La democrazia come via della pace
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Democracy as a way to peace
After the Italian text, there is the
English translation made with the help of Google Translate
Among the news today: people all over the world continued to act
like an idiot…
This almost always hasn't had positive outcomes
[dalla striscia di fumetti Dilbert
di Scott Adams, pubblicata su Linus n.3/2014]
[from Scott Adams' Dilbert comic strip, published on Linus n.3 /
2014]
Il processo di pace è quindi un impegno che dura nel tempo. È un
lavoro paziente di ricerca della verità e della giustizia, che onora la memoria
delle vittime e che apre, passo dopo passo, a una speranza comune, più forte
della vendetta. In uno Stato di diritto, la
democrazia può essere un paradigma significativo di questo processo, se è
basata sulla giustizia e sull’impegno a salvaguardare i diritti di ciascuno,
specie se debole o emarginato, nella continua ricerca della verità. Si tratta di una costruzione sociale e di
un’elaborazione in divenire, in cui ciascuno porta responsabilmente il proprio
contributo, a tutti i livelli della collettività locale, nazionale e mondiale.
Come sottolineava San Paolo VI, «la duplice
aspirazione all’uguaglianza e alla partecipazione è diretta a promuovere un
tipo di società democratica […]. Ciò sottintende l’importanza dell’educazione
alla vita associata, dove, oltre l’informazione sui diritti di ciascuno, sia
messo in luce il loro necessario correlativo: il riconoscimento dei doveri nei
confronti degli altri. Il significato e la pratica del dovere sono condizionati
dal dominio di sé, come pure l’accettazione delle responsabilità e dei limiti
posti all’esercizio della libertà dell’individuo o del gruppo».[dalla
Lettera apostolica Nell’ottantesimo
anniversario (della pubblicazione dell’enciclica Le novità - Rerum Novarum) - Octogesima adveniens (14
maggio 1971), 24]
[dal Messaggio del papa Francesco per la celebrazione della 53°
Giornata mondiale della Pace, il 1° gennaio 2020]
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La definizione di democrazia, come ai tempi nostri la si intende, contenuta
nel Messaggio per la Giornata della pace 2020 del Papa è la più precisa e
appropriata di sempre, nella dottrina sociale cattolica. Quest’ultima
contiene raccomandazioni per la costruzione delle società secondo i valori della
fede e fu iniziata ad essere diffusa con l’enciclica Le novità - Rerum Novarum, pubblicata nel 1891 sotto l’autorità del
papa Vincenzo Gioacchino Pecci - Leone 13°, in particolare per prendere
posizione sugli sviluppi democratici delle società dominate dalle culture degli
europei e sul socialismo. A lungo la politica, che appunto significa costruzione delle società, fu però
considerata come esterna all’impegno religioso, una via per creare un ambiente
favorevole all’evangelizzazione che però doveva accuratamente rimanere separata
dalle attività religiose. Dal 1931, con l’enciclica Il Quarantennale - Quadragesimo anno [dell’enciclica Le Novità], del papa Achille Ratti - Pio 11°, fu invece deliberato
di intenderla anche come manifestazione di impegno religioso, in particolare
della carità in senso evangelico,che comprende anche il valore cristiano della pace. La dottrina sociale ha
poi continuato seguendo quell’orientamento, con i radiomessaggi del papa
Eugenio Pacelli - Pio XII dal 1939 al 1945, base ideologica dei cattolici
europei per la costruzione di una nuova Europa dopo la liberazione dai fascismi
che l’avevano dominata dagli anni ’20 al 1945, e poi dalle encicliche Madre e
maestra - Mater et Magistra (1959) e La
pace in terra - Pacem in terris (1963),
diffuse dal papa Angelo Giuseppe Roncalli - Giovanni 23°, fino
all’enciclica Laudato si’ (2015), del
papa Jorge Mario Bergoglio - Francesco,
passando per i documenti deliberati dal Concilio Vaticano 2° (1962-1965), la
Lettera apostolica L’ottantesimo
anniversario- Octogesima Adveniens (1971), del papa Giovanni Battista
Montini, le encicliche sociali del papa Karol Wojtyla Il Redentore dell’uomo - Redemptor hominis (1979), Lavorando - Laborem Exercens (1981), La sollecitudine sociale - Sollicitudo Rei
socialis (1987) [che furono il fondamento ideologico della rivoluzione
polacca degli anni ‘80], Il Centenario [dall’enciclica
Rerum novarum] - Centesimus annus (1991) e l’enciclica Carità nella verità - Caritas in
veritate (2009) del papa Joseph Razinger - Benedetto 16°. Ma, a causa della
storica e profonda diffidenza della gerarchia cattolica per i processi
democratici in genere, ma in particolare per quelli che si sono sviluppati
nell’età contemporanea, fortemente influenzati dai socialismi europei, in tutta
quella dottrina sociale non si è mai accettata, in fondo, la democrazia come potere di tutti, quindi come potere
largamente condiviso per porre limiti inderogabili, fondati su valori, ad ogni tipo di autorità pubblica. In genere
gli autori dei documenti della dottrina sociale si rivolgono ai politici, intesi come ceto che esercita
l’autorità civile, per far loro prediche morali e per cercare forme di concordato basate sui rispettivi
interessi. E’ mancato il riconoscimento della legittimazione politica dei
popoli e, quindi, democrazia intesa come metodi di scelta e complesso di
valori, gli uni e gli altri come limite ad ogni potere pubblico e strumenti per
orientarne l’esercizio. Il passo del Messaggio per la Giornata della pace 2020
che ho citato sopra fa eccezione.
Ecco dunque la definizione della democrazia:
un costruzione sociale sempre in fase di
elaborazione in divenire, basata sulla giustizia e sull’impegno a salvaguardare
i diritti di ciascuno, specie se debole o emarginato, nella quale ciascuno porta responsabilmente il proprio
contributo, a tutti i livelli della collettività locale, nazionale e mondiale. La citazione della Lettera apostolica
L’ottantesimo Anniversario - Octogesima
adveniens sull’importanza dei principi di uguaglianza e di partecipazione per
la promozione della società democratica
la completa: essi sono comunque compresi nel concetto di giustizia, che, come insegnato dall’economista bolognese Stefano
Zamagni, è commutativa (negli scambi economici), distributiva (nelle politiche per la diffusione delle risorse in
una popolazione) e contributiva/partecipativa
(nel contributo che ciascuno deve sentirsi impegnato a dare al bene comune,
anche partecipando alle procedure democratiche) [per ulteriori informazioni si
scarichi il documento da <https://www.aiccon.it/wp-content/uploads/2017/01/Diseguaglianze_e_giustizia_benevolente_ZAMAGNI_20123.pdf>].
Per secoli la gerarchia cattolica guidata dal Papato romano si è detta indifferente nei confronti dei regimi politici. Questo l’ha
condotta storicamente a molti compromessi ed alleanze criticabili, come i concordati, veramente disonorevoli
conclusi nel 1929 con l’Italia egemonizzata dal fascismo mussoliniano e nel
1933 con la Germania che da poco era finita sotto il nazismo hitleriano. La
ragione di questa posizione è che il Papato romano rifiutava di essere
influenzato dai regimi politici civili e cercava di mostrare di comportarsi con loro come esso stesso pretendeva di essere trattato. Essa ha cominciato ad essere
progressivamente mutata nel corso della Seconda Guerra Mondiale, fino a quando
nell’enciclica Il Centenario - Centesimus
annus la democrazia, come nell’età
contemporanea la si intende, quindi piena di valori umanitari, è stata
presentata come il regime politico più consono alla dignità delle persone
umane. Questo è il punto finora più avanzato raggiunto dalla dottrina sociale
cattolica, ma certamente, nel mondo oggi, appare insufficiente. Esprime,
sostanzialmente, la posizione di una gerarchia cattolica organizzata secondo un
obsoleto sistema feudale che ha prodotto, in genere e non senza virtuose
eccezioni qua e là, amministrazioni politiche non particolarmente brillanti,
con punte di evidente mediocrità, come dimostrano i problemi che si sono
manifestati recentemente nella Curia vaticana. Scrivo amministrazioni politiche perché la struttura del governo ecclesiale
cattolico è tuttora organizzata come quella di uno stato, e il Papato possiede
ancora effettivamente un micro stato in un quartiere romano, la Città del Vaticano, lascito del
Concordato lateranense del 1929 concluso con il Governo del Regno d’Italia
rappresentato in quella sede da Benito Mussolini, “Duce” del fascismo storico italiano. Il popolo dei fedeli laici è
escluso da qualsiasi reale compartecipazione all’amministrazione ecclesiastica,
anche se è coinvolto in vari organismi consultivi ad ogni livello, e quindi
gli è consentito di dare un contributo
molto scarso al bene comune in quel campo.
Ma, una volta che si fosse approfondito dal punto teologico, come finora
non è avvenuto, il nesso tra carità,
giustizia e democrazia, non vi sarebbe più motivo di
ritardare una riforma di quel sistema di governo. Qualcosa del genere ci si
attende dal documento finale del recente Sinodo dell’Amazzonia, che ancora non
è stato reso disponibile, probabilmente, secondo quello che si legge di questi
tempi, a causa delle gravi tensioni che un’ulteriore apertura ai processi
democratici produce nelle componenti più reazionarie della gerarchia. Il Papa,
il quale, sulla carta, secondo il diritto canonico, è un autocrate con pieni e
illimitati poteri, in realtà, di fatto, non lo è, e, in particolare, appare
molto condizionato dalla sua Curia, dagli uffici che dovrebbero essere al suo
servizio nell’esercizio del suo supremo ministero apostolico.
Lasciamo però ai gerarchi del clero quelle questioni e proviamo a
concentrarci su ciò che più da vicino ci compete, ad esempio sulla nostra
parrocchia. Anche qui non si notano processi democratici in corso, nemmeno
quelli che sarebbero consentiti dalle norme ecclesiastiche vigenti.
Sostanzialmente, oltre al parroco e ai preti suoi collaboratori, hanno voce in
capitolo solo i dirigenti delle varie associazioni presenti in parrocchia,
senza che la base dei fedeli venga consultata o, almeno, informata. Del resto
manca completamente una formazione dei fedeli laici ai processi democratici
basati su carità-giustizia-democrazia
e quindi, probabilmente, una parte più o meno consistente dei parrocchiani non
saprebbe nemmeno che dire e fare se vi fosse coinvolta. Penso che si potrebbe
cominciare proprio da questo, dalla formazione e dal tirocinio democratici, a
cominciare, ad esempio, dalle decisioni sull’utilizzo dei locali della
parrocchia per le varie attività e sulla programmazione di queste ultime. Ciascuno dovrebbe essere formato a dare ordinatamente
il proprio contributo interloquendo con gli altri. Non si tratta solo di dare un voto su qualcosa, ma di partecipare alla discussione e, poi, alla deliberazione, ma soprattutto di contribuire con il proprio impegno personale, dando gratuitamente e collaborando all’opera comune, senza limitarsi ad assistervi da spettatori. Come abbiamo
sperimentato negli incontri inter-associativi che si sono fatti qualche tempo
fa, non si è ancora preparati a questo e
ognuno, quando tocca a lui, si limita a dire la propria opinione, senza saper trarre frutto da una discussione
comune. Del resto questo non è un problema solo della nostra parrocchia, ma, a
ben vedere, di tutta la società politica italiana.
Non dobbiamo avere fretta di conseguire rapidamente risultati eclatanti,
non è possibile ottenerli. Come insegna papa Francesco, è importante innescare
pazientemente dei processi, senza subire l’assillo di conquistare spazi. Il
tempo è superiore allo spazio. Ma dobbiamo iniziare! C’è una tradizione
culturale da tessere nuovamente, collegando passato, presente e futuro, e
questo significa fondamentalmente ricostituire rapporti tra le persone e tra
generazioni, in particolare tra le generazioni degli ultrasessantenni di oggi,
che, negli Settanta, furono partecipi del tentativo di rinnovamento culturale
prodotto dall’ultimo Concilio ecumenico e le successive, che, almeno in Italia,
sono cresciute nel lungo inverno ecclesiale imposto dalla metà degli scorsi
anni ’80, nel timore della dispersione del gregge. Il tempo passa, e stringe,
purtroppo: se indugiamo ancora, i più giovani certe cose dovranno molto più
faticosamente apprenderle solo dai libri.
E’ tempo di auguri, ma anche di buoni
propositi. Questo è quello che vi propongo per l’anno oggi iniziato: riprendere
il lavoro di tessitori sociali, a cominciare dalle realtà di base, dai nostri
mondi vitali, ad esempio dalla nostra parrocchia.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San
Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli
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Democracy as a way to peace
The peace process thus requires
enduring commitment. It is a patient effort to seek truth and justice, to
honour the memory of victims and to open the way, step by step, to a shared
hope stronger than the desire for vengeance. In a state based on law, democracy can be an important paradigm of this
process, provided it is grounded in justice and a commitment to protect the
rights of every person, especially the weak and marginalized, in a constant
search for truth. This is a social undertaking, an ongoing work in which
each individual makes his or her contribution responsibly, at every level of
the local, national and global community.
As Saint Paul VI pointed out, these “two
aspirations, to equality and to participation, seek to promote a democratic
society… This calls for an education to social life, involving not only the
knowledge of each person’s rights, but also its necessary correlative: the
recognition of his or her duties with regard to others. The sense and practice
of duty are themselves conditioned by the capacity for self-mastery and by the
acceptance of responsibility and of the limits placed upon the freedom of
individuals or the groups”
[from Message of his holiness Pope Francis
for the celebration of the 53rd
world Day of peace - 2020]
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The definition of
democracy, as we understand it today, contained in the Pope's Message for Peace
Day 2020 is the most precise and appropriate ever, in Catholic social doctrine.
The latter contains recommendations for the construction of human societies according
to the values of faith and was started to be disseminated with the
encyclical The novelties - Rerum Novarum, published in 1891 under the
authority of Pope Vincenzo Gioacchino Pecci - Leo 13th, in particular to take a
stand on the democratic developments of societies dominated by European
cultures and on socialism. For a long time, politics, which precisely meant the
construction of societies, was however considered as external to religious
commitment, a way to create an environment conducive to evangelization which,
however, had to be carefully separated from religious activities. Since 1931,
with the encyclical Il The fortieth
anniversary - Quadragesimo anno [of the encyclical The novelties], by Pope Achille Ratti - Pius 11th, it was instead
decided to understand it also as a manifestation of religious commitment, in
particular of charity in an evangelical sense,which also includes the Christian value of peace. The social doctrine then
continued following that orientation, with the radio messages of Pope Eugenio
Pacelli - Pius XII from 1939 to 1945, the ideological basis of European
Catholics for the construction of a new Europe after the liberation from the
fascisms that had dominated it over the years '20 to 1945, and then from the
encyclicals Mother and Teacher - Mater et Magistra (1959) and The peace on earth - Pacem in terris (1963), released by Pope
Angelo Giuseppe Roncalli - John 23rd, up to the encyclical Be thou praised - Laudato si
' (2015), by Pope Jorge Mario Bergoglio - Francis, passing through the
documents deliberated by the 2nd Vatican Council (1962-1965), the Apostolic
Letter The 80th anniversary - Octogesima
Adveniens (1971), by Pope Giovanni Battista Montini, the encyclicals social
pope Karol Wojtyla The Redeemer of man - Redemptor hominis (1979), Working - Laborem Exercens (1981), Social
concern - Sollicitudo Rei socialis (1987) [which were the ideological
foundation of the revolution Polish in the 1980s], The Centenary [from the encyclical Rerum novarum] - Centesimus annus (1991) and the
encyclical Charity in truth - Caritas in veritate (2009) by Pope Joseph
Razinger - Benedict 16th. But, due to the historical and profound distrust of
the Catholic hierarchy for democratic processes in general, but in particular
for those that developed in the contemporary age, strongly influenced by
European socialism, in all that social doctrine it has never been accepted,
after all, democracy as the power of all people, therefore as a widely shared
power to set mandatory limits, based on values, to any type of public authority. Generally, the authors of the documents of social doctrine turn to politicians, understood as the class that exercises civil authority, to make to them moral preaches and to seek forms of arrangement based on their respective interests. There has been no recognition
of the political legitimacy of peoples and, therefore, democracy understood as
methods of choice and complex of values, both as a limit to all public powers
and tools to guide their exercise. The passage of the Message for Peace Day
2020 that I mentioned above is an exception.
So here is the definition of democracy: a social construction always under
development in progress, based on justice and on the commitment to safeguard
the rights of each, especially if weak or marginalized, in which each one
responsibly makes its contribution to all levels of the local, national and
global community. The quotation from the Apostolic Letter The 80th Anniversary - Octogesima adveniens
on the importance of the principles of equality and participation for the
promotion of democratic society completes it: they are however included in the
concept of justice, which, as taught by the economist from Bologna Stefano Zamagni, it is commutative (in economic exchanges), distributive (in policies for the
dissemination of resources in a population) and contributory / participatory
(in the contribution that everyone must feel committed to giving to the common
good, also by participating in democratic procedures) [for more information
download the document from <https://www.aiccon.it/wp-content/uploads/2017/01/Diseguaglianze_e_giustizia_benevolente_ZAMAGNI_20123.pdf>].
For centuries the Catholic hierarchy led by the
Roman Papacy has said that it is indifferent to political regimes. This has
historically led it to many compromises and criticizable alliances, such as the
truly dishonorable concordats concluded in 1929 with Italy dominated by
Mussolini's fascism and in 1933 with Germany which had recently ended up under
Hitler's Nazism. The reason for this position is that the Roman Papacy refused to be influenced by civilian political regimes and so it tried to show that he behaved with them in the same way it itself wanted to be treated by them. It began to change progressively during the Second World War, until in the encyclical The Centenary - Centesimus annus democracy, as it is understood in the contemporary age, therefore full of humanitarian values, was presented as the political regime more appropriate to the dignity of human persons. This is the most advanced point reached so far by
Catholic social doctrine, but it certainly seems insufficient in the world
today. It essentially expresses the position of a Catholic hierarchy organized
according to an obsolete feudal system that has produced, generally and not
without virtuous exceptions here and there, political administrations that are
not particularly brilliant, with peaks of evident mediocrity, as evidenced by
the problems that have arisen recently manifested in the Vatican Curia. I write
political administrations because the structure of the Catholic ecclesial
government is still organized like that of a state, and the Papacy still
actually has a micro state in a Roman district, Vatican City, legacy of the
Lateran Concordat of 1929 concluded with the Government of the Kingdom of Italy
represented in that seat by Benito Mussolini, "Duce" of Italian
historical fascism. The people of the lay faithfuls are excluded from any real
participation in ecclesiastical administration, even if they are involved in
various consultative bodies at all levels, and therefore they are allowed to
make a very little contribution to the common good in that field. But once the
connection between charity, justice and democracy had deepened from the
theological point of view, as has not happened so far, there would no longer be
any reason to delay a reform of that system of government. Something of the
kind is expected from the final document of the recent Synod of the Amazon,
which has not yet been made available, probably, according to what we read
these days, due to the serious tensions that further opening to democratic
processes produces in the most reactionary components of the hierarchy. The
Pope, who, on paper, according to canon law, is an autocrat with full and
unlimited powers, in reality, in fact, is not, and, in particular, appears to
be very conditioned by his Curia, by the offices that should be at his service
in the exercise of his supreme apostolic ministry.
But let us leave those issues to the
hierarchs of the clergy and try to concentrate on what is most close to us, for
example on our parish. Here, too, there are no democratic processes in
progress, not even those that would be permitted by the ecclesiastical norms in
force. Basically, in addition to the pastor and his collaborating priests, only
the leaders of the various associations present in the parish have a say,
without the base of the faithful being consulted or, at least, informed.
Moreover, there is a complete lack of formation of the lay faithful in
democratic processes based on charity-justice-democracy and therefore,
probably, a more or less substantial part of the parishioners would not even
know what to say and do if they were involved. I think we could start precisely
from this, from democratic training and training, starting, for example, from
decisions on the use of the parish premises for the various activities and on
the planning of the latter. Each should be trained to give his or her
contribution neatly by talking to others. It is not just a matter of giving a vote on something, but of participating in the discussion and, then, in the deliberation, and, above all, of contributing with the own personal commitment, without return and collaborating in the common work, without simply assisting as spectators.
As we have experienced in the inter-association meetings that took place some
time ago, we are not yet prepared for this and everyone, when it is his turn,
limits himself to saying his own opinion, without knowing how to draw fruit
from a common discussion. After all, this is not only a problem of our parish,
but, in hindsight, of all Italian political society.
We must not be in a hurry to quickly achieve
sensational results, we cannot achieve them. As Pope Francis teaches, it is
important to patiently trigger processes, without suffering the hassle of
conquering spaces. Time is greater than space. But we have to start! There is a
cultural tradition to weave again, linking past, present and future, and this
basically means reconstituting relationships between people and between
generations, in particular between the generations of today's people over 60,
who, in the Seventies, participated in the attempt to cultural renewal produced
by the last and subsequent Ecumenical Council, which, at least in Italy, grew
in the long ecclesial winter imposed by the mid-1980s, fearing the dispersion
of the flock. Time passes, and is running out, unfortunately: if we still
linger, the younger ones will have to learn much more painfully only from
books.
It is
a time of good wishes, but also of good intentions. This is what I propose for
the year that has begun today: resume the work of social weavers, starting from
the basic realities, from our vital worlds, for example from our parish.
by Mario Ardigò - Catholic Action group in
the Catholic parish named "Saint
Clemente pope" - Rome, Monte Sacro - Valli
district