

  Il contenuto di questo orientamento è strettamente legato alla comprensione del Regno di Dio come un progetto di amore e giustizia che coinvolge la dimensione personale e sociale dell’essere umano. I fedeli sono chiamati a mettere in pratica l'amore preferenziale per i poveri attraverso iniziative concrete di carità e giustizia, incarnando l'insegnamento evangelico nella realtà contemporanea.

  In conclusione, l’opzione preferenziale per i poveri rappresenta una pietra miliare della missione della Chiesa, che spinge i credenti a una testimonianza attiva della fede in Cristo, attraverso l’impegno per una società più giusta e solidale.

2. Ecumenismo cristiano

 L’“ecumenismo cristiano” è il movimento volto a promuovere l’unità tra le diverse confessioni cristiane, cercando di superare le divisioni storiche e dottrinali per realizzare la volontà di Cristo che i suoi discepoli “siano una cosa sola” (Gv 17,21). Questo sforzo si basa sul riconoscimento dei comuni elementi di fede e sull’impegno a dialogare in modo rispettoso e fruttuoso, senza negare le differenze ma cercando punti di convergenza e collaborazione.

Storia del movimento ecumenico

 Il movimento ecumenico ha radici nel desiderio di superare le divisioni tra le Chiese cristiane, che risalgono al Grande Scisma del 1054 tra la Chiesa d’Oriente e quella d’Occidente, e alla Riforma protestante del XVI secolo, che portò alla frammentazione del cristianesimo occidentale. Tuttavia, l’ecumenismo moderno emerse all’inizio del XX secolo, in risposta a un mondo sempre più globalizzato e segnato da conflitti e crisi che richiedevano una testimonianza cristiana unitaria.

 Il primo impulso organizzato verso l'ecumenismo avvenne con la Conferenza missionaria mondiale di Edimburgo del 1910, in cui i rappresentanti di diverse denominazioni protestanti e anglicane si riunirono per discutere la cooperazione missionaria. Questo evento fu fondamentale per la nascita del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC), fondato ufficialmente nel 1948 ad Amsterdam, che raccoglie oggi molte Chiese ortodosse, protestanti e anglicane.

 L’approccio ecumenico della Chiesa cattolica iniziò a cambiare con il Concilio Vaticano II (1962-1965). Prima di allora, l’ecumenismo non era un tema prioritario per la Chiesa cattolica, che tendeva a considerare le altre confessioni cristiane come separate e non pienamente integrate nella vera Chiesa. Con il Vaticano II, la Chiesa cattolica assunse un atteggiamento più aperto e dialogante verso l'unità cristiana. Il documento conciliare Unitatis Redintegratio (1964) fu un testo chiave, affermando che “il ristabilimento dell’unità fra tutti i cristiani è uno dei principali intenti del sacro Concilio”. Questo documento riconosceva l’importanza della collaborazione tra le Chiese cristiane e l’esistenza di elementi di santificazione e di verità anche al di fuori dei confini visibili della Chiesa cattolica.

Concezione dell'ecumenismo secondo la Chiesa cattolica

  Secondo la Chiesa cattolica, l'ecumenismo non è solo un dialogo diplomatico o un compromesso, ma un processo spirituale basato sulla conversione del cuore, la preghiera comune e l’approfondimento della fede condivisa. La Chiesa riconosce che l’unità è un dono dello Spirito Santo e va perseguita attraverso il rispetto e la valorizzazione delle diverse tradizioni cristiane.

Papa Giovanni XXIII diede un impulso decisivo all’ecumenismo con la convocazione del Concilio Vaticano II e l’avvio di dialoghi ufficiali con altre confessioni cristiane. Successivamente, Paolo VI continuò questo cammino incontrando il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Atenagora I, nel 1964, evento storico che pose fine a secoli di scomuniche reciproche.

 Giovanni Paolo II proseguì con determinazione l’impegno ecumenico, pubblicando l’enciclica Ut Unum Sint (1995), in cui invitava tutte le Chiese cristiane a proseguire il dialogo ecumenico e a cercare strade comuni verso l’unità. Egli sottolineò la necessità di un “ecumenismo della carità”, che metta in pratica la cooperazione concreta e la solidarietà tra i cristiani.

 Papa Benedetto XVI, pur mantenendo un approccio teologico rigoroso, continuò il dialogo ecumenico attraverso incontri e collaborazioni con le Chiese ortodosse e protestanti. Sottolineò l’importanza della verità e della dottrina, ma anche della carità e della collaborazione in ambiti sociali e umanitari.

 Papa Francesco ha portato avanti un ecumenismo dal tono pastorale e pratico, incoraggiando l’incontro fraterno e il dialogo su questioni concrete come la giustizia sociale, la pace e la salvaguardia del creato. Ha sottolineato che l’ecumenismo deve basarsi sull’incontro personale e sull’amicizia, evidenziando che “l’unità si fa camminando insieme”.

 In conclusione, l’ecumenismo cristiano è un cammino di riconciliazione e di unità che richiede apertura, preghiera e dialogo sincero, al fine di testimoniare al mondo un cristianesimo unito nella diversità e nella fede comune.

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Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli