Trascrivo, con mie evidenziazioni in neretto dei brani che ritengo maggiormente significativi anche oltre il contesto Amazzonico, il documento finale del Sinodo speciale dei vescovi per la Regione Panamazzonica. E' un documento di portata eccezionale ed epocale per la nostra Chiesa, perché disegna un progetto di vera e propria riforma ecclesiale basato sui tre principi cardine di dottrina sociale della sinodalità totale e diffusa, della integrazione interculturale e della ministerialità di tutti i fedeli per la cura della casa comune, quindi per la riforma sociale nel senso dei valori del vangelo, intesa come parte fondamentale della missione ecclesiale. Si tratta di principi fondati su ragioni non collegate con un preciso ambito culturale o territoriale, ma suscettibili di essere estesi e applicati in ambito universale, benché il processo di riforma abbia avuto principio dall'episcopato di una remota (per noi europei) regione del mondo.
La novità del modello di riforma ecclesiale spiega le dure resistenze all'avvio in Italia di un processo sinodale analogo a quello Panamazzonico da parte di coloro i quali, temendo che dal rinnovamento scaturisca la dispersione, consigliano di mantenere il congelamento dei processi evolutivi realizzato a partire dai passati anni '90. Coloro che, invece, li vedono con favore osservano che l'organizzazione e alcune modalità di azione ecclesiali appaiono ormai obsolete e, senza quel rinnovamento, condurranno la nostra Chiesa a divenire un residuato storico, utile nelle sue suggestive liturgie al modo delle sfilate folkloristiche in certi nostri borghi medievali. A Bolsena, la cittadina laziale sulle rive dell'omonimo lago, se ne fa una molto simpatica, in cui sfilano maschere ecclesiastiche, anche un Papa medievale, che riscuotono l'ammirazione del numeroso pubblico, con molti turisti da altre nazioni, costituendo una bella ambientazione per i selfie.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli
SINODO
DEI VESCOVI
SINODO SPECIALE PER LA REGIONE PANAMAZZONICA
-
AMAZZONIA:
NUOVI CAMMINI PER LA CHIESA E
PER UN'ECOLOGIA INTEGRALE
DOCUMENTO FINALE
-
Vaticano
26 ottobre 2019
I N D I C E
INTRODUZIONE
CAPITOLO
II
NUOVI
CAMMINI DI CONVERSIONE PASTORALE
La Chiesa in
uscita missionaria
a. Chiesa samaritana,
misericordiosa, solidale
b. Chiesa in dialogo ecumenico, interreligioso e culturale
Chiesa
missionaria che serve e accompagna i popoli amazzonici
a. Chiesa dal volto
indigeno, contadino e afrodiscendente
b. Chiesa dal volto migrante
c. Chiesa dal volto giovane
d. Chiesa che percorre nuovi cammini nella pastorale urbana
e. Una spiritualità dell’ascolto e dell’annuncio
Nuovi cammini
per la conversione pastorale
CAPITOLO
III
NUOVI
CAMMINI DI CONVERSIONE CULTURALE
Il volto della
Chiesa nei popoli amazzonici
a. I valori culturali
dei popoli amazzonici
b. Chiesa presente e alleata dei popoli nei loro territori
Cammini per una
Chiesa inculturata
a. Il vissuto della
fede espresso nella pietà popolare e nella catechesi inculturata
b. Il mistero della fede pensato in una teologia inculturata
Cammini per una
Chiesa interculturale
a. Il rispetto delle
culture e dei diritti dei popoli
b. La promozione del dialogo interculturale in un mondo globale
c. Le sfide per la salute, l’educazione e la comunicazione
Nuovi cammini
per la conversione culturale
CAPITOLO
IV
NUOVI
CAMMINI DI CONVERSIONE ECOLOGICA
Verso
un’ecologia integrale a partire dall’enciclica Laudato si’
a. Minacce contro il
bioma amazzonico e i suoi popoli
b. La sfida dei nuovi modelli di sviluppo equo, solidale e sostenibile
Chiesa che si
prende cura della “casa comune” in Amazzonia
a. La dimensione
socio-ambientale dell’evangelizzazione
b. Chiesa povera, con e per i poveri a partire dalle periferie vulnerabili
Nuovi cammini
per la promozione ecologica integrale
a. Richiesta
profetica e messaggio di speranza a tutta la Chiesa e a tutto il mondo
b. Osservatorio Socio Pastorale Amazzonico
CAPITOLO
V
NUOVI
CAMMINI DI CONVERSIONE SINODALE
La sinodalità
missionaria nella Chiesa amazzonica
a. La sinodalità
missionaria di tutto il Popolo di Dio sotto la guida dello Spirito
b. Spiritualità di comunione sinodale sotto la guida dello Spirito
c. Verso uno stile sinodale di vita e di lavoro nella regione amazzonica
Nuovi cammini per la
ministerialità ecclesiale
a. Chiesa ministeriale
e nuovi ministeri
b. La vita consacrata
c. La presenza e l'ora della donna
d. Diaconato permanente
e. Itinerari di formazione inculturata
f. L’Eucaristia, fonte e culmine della comunione sinodale
Nuovi cammini per la
sinodalità ecclesiale
a. Strutture sinodali
regionali nella Chiesa amazzonica
b. Università e nuove strutture sinodali amazzoniche
c. Organismo Ecclesiale Regionale Postsinodale per la regione amazzonica
d. Rito per i popoli originari
CONCLUSIONE
SIGLE
AG
|
Concilio Vaticano
II, Decreto Ad Gentes (7 dicembre 1965)
|
CCC
|
Catechismo della
Chiesa Cattolica
|
CELAM
|
Consiglio Episcopale
Latinoamericano
|
CIDU
|
Commissione
Interamericana dei Diritti Uman
|
CLAR
|
Confederazione dei
Religiosi e Religiose di America Latina e Caraibi
|
CTI
|
Commissione
Teologica Internazionale
|
DAp.
|
Quinta conferenza
generale dell’episcopato latinamericano e dei caraibi, Documento di
Aparecida (13-31 maggio 2007)
|
DP
|
Terza conferenza
generale dell’episcopato latinamericano e dei caraibi, Documento di
Puebla (28 gennaio-13 febbraio 1979)
|
EG
|
Francesco,
Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium (24 novembre
2013)
|
EN
|
San Paolo VI,
Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi (8
dicembre 1975)
|
Fr.PM
|
Francesco, Discorso
durante l’Incontro con i Popoli dell’Amazzonia, Porto Maldonado, 19
gennaio 2018
|
GS
|
Concilio Vaticano
II, Costituzione Pastorale Gaudium et Spes (7
dicembre 1965)
|
LG
|
Concilio Vaticano
II, Costituzione dogmatica Lumen Gentium (21 novembre 1964)
|
LS
|
Francesco, Lettera
Enciclica Laudato Si’, (25 maggio 2015)
|
PDV
|
|
OE
|
Concilio Vaticano
II, Decreto Orientalium Ecclesiarum (21
novembre 1964)
|
PIACI
|
Pueblos Indígenas
en Aislamiento y Contacto Inicial (Popoli Indigeni in
Isolamento e Contatto Iniziale)
|
PIAV
|
Pueblos Indígenas
en Aislamiento Voluntario (Popoli Indigeni in
Isolamento Volontario)
|
PO
|
Concilio Vaticano
II, Decreto Presbyterorum Ordinis (7 novembre 1965)
|
REPAM
|
Rete Ecclesiale
PanAmazzonica
|
SC
|
Concilio Vaticano
II, Costituzione Sacrosanctum Concilium (4 dicembre 1963)
|
1. “E
Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E
soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere»” (Ap 21,5)
Dopo un lungo cammino sinodale di ascolto
del Popolo di Dio nella Chiesa amazzonica, inaugurato da Papa Francesco durante
la sua visita in Amazzonia il 19 gennaio 2018, il Sinodo si è tenuto a
Roma con un incontro fraterno di 21 giorni nell'ottobre 2019. Il clima è stato
quello di uno scambio aperto, libero e rispettoso dei vescovi pastori dell'Amazzonia,
di missionari e missionarie, laici, laiche e rappresentanti dei popoli indigeni
dell'Amazzonia. Siamo stati testimoni partecipi di un evento ecclesiale segnato
dall'urgenza del tema che richiede l'apertura di nuovi cammini per la Chiesa
nel territorio. Si è condiviso un lavoro serio in un'atmosfera segnata dalla
convinzione di ascoltare la voce dello Spirito presente.
Il Sinodo si è svolto in un clima fraterno e
di preghiera. Più volte gli interventi sono stati accompagnati da applausi e
canti e, tutti, da profondi silenzi contemplativi. Fuori dall'aula sinodale, si
è registrata una notevole presenza di persone venute dal mondo amazzonico che
hanno organizzato eventi di sostegno per mezzo di diverse attività e
processioni, come quella di apertura con canti e danze che ha accompagnato il
Santo Padre dalla tomba di Pietro all'Aula sinodale. Ha avuto un forte impatto
la Via Crucis dei martiri dell'Amazzonia. Si è inoltre avuta una massiccia
presenza dei media internazionali.
2.
Tutti i partecipanti hanno espresso una profonda consapevolezza della
drammatica situazione di distruzione che colpisce l'Amazzonia. Ciò significa la
scomparsa del territorio e dei suoi abitanti, in particolare dei popoli
indigeni. La foresta amazzonica è un "cuore biologico" per la Terra,
sempre più minacciata. Si ritrova, infatti, in una corsa sfrenata verso la
morte. Esige cambiamenti radicali con estrema urgenza, una nuova direzione che
consenta di salvarla. È scientificamente provato che la scomparsa del bioma
amazzonico avrà un impatto catastrofico sul pianeta nel suo complesso!
3.
Il cammino sinodale del Popolo di Dio nella fase preparatoria ha coinvolto
tutta la Chiesa del territorio, i Vescovi, i missionari e le missionarie, i
membri delle Chiese di altre confessioni cristiane, i laici e le laiche, e
molti rappresentanti dei popoli indigeni, attorno al documento preparatorio che
ha ispirato l'Instrumentum Laboris. Si sottolinea l'importanza
dell’ascolto della voce dell'Amazzonia, mossa dal grande soffio dello Spirito
Santo nel grido della terra ferita e dei suoi abitanti. È stata registrata la
partecipazione attiva di oltre 87.000 persone, provenienti da città e culture
diverse, nonché di numerosi gruppi di altri settori ecclesiali e il contributo
di accademici e organizzazioni della società civile sui temi specifici
principali.
4.
La celebrazione del Sinodo è riuscita a mettere in evidenza l'integrazione
della voce dell'Amazzonia con la voce e il sentimento dei pastori partecipanti.
È stata una nuova esperienza di ascolto per discernere la voce dello Spirito
che conduce la Chiesa verso nuovi cammini di presenza, evangelizzazione e
dialogo interculturale in Amazzonia. La richiesta, emersa nel processo
preparatorio, che la Chiesa sia alleata del mondo amazzonico, è stata affermata
con forza. La celebrazione si conclude con grande gioia e con la speranza di
abbracciare e mettere in pratica il nuovo paradigma dell'ecologia integrale, la
cura della "casa comune" e la difesa dell'Amazzonia.
“E
mi mostrò poi un fiume d'acqua di vita, limpido come cristallo,
che scaturiva dal trono di Dio e dall'Agnello” (Ap 22,1)
5.
Cristo ci orienta verso l’Amazzonia (cfr. Paolo VI, Messaggio ai
Pellegrini a Belém do Parà, 10 ottobre 1971). Egli libera tutti dal peccato
e dona la dignità dei figli di Dio. L'ascolto dell'Amazzonia, nello spirito
proprio del discepolo e alla luce della Parola di Dio e della Tradizione, ci
spinge a una profonda conversione dai nostri schemi e dalle nostre strutture a
Cristo e al suo Vangelo.
6.
In Amazzonia la vita è inserita, collegata e integrata al territorio che, in
quanto spazio fisico vitale e nutriente, è possibilità, sostentamento e limite
della vita. L'Amazzonia, chiamata anche Panamazzonia, è un vasto territorio con
una popolazione stimata in 33.600.000 abitanti, di cui tra i 2 e i 2,5 milioni
sono indigeni. Quest'area, costituita dal bacino del Rio delle Amazzoni e da
tutti i suoi affluenti, si estende su 9 Paesi: Bolivia, Perù, Ecuador,
Colombia, Venezuela, Brasile, Guyana, Suriname e Guyana Francese. La regione
amazzonica è essenziale per la distribuzione delle precipitazioni nelle regioni
del Sud America e contribuisce ai grandi movimenti d'aria in tutto il pianeta;
attualmente è la seconda area più vulnerabile al mondo in relazione ai
cambiamenti climatici causati dall'azione diretta dell'uomo.
7.
L'acqua e la terra di questa regione nutrono e sostengono la natura, la vita e
le culture di centinaia di comunità indigene, contadini, afro-discendenti,
meticci, coloni, popolazioni che vivono sulle rive dei fiumi e abitanti delle
città. L'acqua, fonte di vita, possiede un ricco significato simbolico. Nella
regione amazzonica, il ciclo dell'acqua è l'anello di congiunzione. Collega gli
ecosistemi, le culture e lo sviluppo del territorio.
8. Nella regione amazzonica esiste una realtà
multietnica e multiculturale. I diversi popoli hanno saputo adattarsi al
territorio. All'interno di ogni cultura, hanno costruito e ricostruito la loro
cosmovisione, i loro segni e i loro significati, e la visione del loro futuro.
Nelle culture e nei popoli indigeni,
antiche pratiche e spiegazioni mitiche coesistono con le tecnologie e le sfide
moderne. I volti che abitano
l'Amazzonia sono molto variegati. Oltre ai popoli originari, esiste un grande
meticciato nato dall'incontro e dal non incontro di popoli diversi.
9. La ricerca di vita in abbondanza dei
popoli indigeni amazzonici si concretizza in quello che essi chiamano il “buon
vivere”, il quale si realizza pienamente nelle Beatitudini. Si tratta di vivere in armonia con sè
stessi, con la natura, con gli esseri umani e con l'essere supremo, giacché
esiste un'intercomunicazione tra tutto il cosmo, dove non ci sono né escludenti
né esclusi, e dove possiamo forgiare un progetto di vita piena per tutti.
Tale comprensione della vita è caratterizzata dalla connessione e dall'armonia
dei rapporti tra acqua, territorio e natura, vita comunitaria e cultura, Dio e
le varie forze spirituali. Per essi, “buon vivere” significa comprendere la
centralità del carattere relazionale trascendente degli esseri umani e del
creato, e implica il “buon fare”. Questo modo integrale si esprime in un modo
peculiare di organizzarsi che parte dalla famiglia e dalla comunità, e che
abbraccia un uso responsabile di tutti i beni del creato. I popoli indigeni
aspirano a conseguire migliori condizioni di vita, soprattutto nel campo della
salute e dell'educazione, a godere dello sviluppo sostenibile di cui essi
stessi siano protagonisti e che essi stessi possano discernere, uno sviluppo
che mantenga l'armonia con i loro modi di vita tradizionali, in un dialogo tra
la saggezza e la tecnologia dei loro antenati e quelle recentemente acquisite.
10. L'Amazzonia oggi è tuttavia
una bellezza ferita e deformata, un luogo di dolore e violenza. Gli attentati
contro la natura hanno conseguenze per la vita dei popoli.
Quest’unica crisi socio-ambientale si è riflessa nell’ascolto presinodale, che
ha evidenziato le seguenti minacce alla
vita: appropriazione e privatizzazione di beni naturali, come l'acqua stessa;
concessioni legali ad industrie di legname e l'ingresso di industrie di legname
illegali; caccia e pesca predatoria; mega-progetti non sostenibili (progetti
idroelettrici, concessioni forestali, disboscamento massiccio, monocolture,
infrastrutture viarie, infrastrutture idriche, ferrovie, progetti minerari e
petroliferi); inquinamento causato dall'industria estrattiva e dalle discariche
urbane; e, soprattutto, il cambiamento climatico. Si tratta di minacce reali che producono gravi conseguenze sociali:
malattie derivate dall'inquinamento, traffico di droga, gruppi armati illegali,
alcolismo, violenza contro le donne, sfruttamento sessuale, traffico e tratta
di esseri umani, vendita di organi, turismo sessuale, perdita della cultura
originaria e dell'identità (lingua, pratiche spirituali ed usanze),
criminalizzazione e assassinio di leader e difensori del territorio. Dietro tutto
questo ci sono gli interessi economici e politici dei settori dominanti, con la
complicità di alcuni governanti e di alcune autorità indigene. Le vittime sono
i soggetti più vulnerabili, i bambini, i giovani, le donne e la sorella madre
terra.
11. La comunità scientifica, da parte sua,
avverte dei rischi della deforestazione, che a oggi si avvicina a quasi il 17%
dell'intera foresta amazzonica, e minaccia la sopravvivenza dell'intero
ecosistema, mettendo in pericolo la biodiversità e modificando il ciclo vitale
dell'acqua per la sopravvivenza della foresta tropicale. Inoltre,
l'Amazzonia svolge anche un ruolo fondamentale come cuscinetto contro i
cambiamenti climatici e fornisce sistemi di supporto vitale di valore
inestimabile e fondamentale collegati all'aria, l'acqua, il suolo, le foreste e
la biomassa. Allo stesso tempo, gli esperti ricordano che utilizzando la
scienza e le tecnologie avanzate per una bioeconomia innovativa delle foreste
intatte e dei fiumi che scorrono, è possibile contribuire a salvare la foresta
tropicale, proteggere gli ecosistemi dell'Amazzonia e i popoli indigeni e
tradizionali, e allo stesso tempo fornire attività economiche sostenibili.
12.
Un fenomeno da affrontare sono le
migrazioni. Nella regione amazzonica si verificano tre processi migratori
simultanei. In primo luogo, i casi di mobilità dei gruppi indigeni in territori
a circolazione tradizionale, separati da frontiere nazionali e internazionali.
In secondo luogo, lo spostamento forzato di popoli indigeni, contadini e popolazioni
che vivono sulle rive dei fiumi, espulsi dai loro territori, la cui
destinazione finale coincide tendenzialmente con le zone più povere e peggio
urbanizzate delle città. In terzo luogo, la migrazione interregionale forzata e
il fenomeno dei rifugiati che, costretti a lasciare i loro Paesi (tra gli
altri, Venezuela, Haiti, Cuba), devono attraversare l'Amazzonia come corridoio
migratorio.
13.
Lo spostamento di gruppi indigeni, espulsi dai loro territori o attratti dal
falso bagliore della cultura urbana, rappresenta una specificità unica dei
movimenti migratori in Amazzonia. I casi in cui la mobilità di questi gruppi
avviene in territori di tradizionale circolazione indigena, separati da
frontiere nazionali e internazionali, richiedono un’attenzione pastorale
transfrontaliera in grado di includere il diritto alla libera circolazione di
questi popoli. La mobilità umana in
Amazzonia rivela il volto di Gesù Cristo impoverito e affamato (cfr. Mt 25,35),
espulso e senza tetto (cfr. Mt 2,13-14), ma si esprime anche
nella femminilizzazione della migrazione che rende migliaia di donne
vulnerabili alla tratta di esseri umani, una delle peggiori forme di violenza
contro le donne e una delle più perverse violazioni dei diritti umani. Il
traffico di persone legata alla migrazione richiede un permanente lavoro
pastorale in rete.
14.
La vita delle comunità amazzoniche non ancora condizionate dall'influenza della
civiltà occidentale si riflette nelle credenze e nei riti sull'azione degli
spiriti della divinità, chiamati in innumerevoli modi, con e nel territorio,
con e in relazione alla natura (LS 16, 91, 117, 138, 240).
Riconosciamo che per migliaia di anni quelle comunità si sono prese cura della
loro terra, delle loro acque e delle loro foreste, e sono riuscite a preservarle
fino ad oggi affinché l'umanità possa godere dei doni gratuiti della creazione
di Dio. I nuovi cammini di evangelizzazione devono essere costruiti in dialogo
con queste conoscenze fondamentali, nelle quali si manifestano come semi della
Parola.
15.
La Chiesa nel suo processo di ascolto
del grido del territorio e del grido dei popoli deve fare memoria dei suoi
passi. L'evangelizzazione in America Latina è stato un dono della Provvidenza
che chiama tutti alla salvezza in Cristo. Nonostante la colonizzazione
militare, politica e culturale, e al di là dell'avidità e dell'ambizione dei
colonizzatori, ci sono stati molti missionari che hanno dato la loro vita per
trasmettere il Vangelo. Il sentimento missionario ha ispirato non solo la
formazione di comunità cristiane, ma anche una legislazione come le Leggi
delle Indie, che proteggevano la dignità degli indigeni contro le
aggressioni perpetrate a danno dei loro popoli e dei loro territori. Tali abusi
hanno causato ferite nelle comunità e oscurato il messaggio della Buona
Novella. L'annuncio di Cristo si è compiuto spesso in connivenza con i poteri
che sfruttavano le risorse e opprimevano le popolazioni. Nel momento attuale,
la Chiesa ha l'opportunità storica di differenziarsi dalle nuove potenze
colonizzatrici ascoltando i popoli amazzonici per poter esercitare in modo
trasparente la sua attività profetica. Inoltre, la crisi socio-ambientale apre
nuove opportunità per presentare Cristo in tutto il suo potenziale liberatorio
e umanizzante.
16.
Una delle pagine più gloriose dell'Amazzonia è stata scritta dai martiri. La
partecipazione dei seguaci di Gesù alla sua passione, morte e risurrezione
gloriosa ha accompagnato la vita della Chiesa fino ad oggi, soprattutto nei
momenti e nei luoghi in cui essa, a causa del Vangelo di Gesù, vive in mezzo ad
una accentuata contraddizione, come avviene oggi con coloro che lottano
coraggiosamente per un'ecologia integrale in Amazzonia. Questo Sinodo riconosce
con ammirazione coloro che lottano, a grande rischio della propria vita, per
difendere l'esistenza di questo territorio.
17.
L'ascolto del grido della terra e del
grido dei poveri e dei popoli dell'Amazzonia con cui camminiamo ci chiama a una
vera conversione integrale, con una vita semplice e sobria, il tutto alimentato
da una spiritualità mistica nello stile di San Francesco d'Assisi, esempio di
conversione integrale vissuta con letizia e gioia cristiana (cfr. LS 20-12).
Una lettura orante della Parola di Dio ci aiuterà ad approfondire e a scoprire
i gemiti dello Spirito e ci incoraggerà nel nostro impegno a prenderci cura
della “casa comune”.
18.
Come Chiesa di discepoli missionari,
imploriamo la grazia di questa conversione che “comporta il lasciar emergere
tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che li
circonda” (LS 217); una conversione personale e comunitaria che ci
impegni a relazionarci armoniosamente con l'opera creatrice di Dio, che è la
“casa comune”; una conversione che promuova la creazione di strutture in
armonia con la cura del creato; una conversione pastorale basata sulla
sinodalità, che riconosca l'interazione di tutto ciò che è creato. Conversione
che ci porti ad essere una Chiesa in uscita che entri nel cuore di tutti i
popoli amazzonici.
19.
Così, l'unica conversione al Vangelo vivente, che è Gesù Cristo, potrà
dispiegarsi in dimensioni interconnesse per motivare l'uscita verso le
periferie esistenziali, sociali e geografiche dell'Amazzonia. Queste dimensioni
sono: quella pastorale, quella culturale, quella ecologica e quella sinodale,
che vengono sviluppate nei prossimi quattro capitoli.
“Se
uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel Regno di Dio” (Gv 3,5)
20.
Una Chiesa missionaria in uscita
richiede da noi una conversione pastorale. Per l'Amazzonia questo camminare
suppone anche "navigare", attraverso i nostri fiumi, i nostri laghi,
tra la nostra gente. In Amazzonia l'acqua ci unisce, non ci separa. La nostra conversione pastorale sarà
samaritana, in dialogo, accompagnando le persone con volti concreti di
indigeni, contadini, afro-discendenti e migranti, giovani, abitanti delle
città. Tutto questo supporrà una spiritualità di ascolto e di annuncio. Questo
è il modo in cui cammineremo e navigheremo in questo capitolo.
21.
La Chiesa per sua natura è missionaria e
ha la sua origine nell'‘amore fontale di Dio’ (cfr. AG 2). Il
dinamismo missionario che scaturisce dall'amore di Dio si irradia, si espande,
straripa e si diffonde in tutto l'universo. Siamo inseriti dal battesimo nella
dinamica dell'amore attraverso l'incontro con Gesù che dà un nuovo orizzonte
alla vita (cfr. DAp 12). Questo straripare spinge la Chiesa a
una conversione pastorale e ci trasforma in comunità vive che lavorino in
équipe e reti al servizio dell'evangelizzazione. La missione così intesa non è
qualcosa di facoltativo, un'attività della Chiesa tra le altre, ma è la sua
stessa natura. La Chiesa è missione! "L'azione missionaria è il
paradigma di ogni opera della Chiesa" (EG 15). Essere un
discepolo missionario è qualcosa in più di portare a compimento dei compiti o
fare delle cose. Si situa nell'ordine dell'essere. "Gesù ha indicato a noi
suoi discepoli che la nostra missione nel mondo non può essere statica, ma
è itinerante. Il cristiano è un itinerante" (Francesco, Angelus,
30 giugno 2019).
22.
Vogliamo essere una Chiesa amazzonica
samaritana, incarnata nel modo in cui il Figlio di Dio si è incarnato:
"Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie" (Mt 8,17b).
Colui che si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà (cfr. 2
Cor 8,9), attraverso il suo Spirito, esorta i discepoli missionari di
oggi a uscire incontro a tutti, specialmente ai popoli originari, ai poveri,
agli esclusi dalla società e agli altri. Desideriamo anche una Chiesa
maddalena, che si sente amata e riconciliata, che annuncia con gioia e
convinzione Cristo crocifisso e risorto. Una Chiesa mariana che genera figli
alla fede e li educa con affetto e pazienza, imparando anche dalle ricchezze
dei popoli. Vogliamo essere una Chiesa serva, kerigmatica, educatrice e
inculturata in mezzo ai popoli che serviamo.
23.
La realtà multietnica, multiculturale e
multireligiosa dell'Amazzonia richiede un atteggiamento di dialogo aperto,
riconoscendo anche la molteplicità degli interlocutori: i popoli indigeni, gli
abitanti dei fiumi, i contadini e gli afro-discendenti, le altre Chiese
cristiane e denominazioni religiose, le organizzazioni della società civile, i
movimenti sociali popolari, lo Stato, insomma tutte le persone di buona volontà
che cercano la difesa della vita, l'integrità del creato, la pace e il bene
comune.
24.
In Amazzonia, “le relazioni tra cattolici e pentecostali, carismatici ed
evangelici non sono facili. L'improvvisa comparsa di nuove comunità, legate
alla personalità di alcuni predicatori, contrasta fortemente con i principi e
l'esperienza ecclesiologici delle Chiese storiche e può celare l’insidia di
farsi trasportare dalle onde emozionali del momento o di racchiudere
l'esperienza di fede in ambienti protetti e rassicuranti. Il fatto che non
pochi fedeli cattolici siano attratti da queste comunità è motivo di attrito,
ma può diventare, da parte nostra, motivo di esame personale e di rinnovamento
pastorale” (Francesco, Udienza ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la
Promozione dell’Unità dei Cristiani, 28 settembre 2018). Il
dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale deve essere assunto come la
via irrinunciabile dell'evangelizzazione in Amazzonia (cfr. DAp 227).
L'Amazzonia è un'amalgama di credi, per lo più cristiani. Di fronte a questa
realtà ci si aprono reali cammini di comunione: " non bastano le
manifestazioni di buoni sentimenti. Occorrono gesti concreti che entrino negli
animi e smuovano le coscienze, sollecitando ciascuno a quella conversione
interiore che è il presupposto di ogni progresso sulla via
dell’ecumenismo" (Benedetto XVI, “Missa pro
Ecclesia”, Messaggio al termine della prima Concelebrazione Eucaristica
con i Cardinali elettori nella Cappella Sistina, 20 aprile
2005). La centralità della Parola di Dio nella vita delle nostre comunità è un
fattore di unione e di dialogo. Intorno alla Parola si possono realizzare tante
azioni comuni: traduzioni della Bibbia nelle lingue locali, edizioni condivise,
diffusione e distribuzione della Bibbia, incontri tra teologi e di teologi e
teologhe cattolici e di diverse confessioni.
25.
In Amazzonia, il dialogo interreligioso
si svolge soprattutto con le religioni indigene e i culti afro-discendenti.
Queste tradizioni meritano di essere conosciute, comprese nelle proprie
espressioni e nel loro rapporto con la foresta e la madre terra. Insieme a loro, i cristiani, basandosi
sulla loro fede nella Parola di Dio, si mettono in dialogo, condividendo la
loro vita, le loro preoccupazioni, le loro lotte, le loro esperienze di Dio,
per approfondire mutuamente la fede e agire insieme in difesa della “casa
comune”. Per ottenere questo, è necessario che le Chiese amazzoniche
sviluppino iniziative di incontro, studio e dialogo con i seguaci di queste
religioni. Un dialogo sincero e rispettoso è il ponte verso la costruzione del
‘buon vivere’. Nello scambio di doni, lo Spirito conduce sempre più verso la
verità e il bene (cfr. EG 250).
26.
Questo Sinodo vuole essere un forte richiamo a tutti i battezzati
dell'Amazzonia a essere discepoli missionari. L'invio in missione è insito nel
battesimo ed è rivolto a tutti i battezzati. Attraverso di esso tutti noi
riceviamo la stessa dignità di figli e figlie di Dio, e nessuno può essere
escluso dalla missione di Gesù ai suoi discepoli. “Andate in tutto il mondo e
proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15). Per questo
riteniamo necessario generare un maggiore impulso missionario tra le vocazioni
autoctone; l'Amazzonia deve essere evangelizzata anche dagli amazzonici.
27.
È urgente dare alla pastorale indigena il suo posto specifico nella Chiesa.
Partiamo da realtà plurali e culture diverse per definire, elaborare e adottare
azioni pastorali che ci permettano di sviluppare una proposta evangelizzatrice
in mezzo alle comunità indigene, collocandoci nel quadro di una pastorale
indigena e della terra. La pastorale dei popoli indigeni ha una sua
specificità. Le colonizzazioni motivate dall'estrattivismo nel corso della
storia, con le diverse correnti migratorie, l’hanno messa in una situazione di
alta vulnerabilità. In questo contesto, come Chiesa, è ancora necessario creare
o mantenere un'opzione preferenziale per i popoli indigeni, in virtù della
quale sono da stabilire e consolidare gli organismi diocesani di pastorale
indigena per mezzo di una rinnovata azione missionaria, che ascolti, dialoghi,
sia incarnata e assicuri una presenza permanente. L'opzione preferenziale per i popoli indigeni, con le loro culture,
identità e storie, esige da noi che aspiriamo a una Chiesa indigena con propri
sacerdoti e ministri sempre uniti e in totale comunione con la Chiesa cattolica.
28.
Riconoscendo l'importanza dell'attenzione che la Chiesa è chiamata a prestare
in Amazzonia al fenomeno dell'urbanizzazione e ai problemi e alle prospettive
ad esso connessi, è necessario un riferimento al mondo rurale nel suo insieme e
alla pastorale rurale in particolare. Dal punto di vista pastorale, la Chiesa
deve rispondere al fenomeno dello spopolamento delle campagne, con tutte le
conseguenze che ne derivano (perdita di identità, laicismo imperante,
sfruttamento del lavoro rurale, disgregazione familiare, ecc.).
29.
Il fenomeno migratorio, per la sua
crescita e il suo volume, si è ormai trasformato in un’inedita sfida politica,
sociale ed ecclesiale (cfr. DAp, 517, a). Di fronte a ciò,
molte comunità ecclesiali hanno accolto i migranti con grande generosità,
ricordando che “ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35). Lo
spostamento forzato di famiglie indigene, contadine, afro-discendenti e
appartenenti alle popolazioni che vivono lungo le rive dei fiumi, espulse dai
loro territori a causa di pressioni ricevute o di esasperazione per la mancanza
di opportunità, richiede una pastorale d’insieme nella periferia dei centri
urbani. A tal fine, sarà necessario
creare equipe missionarie che accompagnino queste famiglie, coordinando con le
parrocchie e le altre istituzioni ecclesiali ed extraecclesiali le condizioni
di accoglienza, offrendo liturgie inculturate e nelle lingue dei migranti, promuovendo
spazi di scambio culturale, favorendo l'integrazione nella comunità e nella
città e motivandole ad essere esse stesse protagoniste di questo lavoro.
30.
Tra i diversi volti della realtà
panamazzonica spicca quello dei giovani presenti in tutto il territorio.
Sono giovani con volti e identità indigene, afro-discendenti, abitanti dei
fiumi, estrattivisti, migranti, rifugiati, e diversi altri. Giovani residenti in aree rurali e urbane,
che sognano e cercano ogni giorno migliori condizioni di vita, con il profondo
desiderio di avere una vita piena. Giovani studenti, lavoratori e con una forte
presenza e partecipazione in vari spazi sociali ed ecclesiali. Tra i giovani
amazzonici si presentano realtà tristi come la povertà, la violenza, la
malattia, la prostituzione infantile, lo sfruttamento sessuale, il consumo e il
traffico di droga, la gravidanza precoce, la disoccupazione, la depressione, la
tratta di esseri umani, nuove forme di schiavitù, il traffico di organi, le difficoltà
di accesso all'istruzione, la salute e l'assistenza sociale. Purtroppo, negli
ultimi anni, si è registrato un significativo aumento dei suicidi tra i
giovani, così come un aumento della popolazione carceraria minorile e dei
crimini tra e contro i giovani, soprattutto afro-discendenti e abitanti nelle
periferie. Vivono nel grande territorio amazzonico, ma hanno gli stessi sogni e
desideri degli altri giovani di questo mondo: essere tenuti in considerazione,
rispettati, avere opportunità di studio, di lavoro e di un futuro di speranza.
Tuttavia stanno vivendo una profonda crisi di valori, o una transizione verso
altri modi di concepire la realtà, nei quali gli elementi etici stanno
cambiando, anche per i giovani indigeni. Il compito della Chiesa è quello di
accompagnarli ad affrontare qualsiasi situazione che distrugga la loro identità
o danneggi la loro autostima.
31.
I giovani sono intensamente presenti anche nei contesti migratori del
territorio. La realtà dei giovani nei centri urbani merita un'attenzione
particolare. Sempre più città diventano ricettacoli di tutti i gruppi etnici,
popoli e problemi dell'Amazzonia. L'Amazzonia rurale si sta spopolando; le città devono affrontare enormi problemi
di delinquenza giovanile, mancanza di lavoro, lotte etniche e ingiustizie
sociali. Qui, in particolare, la Chiesa è chiamata a essere una presenza
profetica tra i giovani, offrendo loro un accompagnamento adeguato e
un'educazione appropriata.
32. In comunione con la realtà giovanile
amazzonica, la Chiesa proclama ai giovani la Buona Novella di Gesù, il
discernimento e l'accompagnamento vocazionale, il luogo di valorizzazione della
cultura e dell'identità locale, la leadership giovanile, la promozione dei
diritti della gioventù, il rafforzamento di spazi creativi, innovativi e
differenziati di evangelizzazione attraverso un rinnovato e audace ministero
giovanile. Una pastorale sempre in divenire, incentrata su Gesù Cristo e sul
suo progetto, dialogica e integrale, impegnata in tutte le realtà giovanili
esistenti sul territorio. I giovani indigeni hanno un enorme potenziale e
partecipano attivamente alle loro comunità e organizzazioni contribuendo come
leader e animatori, in difesa dei diritti, soprattutto per quanto riguarda il
territorio, la salute e l'istruzione. D'altro canto, sono le principali vittime
dell'insicurezza sulle terre indigene e dell'assenza di politiche pubbliche
specifiche e di qualità. La diffusione di alcol e droghe arriva spesso fino
alle comunità indigene, danneggiando seriamente i giovani e impedendo loro di
vivere liberamente per costruire i loro sogni e partecipare attivamente alla
comunità.
33.
Il protagonismo dei giovani appare chiaramente nel Documento finale della
XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi dedicata ai giovani
(cfr. nn. 160 e 46), nell'Esortazione Apostolica Postsinodale Christus
vivit (cfr. n. 170) e nell'Enciclica Laudato
si’ (cfr. n. 209). I giovani vogliono essere protagonisti e la Chiesa amazzonica vuole
riconoscere il loro spazio. Vuole essere compagna nell'ascolto, riconoscendo i
giovani come luogo teologico, come ‘profeti di speranza’, impegnati nel
dialogo, ecologicamente sensibili e attenti alla ‘casa comune’. Una Chiesa che
accoglie i giovani e cammina con loro, soprattutto nelle periferie. Di fronte a
ciò sorgono tre urgenze: promuovere nuove forme di evangelizzazione attraverso
i social media (cfr. Francesco, Christus Vivit 86); aiutare i
giovani indigeni a raggiungere una sana interculturalità; aiutarli ad
affrontare la crisi valoriale che distrugge la loro autostima e fa perdere loro
la propria identità.
34.
La forte tendenza dell'umanità a
concentrarsi nelle città, a migrare dalle più piccole alle più grandi, si
registra anche in Amazzonia. La crescita accelerata delle metropoli amazzoniche
è accompagnata dalla proliferazione di periferie urbane. Allo stesso tempo, si
trasmettono stili di vita, forme di convivenza, linguaggi e valori plasmati
dalle metropoli, i quali si impiantano sempre più sia nelle comunità indigene
che nel resto del mondo rurale. La famiglia in città è un luogo di sintesi tra
la cultura tradizionale e quella moderna. Nonostante ciò, le famiglie spesso
soffrono per la povertà, alloggi precari, mancanza di lavoro, aumento del
consumo di droghe e alcol, discriminazione e suicidio infantile. Inoltre, nella
vita familiare si segnala una mancanza di dialogo tra le generazioni e si
perdono le tradizioni e la lingua. Le famiglie devono inoltre affrontare nuovi
problemi di salute, che richiedono un'adeguata educazione in fatto di
maternità. I rapidi cambiamenti di oggi toccano la famiglia amazzonica.
Troviamo così nuovi tipi di famiglia: famiglie monoparentali sotto la
responsabilità delle donne, aumento delle famiglie separate, unioni libere e
famiglie allargate, diminuzione dei matrimoni istituzionali. La città è
un'esplosione di vita, perché "Dio vive nella città" (DAp 514).
In essa esistono ansia e ricerca del senso della vita, conflitti, ma anche
solidarietà, fraternità, desiderio di bontà, verità e giustizia (cfr. EG 71-75).
Evangelizzare la città o la cultura urbana significa “raggiungere e quasi
sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori
determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici
e i modelli di vita dell'umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e
col disegno di salvezza” (EN 19).
35. È necessario difendere il diritto di
tutte le persone alla città. Il diritto rivendicato alla città si definisce
come il godimento equo delle città all’interno dei principi di sostenibilità,
democrazia e giustizia sociale. Tuttavia, sarà anche necessario incidere nelle
politiche pubbliche e promuovere iniziative che migliorino la qualità della
vita nel mondo rurale, evitando così lo spostamento incontrollato delle
persone.
36.
Le comunità ecclesiali di base sono
state e sono un dono di Dio alle Chiese locali dell'Amazzonia. Nonostante ciò, è necessario riconoscere che, con il
passare del tempo, alcune comunità ecclesiali si sono appiattite, indebolite o
sono addirittura scomparse. Ma la grande maggioranza rimane perseverante e
costituisce il fondamento pastorale di molte parrocchie. Oggi i grandi pericoli
delle comunità ecclesiali derivano principalmente dal secolarismo,
dall'individualismo, dalla mancanza di una dimensione sociale e dall'assenza di
attività missionaria. Pertanto, è necessario che i pastori incoraggino tutti e
ciascuno dei fedeli al discepolato missionario. La comunità ecclesiale dovrà
essere presente negli spazi di partecipazione alle politiche pubbliche dove si
articolano azioni per rivitalizzare la cultura, la convivenza, il tempo libero
e la celebrazione. Dobbiamo lottare affinché alle ‘favelas’ e alle ‘villas
miseria’ siano garantiti i diritti fondamentali di base: acqua, energia,
abitazione e promuovere una cittadinanza ecologica integrale. Occorre istituire il ministero
dell'accoglienza nelle comunità urbane dell'Amazzonia per una solidarietà
fraterna con i migranti, i rifugiati, i senzatetto e le persone che hanno
lasciato le zone rurali.
37.
La realtà degli indigeni nei centri urbani merita un'attenzione particolare, in
quanto sono i più esposti agli enormi problemi della delinquenza giovanile,
della mancanza di lavoro, delle lotte etniche e delle ingiustizie sociali. Si
tratta di una delle maggiori sfide di oggi: sempre più città sono il punto di approdo di tutti i gruppi etnici e
dei popoli dell'Amazzonia. Sarà necessario articolare una pastorale indigena
della città che si occupi di questa realtà specifica.
38.
L'azione pastorale si alimenta di una spiritualità basata sull'ascolto della
parola di Dio e del grido del suo popolo, per poter poi annunciare la Buona
Novella con spirito profetico. Riconosciamo che la Chiesa che ascolta il gemito
dello Spirito nel grido dell'Amazzonia può far proprie le gioie e le speranze,
le tristezze e le angosce di tutti, ma soprattutto dei più poveri (cfr. GS 1),
che sono figli e figlie prediletti di Dio. Abbiamo scoperto che le abbondanti
acque dello Spirito, che assomigliano a quelle del Rio delle Amazzoni, che
periodicamente straripano, ci conducono a quella vita traboccante che Dio ci
offre per condividerla nell'annuncio.
39.
Le équipe missionarie itineranti in Amazzonia vanno tessendo e costruendo
comunità lungo il cammino e contribuiscono a rafforzare la sinodalità ecclesiale.
Possono aggregare vari carismi, istituzioni e congregazioni, laici e laiche,
religiosi e religiose, sacerdoti. Aggregare per arrivare insieme dove non si
può da soli. Le visite dei missionari, che partono dalla loro residenza e
trascorrono del tempo visitando le singole comunità e celebrando i sacramenti,
danno origine a quella che viene chiamata la ‘pastorale della visita’. Si
tratta di un tipo di metodo pastorale che risponde alle condizioni e alle
possibilità attuali delle nostre Chiese. Grazie a questi metodi e all'azione
dello Spirito Santo, queste comunità hanno sviluppato anche una ricca
ministerialità che è motivo di ringraziamento.
40.
Proponiamo una rete itinerante che raduni i vari sforzi delle équipe che
accompagnano e vivacizzano l’esistenza e la fede delle comunità amazzoniche. I
cammini di incisività politica per la trasformazione della realtà devono essere
il frutto del discernimento comune di pastori e laici. Al fine di passare da
visite pastorali a una presenza più permanente, le congregazioni e/o province
di religiosi/e del mondo, che non sono ancora coinvolti nelle missioni, sono
invitati a stabilire almeno un avamposto missionario in uno qualsiasi dei Paesi
amazzonici.
"E
il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14)
41. L'America Latina possiede un'immensa biodiversità e una grande diversità
culturale. Al suo interno, l'Amazzonia è terra di foreste e acqua, di terreni
brulli e zone umide, di savane e catene montuose, ma soprattutto terra di
innumerevoli popoli, molti dei quali millenari, abitanti ancestrali del
territorio, popoli dai profumi antichi che continuano ad assicurare il loro
aroma al Continente contro ogni forma di disperazione. La nostra conversione deve essere anche culturale, andando incontro
all'altro, per imparare dall'altro. Essere presenti, rispettare e riconoscere i
suoi valori, vivere e praticare l'inculturazione e l'interculturalità nel
nostro annuncio della Buona Notizia. Esprimere
e vivere la fede in Amazzonia è una
sfida sempre in divenire. Essa si incarna non solo nel lavoro pastorale ma
anche in azioni concrete con e per l’altro, nell'attenzione alla salute,
nell'educazione, nella solidarietà e nel sostegno ai più vulnerabili. Vorremmo condividere
tutto ciò in questa sezione.
42.
Nei territori dell'Amazzonia c'è una
realtà pluriculturale che esige di avere uno sguardo che includa tutti e di
utilizzare espressioni che permettano di identificare e collegare tutti i
gruppi, nonché di rispecchiare identità che vengano riconosciute, rispettate e
promosse tanto nella Chiesa quanto nella società, che deve trovare nei popoli
amazzonici un valido interlocutore per il dialogo e l'incontro. Puebla parla
dei volti che abitano l'America Latina e nota che, nei popoli originari, c'è
una mescolanza che è cresciuta e continua a crescere con l'incontro e il non
incontro tra le diverse culture che fanno parte del Continente. Questo volto,
anche della Chiesa in Amazzonia, è un volto che si incarna nel suo territorio,
che evangelizza e spiana la strada affinché i popoli si sentano accompagnati in
diversi processi di vita evangelica. È presente inoltre un rinnovato senso
missionario da parte degli abitanti di questi stessi popoli, i quali portano
avanti la missione profetica e samaritana della Chiesa, che deve essere
rafforzata dall'apertura al dialogo con altre culture. Solo una Chiesa missionaria inserita e inculturata porterà alla nascita
di Chiese particolari autoctone, dal volto e dal cuore amazzonici, radicate
nelle culture e nelle tradizioni proprie dei popoli, unite nella stessa fede in
Cristo e diverse nel loro modo di viverla, esprimerla e celebrarla.
43.
Nella gente dell'Amazzonia troviamo insegnamenti di vita. I popoli originari e quelli che sono arrivati più tardi e hanno
forgiato la loro identità nella convivenza, sono portatori di valori culturali
in cui scopriamo i semi del Verbo. Nella selva, non solo la vegetazione è
intrecciata in quanto le specie si sostengono l’una con l'altra, ma anche i
popoli si relazionano tra loro in una rete di alleanze che porta vantaggi a
tutti. La selva vive di interrelazioni e interdipendenze e questo accade in
tutti gli ambiti della vita. Grazie a questo, il fragile equilibrio
dell'Amazzonia si è mantenuto per secoli.
44.
Il pensiero dei popoli indigeni offre
una visione integratrice della realtà, capace di comprendere le molteplici
connessioni esistenti tra tutto il creato. Ciò contrasta con la corrente
dominante del pensiero occidentale che tende a frammentare per comprendere la
realtà, ma poi non riesce ad articolare nuovamente l'insieme delle relazioni
tra i vari campi del sapere. La gestione tradizionale di ciò che la natura offre
loro è stata fatta nel modo che oggi chiamiamo ‘gestione sostenibile’. Troviamo
anche altri valori nei popoli originari quali la reciprocità, la solidarietà,
il senso di comunità, l'uguaglianza, la famiglia, la loro organizzazione
sociale e il senso del servizio.
45. L'avidità per la terra è alla radice dei
conflitti che portano all'etnocidio, così come all'assassinio e alla
criminalizzazione dei movimenti sociali e dei loro leader. La demarcazione e la
protezione del territorio è un obbligo degli Stati nazionali e dei loro
rispettivi governi. Tuttavia, buona parte dei territori indigeni non sono
protetti e quelli già delimitati stanno conoscendo un’invasione dovuta a fronti
estrattivi come l'estrazione mineraria e forestale, ai grandi progetti
infrastrutturali, a colture illecite e ai latifondi che promuovono la
monocoltura e l'allevamento estensivo del bestiame.
46. In questo modo, la Chiesa si
impegna a essere alleata dei popoli amazzonici per denunciare gli attentati
contro la vita delle comunità indigene, i progetti che incidono sull’ambiente,
la mancanza di demarcazione dei loro territori, nonché il modello economico di
sviluppo predatorio ed ecocida. La presenza della Chiesa tra le comunità indigene
e tradizionali ha bisogno di questa consapevolezza: la difesa della terra non
ha altro scopo che la difesa della vita.
47.
La vita dei popoli indigeni, meticci, che abitano lungo le rive dei fiumi,
contadini, ‘quilombolas’ e/o afro-discendenti e delle comunità tradizionali è
minacciata dalla distruzione, dallo sfruttamento ambientale e dalla sistematica
violazione dei loro diritti territoriali. È
necessario difendere i diritti all'autodeterminazione, alla demarcazione dei
territori e alla consultazione preventiva, libera e informata. Questi popoli
hanno “condizioni sociali, culturali ed economiche che li distinguono da altri
settori della comunità nazionale e che sono governati in tutto o in parte dai
propri costumi o tradizioni o da una legislazione speciale” (Organizzazione
Internazionale del Lavoro, Convenzione sui diritti dei popoli indigeni
e tribali, 1989 (169), art. 1, 1a). Per
la Chiesa, la difesa della vita, della comunità, della terra e dei diritti dei
popoli indigeni è un principio evangelico, in difesa della dignità umana: “Sono
venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (Gv 10,10b).
48. La Chiesa promuove la salvezza integrale
della persona umana, riconoscendo il valore della cultura dei popoli indigeni,
parlando dei loro bisogni vitali, accompagnando i movimenti nelle loro lotte
per i propri diritti. Il nostro servizio pastorale costituisce un servizio per
la vita piena dei popoli indigeni, che ci spinge ad annunciare la Buona Novella
del Regno di Dio e a denunciare le situazioni di peccato, le strutture di
morte, la violenza e l’ingiustizia, promuovendo il dialogo interculturale,
interreligioso ed ecumenico (cfr. DAp 95).
49.
Un capitolo specifico richiedono i
Popoli Indigeni in Isolamento Volontario (PIAV) o Popoli Indigeni in Isolamento
e Contatto iniziale (PIACI). In Amazzonia ci sono circa 130 popoli o porzioni
di popoli che non mantengono contatti sistematici o permanenti con la società
circostante. Gli abusi e le violazioni sistematiche del passato hanno provocato
la loro migrazione verso luoghi più inaccessibili, cercando protezione,
tentando di preservare la loro autonomia e scegliendo di limitare o evitare i
loro rapporti con terzi. Oggi continuano a vedere le loro vite minacciate
dall'invasione dei loro territori da fronti diversi e a causa dei loro numeri
ridotti, e si trovano esposti alla pulizia etnica e alla scomparsa. Nel suo
incontro del gennaio 2018 con i popoli indigeni a Puerto Maldonado, Papa
Francesco ci ricorda: "sono i più vulnerabili tra i vulnerabili (…)
Continuate a difendere questi fratelli più vulnerabili. La loro presenza ci
ricorda che non possiamo disporre dei beni comuni al ritmo dell'avidità e del
consumo". (Fr.PM). Un'opzione per la difesa dei PIAV/PIACI non esonera le
Chiese locali dalla responsabilità pastorale nei loro confronti.
50.
Questa responsabilità deve manifestarsi
in azioni specifiche per la difesa dei loro diritti, concretizzarsi in azioni
incisive affinché gli Stati assumano la difesa dei loro diritti attraverso la
garanzia legale e inviolabile dei territori che tradizionalmente occupano,
anche adottando misure precauzionali in quelle regioni dove ci sono solo segni
della loro presenza ma essa non è ufficialmente confermata, e stabilendo
meccanismi di cooperazione bilaterale tra gli Stati, quando questi gruppi
occupano spazi transfrontalieri. Il rispetto per la loro autodeterminazione e
per la loro libera scelta sul tipo di relazione che desiderano stabilire con
altri gruppi deve essere garantito in ogni momento. Ciò richiederà che tutto il
popolo di Dio, e specialmente le popolazioni vicine ai territori dei
PIAV/PIACI, sia sensibilizzato al rispetto per questi popoli e all'importanza
dell'inviolabilità dei loro territori. Come ha detto San Giovanni Paolo II
a Cuiabá, nel 1991 “La Chiesa, cari fratelli indios, è stata e continuerà a
stare sempre accanto a voi, per difendere la vostra dignità di esseri
umani, per difendere il vostro diritto ad avere una vita adeguata e tranquilla,
nel rispetto dei valori positivi delle vostre tradizioni, costumi e culture”
(San Giovanni Paolo II, Discorso durante l’incontro con i
rappresentanti delle popolazioni indigene del Brasile, in L’Osservatore
Romano di venerdì 18 ottobre 1991, p. 5).
51.
Cristo con l'incarnazione non ha
ritenuto un privilegio quello di essere come Dio e si è fatto uomo in una
cultura concreta per identificarsi con tutta l'umanità. L'inculturazione è
l'incarnazione del Vangelo nelle culture autoctone ("ciò che non si assume
non è redento", Sant'Ireneo, cfr. DP 400) e allo stesso
tempo l'introduzione di queste culture nella vita della Chiesa. In questo
processo i popoli sono protagonisti e accompagnati dai loro agenti pastorali e
dai loro pastori.
52.
La pietà popolare è un mezzo
importante che collega molti popoli dell'Amazzonia con il loro vissuto
spirituale, le loro radici culturali e la loro integrazione comunitaria. Sono
manifestazioni con cui il popolo esprime la propria fede, attraverso immagini,
simboli, tradizioni, riti e altri sacramentali. I pellegrinaggi, le processioni
e le feste patronali devono essere apprezzati, accompagnati, promossi e
talvolta purificati, poiché sono momenti privilegiati di evangelizzazione
che devono condurre all'incontro con Cristo. Le devozioni mariane sono
profondamente radicate in Amazzonia e in tutta l'America Latina.
53.
Caratteristica è la
non-clericalizzazione delle fraternità, delle confraternite e dei gruppi legati
alla pietà popolare. I laici assumono un protagonismo difficilmente
realizzabile in altri ambiti ecclesiali, con la partecipazione di fratelli e
sorelle che svolgono servizi e dirigono preghiere, benedizioni, canti sacri
tradizionali, animano novene, organizzano processioni, promuovono feste
patronali, ecc. È necessario “proporre una catechesi appropriata che accompagni
la fede già presente nella religiosità popolare. Un modo concreto potrebbe
essere quello di offrire un processo di iniziazione cristiana” (DAp 300),
che ci porta a somigliare sempre più a Gesù Cristo, suscitando la
progressiva assunzione dei suoi atteggiamenti (cf. idem).
54.
La teologia india, la teologia dal volto amazzonico e la pietà popolare sono
già ricchezze del mondo indigeno, della sua cultura e della sua spiritualità. Quando il missionario e l’agente pastorale
porta la parola del Vangelo di Gesù, si identifica con la cultura e così
avviene l'incontro da cui nasce la testimonianza, il servizio, l'annuncio e
l'apprendimento delle lingue. Il mondo indigeno con i suoi miti, la sua
narrativa, i suoi riti, i suoi canti, la sua danza e le sue espressioni
spirituali arricchisce l'incontro interculturale. Già Puebla riconosce
che “le culture non sono un terreno vuoto, carente di valori autentici.
L'evangelizzazione della Chiesa non è un processo di distruzione, ma di
consolidamento e rafforzamento di questi valori; un contributo alla crescita
dei ‘germi del Verbo’ presenti nelle culture” (DP 401, cfr. GS 57).
55.
Siamo tutti invitati ad avvicinarci ai popoli amazzonici su un piano di parità,
rispettando la loro storia, le loro culture, il loro stile di ‘buon vivere’
(Francesco, Discorso all’apertura dei lavori dell’Assemblea Speciale
del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica, 7 ottobre 2019). Il colonialismo è l'imposizione di certi
modi di vita di alcuni popoli su altri, siano a livello economico, culturale o
religioso. Rifiutiamo un'evangelizzazione in stile colonialista. Annunciare la
Buona Novella di Gesù implica riconoscere i germi del Verbo già presenti nelle
culture. L'evangelizzazione che oggi proponiamo per l'Amazzonia è l'annuncio
inculturato che genera processi di interculturalità, processi che promuovono la
vita della Chiesa con un'identità e un volto amazzonico.
56.
Nel compito evangelizzatore della
Chiesa, che non va confuso con il proselitismo, dobbiamo includere chiari
processi di inculturazione dei nostri metodi e schemi missionari. Nello
specifico, si propone che i centri di ricerca e quelli pastorali della Chiesa,
in collaborazione con le popolazioni indigene, studino, raccolgano e
sistematizzino le tradizioni dei gruppi etnici amazzonici per favorire un'opera
educativa che parta dalla loro identità e cultura, contribuisca alla promozione
e alla difesa dei loro diritti, ne conservi e diffonda il loro valore nel
panorama culturale latinoamericano.
57.
Le azioni educative vengono oggi
interpellate dalla necessità di inculturazione. Sono sfidate a cercare
metodologie e contenuti adeguati ai popoli in cui si vuole esercitare il
ministero dell'insegnamento. Per questo è importante la conoscenza delle loro
lingue, delle loro credenze e aspirazioni, dei loro bisogni e delle loro
speranze, nonché la costruzione collettiva di processi educativi che abbiano,
sia nella forma che nel contenuto, l'identità culturale delle comunità
amazzoniche, insistendo sulla formazione di un'ecologia integrale come asse
trasversale.
58.
La Chiesa si assume come compito
importante quello di promuovere l'educazione sanitaria preventiva e di offrire
assistenza sanitaria in luoghi dove l'intervento statale non arriva. Si
richiede di favorire iniziative di integrazione a beneficio della salute degli
amazzonici. È inoltre importante promuovere la condivisione sociale delle
conoscenze ancestrali nel campo della medicina tradizionale specifica di ogni
cultura.
59.
Tra le complessità del territorio amazzonico, segnaliamo la fragilità
dell'educazione, soprattutto tra i popoli indigeni. Sebbene l'educazione sia un diritto umano, la qualità educativa è
carente e gli abbandoni scolastici sono molto frequenti, soprattutto tra le
bambine. L'educazione evangelizza, promuove la trasformazione sociale,
rafforzando le persone per mezzo di un sano senso critico. “Una buona
educazione scolastica nell’infanzia e nell’adolescenza pone semi che possono
produrre effetti lungo tutta la vita” (LS 213). È nostro compito
promuovere un'educazione alla solidarietà che nasca dalla consapevolezza di
un'origine comune e di un futuro condiviso da tutti (cfr. LS 202).
È necessario esigere dai governi l’implementazione di un'educazione pubblica,
interculturale e bilingue.
60.
Il mondo, sempre più globalizzato e complesso, ha sviluppato una rete
informativa senza precedenti. Tuttavia, un tale flusso di informazioni rapide
non porta a una migliore comunicazione o collegamento tra i popoli. In
Amazzonia vogliamo promuovere una cultura comunicativa che favorisca il
dialogo, la cultura dell'incontro e la cura della "casa comune". Motivati da un'ecologia integrale, desideriamo
potenziare gli spazi di comunicazione già esistenti nella regione, al fine di
promuovere con urgenza una conversione ecologica integrale. Per questo, è
necessario collaborare per la formazione di agenti di comunicazione autoctoni,
soprattutto indigeni. Costoro non sono solo interlocutori privilegiati per
l'evangelizzazione e la promozione umana sul territorio, ma ci aiutano anche a
diffondere la cultura del "buon vivere" e della cura del creato.
61.
Per sviluppare i vari collegamenti con l'intera Amazzonia e migliorare la sua
comunicazione, la Chiesa vuole creare
una rete di comunicazione ecclesiale panamazzonica, che comprende i vari mezzi
utilizzati dalle Chiese particolari e da altri organismi ecclesiali. Il suo
contributo può avere risonanze ed aiutare nella conversione ecologica della
Chiesa e del pianeta. La REPAM [Rete
Ecclesiale Panamazzonica] può collaborare nella consulenza e nel supporto
ai processi di formazione, nel monitoraggio e nel rafforzamento della
comunicazione nella regione panamazzonica.
62.
In questo senso, proponiamo la creazione di una rete scolastica di educazione
bilingue per l'Amazzonia (simile a Fe y Alegría), che articoli
proposte educative che rispondano ai bisogni delle comunità, rispettando,
valorizzando e integrando al loro interno l'identità culturale e quella
linguistica.
63.
Vogliamo sostenere, appoggiare e
favorire le esperienze educative di educazione interculturale bilingue che già
esistono nelle giurisdizioni ecclesiastiche dell'Amazzonia e coinvolgere le università
cattoliche affinché lavorino e si impegnino in rete.
64.
Cercheremo nuove forme di educazione convenzionale e non convenzionale, come
l'educazione a distanza, secondo le esigenze dei luoghi, dei tempi e delle
persone.
“Io
sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (Gv 10,10)
65. Il nostro pianeta è un dono di Dio, ma sappiamo anche che stiamo vivendo
l'urgenza di agire di fronte a una crisi socio-ambientale senza precedenti. Abbiamo bisogno di una conversione
ecologica per rispondere adeguatamente. Quindi, come Chiesa amazzonica, di
fronte all'aggressione sempre maggiore contro il nostro bioma, minacciato di
scomparire con conseguenze tremende per il nostro pianeta, ci mettiamo in
cammino ispirati dalla proposta dell'ecologia integrale. Riconosciamo le ferite
causate dall'essere umano nel nostro territorio, vogliamo imparare dai nostri
fratelli e dalle nostre sorelle dei popoli originari, in un dialogo di saperi,
la sfida di dare risposte nuove cercando modelli di sviluppo giusto e solidale.
Vogliamo prenderci cura della nostra "casa comune" in Amazzonia e
proponiamo nuovi cammini per farlo.
66.
Dio ci ha dato la terra come dono e come
compito, per prenderci cura di essa e risponderne; noi non siamo i suoi
padroni. L'ecologia integrale ha il suo fondamento nel fatto che
“tutto (…) è intimamente connesso” (LS 16). Per questo motivo
l'ecologia e la giustizia sociale sono intrinsecamente unite (cfr. LS 137).
Con l'ecologia integrale emerge un nuovo paradigma di giustizia, poiché “un
vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve
integrare la giustizia nelle discussioni sull'ambiente, per ascoltare tanto il
grido della terra quanto il grido dei poveri” (LS 49).
L'ecologia integrale collega così l'esercizio della cura della natura con
quello della giustizia per i più impoveriti e svantaggiati della terra, che
sono l'opzione preferita da Dio nella storia rivelata.
67. È urgente affrontare lo
sfruttamento illimitato della "casa comune" e dei suoi abitanti. Una
delle principali cause di distruzione in Amazzonia è l'estrattivismo predatorio
che risponde alla logica dell'avidità, tipica del paradigma tecnocratico
dominante (cfr. LS 101). Di fronte alla pressante situazione
del pianeta e dell'Amazzonia, l'ecologia integrale non è una via in più che la
Chiesa può scegliere di fronte al futuro in questo territorio, è piuttosto
l'unica via possibile, perché non c'è nessun'altro cammino praticabile per
salvare la regione. La depredazione del territorio è accompagnata dallo
spargimento di sangue innocente e dalla criminalizzazione dei difensori
dell'Amazzonia.
68. La Chiesa fa parte di una
solidarietà internazionale che deve favorire e riconoscere il ruolo centrale
del bioma amazzonico per l'equilibrio del clima del pianeta; incoraggia la
comunità internazionale a fornire nuove risorse economiche per la sua tutela e
per la promozione di un modello di sviluppo giusto e solidale, con il
protagonismo e la partecipazione diretta delle comunità locali e dei popoli
originari in tutte le fasi, dalla progettazione all’implementazione,
rafforzando anche gli strumenti già sviluppati dalla Convenzione quadro
delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, Rio de Janeiro, 1992.
69. È scandaloso che i leader e
persino le comunità siano criminalizzati solo per aver rivendicato i loro
propri diritti. In tutti i Paesi amazzonici esistono leggi che riconoscono i
diritti umani, specialmente quelli dei popoli indigeni. Negli ultimi anni, la
regione amazzonica ha subito complesse trasformazioni, in cui i diritti umani
delle comunità sono stati colpiti da norme, politiche pubbliche e pratiche
incentrate principalmente sull'espansione delle frontiere estrattive delle
risorse naturali e sullo sviluppo di megaprogetti infrastrutturali, che
esercitano pressioni sui territori ancestrali indigeni. Questo è accompagnato,
secondo lo stesso rapporto, da una grave situazione di impunità nella regione
in riferimento alle violazioni dei diritti umani e delle barriere per ottenere
giustizia (cfr. Rapporto della Commissione Interamericana dei Diritti Umani
[CIDH-OSA], Situazione dei Diritti Umani dei popoli indigeni e tribali
della Panamazzonia, 29 settembre 2019, nn. 5 e 188).
70. Per i cristiani, l'interesse
e la preoccupazione per la promozione e il rispetto dei diritti umani, sia
individuali che collettivi, non è facoltativo. L’essere umano è creato a
immagine e somiglianza di Dio Creatore e la sua dignità è inviolabile. Ecco
perché la difesa e la promozione dei diritti umani non è solo un dovere
politico o un compito sociale, ma anche e soprattutto un'esigenza di fede.
Potremmo forse non essere in grado di modificare immediatamente il modello di
sviluppo distruttivo ed estrattivista imperante, ma abbiamo bisogno di sapere e
di mettere in chiaro quanto segue: dove ci collochiamo?, da che parte stiamo?,
quale prospettiva assumiamo?, come trasmettiamo la dimensione politica ed etica
della nostra parola di fede e di vita? Per questo motivo: a) denunciamo la
violazione dei diritti umani e la distruzione estrattiva; b) assumiamo e
sosteniamo le campagne di disinvestimento delle compagnie estrattive legate ai
danni socio-ecologici dell'Amazzonia, a partire dalle stesse istituzioni
ecclesiali e anche in alleanza con altre Chiese; c) chiediamo una transizione
energetica radicale e la ricerca di alternative: “La civiltà richiede energia,
ma l'uso dell'energia non deve distruggere la civiltà!” (Francesco, Discorso
ai partecipanti al Convegno “Transizione energetica e cura della casa comune”, 9
giugno 2018). Proponiamo di sviluppare programmi di abilitazione alla cura
della ‘casa comune’, che devono essere progettati da operatori pastorali e
altri fedeli, aperti a tutta la comunità, in "uno sforzo di formazione
delle coscienze" (LS 214).
71.
Constatiamo che l'intervento umano ha
perso il suo carattere "amichevole", per assumere un atteggiamento
vorace e predatorio che tende a spremere la realtà fino all'esaurimento di
tutte le risorse naturali disponibili. “Il paradigma tecnocratico tende ad
esercitare il proprio dominio anche sull'economia e sulla politica” (LS 109).
Per contrastare questo fenomeno, che
danneggia gravemente la vita, è necessario cercare modelli economici
alternativi, più sostenibili, più amichevoli nei riguardi della natura, con un
solido sostegno spirituale. Per questo motivo, insieme ai popoli
amazzonici, chiediamo che gli Stati smettano di considerare l'Amazzonia come
una dispensa inesauribile (cfr. Fr.PM). Vorremmo che sviluppino politiche di
investimento che abbiano, come condizione per ogni intervento, il rispetto di
elevati standard sociali ed ambientali e il principio fondamentale della
preservazione dell'Amazzonia. Per questo è necessario che contino sulla
partecipazione di Popoli Indigeni organizzati, di altre comunità amazzoniche e
delle diverse istituzioni scientifiche che stanno già proponendo modelli di
sfruttamento della foresta intatta. Il
nuovo paradigma dello sviluppo sostenibile deve essere socialmente inclusivo,
combinando conoscenze scientifiche e tradizionali per rafforzare le comunità
tradizionali e indigene, in maggioranza donne, e far sì che queste tecnologie
siano al servizio del benessere e della protezione delle foreste.
72.
Si tratta quindi di discutere il valore
reale che qualsiasi attività economica o estrattiva possiede, cioè il valore
che essa apporta e restituisce alla terra e alla società, considerando la
ricchezza che ne estrae e le sue conseguenze socio-ecologiche. Molte attività estrattive, come le grandi
miniere, in particolare quelle illegali, riducono sostanzialmente il valore
della vita amazzonica. Infatti, sradicano la vita dei popoli e i beni comuni
della terra, concentrando il potere economico e politico nelle mani di pochi.
Peggio ancora, molti di questi progetti distruttivi sono realizzati in nome del
progresso e sono sostenuti – o consentiti – da governi locali, nazionali e
stranieri.
73.
Insieme ai popoli amazzonici (cfr. LS 183)
e al loro orizzonte del ‘buon vivere’, chiediamo una conversione ecologica
individuale e comunitaria che salvaguardi un'ecologia integrale e un modello di
sviluppo in cui i criteri commerciali non siano al di sopra di quelli
ambientali e dei diritti umani. Vogliamo sostenere una cultura di pace e
rispetto – non di violenza e violazione – e un'economia incentrata sulla
persona che si prenda cura anche della natura. Pertanto, proponiamo di
elaborare alternative di sviluppo ecologico integrale a partire dalle
cosmovisioni che siano costruite con le comunità, salvaguardando la saggezza
ancestrale. Sosteniamo progetti che propongono un'economia solidale e
sostenibile, circolare ed ecologica, sia a livello locale che internazionale, a
livello di ricerca e nel campo d'azione, nei settori formali e informali. In
questo senso, sarebbe utile sostenere e promuovere esperienze di cooperative di
bioproduzione, riserve forestali e consumo sostenibile. Il futuro
dell'Amazzonia è nelle mani di tutti noi, ma dipende principalmente dal fatto
che abbandoniamo immediatamente il modello attuale che distrugge la foresta,
non porta benessere e mette in pericolo questo immenso tesoro naturale e i suoi
custodi.
74.
Spetta a tutti noi di essere custodi dell'opera di Dio. I protagonisti della cura, protezione e difesa dei diritti dei popoli e
dei diritti della natura in questa regione sono le stesse comunità amazzoniche.
Sono essi stessi gli attori del proprio destino, della propria missione. In
questo scenario, il ruolo della Chiesa è quello di alleata. Essi hanno espresso
chiaramente che vogliono che la Chiesa li accompagni, che cammini con loro e
non imponga loro un modo di essere particolare, un modo specifico di sviluppo
che ha poco a che fare con le loro culture, tradizioni e spiritualità. Essi
sanno come prendersi cura dell'Amazzonia, come amarla e proteggerla; ciò di cui
hanno bisogno è che la Chiesa li sostenga.
75.
La funzione della Chiesa è quella di
rafforzare questa capacità di sostegno e partecipazione. In questo modo
promuoviamo una formazione che tiene conto della qualità etica e spirituale
della vita delle persone a partire da una visione integrale. La Chiesa deve
innanzitutto prestare la massima attenzione alle comunità colpite da danni
socio-ambientali. Continuando con la tradizione ecclesiale latinoamericana,
dove figure come San Giuseppe de Anchieta, Bartolomeo de las Casas, i martiri
paraguaiani, morti a Rio Grande del Sud (Brasile) San Rocco González, San
Alfonso Rodríguez e San Juan del Castillo, tra gli altri, ci hanno insegnato
che la difesa dei popoli originari di questo Continente è intrinsecamente
legata alla fede in Gesù Cristo e alla sua Buona Novella. Oggi dobbiamo formare
agenti pastorali e ministri ordinati con una sensibilità socio-ambientale. Vogliamo una Chiesa che prenda il largo e
muova i suoi passi in favore dell’Amazzonia, promuovendo uno stile di vita in
armonia con il territorio, e allo stesso tempo con il ‘buon vivere’ di chi ci
abita.
76.
La Chiesa riconosce la saggezza dei
popoli amazzonici circa la biodiversità, una saggezza tradizionale che è un
processo vivo e sempre in azione. Il furto di queste conoscenze è la
biopirateria, una forma di violenza contro queste popolazioni. La Chiesa deve
contribuire a preservare e mantenere queste conoscenze, come anche le
innovazioni e le pratiche delle popolazioni, rispettando la sovranità dei Paesi
e le loro leggi che regolano l'accesso alle risorse genetiche e ai saperi
tradizionali associati. Per quanto possibile, essa dovrebbe aiutare queste
popolazioni a garantire che i benefici derivanti dall'utilizzo di queste
conoscenze, innovazioni e pratiche siano condivisi in un modello di sviluppo
sostenibile e inclusivo.
77.
Vi è l'urgente necessità di sviluppare
politiche energetiche che riducano drasticamente le emissioni di anidride
carbonica (CO2) e di altri gas legati al cambiamento climatico. Le
nuove energie pulite contribuiranno a promuovere la salute. Tutte le imprese
devono istituire sistemi di monitoraggio della catena di approvvigionamento per
garantire che la produzione che acquistano, creano o vendono sia prodotta in
modo socialmente e ambientalmente sostenibile. Inoltre, “l'accesso all'acqua
potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale,
perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per
l'esercizio degli altri diritti umani”. (LS 30). Questo diritto
è riconosciuto dalle Nazioni Unite (2010). Dobbiamo lavorare insieme affinché
il diritto fondamentale di accesso all'acqua pulita sia rispettato nel
territorio.
78.
La Chiesa opta per la difesa della vita, della terra e delle culture originarie
amazzoniche. Ciò comporterebbe l'accompagnamento dei popoli amazzonici nella
registrazione, sistematizzazione e diffusione di dati e informazioni sui loro
territori e sul loro status giuridico. Vogliamo dare priorità all'incidenza e
all'accompagnamento al fine di raggiungere la demarcazione dei territori, in
particolare di quelli dei PIACI o PIAV. Incoraggiamo gli Stati a rispettare i
loro obblighi costituzionali su tali questioni, compreso il diritto di accesso
all'acqua.
79.
La Dottrina sociale della Chiesa, che da
tempo si occupa della questione ecologica, si arricchisce oggi di una migliore
visione d’insieme che comprende il rapporto tra i popoli amazzonici e i loro
territori, sempre in dialogo con le loro conoscenze e e la loro sapienza
ancestrale. Per esempio, riconoscendo come riferimento indispensabile per la
nostra conversione a un'ecologia integrale il modo in cui i popoli indigeni si
relazionano con i loro territori e li proteggono. In questa luce vogliamo
creare ministeri per la cura della ‘casa comune’ in Amazzonia, la cui funzione
sia quella di prendersi cura del territorio e delle acque insieme alle comunità
indigene, e un ministero per l’accoglienza di coloro che sono sfollati dai loro
territori verso le città.
80.
Riaffermiamo il nostro impegno a difendere la vita nella sua interezza dal suo
concepimento al suo tramonto e la dignità di tutte le persone. La Chiesa è
stata ed è al fianco delle comunità indigene per salvaguardare il diritto a una
vita propria e tranquilla, rispettando i valori delle loro tradizioni, costumi
e culture, la preservazione dei fiumi e delle foreste, che sono spazi sacri,
fonte di vita e di saggezza. Sosteniamo gli sforzi di tanti che difendono
coraggiosamente la vita in tutte le sue forme e fasi. Il nostro servizio
pastorale costituisce un servizio alla vita piena dei popoli indigeni che ci
obbliga ad annunciare Gesù Cristo e la Buona Novella del Regno di Dio, a
contenere le situazioni di peccato, le strutture di morte, la violenza e le
ingiustizie interne ed esterne e a promuovere il dialogo interculturale,
interreligioso ed ecumenico.
81.
La difesa della vita dell'Amazzonia e dei
suoi popoli richiede una profonda conversione personale, sociale e strutturale.
La Chiesa è inclusa in questa chiamata a disimparare, imparare e reimparare per
superare così ogni tendenza ad assumere modelli colonizzatori che hanno causato
danni in passato. In questo senso è importante che siamo consapevoli della
forza del neocolonialismo, che è presente nelle nostre decisioni quotidiane, e
del modello di sviluppo predominante, che si esprime nel modello crescente
della monocoltura agricola, dei nostri mezzi di trasporto e dell'immaginario di
benessere derivante dal consumo che viviamo nella società e che ha implicazioni
dirette e indirette in Amazzonia. Di fronte a questo, a partire da un orizzonte
globale, ed anche ascoltando le voci delle Chiese sorelle, vogliamo abbracciare
una spiritualità di ecologia integrale, per promuovere la cura del creato. Per
raggiungere questo obiettivo dobbiamo essere una comunità di discepoli
missionari molto più partecipativa e inclusiva.
82. Proponiamo di definire
il peccato ecologico come un’azione o un’omissione contro Dio, contro il
prossimo, la comunità e l'ambiente. È un peccato contro le generazioni future e
si manifesta in atti e abitudini di inquinamento e distruzione dell'armonia
dell'ambiente, in trasgressioni contro i principi di interdipendenza e nella
rottura delle reti di solidarietà tra le creature (cfr. Catechismo
della Chiesa Cattolica, 340-344) e in azioni contro la virtù della
giustizia. Proponiamo, inoltre, di creare ministeri speciali per
la cura della ‘casa comune’ e la promozione dell'ecologia integrale a livello
parrocchiale e in ciascuna giurisdizione ecclesiastica, che abbiano tra le loro
funzioni la cura del territorio e delle acque, nonché la promozione dell'enciclica Laudato
si'. Assumere il programma pastorale, educativo ed incisivo dell'Enciclica Laudato
si' nei Capitoli V e VI a tutti i livelli e in tutte le strutture
della Chiesa.
83.
Come modo per riparare il debito ecologico che i Paesi hanno con l'Amazzonia,
proponiamo la creazione di un fondo mondiale per coprire parte dei bilanci di
quelle comunità presenti in Amazzonia che promuovono il loro sviluppo integrale
e autosostenibile, anche per proteggerle dal desiderio predatorio di aziende
nazionali e multinazionali di estrarre le loro risorse naturali.
84.
Adottare abitudini responsabili che rispettino e valorizzino i popoli
dell'Amazzonia, le loro tradizioni e la loro saggezza, proteggendo la terra e
cambiando la nostra cultura di eccessivo consumo, la produzione di rifiuti
solidi, stimolando il riutilizzo e il riciclaggio. Dobbiamo ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili e l'uso
della plastica modificando le nostre abitudini alimentari (consumo eccessivo di
carne e pesce/frutti di mare) mediante stili di vita più sobri. Impegnarsi
attivamente a seminare alberi, ricercando alternative sostenibili in
agricoltura, energia e mobilità nel rispetto dei diritti della natura e delle
persone. Promuovere l'educazione all'ecologia integrale a tutti i livelli,
promuovere nuovi modelli economici e iniziative che favoriscano una qualità di
vita sostenibile.
85.
Creare un osservatorio pastorale socio-ambientale, rafforzando la lotta per la
difesa della vita. Effettuare una diagnosi del territorio e dei suoi
conflitti socio-ambientali in ogni Chiesa locale e regionale, per poter
assumere una posizione, prendere decisioni e difendere i diritti dei più
vulnerabili. L'Osservatorio lavorerebbe in collaborazione con CELAM, CLAR,
Caritas, REPAM, Episcopati nazionali, Chiese locali, Università cattoliche,
CIDU, altri attori non ecclesiali del Continente e rappresentanti dei popoli
indigeni. Chiediamo inoltre che nel Dicastero per il Servizio dello Sviluppo
Umano Integrale venga creato un ufficio amazzonico che sia in relazione con
questo Osservatorio e con le altre istituzioni locali amazzoniche.
"Io
in loro e Tu in me, perché siano perfetti nell'unità" (Gv 17,23)
86. Per camminare uniti la Chiesa ha
bisogno di una conversione sinodale, sinodalità del Popolo di Dio sotto la
guida dello Spirito in Amazzonia. Con questo orizzonte di comunione e
partecipazione cerchiamo nuovi cammini ecclesiali, soprattutto nella
ministerialità e sacramentalità della Chiesa dal volto amazzonico. La vita
consacrata, i laici, e tra loro le donne, sono gli antichi protagonisti, ma
sempre nuovi, che ci chiamano a questa conversione.
87.
‘Sinodo’ è una parola antica, venerata
dalla Tradizione; indica il cammino che percorrono insieme i membri del popolo
di Dio; rimanda al Signore Gesù, che si presenta come "la Via, la Verità e
la Vita" (Gv 14,6), e al fatto che i cristiani furono
chiamati ‘i discepoli della Via’ (cfr. At 9,2); essere
sinodali significa seguire insieme “la via del Signore” (At 18,25).
La sinodalità è il modo di essere della Chiesa primitiva (cfr. At 15)
e deve essere il nostro. “Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e
tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il
Cristo” (1 Cor 12,12). La sinodalità caratterizza anche la Chiesa
del Vaticano II, intesa come Popolo di Dio, nell’eguaglianza e nella comune
dignità a fronte della diversità di ministeri, carismi e servizi. “Indica lo
specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio
che manifesta e realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare
insieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i
suoi membri alla sua missione evangelizzatrice”, cioè nel “coinvolgimento e
(nel)la partecipazione di tutto il Popolo di Dio alla vita e alla missione
della Chiesa" (CTI, La sinodalità nella vita e nella missione
della Chiesa, 2 marzo 2018, nn. 6-7).
88.
Per camminare insieme, la Chiesa oggi ha
bisogno di convertirsi all'esperienza sinodale. È necessario rafforzare una
cultura di dialogo, di ascolto reciproco, di discernimento spirituale, di
consenso e di comunione per trovare spazi e modalità al fine di giungere a
decisioni comuni e rispondere alle sfide pastorali. In questo modo, sarà
promossa la corresponsabilità nella vita della Chiesa in uno spirito di
servizio. È urgente camminare, proporre e assumere responsabilità per superare
il clericalismo e le imposizioni arbitrarie. La sinodalità è una dimensione
costitutiva della Chiesa. Non si può essere Chiesa senza riconoscere un
effettivo esercizio del sensus fidei di tutto il Popolo di
Dio.
89.
La Chiesa vive della comunione con il Corpo di Cristo attraverso il dono dello
Spirito Santo. Il cosiddetto Concilio Apostolico di Gerusalemme (cfr At 15; Gal 2,1-10)
è un evento sinodale in cui la Chiesa Apostolica, in un momento decisivo del
suo cammino, vive la sua vocazione alla luce della presenza del Signore risorto
in vista della missione. Questo evento si costituì nella figura paradigmatica
dei Sinodi della Chiesa e della sua vocazione sinodale. La decisione presa
dagli Apostoli, in accordo con tutta la comunità di Gerusalemme, è stata opera
dell'azione dello Spirito Santo che guida il cammino della Chiesa,
assicurandole la fedeltà al Vangelo di Gesù: "È parso bene, infatti, allo
Spirito Santo e a noi" (At 15,28). Tutta l'assemblea accettò
la decisione e la fece propria (cfr. At 15,22); poi la
comunità di Antiochia fece lo stesso (cfr. At 15,30-31).
Essere veramente ‘sinodale’ vuol dire avanzare in armonia sotto l'impulso dello
Spirito vivificante.
90.
La Chiesa in Amazzonia è chiamata a camminare nell'esercizio del discernimento,
che è il centro dei processi e degli eventi sinodali. Si tratta di determinare
e percorrere come Chiesa, attraverso l'interpretazione teologica dei segni dei
tempi, sotto la guida dello Spirito Santo, il cammino da seguire al servizio
del disegno di Dio. Il discernimento comunitario permette di scoprire la
chiamata che Dio fa sentire in ogni determinata situazione storica. Questa
Assemblea è un momento di grazia per esercitare l'ascolto reciproco, il dialogo
sincero e il discernimento comunitario per il bene comune del Popolo di Dio
nella Regione Amazzonica, e poi, nella fase di attuazione delle decisioni, per
continuare a camminare sotto l'impulso dello Spirito Santo nelle piccole
comunità, nelle parrocchie, nelle diocesi, nei vicariati, nelle’prelature’, e
in tutta la regione.
91.
Con audacia evangelica, vogliamo
implementare nuovi cammini per la vita della Chiesa e il suo servizio ad
un'ecologia integrale in Amazzonia. La sinodalità segna uno stile di vivere la
comunione e la partecipazione nelle Chiese locali che si caratterizza per il
rispetto della dignità e dell'uguaglianza di tutti i battezzati e le
battezzate, la complementarietà dei carismi e dei ministeri, il piacere di
riunirsi in assemblea per discernere insieme la voce dello Spirito. Questo
Sinodo ci offre l'occasione di riflettere su come strutturare le Chiese locali
in ogni regione e Paese, e di procedere a una conversione sinodale che indichi
percorsi comuni di evangelizzazione. La
logica dell'incarnazione insegna che Dio, in Cristo, si lega agli esseri umani
che vivono nelle "culture proprie dei popoli" (AG 9) e
che la Chiesa, Popolo di Dio inserito tra i popoli, ha la bellezza di un volto
pluriforme perché si radica in molte culture diverse (cfr. EG 116).
Questo si realizza nella vita e nella missione delle Chiese locali radicate in
ogni "grande territorio socio-culturale" (AG 22).
92.
Una Chiesa dal volto amazzonico ha bisogno che le sue comunità siano impregnate
di spirito sinodale, sostenute da strutture organizzative in accordo con questa
dinamica, come autentici organismi di ’comunione’. Le forme di esercizio della sinodalità sono varie, dovranno essere
decentralizzate nei loro diversi livelli (diocesano, regionale, nazionale,
universale), rispettose e attente ai processi locali, senza indebolire il
legame con le altre Chiese sorelle e con la Chiesa universale. Le forme
organizzative per l’esercizio della sinodalità possono essere varie. Stabiliscono
una sincronia tra la comunione e la partecipazione, tra la corresponsabilità e
la ministerialità di tutti, prestando particolare attenzione all'effettiva
partecipazione dei laici al discernimento e alla presa di decisioni,
rafforzando la partecipazione delle donne.
93.
Il rinnovamento del Concilio
Vaticano II pone i laici in seno al Popolo di Dio, in una Chiesa tutta
ministeriale, che ha nel sacramento del battesimo il fondamento dell'identità e
della missione di ogni cristiano. I laici sono i fedeli che, con il
battesimo sono stati incorporati a Cristo, costituiti così in popolo di Dio e,
in modo proprio, resi partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di
Cristo, per cui esercitano il loro ruolo nella missione propria di tutto il
popolo cristiano, nella Chiesa e nel mondo (cfr. LG 31). Da
questa triplice relazione, con Cristo, con la Chiesa e con il mondo, nasce la
vocazione e la missione del laicato. La
Chiesa in Amazzonia, in vista di una società giusta e solidale nella cura della
‘casa comune’, vuole fare dei laici attori privilegiati. Il loro modo di agire
è stato ed è vitale, sia nel coordinamento delle comunità ecclesiali,
esercitando alcuni ministeri, sia nel loro impegno profetico in un mondo
inclusivo per tutti, che ha nei suoi martiri una testimonianza che ci
interpella.
94.
Come espressione della corresponsabilità
di tutti i battezzati nella Chiesa e dell'esercizio del sensus fidei di
tutto il Popolo di Dio, sono nate le assemblee e i consigli pastorali in tutti
gli ambiti ecclesiali, come pure le equipe di coordinamento dei diversi servizi
pastorali ed i ministeri affidati ai laici. Riconosciamo la necessità di
rafforzare e ampliare gli spazi di partecipazione del laicato, sia nella
consultazione che nella presa di decisioni, nella vita e nella missione della
Chiesa.
95.
Sebbene la missione nel mondo sia compito di ogni battezzato, il Concilio
Vaticano II ha sottolineato la missione del laicato: "l'attesa di una
terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel
lavoro relativo alla terra presente" (GS 39). Per la Chiesa
amazzonica è urgente che si promuovano e si conferiscano ministeri a uomini e
donne in modo equo. Il tessuto della Chiesa locale, anche in Amazzonia, è
garantito dalle piccole comunità ecclesiali missionarie che coltivano la fede,
ascoltano la Parola e celebrano insieme, essendo vicine alla vita della gente. È la Chiesa degli uomini e delle donne
battezzati che dobbiamo consolidare promuovendo la ministerialità e, soprattutto,
la consapevolezza della dignità battesimale.
96.
Inoltre, il Vescovo può affidare, con un
mandato a tempo determinato, in assenza di sacerdoti, l'esercizio della cura
pastorale delle comunità ad una persona non investita del carattere sacerdotale,
che sia membro della stessa comunità. Devono essere evitati i personalismi e
quindi sarà un incarico a rotazione. Il Vescovo potrà costituire questo
ministero in rappresentanza della comunità cristiana con un mandato ufficiale
attraverso un atto rituale, affinché la persona responsabile della comunità sia
riconosciuta anche a livello civile e locale. Resterà sempre il sacerdote, con
la potestà e la facoltà di parroco, ad essere il responsabile della comunità.
97.
Il testo evangelico – “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha
consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio”
(Lc 4,18) - esprime una convinzione che anima la missione della
vita consacrata in Amazzonia, inviata ad annunciare la Buona Notizia
nell’accompagnamento prossimo ai popoli indigeni, ai più vulnerabili e ai più
lontani, a partire da un dialogo e da un annuncio che rende possibile una
profonda conoscenza della spiritualità. Una vita consacrata con esperienze
intercongregazionali e interistituzionali può rimanere in quelle comunità, dove
nessuno vuole stare e con le quali nessuno vuole stare, imparando da loro e
rispettando la cultura e le lingue indigene per arrivare al cuore dei popoli.
98.
La missione, mentre contribuisce ad
edificare e consolidare la Chiesa, rafforza e rinnova la vita consacrata e la
chiama con più forza a riprendere ciò che è il più puro della sua ispirazione
originaria. In questo modo la sua testimonianza sarà profetica e fonte di nuove
vocazioni religiose. Proponiamo di scommettere su una vita consacrata con
identità amazzonica, rafforzando le vocazioni autoctone. Sosteniamo
l'inserimento e l'itineranza delle persone consacrate, insieme ai più
impoveriti ed esclusi. I processi formativi devono includere una focalizzazione
a partire dall’interculturalità, dall'inculturazione e dal dialogo tra le
spiritualità e le cosmovisioni amazzoniche.
99.
La Chiesa in Amazzonia vuole “allargare gli spazi per una presenza femminile più
incisiva nella Chiesa” (EG 103). “Non riduciamo l’impegno delle
donne nella Chiesa, bensì promuoviamo il loro ruolo attivo nella comunità
ecclesiale. Se la Chiesa perde le donne, nella sua dimensione totale e reale,
la Chiesa rischia la sterilità” (Francesco, Incontro con l'Episcopato
brasiliano, Rio de Janeiro, 27 luglio 2013).
100.
Il Magistero della Chiesa a partire dal Concilio Vaticano II ha messo
in risalto il posto da protagonista che la donna occupa in essa: “Ma viene
l’ora, l’ora è venuta, in cui la vocazione della donna si completa in pienezza,
l’ora in cui la donna acquista nella società un’influenza, un irradiamento, un
potere finora mai raggiunto. È per questo, in questo momento nel quale
l’umanità sperimenta una così profonda trasformazione, che le donne imbevute dello
spirito del Vangelo possono tanto per aiutare l’umanità a non decadere” (Paolo
VI, Messaggio alle donne alla conclusione del Concilio Vaticano II,
8 dicembre 1965).
101.
La saggezza dei popoli ancestrali
afferma che la madre terra ha un volto femminile. Nel mondo indigeno e in
quello occidentale, le donne sono coloro che lavorano in molteplici campi,
nell'istruzione dei figli, nella trasmissione della fede e del Vangelo; sono
una presenza testimoniante e responsabile nella promozione umana, per cui si
chiede che la voce delle donne sia ascoltata, che siano consultate e
partecipino alle prese di decisioni e, in questo modo, possano contribuire con
la loro sensibilità alla sinodalità ecclesiale. Apprezziamo la funzione della
donna, riconoscendo il suo ruolo fondamentale nella formazione e nella
continuità delle culture, nella spiritualità, nelle comunità e nelle famiglie.
È necessario che ella assuma con maggiore forza la sua leadership in seno alla
Chiesa e che la Chiesa riconosca ciò e lo promuova, rafforzando la sua
partecipazione nei consigli pastorali delle parrocchie e delle diocesi, come
anche nelle istanze di governo.
102.
Di fronte alla realtà che soffrono le
donne vittime di violenza fisica, morale e religiosa, femminicidio compreso, la
Chiesa si pone in difesa dei loro diritti e le riconosce come protagoniste e
custodi del creato e della ‘casa comune’. Riconosciamo la ministerialità che
Gesù ha riservato alle donne. È necessario promuovere la formazione delle donne
attraverso studi di teologia biblica, teologia sistematica, diritto canonico,
valorizzando la loro presenza nelle organizzazioni e la loro leadership all'interno
e all'esterno dell'ambiente ecclesiale. Vogliamo rafforzare i legami familiari,
soprattutto per le donne migranti. Assicuriamo il loro posto negli spazi di
leadership e nelle loro competenze specifiche. Chiediamo la revisione del Motu
Proprio Ministeria quædam di San Paolo VI, affinché anche
donne adeguatamente formate e preparate possano ricevere i ministeri del
Lettorato e dell’Accolitato, tra gli altri che possono essere svolti. Nei nuovi contesti di evangelizzazione e di
pastorale in Amazzonia, dove la maggior parte delle comunità cattoliche sono
guidate da donne, chiediamo che venga creato il ministero istituito di "donna
dirigente di comunità", dando ad esso un riconoscimento, nel servizio alle
mutevoli esigenze di evangelizzazione e di attenzione alle comunità.
103.
Nelle numerose consultazioni che si sono svolte in Amazzonia, è stato
riconosciuto e sottolineato il ruolo fondamentale delle religiose e delle
laiche nella Chiesa amazzonica e nelle sue comunità, visti i molteplici servizi
che offrono. In molte di queste consultazioni
è stata avanzata la richiesta del diaconato permanente per le donne. Per questo
motivo il tema è stato anche molto presente durante il Sinodo. Già nel 2016,
Papa Francesco aveva creato una Commissione di studio sul diaconato
delle donne che, come Commissione, è arrivata ad un risultato parziale
su come era la realtà del diaconato delle donne nei primi secoli della Chiesa e
sulle sue implicazioni attuali. Ci piacerebbe pertanto condividere le
nostre esperienze e riflessioni con la Commissione e attenderne i risultati.
104.
Per la Chiesa amazzonica, è urgente la
promozione, la formazione e il sostegno ai diaconi permanenti a causa
dell'importanza di questo ministero nella comunità e, in modo particolare, a
motivo del servizio ecclesiale richiesto da molte comunità, specialmente
dai popoli indigeni. Le specifiche esigenze pastorali delle comunità cristiane
amazzoniche ci portano ad una più ampia comprensione del diaconato, un servizio
che esiste fin dall'inizio della Chiesa e che è stato riproposto come grado
autonomo e permanente dal Concilio Vaticano II (cfr. LG 29, AG 16, OE 17).
Il diaconato oggi deve anche promuovere
l'ecologia integrale, lo sviluppo umano, la pastorale sociale, il servizio a
chi si trova in condizioni di vulnerabilità e povertà, configurandolo a Cristo
Servo, diventando una Chiesa misericordiosa, samaritana, solidale e diaconale.
105.
I presbiteri devono tenere in conto che il diacono è al servizio della comunità
per mandato e sotto l'autorità del vescovo, e che hanno l'obbligo di sostenere
i diaconi permanenti e di agire in comunione con loro. Si deve tenere presente
il mantenimento dei diaconi permanenti. Questo include il processo vocazionale
secondo i criteri di ammissione. Le motivazioni del candidato devono essere
orientate al servizio e alla missione del diaconato permanente nella Chiesa e
nel mondo di oggi. Il progetto formativo si divide tra studio accademico e
pratica pastorale, accompagnato da un'équipe formativa e dalla comunità
parrocchiale, con contenuti e itinerari adattati ad ogni realtà locale. È
auspicabile che anche la moglie ed i figli partecipino al processo di
formazione.
106.
Il programma di studi (curriculum) per la formazione al diaconato
permanente, oltre alle materie obbligatorie, deve includere temi che
favoriscano il dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale, la storia
della Chiesa in Amazzonia, l'affettività e la sessualità, la cosmovisione
indigena, l'ecologia integrale e altri temi trasversali tipici del ministero
diaconale. L'équipe dei formatori sarà composta da ministri ordinati e laici
competenti, in linea con il Direttorio del diaconato
permanente approvato in ogni Paese. Vogliamo incoraggiare, sostenere e
accompagnare personalmente il processo vocazionale e la formazione di futuri
diaconi permanenti nelle comunità che abitano sulle rive dei fiumi e in quelle
indigene, con la partecipazione di parroci, religiosi e religiose. Infine, che
ci sia un programma di accompagnamento alla formazione permanente
(spiritualità, formazione teologica, questioni pastorali, attualizzazione dei
documenti della Chiesa, ecc.), sotto la guida del Vescovo.
107.
"Vi darò pastori secondo il mio cuore" (Ger 3, 15).
Questa promessa, essendo divina, è valida per tutti i tempi e in tutti i
contesti, quindi vale anche per l'Amazzonia. Destinata a configurare il sacerdote a Cristo, la formazione al
ministero ordinato deve essere una scuola comunitaria di fraternità,
esperienziale, spirituale, pastorale e dottrinale, a contatto con la realtà
delle persone, in armonia con la cultura e la religiosità locale, vicina ai
poveri. Abbiamo l’esigenza di preparare buoni pastori che vivano la Buona
Notizia del Regno, conoscano le leggi canoniche, siano compassionevoli, il più
possibile simili a Gesù, la cui pratica sia quella di fare la volontà del
Padre, alimentati dall'Eucaristia e dalla Sacra Scrittura. Quindi, una formazione
più biblica, nel senso di assimilazione a Gesù come si mostra nei Vangeli:
vicino alle persone, capace di ascoltare, di guarire, di consolare
pazientemente, non chiedendo niente, ma manifestando la tenerezza del cuore di
suo Padre.
108.
Per offrire ai futuri presbiteri delle Chiese in Amazzonia una formazione dal
volto amazzonico, inserita e adatta alla realtà, contestualizzata e capace di
rispondere alle numerose sfide pastorali e missionarie, proponiamo un piano
formativo in linea con le sfide delle Chiese locali e della realtà amazzonica.
Deve includere nei contenuti accademici discipline che si occupino di ecologia
integrale, di eco-teologia, di teologia della creazione, di teologie indie, di
spiritualità ecologica, di storia della Chiesa in Amazzonia, di antropologia
culturale amazzonica, ecc. I centri di formazione alla vita sacerdotale e
consacrata devono preferibilmente inserirsi nella realtà amazzonica, al fine di
favorire il contatto del giovane amazzonico in formazione con la sua realtà, mentre
si prepara alla sua futura missione, garantendo così che il processo di
formazione non si allontani dal contenuto vitale delle persone e della loro
cultura. Si offra, inoltre, ad altri giovani non amazzonici l'opportunità di
svolgere la propria formazione in Amazzonia, in modo da favorire le vocazioni
missionarie.
109.
Secondo il Concilio Vaticano II, la
partecipazione all'Eucaristia è la fonte e il culmine di tutta la vita
cristiana; è il simbolo dell’unità del Corpo Mistico; è il centro e il culmine
di tutta la vita della comunità cristiana. L'Eucaristia contiene tutto il bene
spirituale della Chiesa; è la fonte e il culmine di ogni evangelizzazione.
Facciamo eco alla frase di san Giovanni Paolo II: "La Chiesa vive
dell'Eucaristia" (Ecclesia de Eucharistia, 1). L'Istruzione della
Congregazione per il Culto Divino Redemptionis sacramentum (2004)
insiste affinché i fedeli godano del diritto alla celebrazione eucaristica come
stabilito nei libri e nelle norme liturgiche. Tuttavia sembra strano parlare del diritto a una celebrazione
eucaristica secondo quanto prescritto, mentre non si parla del diritto ancor
più fondamentale di accesso all'Eucaristia per tutti: "Nell'Eucaristia è
già realizzata la pienezza, ed è il centro vitale dell'universo, il centro
traboccante di amore e di vita inesauribile. Unito al Figlio incarnato,
presente nell'Eucaristia, tutto il cosmo rende grazie a Dio. In effetti
l'Eucaristia è di per sé un atto di amore cosmico” (LS 236).
110.
Esiste un diritto della comunità alla
celebrazione, il quale deriva dall'essenza dell'Eucaristia e dal suo posto
nell'economia di salvezza. La vita sacramentale è l'integrazione delle varie
dimensioni della vita umana nel Mistero Pasquale, che ci rafforza. Per questo
motivo le comunità vive reclamano davvero la celebrazione dell'Eucaristia. Essa
è, senza dubbio, il punto di arrivo (culmine e compimento) della comunità; ma,
allo stesso tempo, è il punto di partenza: di incontro, di riconciliazione, di
apprendimento e catechesi, di crescita comunitaria.
111.
Molte delle comunità ecclesiali del
territorio amazzonico hanno enormi difficoltà di accesso all'Eucaristia. A
volte trascorrono non solo mesi, ma addirittura diversi anni prima che un
sacerdote possa tornare in una comunità per celebrare l'Eucaristia, offrire il
sacramento della Riconciliazione o celebrare l’Unzione degli Infermi per i malati
della comunità. Apprezziamo il celibato
come dono di Dio (cfr. Sacerdotalis Caelibatus, 1) nella misura
in cui questo dono permette al discepolo missionario, ordinato al presbiterato,
di dedicarsi pienamente al servizio del Santo Popolo di Dio. Esso stimola la
carità pastorale e preghiamo che ci siano molte vocazioni che vivono il
sacerdozio celibatario. Sappiamo che
questa disciplina “non è richiesta dalla natura stessa del sacerdozio” (PO 16),
sebbene vi sia per molte ragioni un rapporto di convenienza con esso. Nella
sua enciclica sul celibato sacerdotale, san Paolo VI ha mantenuto questa legge,
esponendo le motivazioni teologiche, spirituali e pastorali che la motivano.
Nel 1992, l'esortazione post-sinodale di san Giovanni Paolo II sulla formazione
sacerdotale ha confermato questa tradizione nella Chiesa latina (PDV 29).
Considerando che la legittima diversità
non nuoce alla comunione e all'unità della Chiesa, ma la manifesta e ne è al
servizio (cfr. LG 13; OE 6), come testimonia
la pluralità dei riti e delle discipline esistenti, proponiamo che, nel quadro
di Lumen gentium 26, l’autorità competente stabilisca
criteri e disposizioni per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti
dalla comunità, i quali, pur avendo una famiglia legittimamente costituita e
stabile, abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione
adeguata per il presbiterato al fine di sostenere la vita della comunità
cristiana attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei
Sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica. A questo proposito,
alcuni si sono espressi a favore di un approccio universale all'argomento.
Nuovi cammini per la
sinodalità ecclesiale
112.
La maggior parte delle Diocesi, delle Prelature e dei Vicariati dell'Amazzonia
sono costituiti da territori estesi, hanno pochi ministri ordinati e scarse
risorse finanziarie, manifestando notevoli difficoltà per sostenere la
missione. Il ‘costo dell'Amazzonia’ ha gravi ripercussioni
sull'evangelizzazione. Di fronte a questa realtà, è necessario riprogettare il modo in cui sono organizzate le Chiese
locali, ripensare le strutture di comunione a livello provinciale, regionale e
nazionale, e anche dal punto di vista pan-amazzonico. Pertanto, è necessario
articolare spazi sinodali e generare reti di sostegno solidale. È urgente
superare le frontiere che la geografia impone e costruire ponti che uniscano.
Il Documento di Aparecida insisteva già sul fatto che le Chiese locali generino
forme di associazione interdiocesana in ogni nazione o tra Paesi di una stessa
regione e che favoriscano una maggiore cooperazione tra le Chiese sorelle
(cfr. DAp 182). In vista di una Chiesa presente, solidale e
samaritana proponiamo: ridimensionare le vaste aree geografiche delle diocesi,
dei vicariati e delle ‘prelature’; creare un fondo amazzonico per il sostegno
all'evangelizzazione; sensibilizzare e incoraggiare le agenzie internazionali
di cooperazione cattolica a sostenere le attività di evangelizzazione al di là
dei progetti sociali.
113. Nel
2015, durante la commemorazione del 50° anniversario dell'istituzione del
Sinodo dei Vescovi da parte di San Paolo VI, Papa Francesco ci ha invitato a
rinnovare la comunione sinodale ai vari livelli della vita della Chiesa:
locale, regionale e universale. La
Chiesa sta sviluppando una rinnovata comprensione della sinodalità su scala
regionale. Sostenuta dalla tradizione, la Commissione Teologica Internazionale
afferma: “Il livello regionale nell'esercizio della sinodalità è quello vissuto
nei raggruppamenti di Chiese particolari presenti in una stessa regione: una
Provincia, come avveniva soprattutto nei primi secoli della Chiesa, o un Paese,
un Continente o parte di esso” (CTI, La sinodalità nella vita e nella missione
della Chiesa, 2 marzo 2018, n. 85). L'esercizio della sinodalità a questo
livello rafforza i legami spirituali e istituzionali, favorisce lo scambio di
doni e aiuta a progettare criteri pastorali comuni. La pastorale sociale
congiunta delle Diocesi situate alle frontiere dei Paesi deve essere rafforzata
per affrontare problemi comuni che vanno oltre l’ambito locale, come lo
sfruttamento delle persone e del territorio, il traffico di droga, la
corruzione, la tratta di esseri umani, ecc. Il fenomeno migratorio deve essere
affrontato in modo coordinato dalle Chiese di frontiera.
114.
Proponiamo che venga istituita
un'Università Cattolica Amazzonica basata sulla ricerca interdisciplinare
(compresi gli studi sul campo), l'inculturazione e il dialogo interculturale;
che la teologia inculturata comprenda la formazione congiunta per i ministeri
laici e la formazione dei sacerdoti, fondata principalmente sulla Sacra
Scrittura. Le attività di ricerca, educazione e divulgazione dovrebbero
includere programmi di studio ambientale (conoscenze teoriche basate sulla
saggezza dei popoli che vivono nella regione amazzonica) e studi etnici
(descrizione delle diverse lingue, ecc.). La formazione degli insegnanti, l'insegnamento
e la produzione di materiale didattico deve rispettare i costumi e le
tradizioni dei popoli indigeni, elaborando materiale didattico inculturato e
svolgendo attività di divulgazione in diversi Paesi e regioni. Chiediamo alle
università cattoliche dell'America Latina di contribuire alla creazione
dell'Università Cattolica Amazzonica e di accompagnarne lo sviluppo.
115. Proponiamo di creare un organismo
episcopale che promuova la sinodalità tra le Chiese della regione, che aiuti a
delineare il volto amazzonico di questa Chiesa e che continui il compito di
trovare nuovi cammini per la missione evangelizzatrice, includendo in special
modo la proposta dell’ecologia integrale, rafforzando così la fisionomia della
Chiesa amazzonica. Si tratterebbe di un organismo episcopale permanente e
rappresentativo che promuove la sinodalità nella regione amazzonica, articolato
con il CELAM, con una propria struttura, in un’organizzazione semplice ed
articolato anche con la REPAM. In questo modo può essere il canale efficace
per assumere, a partire dal territorio della Chiesa latinoamericana e
caraibica, molte delle proposte emerse in questo Sinodo. Sarebbe il nesso in
grado di articolare reti e iniziative ecclesiali e socio-ambientali a livello
continentale e internazionale.
116.
Il Concilio Vaticano II ha aperto spazi per il pluralismo liturgico
per le “legittime diversità e i legittimi adattamenti ai vari gruppi etnici,
regioni, popoli” (SC 38). In
questo senso, la liturgia deve rispondere alla cultura perché sia fonte e
culmine della vita cristiana (cfr. SC 10) e perché si senta
collegata alle sofferenze e alle gioie del popolo. Dobbiamo dare una risposta
autenticamente cattolica alla richiesta delle comunità amazzoniche di adattare
la liturgia valorizzando la cosmovisione, le tradizioni, i simboli e i riti
originali che includano la dimensione trascendente, comunitaria ed ecologica.
117. Nella Chiesa cattolica ci sono 23 diversi
Riti, segno evidente di una tradizione che fin dai primi secoli ha cercato di
inculturare i contenuti della fede e la sua celebrazione attraverso un
linguaggio il più possibile coerente con il mistero che si vuole esprimere.
Tutte queste tradizioni hanno origine in funzione della missione della Chiesa:
“Le Chiese di una stessa area geografica e culturale sono giunte a celebrare il
Mistero di Cristo con espressioni particolari, culturalmente caratterizzate:
nella tradizione del ‘deposito della fede’, nel simbolismo liturgico,
nell'organizzazione della comunione fraterna, nella comprensione teologica dei
misteri e in varie forme di santità” (CCC 1202; cfr. anche CCC 1200-1206).
118. È necessario che la Chiesa,
nella sua instancabile opera evangelizzatrice, operi perché il processo di
inculturazione della fede si esprima nelle forme più coerenti, affinché sia
celebrato e vissuto anche secondo le lingue proprie dei popoli amazzonici. È
urgente formare commissioni per la
traduzione e la redazione di testi biblici e liturgici nelle lingue proprie dei
diversi luoghi, con le risorse necessarie, preservando la materia dei
sacramenti e adattandoli alla forma, senza perdere di vista l'essenziale. In
questo senso è necessario incoraggiare la musica e il canto, il tutto accettato
e incoraggiato dalla liturgia.
119.
Il nuovo organismo della Chiesa in
Amazzonia deve costituire una commissione competente per studiare e dialogare,
secondo gli usi e i costumi dei popoli ancestrali, in vista dell'elaborazione
di un rito amazzonico che esprima il patrimonio liturgico, teologico,
disciplinare e spirituale dell'Amazzonia, con particolare riferimento a quanto
afferma la Lumen gentium per
le Chiese orientali (cfr. LG 23). Questo si aggiungerebbe
ai riti già presenti nella Chiesa, arricchendo l'opera di evangelizzazione, la
capacità di esprimere la fede in una cultura propria, il senso di
decentralizzazione e di collegialità che la cattolicità della Chiesa può
esprimere. Si potrebbe anche studiare per proporre come arricchire i riti
ecclesiali con il modo in cui questi popoli si prendono cura del loro
territorio e si relazionano con le sue acque.
120. Concludiamo
sotto la protezione di Maria, Madre dell'Amazzonia, venerata con vari titoli in
tutta la regione. Per sua intercessione, chiediamo che questo Sinodo sia
espressione concreta della sinodalità, affinché la vita piena che Gesù è venuto
a portare nel mondo (cfr. Gv 10,10) possa raggiungere tutti,
specialmente i poveri, e contribuire alla cura della ‘casa comune’. Che Maria,
Madre dell'Amazzonia, accompagni il nostro camminare; a San Giuseppe, fedele
custode di Maria e di suo Figlio Gesù, consacriamo la nostra presenza
ecclesiale in Amazzonia, una Chiesa dal volto amazzonico e in uscita
missionaria.