Alla scuola dei Papi: sintesi dell’enciclica La pace in terra - Pacem in terris, del
1963, del papa Angelo Roncalli - Giovanni 23°
Stamattina, passeggiando nel nostro bel Parco delle Valli, passando vicino ad altre persone, ho sentito
conversazioni tremende. La gente dice cose terribili, probabilmente senza
rendersi del tutto conto di che cosa significano. E’ gente normale, come me;
probabilmente frequenta anche la parrocchia. Non è sicuramente cattiva. Ma mi
appare spaventata e allora ripete, l’un l’altro, quelle che sono diventate
parole d’ordine del cattivismo che
sembra andare tanto di moda di questi tempi. Ho udito, in particolare, parole
di vero odio verso le associazioni non governative che organizzano nel Mare
Mediterraneo, tra le nostre coste e quelle della Libia, il soccorso dei
migranti che tentano la sorte affidando la loro vita ad un mare che può
diventare molto pericoloso.
Dico a quelle persone: coraggio, mettiamoci di nuovo,
pazientemente, alla scuola dei nostri Papi! Liberiamoci dalla paura che ci
affligge! Separiamoci dai maestri del cattivismo.
Cattivi maestri. Che ci sviano dalla nostra fede. Che
ci rendono cattivi. Che ci inducono a dire cose tremende.
Consiglio quello che io
stesso faccio. Prima di parlare o di scrivere sul WEB in uno stato d’ira, recitate silenziosamente,
in voi stessi, piano piano, un Padre Nostro, la preghiera che il
Signore ci ha insegnato. Custodiamo il cuore, custodiamo le nostre parole, custodiamo i nostri gesti.
Combattiamo le cose cattive prima che ci escano della bocca o dalle mani e facciano del
male!
Per cominciare, di seguito vi propongo una mia
sintesi di un importante documento della dottrina sociale, l’enciclica La pace in terra, del papa Angelo Roncalli - Giovanni 23°, del
1963.
E' un manuale di politica ancora pienamente attuale.
Potete leggere il testo
integrale sul Web all’indirizzo:
http://w2.vatican.va/content/john-xxiii/it/encyclicals/documents/hf_j-xxiii_enc_11041963_pacem.html
L’enciclica prende il nome dalle sue prima
parole, nella frase:
La Pace in terra, anelito profondo
degli esseri umani di tutti i tempi, può venire instaurata e consolidata solo
nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio. In latino: Pacem in terris, quam homines universi cupidissime quovis
tempore appetiverunt, condi confirmarique non posse constat, nisi ordine, quem
Deus constituit, sancte servato.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente Papa - Roma, Monte
Sacro Valli
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Sintesi
dell’enciclica La pace in Terra,
dell’11 aprile 1963, del papa Angelo Roncalli - Giovanni 23°
[Sintesi di Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa -
Roma, Monte Sacro Valli - 22-6-18]
L’ordine del Creato
1. I progressi delle scienze e le
invenzioni della tecnica attestano come negli esseri e nelle forze che
compongono l’universo regni un ordine stupendo.
Con l’ordine mirabile dell’universo continua a fare stridente contrasto
il disordine che regna tra gli esseri umani e tra i popoli.
[Ma] il Creatore ha scolpito
l’ordine anche nell’essere degli uomini: ordine che la coscienza rivela e
ingiunge perentoriamente di seguire.
Ogni essere umano è persona con diritti e doveri universali, inviolabili
e inalienabili
2. In una convivenza ordinata e feconda va posto come fondamento il
principio che ogni essere umano è
persona cioè una natura dotata di intelligenza e di volontà libera; e quindi è
soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e
simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perciò universali,
inviolabili, inalienabili.
Ogni essere umano ha il diritto
all’esistenza, all’integrità fisica, ai mezzi indispensabili e sufficienti per
un dignitoso tenore di vita, specialmente per quanto riguarda l’alimentazione,
il vestiario, l’abitazione, il riposo, le cure mediche, i servizi sociali
necessari; ed ha quindi il diritto alla sicurezza in caso di malattia, di
invalidità, di vedovanza, di vecchiaia, di disoccupazione, e in ogni altro caso
di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua
volontà.
Ogni essere umano ha il diritto
al rispetto della sua persona; alla buona riputazione; alla libertà nella
ricerca del vero, nella manifestazione del pensiero e nella sua diffusione, nel
coltivare l’arte, entro i limiti consentiti dall’ordine morale e dal bene
comune; e ha il diritto all’obiettività nella informazione.
Scaturisce pure dalla natura umana il diritto di partecipare ai beni
della cultura, e quindi il diritto ad un’istruzione di base e ad una formazione
tecnico-professionale adeguata al grado di sviluppo della propria comunità
politica. Ci si deve adoperare perché sia soddisfatta l’esigenza di accedere ai
gradi superiori dell’istruzione sulla base del merito; cosicché gli esseri
umani, nei limiti del possibile, nella vita sociale coprano posti e assumano
responsabilità conformi alle loro attitudini naturali e alle loro capacità
acquisite.
Ognuno ha il diritto di onorare
Dio secondo il dettame della retta coscienza; e quindi il diritto al culto di
Dio privato e pubblico.
A siffatti diritti è
indissolubilmente congiunto il diritto a condizioni di lavoro non lesive della
sanità fisica e del buon costume, e non intralcianti lo sviluppo integrale
degli esseri umani in formazione.
Dalla dignità della persona
scaturisce pure il diritto di svolgere le attività economiche in attitudine di
responsabilità. Va inoltre e in modo speciale messo in rilievo il diritto ad
una retribuzione del lavoro determinata secondo i criteri di giustizia, e
quindi sufficiente, nelle proporzioni rispondenti alla ricchezza disponibile, a
permettere al lavoratore ed alla sua famiglia, un tenore di vita conforme alla
dignità umana.
Scaturisce pure dalla natura
dell’uomo il diritto di proprietà privata sui beni anche produttivi.
Torna opportuno ricordare che al diritto di proprietà privata è
intrinsecamente inerente una funzione sociale.
Dalla intrinseca socialità degli
esseri umani fluisce il diritto di riunione e di associazione.
Ogni essere umano ha il diritto alla libertà di movimento e di
dimora nell’interno della comunità politica di cui è cittadino; ed ha pure il diritto, quando legittimi
interessi lo consiglino, di immigrare in altre comunità politiche e stabilirsi
in esse. Per il fatto che si è cittadini di una determinata comunità politica,
nulla perde di contenuto la propria appartenenza, in qualità di membri, alla
stessa famiglia umana; e quindi l’appartenenza, in qualità di cittadini, alla
comunità mondiale.
Dalla dignità della persona scaturisce il diritto di prender parte
attiva alla vita pubblica e addurre un apporto personale all’attuazione del
bene comune
Fondamentale diritto della
persona è pure la tutela giuridica dei propri diritti: tutela efficace,
imparziale, informata a criteri obiettivi di giustizia.
I diritti naturali testé
ricordati sono indissolubilmente congiunti, nella stessa persona che ne è il
soggetto, con altrettanti rispettivi doveri; e hanno entrambi nella legge
naturale, che li conferisce o che li impone, la loro radice, il loro alimento,
la loro forza indistruttibile.
Nella convivenza umana ogni
diritto naturale in una persona comporta un rispettivo dovere in tutte le altre
persone: il dovere di riconoscere e rispettare quel diritto.
Ognuno porti generosamente il suo contributo alla creazione di ambienti
umani, in cui diritti e doveri siano sostanziati da contenuti sempre più
ricchi.
3. Gli esseri umani,
essendo persone, sono sociali per natura. Si
richiede che ognuno porti generosamente il suo contributo alla creazione
di ambienti umani, in cui diritti e doveri siano sostanziati da contenuti
sempre più ricchi.
Non basta, ad esempio,
riconoscere e rispettare in ogni essere umano il diritto ai mezzi di
sussistenza: occorre pure che ci si adoperi, secondo le proprie forze, perché
ogni essere umano disponga di mezzi di sussistenza in misura sufficiente.
La
dignità di persona, propria di ogni essere umano, esige che esso operi
consapevolmente e liberamente. Per cui nei rapporti della convivenza, i diritti
vanno esercitati, i doveri vanno compiuti, le mille forme di collaborazione
vanno attuate specialmente in virtù di decisioni personali; prese cioè per
convinzione, di propria iniziativa, in attitudine di responsabilità, e non in
forza di coercizioni o pressioni provenienti soprattutto dall’esterno.
Una
convivenza fondata soltanto su rapporti di forza non è umana.
La convivenza umana deve essere considerata
anzitutto come un fatto spirituale, [con la]
permanente disposizione ad effondere gli uni negli altri il meglio di se
stessi; anelito ad una mutua e sempre più ricca assimilazione di valori
spirituali: valori nei quali trovano la loro perenne vivificazione e il loro
orientamento di fondo le espressioni culturali.
L’ordine tra gli esseri umani
nella convivenza è di natura morale. Infatti, è un ordine che si fonda sulla
verità; che va attuato secondo giustizia; domanda di essere vivificato e
integrato dall’amore; esige di essere ricomposto nella libertà in equilibri
sempre nuovi e più umani.
Segni dei tempi. Tre
fenomeni caratterizzano l’epoca moderna.
4.
Tre fenomeni caratterizzano l’epoca moderna. Anzitutto l’ascesa
economico-sociale delle classi lavoratrici. Nelle
prime fasi del loro movimento di ascesa i lavoratori concentravano la loro
azione nel rivendicare diritti a contenuto soprattutto economico-sociale; la
estendevano quindi ai diritti di natura politica; e infine al diritto di
partecipare in forme e gradi adeguati ai beni della cultura. Ed oggi, in tutte
le comunità nazionali, nei lavoratori è vividamente operante l’esigenza di essere
considerati e trattati non mai come esseri privi di intelligenza e di libertà,
in balia dell’altrui arbitrio, ma sempre come soggetti o persone in tutti i
settori della convivenza, e cioè nei settori economico-sociali, in quelli della
cultura e in quelli della vita pubblica.
In secondo luogo viene un fatto a tutti noto,
e cioè l’ingresso della donna nella vita pubblica: più accentuatamente, forse, nei popoli di civiltà cristiana; più
lentamente, ma sempre su larga scala, tra le genti di altre tradizioni o
civiltà. Nella donna, infatti, diviene sempre più chiara e operante la
coscienza della propria dignità. Sa di non poter permettere di essere
considerata e trattata come strumento; esige di essere considerata come
persona, tanto nell’ambito della vita domestica che in quello della vita
pubblica.
Infine la famiglia umana, nei confronti di un
passato recente, presenta una configurazione sociale-politica profondamente
trasformata. Non più popoli dominatori e popoli dominati: tutti i popoli si
sono costituiti o si stanno costituendo in comunità politiche indipendenti.
[Si è] diffusa assai largamente la convinzione che tutti gli uomini sono
uguali per dignità naturale. Per cui le discriminazioni razziali non trovano
più alcuna giustificazione, almeno sul piano della ragione e della
dottrina; ciò rappresenta una pietra miliare sulla via che conduce
all’instaurazione di una convivenza umana informata ai principi sopra esposti.
Rapporti tra gli esseri umani e i poteri
pubblici all’interno delle singole comunità politiche
Necessità di un’autorità che agisca secondo l’ordine morale per
l’attuazione del bene comune
5. La convivenza fra gli esseri
umani non può essere ordinata e feconda se in essa non è presente un’autorità
che assicuri l’ordine e contribuisca all’attuazione del bene comune in grado
sufficiente.
Tale autorità, come insegna
san Paolo, deriva da Dio: "Non vi è infatti
autorità se non da Dio" (Rm 13,1-6).
Il quale testo dell’Apostolo viene commentato nei seguenti termini da san
Giovanni Crisostomo: "Che dici? Forse ogni singolo governante è costituito
da Dio? No, non dico questo: qui non si tratta infatti di singoli governanti,
ma del governare in se stesso. Ora il fatto che esista l’autorità e che vi sia
chi comanda e chi obbedisce, non proviene dal caso, ma da una disposizione
della Provvidenza divina". Iddio, infatti, ha creato gli esseri umani
sociali per natura; e poiché non vi può essere "società che si sostenga,
se non c’è chi sovrasti gli altri, muovendo ognuno con efficacia ed unità di
mezzi verso un fine comune, ne segue che alla convivenza civile è
indispensabile l’autorità che regga; la quale, non altrimenti che la società, è
da natura, e perciò stesso viene da Dio".
L’autorità non è una forza incontrollata: è
invece la facoltà di comandare secondo ragione. Trae quindi la virtù di
obbligare dall’ordine morale.
L’autorità che si fonda solo o
principalmente sulla minaccia o sul timore di pene o sulla promessa e
attrattiva di premi, non muove efficacemente gli esseri umani all’attuazione del
bene comune; e se anche, per ipotesi, li movesse, ciò non sarebbe conforme alla
loro dignità di persone, e cioè di esseri ragionevoli e liberi. L’autorità è, soprattutto, una forza
morale; deve, quindi, in primo luogo, fare appello alla coscienza, al dovere
cioè che ognuno ha di portare volonterosamente il suo contributo al bene di
tutti.
L’autorità, come si è detto, è postulata
dall’ordine morale. Qualora pertanto le sue leggi o autorizzazioni siano in
contrasto con quell’ordine, esse non
hanno forza di obbligare la coscienza.
Gli esseri umani [hanno] la
libertà di scegliere le persone investite del compito di esercitarla; come pure
di determinare le strutture di poteri pubblici, e gli ambiti entro cui e i
metodi secondo i quali l’autorità va esercitata. Per cui la dottrina sopra
esposta è pienamente conciliabile con ogni sorta di regimi genuinamente
democratici.
L’attuazione del bene
comune: ragione d’essere dei poteri pubblici
6. L’attuazione del bene comune
costituisce la stessa ragione di essere dei poteri pubblici; i quali sono
tenuti ad attuarlo nel riconoscimento e nel rispetto dei suoi elementi
essenziali e secondo contenuti postulati dalle situazioni storiche.
Vanno certamente considerati come
elementi del bene comune le caratteristiche etniche che contraddistinguono i
vari gruppi umani. Però quei valori e quelle caratteristiche non esauriscono il
contenuto del bene comune.
Quello comune è un bene a cui hanno diritto di partecipare tutti i
membri di una comunità politica, anche se in grado diverso a seconda dei loro
compiti, meriti e condizioni. I poteri pubblici quindi sono tenuti a
promuoverlo a vantaggio di tutti senza preferenza per alcuni cittadini o per
alcuni gruppi di essi.
Dobbiamo richiamare l’attenzione sul fatto
che il bene comune ha attinenza a tutto l’uomo: tanto ai bisogni del suo corpo
che alle esigenze del suo spirito. Per cui i poteri
pubblici si devono adoperare ad attuarlo nei modi e nei gradi che ad essi
convengono; in maniera tale però da promuovere simultaneamente, nel
riconoscimento e nel rispetto della gerarchia dei valori, tanto la prosperità
materiale che i beni spirituali.
[Come] abbiamo esposto
nella Mater et magistra [=Madre e maestra - enciclica di Roncalli - Giovanni 23° del
1961: "il bene comune
consiste nell’insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono
negli esseri umani lo sviluppo integrale della loro persona"].
Ogni atto dei poteri pubblici, che sia od
implichi un misconoscimento o una violazione [dei diritti della persona] , è un
atto contrastante con la stessa loro ragione di essere e rimane per ciò stesso
destituito d’ogni valore giuridico.
Armonica composizione
ed efficace tutela dei diritti e doveri della persona
7. È un’esigenza del bene
comune che i poteri pubblici contribuiscano positivamente alla creazione di un
ambiente umano nel quale a tutti i membri del corpo sociale sia reso possibile
e facilitato l’effettivo esercizio degli accennati diritti, come pure
l’adempimento dei rispettivi doveri. Infatti l’esperienza attesta che
qualora manchi una appropriata azione dei poteri pubblici, gli squilibri
economici, sociali e culturali tra gli esseri umani tendono, soprattutto
nell’epoca nostra, ad accentuarsi; di conseguenza i fondamentali diritti della
persona rischiano di rimanere privi di contenuto; e viene compromesso
l’adempimento dei rispettivi doveri.
È perciò indispensabile che i
poteri pubblici si adoperino perché allo sviluppo economico si adegui il
progresso sociale; e quindi perché siano sviluppati, in proporzione
dell’efficienza dei sistemi produttivi, i servizi essenziali.
Il
bene comune esige che i poteri pubblici, nei confronti dei diritti della
persona, svolgano una duplice azione: l’una diretta a comporre e tutelare quei
diritti, l’altra a promuoverli. In materia però
va posta la più vigilante attenzione perché le due azioni siano saggiamente
contemperate. Si deve quindi evitare che, attraverso la preferenza data alla
tutela dei diritti di alcuni individui o gruppi sociali, si creino posizioni di
privilegio; e si deve pure evitare che, nell’intento di promuovere gli
accennati diritti, si arrivi all’assurdo risultato di ridurre eccessivamente o
renderne impossibile il genuino esercizio.
Allo stesso principio devono
ispirarsi i poteri pubblici nello svolgimento della loro multiforme azione
diretta a promuovere l’esercizio di diritti e a renderne meno arduo
l’adempimento di doveri in tutti i settori della vita sociale.
Struttura e
funzionamento dei poteri pubblici
8. Riteniamo rispondente ad
esigenze insite nella stessa natura degli uomini l’organizzazione
giuridico-politica della comunità umana, fondata su una conveniente divisione
dei poteri in corrispondenza alle tre specifiche funzioni dell’autorità
pubblica. In essa infatti la sfera di competenza e il funzionamento dei poteri
pubblici sono definiti in termini giuridici; e in termini giuridici sono pure
disciplinati i rapporti fra semplici cittadini e funzionari. Ciò costituisce un
elemento di garanzia a favore dei cittadini nell’esercizio dei loro diritti e
nell’adempimento dei loro doveri.
E’ indispensabile
che i poteri pubblici si adeguino nei metodi e nei mezzi alla natura e complessità
dei problemi che sono chiamati a risolvere nell’ambiente in cui operano; ed è
pure indispensabile che ognuno di essi svolga la propria funzione in modo
pertinente. Ciò comporta che il potere legislativo si muova
nell’ambito dell’ordine morale e della norma costituzionale, e interpreti
obiettivamente le esigenze del bene comune nell’incessante evolversi delle
situazioni; che il potere esecutivo applichi le leggi con saggezza nella piena
conoscenza delle medesime e in una valutazione serena dei casi concreti; che il
potere giudiziario amministri la giustizia con umana imparzialità, inflessibile
di fronte alle pressioni di qualsivoglia interesse di parte, e comporta pure
che i singoli cittadini e i corpi intermedi, nell’esercizio dei loro doveri, godano
di una tutela giuridica efficace tanto nei loro vicendevoli rapporti che nei
confronti dei funzionari pubblici.
La partecipazione dei
cittadini alla vita pubblica
9. È un’esigenza della loro
dignità di persone che gli esseri umani prendano parte attiva alla vita
pubblica, anche se le forme con cui vi partecipano sono necessariamente
legate al grado di maturità umana raggiunto dalla comunità politica di cui sono
membri e in cui operano.
Attraverso la partecipazione
alla vita pubblica si aprono agli esseri umani nuovi e vasti campi di bene,
mentre i frequenti contatti fra cittadini e funzionari pubblici rendono a
questi meno arduo cogliere le esigenze obiettive del bene comune; e
l’avvicendarsi dei titolari nei poteri pubblici impedisce il loro logorio e
assicura il loro rinnovarsi in rispondenza dell’evolversi sociale.
Nell’organizzazione giuridica delle comunità politiche nell’epoca
moderna, si riscontra anzitutto la carta dei diritti fondamentali degli esseri
umani: carta che viene, non di rado, inserita nelle costituzioni o che forma
parte integrante di esse.
Si stabiliscono, quindi, in termini di
diritti e di doveri i rapporti tra i cittadini e i poteri pubblici; e si
ascrive ai poteri pubblici il compito preminente di riconoscere, rispettare,
comporre armonicamente, tutelare e promuovere i diritti e i doveri dei
cittadini.
Le tendenze, di cui si è fatto cenno, sono pure un segno indubbio che
gli esseri umani, nell’epoca moderna, hanno acquistato una coscienza più viva
della propria dignità: coscienza che, mentre li sospinge a prendere parte
attiva alla vita pubblica, esige pure che i diritti della persona — diritti
inalienabili e inviolabili — siano riaffermati negli ordinamenti giuridici
positivi; ed esige inoltre che i poteri pubblici siano formati con procedimenti
stabiliti da norme costituzionali, ed esercitino le loro specifiche funzioni
nell’ambito di quadri giuridici.
10. La stessa
legge morale, che regola i rapporti fra i singoli esseri umani, regola pure i
rapporti tra le rispettive comunità politiche.
Ciò non è difficile a capirsi quando si pensi
che le persone che rappresentano le comunità politiche, mentre operano in nome
e per l’interesse delle medesime, non possono venire meno alla propria dignità;
e quindi non possono violare la legge della propria natura, che è la legge
morale.
Sarebbe del resto assurdo anche solo il pensare che gli uomini, per il
fatto che vengono preposti al governo della cosa pubblica, possano essere
costretti a rinunciare alla propria umanità; quando invece sono scelti a
quell’alto compito perché considerati membra più ricche di qualità umane e fra
le migliori del corpo sociale.
L’autorità è un’esigenza dell’ordine morale
nella società umana; non può quindi essere usata contro di esso, e se lo fosse,
nello stesso istante cesserebbe di essere tale.
Anche nella regolazione dei
rapporti fra le comunità politiche, l’autorità va esercitata per attuare il bene
comune, che costituisce la sua ragione di essere. Elemento però fondamentale
del bene comune è il riconoscimento e il rispetto dell’ordine morale.
I rapporti fra le comunità politiche vanno regolati nella verità. La
quale esige anzitutto che da quei rapporti venga eliminata ogni traccia di
razzismo; e venga quindi riconosciuto il principio che tutte le comunità
politiche sono uguali per dignità di natura; per cui ognuna di esse ha il
diritto all’esistenza, al proprio sviluppo, ai mezzi idonei per attuarlo, ad
essere la prima responsabile nell’attuazione del medesimo; e ha pure il diritto
alla buona reputazione e ai dovuti onori.
Fra gli esseri umani molto spesso sussistono
differenze, anche spiccate, nel sapere, nella virtù, nelle capacità inventive, nel
possesso di beni materiali. Ma ciò non può mai giustificare il proposito di far
pesare la propria superiorità sugli altri; piuttosto
costituisce una sorgente di maggiore responsabilità nell’apporto che ognuno e
tutti devono addurre alla vicendevole elevazione.
Così le comunità politiche
possono differire tra loro nel grado di cultura e di civiltà o di sviluppo
economico; però ciò non può mai giustificare il fatto che le une facciano
valere ingiustamente la loro superiorità sulle altre; piuttosto può costituire
un motivo perché si sentano più impegnate nell’opera per la comune ascesa.
Non ci sono esseri umani superiori per natura ed esseri umani inferiori
per natura; ma tutti gli esseri umani sono uguali per dignità naturale. Di
conseguenza non ci sono neppure comunità politiche superiori per natura e
comunità politiche inferiori per natura: tutte le comunità politiche sono
uguali per dignità naturale, essendo esse dei corpi le cui membra sono gli
stessi esseri umani. Né va quindi dimenticato che i popoli, a ragione, sono
sensibilissimi in materia di dignità e di onore.
I rapporti fra le comunità politiche vanno inoltre regolati secondo
giustizia: il che comporta, oltre che il riconoscimento dei vicendevoli
diritti, l’adempimento dei rispettivi doveri.
Come nei rapporti tra i singoli esseri umani, agli uni non è lecito
perseguire i propri interessi a danno degli altri, così nei rapporti fra le
comunità politiche, alle une non è lecito sviluppare se stesse comprimendo od
opprimendo le altre.
Una azione diretta a comprimere e a soffocare il flusso vitale delle
minoranze è grave violazione della giustizia; e tanto più lo è quando viene
svolta per farle scomparire.
Risponde invece ad un’esigenza di
giustizia che i poteri pubblici portino il loro contributo nel promuovere lo
sviluppo umano delle minoranze, con misure efficaci a favore della loro lingua,
della loro cultura, del loro costume, delle loro risorse ed iniziative
economiche.
I rapporti tra le comunità politiche vanno pure vivificati dall’operante
solidarietà attraverso le mille forme di collaborazione economica, sociale,
politica, culturale, sanitaria, sportiva: forme possibili e feconde nella
presente epoca storica. In argomento occorre sempre considerare che la ragione
d’essere dei poteri pubblici non è quella di chiudere e comprimere gli esseri
umani nell’ambito delle rispettive comunità politiche; è invece quella di
attuare il bene comune delle stesse comunità politiche; il quale bene comune
però va concepito e promosso come una componente del bene comune dell’intera
famiglia umana.
Ciò importa non solo che le singole comunità politiche perseguano i
propri interessi senza danneggiarsi le une le altre, ma che mettano pure in
comune l’opera loro quando ciò sia indispensabile per il raggiungimento di
obiettivi altrimenti non raggiungibili: nel qual caso però occorre usare
ogni riguardo perché ciò che torna di utilità ad un gruppo di comunità
politiche non sia di nocumento ad altre, ma abbia anche su esse riflessi
positivi.
Il bene comune universale inoltre esige che le comunità politiche
favoriscano gli scambi, in ogni settore, fra i rispettivi cittadini e i
rispettivi corpi intermedi.
Gli
elementi che caratterizzano un gruppo etnico non devono trasformarsi in uno
scompartimento stagno in cui degli esseri umani vengano impediti di comunicare
con gli esseri umani appartenenti a gruppi etnici differenti: ciò sarebbe in
stridente contrasto con un’epoca come la nostra, nella quale le distanze tra i
popoli sono state quasi eliminate.
I popoli
instaurino rapporti di mutua collaborazione, facilitando tra essi la
circolazione di capitali, di beni, di uomini.
Ogniqualvolta è possibile, pare
che [sia] il capitale a cercare il lavoro e non viceversa.In tal modo si
offrono a molte persone possibilità concrete di crearsi un avvenire migliore
senza essere costrette a trapiantarsi dal proprio ambiente in un altro; il che
è quasi impossibile che si verifichi senza schianti dolorosi, e senza difficili
periodi di riassestamento umano o di integrazione sociale.
Il problema dei
profughi politici
11. I profughi politici sono
persone. A loro vanno riconosciuti tutti i diritti inerenti alla persona:
diritti che non vengono meno quando essi siano stati privati della cittadinanza
nelle comunità politiche di cui erano membri.
Fra i diritti inerenti alla persona vi è pure
quello di inserirsi nella comunità politica in cui si ritiene di potersi creare
un avvenire per sé e per la propria famiglia; di conseguenza quella comunità
politica, nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, ha il dovere
di permettere quell’inserimento, come pure di favorire l’integrazione in se
stessa delle nuove membra.
Disarmo
12. Ci è pure doloroso costatare come nelle comunità politiche economicamente più sviluppate si siano creati
e si continuano a creare armamenti giganteschi.
In conseguenza gli esseri umani vivono sotto
l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una
travolgenza inimmaginabile. Giacché le armi ci sono; e se
è difficile persuadersi che vi siano persone capaci di assumersi la
responsabilità delle distruzioni e dei dolori che una guerra causerebbe, non è
escluso che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la
scintilla che metta in moto l’apparato bellico.
Giustizia, saggezza ed umanità domandano che
venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e
reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi
nucleari; e si pervenga finalmente al disarmo integrato da controlli efficaci.
L’arresto agli armamenti a scopi bellici, la loro effettiva riduzione,
e, a maggior ragione, la loro eliminazione sono impossibili o quasi, se nello
stesso tempo non si procedesse ad un disarmo integrale; se cioè non si smontano
anche gli spiriti, adoprandosi sinceramente a dissolvere, in essi, la psicosi
bellica: il che comporta, a sua volta, che al criterio della pace che si regge
sull’equilibrio degli armamenti, si sostituisca il principio che la vera pace
si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia. Noi riteniamo che si
tratti di un obiettivo che può essere conseguito. Giacché esso è reclamato
dalla retta ragione, è desideratissimo, ed è della più alta utilità. È un
obiettivo reclamato dalla ragione. È evidente, o almeno dovrebbe esserlo per
tutti, che i rapporti fra le comunità politiche, come quelli fra i singoli
esseri umani, vanno regolati non facendo ricorso alla forza delle armi, ma
nella luce della ragione; e cioè nella verità, nella giustizia, nella
solidarietà operante. È un obiettivo desideratissimo. Ed invero chi è che non
desidera ardentissimamente che il pericolo della guerra sia eliminato e la pace
sia salvaguardata e consolidata? È un obiettivo della più alta utilità. Dalla
pace tutti traggono vantaggi: individui, famiglie, popoli, l’intera famiglia
umana. Risuonano ancora oggi severamente
ammonitrici le parole di Pio
XII: "Nulla è perduto con la pace. Tutto può essere perduto con
la guerra".
I rapporti tra le comunità politiche vanno regolati nella libertà.
13. I rapporti tra le comunità politiche vanno regolati nella libertà.
Il che significa che nessuna di esse ha il diritto di esercitare un’azione
oppressiva sulle altre o di indebita ingerenza.
Una comunanza di origine, di
redenzione, di supremo destino lega tutti gli esseri umani e li chiama a
formare un’unica famiglia cristiana. Per tale ragione nell’enciclica Mater et magistra abbiamo esortato le
comunità politiche economicamente sviluppate a instaurare rapporti di
multiforme cooperazione con le comunità politiche in via di sviluppo economico.
La cooperazione, di cui si è fatto cenno, va
attuata nel più grande rispetto per la libertà delle comunità politiche in fase
di sviluppo. Le quali comunità è necessario che siano e si sentano le prime
responsabili e le principali artefici nell’attuazione del loro sviluppo
economico e del loro progresso sociale.
Pertanto le comunità politiche
economicamente sviluppate, nel prestare la loro multiforme opera, sono tenute
al riconoscimento e al rispetto dei valori morali e delle peculiarità etniche
proprie delle comunità in fase di sviluppo economico; come pure ad agire senza
propositi di predominio politico.
Tra i
popoli, purtroppo, spesso regna ancora la legge del timore. Ciò li sospinge a
profondere spese favolose in armamenti: non già, si afferma — né vi è motivo
per non credervi — per aggredire, ma per dissuadere gli altri dall’aggressione.
È lecito tuttavia sperare che
gli uomini, incontrandosi e negoziando, abbiano a scoprire meglio i vincoli che
li legano, provenienti dalla loro comune umanità e abbiano pure a scoprire che
una fra le più profonde esigenze della loro comune umanità è che tra essi e tra
i rispettivi popoli regni non il timore, ma l’amore: il quale tende ad
esprimersi nella collaborazione leale, multiforme, apportatrice di molti beni.
Interdipendenza tra le
comunità politiche
14. Mentre si approfondisce l’interdipendenza tra le economie nazionali: le
une si inseriscono progressivamente sulle altre fino a diventare ciascuna quasi
parte integrante di un’unica economia mondiale; e il progresso sociale,
l’ordine, la sicurezza, e la pace all’interno di ciascuna comunità politica è
in rapporto vitale con il progresso sociale, l’ordine, la sicurezza, la pace di
tutte le altre comunità politiche.
Nessuna comunità politica oggi
è in grado di perseguire i suoi interessi e di svilupparsi chiudendosi in se
stessa; giacché il grado della sua prosperità e del suo sviluppo sono pure il
riflesso ed una componente del grado di prosperità e dello sviluppo di tutte le
altre comunità politiche.
L’unità della famiglia umana è esistita in
ogni tempo, giacché essa ha come membri gli esseri umani che sono tutti uguali
per dignità naturale. Di conseguenza esisterà sempre l’esigenza obiettiva
all’attuazione, in grado sufficiente, del bene comune universale, e cioè del
bene comune della intera famiglia umana.
Nei tempi passati si poteva, a ragione, ritenere che i poteri pubblici
delle differenti comunità politiche potessero essere in grado di attuare il
bene comune universale; o attraverso le normali vie diplomatiche o con incontri
a più alto livello, utilizzando gli strumenti giuridici, quali, ad esempio, le
convenzioni e i trattati: strumenti giuridici suggeriti dal diritto naturale, e
determinati dal diritto delle genti e dal diritto internazionale.
In seguito alle profonde trasformazioni
intervenute nei rapporti della convivenza umana, da una parte il bene comune
universale solleva problemi complessi, gravissimi, estremamente urgenti,
specialmente per ciò che riguarda la sicurezza e la pace mondiale; dall’altra
parte i poteri pubblici delle singole comunità politiche, posti come sono su un
piede di uguaglianza giuridica tra essi, per quanto moltiplichino i loro
incontri e acuiscano la loro ingegnosità nell’elaborare nuovi strumenti
giuridici, non sono più in grado di affrontare e risolvere gli accennati
problemi adeguatamente: e ciò non tanto per mancanza di buona volontà o di
iniziativa, ma a motivo di una loro deficienza strutturale.
Si può dunque affermare che
sul terreno storico è venuta meno la rispondenza fra l’attuale organizzazione e
il rispettivo funzionamento del principio autoritario operante su piano
mondiale e le esigenze obiettive del bene comune universale.
Rapporto fra contenuti
storici del bene comune e struttura e funzionamento dei poteri pubblici
15. Esiste un rapporto intrinseco fra i contenuti storici del bene comune
da una parte e la configurazione e il funzionamento dei poteri pubblici
dall’altra. L’ordine morale, cioè, come esige l’autorità pubblica nella
convivenza per l’attuazione del bene comune, di conseguenza esige pure che
l’autorità a tale scopo sia efficiente. Ciò postula che gli organi nei quali
l’autorità prende corpo, diviene operante e persegue il suo fine siano
strutturali e agiscano in maniera da essere idonei a tradurre nella realtà i
contenuti nuovi che il bene comune viene assumendo nell’evolversi storico della
convivenza.
Il bene comune universale pone ora problemi a dimensioni mondiali che
non possono essere adeguatamente affrontati e risolti che ad opera di poteri
pubblici aventi ampiezza, strutture e mezzi delle stesse proporzioni; di poteri
pubblici cioè, che siano in grado di operare in modo efficiente su piano
mondiale. Lo stesso ordine morale quindi domanda che tali poteri vengano
istituiti.
I poteri pubblici, aventi autorità su piano
mondiale e dotati di mezzi idonei a perseguire efficacemente gli obiettivi che
costituiscono i contenuti concreti del bene comune universale, vanno istituiti
di comune accordo e non imposti con la forza. La ragione è che siffatti poteri
devono essere in grado di operare efficacemente; però, nello stesso tempo, la
loro azione deve essere informata a sincera ed effettiva imparzialità; deve
cioè essere un’azione diretta a soddisfare alle esigenze obiettive del bene
comune universale. Sennonché ci sarebbe certamente da temere che
poteri pubblici supernazionali o mondiali imposti con la forza dalle comunità
politiche più potenti non siano o non divengano strumento di interessi
particolaristici; e qualora ciò non si verifichi, è assai difficile che nel
loro operare risultino immuni da ogni sospetto di parzialità: il che
comprometterebbe l’efficacia della loro azione.
Le comunità politiche, anche se fra esse corrano differenze accentuate
nel grado di sviluppo economico e nella potenza militare, sono tutte assai
sensibili quanto a parità giuridica e alla loro dignità morale. Per cui, a
ragione, non facilmente si piegano ad obbedire a poteri imposti con la forza; o
a poteri alla cui creazione non abbiano contribuito; o ai quali non abbiano
esse stesse deciso di sottoporsi con scelte consapevoli e libere.
Il bene comune
universale e i diritti della persona
16. Come il bene comune delle
singole comunità politiche, così il bene comune universale non può essere
determinato che avendo riguardo alla persona umana. Per cui anche i poteri pubblici della comunità mondiale
devono proporsi come obiettivo fondamentale il riconoscimento, il rispetto, la
tutela e la promozione dei diritti della persona: con un’azione diretta, quando
il caso lo comporti; o creando un ambiente a raggio mondiale in cui sia reso più
facile ai poteri pubblici delle singole comunità politiche svolgere le proprie
specifiche funzioni.
Come i rapporti tra individui, famiglie, corpi
intermedi, e i poteri pubblici delle rispettive comunità politiche,
nell’interno delle medesime, vanno regolati secondo il principio di
sussidiarietà, così nella luce dello stesso principio vanno regolati pure
i rapporti fra i poteri pubblici delle singole comunità politiche e i poteri
pubblici della comunità mondiale. Ciò significa che i poteri pubblici della
comunità mondiale devono affrontare e risolvere i problemi a contenuto
economico, sociale, politico, culturale che pone il bene comune universale;
problemi però che per la loro ampiezza, complessità e urgenza i poteri pubblici
delle singole comunità politiche non sono in grado di affrontare con
prospettiva di soluzioni positive.
I poteri pubblici della comunità mondiale non hanno lo scopo di
limitare la sfera di azione ai poteri pubblici delle singole comunità politiche
e tanto meno di sostituirsi ad essi; hanno invece lo scopo di contribuire alla
creazione, su piano mondiale, di un ambiente nel quale i poteri pubblici delle
singole comunità politiche, i rispettivi cittadini e i corpi intermedi possano
svolgere i loro compiti, adempiere i loro doveri, esercitare i loro diritti con
maggiore sicurezza.
Come è noto, il 26 giugno 1945, venne costituita l’Organizzazione delle
Nazione Unite (ONU); alla quale, in seguito, si collegarono gli istituti
intergovernativi aventi vasti compiti internazionali in campo economico,
sociale, culturale, educativo, sanitario. Le Nazioni Unite si proposero come
fine essenziale di mantenere e consolidare la pace fra i popoli, sviluppando
fra essi le amichevoli relazioni, fondate sui principi della uguaglianza, del
vicendevole rispetto, della multiforme cooperazione in tutti i settori della
convivenza.
Un atto della più alta
importanza compiuto dalle Nazioni Unite è la Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo approvata in assemblea generale il 10 dicembre 1948. Nel preambolo della stessa dichiarazione si proclama come un ideale da
perseguirsi da tutti i popoli e da tutte le nazioni l’effettivo riconoscimento
e rispetto di quei diritti e delle rispettive libertà.
Non è dubbio che il documento segni un passo importante nel cammino
verso l’organizzazione giuridico-politica della comunità mondiale. In esso
infatti viene riconosciuta, nella forma più solenne, la dignità di persona a
tutti gli esseri umani; e viene di conseguenza proclamato come loro
fondamentale diritto quello di muoversi liberamente nella ricerca del vero,
nell’attuazione del bene morale e della giustizia; e il diritto a una vita
dignitosa; e vengono pure proclamati altri diritti connessi con quelli
accennati.
RICHIAMI PASTORALI
17. Non basta essere illuminati dalla fede ed
accesi dal desiderio del bene per penetrare di sani principi una civiltà e
vivificarla nello spirito del Vangelo. A tale scopo è necessario inserirsi
nelle sue istituzioni e operare validamente dal di dentro delle medesime. Però
la nostra civiltà si contraddistingue soprattutto per i suoi contenuti
scientifico-tecnici.
Per cui non ci si inserisce
nelle sue istituzioni e non si opera con efficacia dal di dentro delle medesime
se non si è scientificamente competenti, tecnicamente capaci, professionalmente
esperti.
Amiamo pure richiamare all’attenzione che la competenza scientifica, la
capacità tecnica, l’esperienza professionale, se sono necessarie, non sono però
sufficienti per ricomporre i rapporti della convivenza in un ordine genuinamente
umano; e cioè in un ordine, il cui fondamento è la verità, misura e obiettivo
la giustizia, forza propulsiva l’amore, metodo di attuazione la libertà. Si
richiede pure, nello stesso tempo, che svolgano quelle attività nell’ambito
dell’ordine morale; e quindi come esercizio o rivendicazione di un diritto,
come adempimento di un dovere e prestazione di un servizio; come risposta
positiva al disegno provvidenziale di Dio mirante alla nostra salvezza; si
richiede cioè che gli esseri umani, nell’interiorità di se stessi, vivano il
loro operare a contenuto temporale come una sintesi di elementi
scientifico-tecnico-professionali e di valori spirituali.
Nelle comunità nazionali di tradizione
cristiana si [osserva] in una frattura
la credenza religiosa e l’operare a contenuto temporale. È necessario che in
[esse] si ricomponga l’unità interiore; e nelle loro attività temporali sia
pure presente la fede come faro che illumina e la carità come forza che
vivifica.
Ma pensiamo pure che l’accennata frattura nei
credenti fra credenza religiosa e operare a contenuto temporale, è il
risultato, in gran parte se non del tutto, di un difetto di solida formazione
cristiana. Capita infatti, troppo spesso e in molti
ambienti, che non vi sia proporzione fra istruzione scientifica e istruzione
religiosa: l’istruzione scientifica continua ad estendersi fino ad attingere
gradi superiori, mentre l’istruzione
religiosa rimane di grado elementare. È perciò indispensabile che negli esseri
umani in formazione, l’educazione sia integrale e ininterrotta; e cioè che
in essi il culto dei valori religiosi e
l’affinamento della coscienza morale procedano di pari passo con la continua
sempre più ricca assimilazione di elementi scientifico-tecnici; ed è pure
indispensabile che siano educati circa il metodo idoneo secondo cui svolgere in
concreto i loro compiti.
[E’] difficile cogliere, con
sufficiente aderenza, il rapporto fra esigenze obiettive della giustizia e
situazioni concrete; [ed] tanto più
difficile nell’epoca nostra, caratterizzata da un dinamismo accentuato. Per cui
il problema dell’adeguazione della realtà sociale alle esigenze obiettive della
giustizia è problema che non ammette mai una soluzione definitiva. I nostri
figli pertanto devono vigilare su se stessi per non adagiarsi soddisfatti in
obiettivi già raggiunti.
Le linee dottrinali tracciate nel presente
offrono ai cattolici un vasto campo di incontri e di intese tanto con [i
cristiani delle altre confessioni] quanto con [tutti coloro nei quali è
presente la luce della ragione ed è pure presente ed operante l’onestà
naturale. In tali rapporti i nostri figli siano vigilanti per essere sempre
coerenti con se stessi, per non venire mai a compromessi riguardo alla
religione e alla morale. Ma nello stesso tempo siano e si mostrino animati da
spirito di comprensione, disinteressati e disposti ad operare lealmente
nell’attuazione di oggetti che siano di loro natura buoni o riducibili al
bene].
Non si dovrà però mai confondere l’errore con
l’errante, anche quando si tratta di errore o di conoscenza inadeguata della
verità in campo morale religioso. L’errante è sempre ed anzitutto un essere
umano e conserva, in ogni caso, la sua dignità di persona; e va sempre
considerato e trattato come si conviene a tanta dignità. Inoltre in ogni
essere umano non si spegne mai l’esigenza, congenita alla sua natura, di
spezzare gli schemi dell’errore per aprirsi alla conoscenza della verità. E l’azione di Dio in lui non viene mai meno.
Per cui chi in un particolare momento della sua vita non ha chiarezza di fede,
o aderisce ad opinioni erronee, può essere domani illuminato e credere alla
verità. Gli incontri e le intese, nei vari settori dell’ordine temporale, fra
credenti e quanti non credono, o credono in modo non adeguato, perché
aderiscono ad errori, possono essere occasione per scoprire la verità e per
renderle omaggio.
Va altresì tenuto presente che non si possono neppure identificare
false dottrine filosofiche sulla natura, l’origine e il destino dell’universo e
dell’uomo, con movimenti storici a finalità economiche, sociali, culturali e
politiche, anche se questi movimenti sono stati originati da quelle dottrine e
da esse hanno tratto e traggono tuttora ispirazione. Giacché le dottrine, una
volta elaborate e definite, rimangono sempre le stesse; mentre i movimenti
suddetti, agendo sulle situazioni storiche incessantemente evolventisi, non
possono non subirne gli influssi e quindi non possono non andare soggetti a
mutamenti anche profondi. Inoltre chi può negare che in quei movimenti, nella
misura in cui sono conformi ai dettami della retta ragione e si fanno
interpreti delle giuste aspirazioni della persona umana, vi siano elementi
positivi e meritevoli di approvazione?
Pertanto, può verificarsi che un avvicinamento
o un incontro di ordine pratico, ieri ritenuto non opportuno o non fecondo,
oggi invece lo sia o lo possa divenire domani. Decidere se tale momento è
arrivato, come pure stabilire i modi e i gradi dell’eventuale consonanza di
attività al raggiungimento di scopi economici, sociali, culturali, politici,
onesti e utili al vero bene della comunità, sono problem che si possono risolvere soltanto con la virtù
della prudenza, che è la guida delle virtù che regolano la vita morale, sia
individuale che sociale.
Non mancano anime particolarmente
dotate di generosità, che, trovandosi di fronte a situazioni nelle quali le
esigenze della giustizia non sono soddisfatte o non lo sono in grado
sufficiente, si sentono accese dal desiderio di innovare, superando con un
balzo solo tutte le tappe; come volessero far ricorso a qualcosa che può
rassomigliare alla rivoluzione.
Non si dimentichi che la
gradualità è la legge della vita in tutte le sue espressioni; per cui anche
nelle istituzioni umane non si riesce ad innovare verso il meglio che agendo
dal di dentro di esse gradualmente.
"Non nella rivoluzione — proclama Pio
XII — ma in una evoluzione concordata sta la salvezza e la
giustizia. La violenza non ha mai fatto altro che abbattere, non innalzare;
accendere le passioni, non calmarle; accumulare odio e rovine, non affratellare
i contendenti; e ha precipitato gli uomini e i partiti nella dura necessità di
ricostruire lentamente, dopo prove dolorose, sopra i ruderi della
discordia" [Discorso
agli operai italiani di
Pio XII, 13-6-1943]
A tutti gli uomini di buona volontà spetta un compito immenso: il
compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella
giustizia, nell’amore, nella libertà: i rapporti della convivenza tra i singoli
esseri umani; fra i cittadini e le rispettive comunità politiche; fra le stesse
comunità politiche; fra individui, famiglie, corpi intermedi e comunità
politiche da una parte e dall’altra la comunità mondiale. Compito nobilissimo
quale è quello di attuare la vera pace nell’ordine stabilito da Dio.
Allontani [Gesù Nostro Signore] dal cuore degli uomini ciò che può
mettere in pericolo [la pace]; e li trasformi in testimoni di verità, di
giustizia, di amore fraterno. Illumini i responsabili dei popoli, affinché
accanto alle sollecitudini per il giusto benessere dei loro cittadini
garantiscano e difendano il gran dono della pace; accenda le volontà di tutti a
superare le barriere che dividono, ad accrescere i vincoli della mutua carità,
a comprendere gli altri, a perdonare coloro che hanno recato ingiurie; in virtù
della sua azione, si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi
e sempre regni la desideratissima pace.