ELEZIONI POLITICHE 2022
-
Appunti per una scelta consapevole
-7-
***********************
Economia. Se l'euro scende sotto la parità con il dollaro: le conseguenze
Avvenire on line - martedì 24 agosto 2022
Mercati azionari senza direzione in attesa del summit della Fed [Federal Reserve, la banca centrale statunitnse – nota mia] di Jackson Hole, dove il presidente della Banca Centrale Usa Jerome Powel dirà la sua in tema di tassi. Lo scenario mondiale al momento non è tranquillizzante, in quanto lo spettro della recessione ha portato l'euro di nuovo in parità con il dollaro, dopo essere sceso sotto nella mattinata con il minimo dal 2002 a 0,9901 dollari. Una lieve ripresa c'è stata dopo le parole del membro del direttivo della Bce Fabio Panetta, che ha invocato "prudenza" in tema di politica monetaria. La moneta unica infatti è leggermente risalita riportandosi sopra al dollaro, per attestarsi poi alla pari con il biglietto verde, segno che l'allarme non è finito.
Perché questo deprezzamento?
È dovuto al rafforzamento del dollaro, sostenuto dalla politica monetaria della banca centrale statunitense, la Federal Reserve [sigla: FED - la banca centrale degli Stati Uniti d’America]. A differenza della Banca centrale europea, la Fed ha mostrato molto prima la sua determinazione a proseguire la politica di inasprimento dei tassi per combattere l'inflazione. Gli alti tassi d'interesse negli Stati Uniti rendono più interessante detenere dollari, il che attira gli investitori e fa apprezzare la valuta. Da parte sua, la Bce ha aumentato i tassi per la prima volta, ma la sua intenzione a lungo termine non è considerata abbastanza chiara dai mercati e sta causando incertezza sull'euro. "La Bce sta camminando su gusci d'uovo. Non può rinunciare completamente ad aumentare i tassi perché teme di provocare una crisi del debito sovrano nei Paesi più indebitati dell'eurozona", spiega Eric Dor, direttore degli studi economici della Ieseg School of Management. La Fed, invece, "non sta affrontando questo problema". Di conseguenza, i differenziali dei tassi d'interesse rimangono "molto favorevoli al dollaro", conclude. Inoltre, la guerra in Ucraina e la dipendenza dell'Europa dagli idrocarburi russi si aggiungono alla "crescente" incertezza dell'eurozona.
[…]
Inflazione e famiglie
Secondo l'ufficio statistico europeo Eurostat, quasi la metà dei prodotti importati nell'Eurozona sono fatturati in dollari, contro meno del 40% in euro. È il caso di molte materie prime, a partire dal petrolio e dal gas, i cui prezzi sono già aumentati negli ultimi mesi a seguito della guerra in Ucraina. Ma con il deprezzamento della moneta europea, sono necessari più euro per acquistare prodotti importati in dollari. Ciò contribuisce ad aumentare l'inflazione. Poiché gli aumenti salariali non vanno di pari passo, il potere d'acquisto delle famiglie è minacciato. In secondo luogo, il deprezzamento dell'euro rispetto al dollaro rallenterà i flussi turistici degli europei, soprattutto negli Stati Uniti. Poiché hanno bisogno di più euro per pagare lo stesso importo in dollari, il costo del loro soggiorno aumenterà negli Stati Uniti e nei Paesi la cui moneta è ancorata al dollaro (Qatar, Giordania, ecc.). Al contrario, i turisti americani traggono vantaggio dal tasso di cambio: durante i loro soggiorni in Europa, possono spendere di più con la stessa quantità di dollari.
***********************
Di solito, quando il Magistero tratta di politica si rivolge ai governanti, intendendo le persone che, in base agli ordinamenti particolari degli stati esercitano funzioni di potere pubblico in senso lato, comprendendo quelle legislative, amministrative, giudiziarie. In questa prospettiva tratta i cittadini come persone semplicemente soggette a quei poteri, vale a dire come sudditi. Fecero eccezione alcune isolate, ma molto importanti pronunce, come lo storico radiomessaggio natalizio diffuso il 24 dicembre del 1944 dalla Radio Vaticana, durante la Seconda guerra mondiale, sotto l’autorità del papa Eugenio Pacelli – Pio 12º, ma scritto verosimilmente da Giovanni Battista Montini, che all’epoca lavorava alla Segreteria di stato della Santa sede. In base ad esso i cattolici democratici europei svolsero un’azione determinante per cooperare a costruire la nostra Repubblica democratica popolare e l’Unione Europea, dalla quale scaturì un lunghissimo periodo di pace continentale, interrotto solo, negli anni ’90, dal processo di dissoluzione violenta della Federazione Jugoslava e, quest’anno, dalla guerra in Europa orientale, che ormai non coinvolge più solo ucraini e russi, ma è una Terza guerra mondiale incipiente.
Il motivo di quel radiomessaggio fu l’esigenza di riportare la pace tra i popoli del mondo che in quel momento erano in guerra. Ragionando sulle cause del conflitto si concluse che la democrazia avrebbe potuto evitarlo:
Inoltre — e questo è forse il punto più importante —, sotto il sinistro bagliore della guerra che li avvolge, nel cocente ardore della fornace in cui sono imprigionati, i popoli si sono come risvegliati da un lungo torpore. Essi hanno preso di fronte allo Stato, di fronte ai governanti, un contegno nuovo, interrogativo, critico, diffidente. Edotti da un'amara esperienza, si oppongono con maggior impeto ai monopoli di un potere dittatoriale, insindacabile e intangibile, e richieggono un sistema di governo, che sia più compatibile con la dignità e la libertà dei cittadini.
Queste moltitudini, irrequiete, travolte dalla guerra fin negli strati più profondi, sono oggi invase dalla persuasione — dapprima, forse, vaga e confusa, ma ormai incoercibile — che, se non fosse mancata la possibilità di sindacare e di correggere l'attività dei poteri pubblici, il mondo non sarebbe stato trascinato nel turbine disastroso della guerra e che affine di evitare per l'avvenire il ripetersi di una simile catastrofe, occorre creare nel popolo stesso efficaci garanzie.
In tale disposizione degli animi, vi è forse da meravigliarsi se la tendenza democratica investe i popoli e ottiene largamente il suffragio e il consenso di coloro che aspirano a collaborare più efficacemente ai destini degli individui e della società?
In quel documento troviamo una efficacissima e precisa definizione dei caratteri fondamentali del regime democratico:
I. CARATTERI PROPRI DEI CITTADINI
IN REGIME DEMOCRATICO
Esprimere il proprio parere sui doveri e i sacrifici, che gli vengono imposti; non essere costretto ad ubbidire senza essere stato ascoltato: ecco due diritti del cittadino, che trovano nella democrazia, come indica il suo nome stesso, la loro espressione. Dalla solidità, dall'armonia, dai buoni frutti di questo contatto tra i cittadini e il governo dello Stato, si può riconoscere se una democrazia è veramente sana ed equilibrata, e quale sia la sua forza di vita e di sviluppo. Per quello poi che tocca l'estensione e la natura dei sacrifici richiesti a tutti i cittadini, — al tempo nostro in cui così vasta e decisiva è l'attività dello Stato, la forma democratica di governo apparisce a molti come un postulato naturale imposto dalla stessa ragione. Quando però si reclama « più democrazia e migliore democrazia », una tale esigenza non può avere altro significato che di mettere il cittadino sempre più in condizione di avere la propria opinione personale, e di esprimerla e farla valere in una maniera confacente al bene comune.
Un anno e mezzo più tardi i democristiani Dossetti, La Pira e Moro contribuirono a scrivere i Principi fondamentali della nostra Costituzione nel senso indicato da quella dottrina sociale. Il democristiano De Gasperi,poi, a costruire la nuova Repubblica democratica sulla base di quei principi costituzionali e ad avviare il processo di unificazione europea. I partiti democristiani italiano e tedesco continuarono ad svolgere un’azione determinante per l’integrazione economica, sociale e politica europea non in un super-stato, sul modello statunitense, ma in una comunità di tante formazioni sociali fondata sul principio di sussidiarietà, dove il maggiore e più vasto non tiranneggia il minore e più limitato, ma lo aiuta lasciandogli il suo spazio di autonomia, e dove gli stati nazionali, dai quali storicamente era derivata una serie infinita di conflitti, pian piano svanivano, con i loro tragici confini. I democristiani cattolici Helmut Kohl e Romano Prodi ebbero poi, dagli anni ’90, un ruolo determinante nell’allargamento all’Europa orientale del processo comunitario. Da qui poi un lunghissimo periodo di pace, come mai ci fu nella storia dell’umanità, dal 1945 a quest’anno, contristato solo, come ho ricordato, negli anni ’90, nel corso della violenta dissoluzione della Federazione Iugoslava, con la sua sconsiderata guerra civile, per molti aspetti analoga al conflitto in Ucraina, che ormai è degenerato in una guerra continentale e potrebbe ulteriormente aggravarsi in una guerra mondiale.
L’ideale della pace mediante l’integrazione continentale delle società fondata sul principio di sussidiarietà fu senz’altro caratteristico dei democristiani, ma essi riuscirono ad appassionare a quell’obiettivo anche altre forze politiche, ad esempio quelle di orientamento liberale e socialista nelle cui ideologie non aveva il posto principale.
Dietro questo straordinario processo di pace non ci sono stati solo i governanti, intesi come parlamentari e membri dei governi, ma cittadini, masse di cittadini, organizzati in partiti politici che si erano dati programmi di pace. Senza tutta quella gente non si sarebbe fatto nulla. In democrazia anch’essi devono essere considerati come governanti e, se per loro è ancora importante l’ideale della pace, devono ragionare, nelle scelte politiche, come telo, tenendo conto non solo dei propri interessi particolari, spiccioli, ma del bene di tutti, ciò che nella dottrina sociale e definito bene comune, quindi anche del bene degli avversari politici.
Dal Compendio della dottrina sociale
164 Dalla dignità, unità e uguaglianza di tutte le persone deriva innanzi tutto il principio del bene comune, al quale ogni aspetto della vita sociale deve riferirsi per trovare pienezza di senso. Secondo una prima e vasta accezione, per bene comune s'intende « l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente ».
Il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro. Come l'agire morale del singolo si realizza nel compiere il bene, così l'agire sociale giunge a pienezza realizzando il bene comune. Il bene comune, infatti, può essere inteso come la dimensione sociale e comunitaria del bene morale.
Il bene comune va individuato storicamente ragionando realisticamente su ciò che accade, non è dato una volta per tutte. Va realizzato anche accordandosi con persone che non hanno le nostre stesse convinzioni etiche e religiose: non tutte le persone sono cristiane e cercare di forzarle ad esserlo mediante le istituzioni pubbliche si è storicamente rivelato come una delle principali cause dei conflitti violenti. Questo lavoro va intensificato sotto elezioni, quando tutte le persone elettrici, vale a dire la maggior parte delle persone adulte che sono cittadine della nostra Repubblica, autorizzano una linea di governo scegliendo i membri del Parlamento, che poi legittimeranno il potere di un Governo con il voto di fiducia.
Candidati, partiti e persone elettrici dovrebbero di questi tempi entrare in relazioni più intense per conoscersi meglio e per aiutarsi a comprendere realisticamente ciò che accade. Purtroppo non mi pare che stia avvenendo. Candidati e partiti propongono prevalentemente un catalogo di promesse di benefici ai propri elettorati di riferimento e questi ultimi affrontano le scelte elettorali come quando si va al supermercato, scegliendo tra le varie offerte. La differenza è che, in quest’ultimo caso, i prodotti li si ha davanti, mentre alle elezioni devono ancora essere realizzati, e allora si decide sulla fiducia. Accade talvolta di ordinare un’automobile e poi quella tarda ad arrivare perché non riescono a produrla nei tempi concordati. La fiducia allora è tradita. È accaduto alla ripresa dopo la contrazione dell’economia mondiale per l’epidemia da Covid-19: sono mancati i processori elettronici da montare sulle automobili, prodotti in massima parte in Estremo Oriente, in particolare nell’isola-stato cinese di Taiwan. La situazione potrebbe diventare disastrosa in caso di aggravarsi del conflitto tra Stati Uniti d’America e Repubblica popolare di Cina, la quale rivendica come parte del proprio territorio quell’isola. Per ora si combatte una “guerra fredda”.
Nell’articolo di Avvenire, del quale sopra ho trascritto uno stralcio, si parla di uno dei temi che dovrebbero rilevare per i programmi elettorali dei partiti politici: la moneta europea si sta deprezzando rispetto al dollaro statunitense. È una delle conseguenze della contrazione dell’economia legata alla guerra in Europa orientale. L’economia europea va male perché, a causa delle sanzioni contro la Federazione Russa per la guerra, che in realtà andrebbero definite ritorsioni perché non decise da un’autorità internazionale superiore, e delle misure ritorsive della Federazione Russa contro di noi, ci è venuto a mancare il grande mercato russo e soprattutto si sono molto ridotte le forniture energetiche russe (metano e petrolio) con il conseguente rapidissimo aumento dei relativi prezzi (da dicembre non compreremo più petrolio russo). Gli Stati Uniti d’America hanno risentito meno della crisi perché sono autosufficienti per le fonti energetiche e sono molto meno legati al mercato russo. Risentono comunque della contrazione dell’economia europea, alla quale sono invece molto più legati. Nonostante un debito pubblico altissimo la loro moneta resiste meglio perché, dopo le due guerre mondiali del Novecento, gli Stati Uniti d’America, anche con una ulteriore serie ininterrotta di guerre, e comunque con politiche di egemonia globale, sono riusciti ad affermare la loro moneta come quella correntemente usata negli scambi internazionali. Il deprezzamento dell’Euro comporterà che le merci pagate in dollari statunitensi, tra le quali il petrolio, ci costeranno di più.
Per favorire la ripresa dopo la crisi economica conseguente all’epidemia di Covid-19, abbiamo deciso, nell’Unione Europea, un piano imponente di aiuti finanziari all’economia. Quindi si è iniettata moneta europea nel sistema economico. Purtroppo la guerra in Europa orientale ha determinato una nuova rapida contrazione dell’economia e quindi c’è un eccesso di moneta europea rispetto agli scambi per i quali essa dovrebbe servire da tramite. Questo ne ha provocato il rapido deprezzamento e sta provocando anche, di conseguenza, inflazione: ci vuole più moneta per acquistare le cose. Di solito le banche centrali correggono questa situazione alzando i tassi di interesse sui debiti, per drenare la moneta in eccesso, ma la Banca Centrale Europea si trova in difficoltà a deliberare questa misura, perché, alzando i tassi di interesse le imprese hanno più difficoltà a finanziarsi, e questo aggrava la contrazione dell’economia. La banca centrale statunitense ha potuto invece attuare rialzi dei tassi di interesse più decisi confidando in una contrazione dell’economia nazionale meno forte e nel fatto che, poiché il dollaro statunitense viene richiesto negli scambi internazionali, la richiesta di moneta da parte degli operatori esteri ne sosterrà il valore: ogni bene che è richiesto dal mercato conserva o aumenta il suo valore.
Svalutazione monetaria e inflazione in tempi di contrazione dell’economia hanno due effetti gravissimi per la gente: la perdita di valore dei loro redditi e dei loro risparmi e l’aumento della disoccupazione. Poiché ancora non è all’orizzonte neppure una trattativa per un trattato di pacificazione nell’Europa orientale, del quale dovrebbero essere parti Stati Uniti d’America, Gran Bretagna, Unione Europea, Federazione Russa, Repubblica Ucraina e gli stati europei confinanti con la Federazione Russa e la Repubblica Ucraina, se si vuole che sia efficace, deve prevedersi che la guerra nell’Europa orientale continuerà ancora a lungo, con la conseguenza che i suoi effetti anche per l’Italia si aggraveranno, compresa la disoccupazione.
I programmi dei maggiori partiti politici non mi pare tengano conto di questo scenario, e quindi sotto questo profilo sono irrealistici. Che misure straordinarie si pensa di adottare per lenire le sofferenze delle tante famiglie che saranno colpite dalla disoccupazione?
Il dialogo elettorale con i candidati potrebbe utilmente essere orientato su questo tema.
Temo invece che i candidati che ragionano nel presupposto di una ripresa nonostante la guerra si illudano. Se però fossero consapevoli del problema, ma decidessero di non trattarne nella loro campagna elettorale, sarebbero riprovevoli sotto il profilo dell’etica democratica, così come delineata anche dalla dottrina sociale.
Mario Ardigó- Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli