Concezione
organica e concezione politica della società
1. La Chiesa cattolica è rimasta tra i pochi agenti politici a
fare scuola di politica. E lo fa in maniera molto efficace e con molti mezzi. E’
per questo che la dottrina sociale è in Italia una delle poche colle che rimangono attive
per tenere insieme la società.
Un agente politico è un’organizzazione che ha
scopi politici, quindi di governo della società, e agisce per realizzarli. La
Chiesa cattolica è divenuta un agente politico molto presto, addirittura fin
dal secondo secolo della nostra era, e lo è sempre rimasta. Fino al settimo
secolo fu un agente euro-asiatico, il suo campo d’azione politico corrispondeva
a quello che era stato dell’antico Impero romano, frazionatosi dal Quinto secolo in diverse entità territoriali minori, una delle quali, quella con
capitale a Costantinopoli-Bisanzio, manteneva l’antica denominazione. Successivamente,
con l’espansione politica degli arabi islamizzati nel Vicino Oriente e in
Africa, divenne una potenza essenzialmente europea. E lo divenne sempre più con
l’acculturazione religiosa e politica dei popoli germanici che dall’Europa
Nord-orientale conquistarono l’Europa occidentale proponendosi come un nuovo impero romano,
nel senso non più etnico ma universale, e infine con quella dei popoli slavi,
dal Nono secolo. La vertiginosa espansione degli europei in tutto
il mondo dal Quindicesimo secolo ampliò anche il dominio religioso della Chiesa
cattolica, che dal Sedicesimo secolo subì un frazionamento in varie denominazioni
dopo essere stata coinvolta nell'Undicesimo secolo nella separazione dai
cristiani soggetti al dominio politico religioso del patriarcato di
Costantinopoli e dell’imperatore greco-romano
di laggiù, rimanendo legata al
potere politico dei sovrani spagnoli, portoghesi e francesi. I primi due le aprirono le porte dell’America Centrale e Meridionale,
quella definita come Latina, i
francesi quelle di gran parte dell’Africa. Gli inglesi recarono con sé la loro
nuova Chiesa nazionale in Nord-America,
parte dell’Africa, India e altre parti dell’Asia cadute in loro dominio. Nei primi anni del Novecento fino alla Prima Guerra mondiale (combattuta tra il 1914 e il 1918) si
produsse la massima espansione politica del cristianesimo, nelle sue varie
denominazioni, tra le quali la Chiesa Cattolica. Successivamente essa iniziò ad
essere contrastata dal comunismo di scuola sovietica, sostenuto dall’agente
politico Unione Sovietica, sotto il cui dominio erano caduti, dal 1917, le
popolazioni comprese nell’Impero russo e, in Europa, dai processi democratici
secolarizzanti, mediante i quali, desacralizzando
il potere politico, quindi
privandolo della sua giustificazione religiosa, si cercò di pacificare un
continente in cui si voleva far convivere diverse denominazioni cristiane. Questo processo di desacralizzazione
caratterizzò anche il processo di decolonizzazione
permesso dagli europei dagli anni Cinquanta del secolo scorso, mediante il
quale si cercò di suscitare/consentire l’autonomia politica ai popoli caduti
sotto il dominio europeo a partire dal Quindicesimo secolo. Negli anni ’80, con
il prodursi della crisi terminale del comunismo sovietico, si realizzò un
processo di ricolonizzazione del mondo da parte statunitense, quindi
secondo la cultura degli europei, e questo ebbe un risvolto anche religioso,
perché, benché il potere politico sia
desacralizzato negli Stati Uniti d’America, la religione, essenzialmente sotto
varie denominazioni cristiane non cattoliche, è veicolata dalla cultura
statunitense come collante civile ed etico, come religione civile, tanto che
i politici statunitense non hanno alcun pudore a farvi espresso riferimenti, a
differenza di quelli europei. Complessivamente, i sociologi delle religioni
segnalano una vivace ripresa delle religioni in tutto il mondo, fuorché nell’Europa
occidentale, a causa del processo di desacralizzazione che ancora mantiene le
sue ragioni d’essere. L’Italia, nel contesto europeo, fa eccezione. Questo
perché la Chiesa cattolica, e in particolare la sua gerarchia, via ha mantenuto
un ruolo di primario agente politico, intende mantenerlo ed ha i mezzi
economici per mantenerlo, in forza, in particolare, dell’ingente e automatico
finanziamento pubblico di cui ha sempre goduto, ma in particolare dalla metà
degli anni ’80 in sostanziale autogestione, nel senso che esso non perviene
direttamente ai preti, come nel regime precedente, ma in blocco ad un istituto
centrale del clero che poi provvede a distribuirlo.
2. La Chiesa cattolica ha quindi una sua dottrina politica, sue concezioni di che cosa sia e
come vada governata la società. Essa è storicamente passata da visioni organiche a visioni propriamente politiche.
Le
concezioni organiche della società sono molto antiche. La società è
vista come un corpo vivente, composto da varie parti, ognuna delle quali ha una
funzione specifica e importante per la sopravvivenza. Se le parti entrano in
conflitto, il corpo muore. Una concezione di questo tipo si trova nel discorso
che Menenio Agrippa fece ai plebei romani durante la rivolta alla fine del
Quinto secolo dell’era antica, quando essi si separarono dal resto della
popolazione radunandosi anche dalle nostre parti, a Monte Sacro. La visione
organica della società è essenzialmente conservatrice perché insegna che la
società/corpo fisico sopravvive se ognuno accetta di rimanere nel ruolo sociale
in cui si è trovato inserito nascendo.
Le concezioni politiche della società manifestano consapevolezza della sua vera
natura di un insieme di relazioni tra varie componenti, non sempre
caratterizzate da un’organizzazione definita ma più spesso da interessi comuni.
Le istituzioni politiche sono efficienti quando riescono ad ottenere da esse
relazioni pacifiche pur consentendone l’evoluzione. Istituzioni politiche
troppo rigide tenderanno ad essere rovesciate da processi rivoluzionari, per l’emergere
violento di componenti che si tenta di reprimere. Istituzioni troppo flessibili
non consentiranno il mantenimento dell’ordine sociale essendo troppo sensibili
a contingenti, non stabili, mutamento degli assetti di potere. In un insieme
sociale così definito, nessuno sa veramente dove sia il suo posto, se lo deve
in un certo senso ricavare nelle relazioni sociali. Relazioni pacifiche
consentono organizzazioni sociali complesse e queste ultime sono indispensabili
per mantenere in vita popolazioni molto numerose come quelle dell’umanità
contemporanea. Per ottenerle una via è quella dell’ideologia, della
condivisione di massa di una visione della società e dei suoi scopi in cui una
la parte più consistente, e comunque più potente, della popolazione trovi
soddisfazione alle proprie ambizioni e ai propri interessi. Questa è la via che
si è seguita negli Stati Uniti d’America, utilizzando come collante la religione civile, che ha integrato fede
cristiana e capitalismo economico. La religione
civile si è dimostrata un’ideologia
molto efficace, tale da richiedere un minor grado di violenza interna per
compattare la società. Quella via venne seguita anche nell’Unione sovietica
(1917-1991) e negli stati che la presero come modello politico, ma viene
seguita oggi nell’attuale Repubblica Popolare di Cina. Un’altra via è quella
dell’egemonia politica ottenuta con la violenza di stato, realizzando stati
totalitari di vario tipo, caratterizzati sempre ad un elevato grado di violenza
interna per ottenere la sottomissione e quindi la pacificazione della società.
Questa via venne seguita dai sistemi di impronta sovietica nei momenti di crisi
politica e lo è anche in Cina in situazioni simili. E’ caratteristica di vari
regimi di orientamento autoritario, che spesso prendono la religione come punto
di riferimento. Di solito essi agiscono con l’idea che la violenza sia
necessaria per preservare la società dalla degenerazione. In realtà essi
esprimono in genere il dominio di un gruppo sugli altri. Spesso questi regimi
vengono definiti fascisti, ma non possono essere definiti tali se non usano
anche un’ideologia di massa che miri in qualche modo ad ottenere un consenso
popolare al dominio instaurato e mantenuto con la violenza politica. In Europa
si è seguita, a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, un’altra via,
che non è né quella dell’ideologia né quella della violenza, ma quella del
contenimento e del bilanciamento di ogni potere sociale, compreso quello che
deriva dall’economia, mediante l’affermazione
dei diritti umani fondamentali, che vengono attribuiti ad ogni individuo in
quanto essere umano, senza altre connotazioni. In questa visione cadono le
distinzioni caratterizzanti di sesso, lingua, etnia religione, opinioni
politiche, condizioni personali e sociali e la società di basa sull’eguaglianza
in dignità. Questa visione politica si è
affermata con il contributo determinante degli agenti politici della dottrina
sociale, in particolare dei partiti democristiani che hanno avuto un ruolo
determinante nel processo di costruzione dell’Unione Europea. Essa ha trovato
la sua esposizione più compiuta e finora insuperata nella lettera apostolica L’ottantesimo anniversario - Octogesima adveniens, diffusa dal papa
Giovanni Battista Montini - Paolo 6° in religione - nel 1971, nell’ottantesimo
anniversario della prima enciclica sociale moderna, la Le Novità - Rerum Novarum, diffusa nel 1891 dal papa Vincenzo
Gioacchino Pecci - Leone 13° in religione. Quest’ultima può essere considerata un vero e proprio manuale di politica ancora molto attuale, uno dei
pochi in circolazione che possano andare nelle mani veramente di tutti, a
partire da persone che abbiano fatto le scuole medie inferiori. Essa si apre
con un appello ad una maggiore giustizia sociale e si chiude con un appello all’azione.
La trascrivo di seguito, certo che pochi avranno la pazienza di leggerla subito,
ma invitando a tenerla presente nei prossimi giorni, perché, argomentando, vi
farò riferimento. Il testo che pubblico
è tratto da
http://w2.vatican.va/content/paul-vi/it/apost_letters/documents/hf_p-vi_apl_19710514_octogesima-adveniens.html
Sarebbe bello che, in una campagna
elettorale come quella che è iniziata e che riguarda elezioni politiche, che si
terranno nel prossimo marzo, veramente molto importanti per la vita di tutti
noi, le formazioni che presentano loro candidati arrivassero ad un livello di
approfondimento come quello raggiunto in quel documento del papa Montini.
Purtroppo si condurranno diversamente, sia perché diffidano di noi elettori,
sia anche perché disperano in
noi. Ci considerano in genere
avvicinabili solo con tecniche di marketing,
quelle strategie che mirano a convincere sfruttando le debolezze psicologiche
della gente, non con argomentazioni razionali. Allora, ci confezioneranno pacchetti elettorali fatti in quel modo, luccicanti e
coinvolgenti, ma tali per un solo giorno, quello delle elezioni, trascorso il
quale andranno in fumo, perché hanno poca consistenza, così come, di campagna
in campagna cambiano gli spot pubblicitari.
Appello universale a maggiore giustizia
2. Con fiducia, noi vediamo lo Spirito del Signore continuare la sua
opera nel cuore degli uomini e radunare dovunque comunità cristiane coscienti
delle loro responsabilità nella società. In tutti i continenti, tra tutte
le razze, le nazioni, le culture, in mezzo ad ogni sorta di condizioni, il
Signore continua a suscitare autentici apostoli dell'evangelo.
Ci è stato dato di incontrarli, di
ammirarli, di incoraggiarli durante i nostri recenti viaggi. Abbiamo avvicinato
le folle e ascoltato i loro appelli, grida di miseria e di speranza al tempo
stesso.
In queste circostanze, i gravi
problemi del nostro tempo ci sono apparsi con un nuovo rilievo, come
particolari, certo, a ciascuna regione, ma tuttavia comuni a una umanità che si
interroga sul suo avvenire, sull'orientamento e il significato dei mutamenti in
corso. Differenze evidenti sussistono nello sviluppo economico, culturale e
politico delle nazioni: accanto a regioni fortemente industrializzate, altre
sono ancora allo stadio agricolo; accanto a paesi che conoscono il benessere,
altri lottano contro la fame; accanto a popoli ad alto livello culturale, altri
continuano a occuparsi della eliminazione dell'analfabetismo. Da ogni parte sale un'aspirazione a
maggiore giustizia e si alza il desiderio di una pace meglio assicurata, in un
mutuo rispetto tra gli uomini e tra i popoli.
Questo leggiamo nelle prime righe di L’ottantesimo anniversario - Octogesima
adveniens.
Noi Chiesa
siamo stati storicamente un agente
politico molto rilevante in Italia e in Europa. Questo comporta una responsabilità sociale. Ne siamo
coscienti? La pace è ancora un obiettivo
importante per noi? Lo è l’aspirazione a
una maggiore giustizia? Benché non ci piaccia, in genere, sentircelo
ricordare, viviamo nella parte più potente del mondo, in uno dei Paesi più
industrializzati. Benché il crescere delle diseguaglianze, derivato dall’affermazione
dell’ideologia neoliberista dagli scorsi anni ’80 abbia impoverito e ancora
stia impoverendo larghe fasce della popolazione, pochi popoli al mondo sono più
ricchi di noi. In particolare abbiamo ancora un sistema sanitario e
previdenziale con pochi eguali nel mondo. Se ci sono tanti più poveri di noi,
significa che, in definitiva, se certi diritti
fondamentali competono agli esseri
umani in quanto tali, senza distinzione, ad esempio quello alla vita, significa che il mondo è ingiusto.
Non vi pare? E’ la politica che lo ha reso così, perché l’unico modo per
affermare la giustizia sociale è per via politica e l’ingiustizia ha radici
politiche. Hanno prevalso alcuni e, tra essi, anche noi. Ora però ci sentiamo
minacciati. Da che cosa? Proprio da quell’aspirazione ad una maggiore giustizia a cui
fece riferimento Montini nel documento che ho citato, che viene però da altri, da quelli che nel mondo sono stati soccombenti. Allora alcuni da noi in Europa, ma anche altrove in Occidente, chiedono di
costruire muraglie e di fare la guerra per contenere quelli che
gridano invocando maggiore giustizia. Questa è la via del neoliberismo esposta
dal nuovo presidente statunitense Donald Trump: rendere permeabili le frontiere
ai capitali e impermeabili ai sofferenti in entrata. E’ la via della guerra,
perché l’ingiustizia da un lato, per essere mantenuta, richiede violenza e dall’altra, dalla parte dei sofferenti,
genera rivolta violenta. Non illudiamoci che sia diverso. Non ci sarà pace
senza giustizia. Lo insegna da sempre la dottrina sociale, ma è cosa intuitiva.
La pace, dalla quale dipende la nostra sicurezza, esige maggiore giustizia
sociale e il mutuo rispetto tra gli
uomini e i popoli, proprio quello che di questi tempi sembra venir meno in
Europa, dissolvendo il fattore fondamentale che ha garantito un lunghissimo
periodo di pace da noi, addirittura dalla metà degli anni Quaranta del secolo
scorso, turbato solo negli anni Novanta dalle guerre iugoslave.
Esaminate bene le proposte politiche
correnti: quelle che contengono propositi di discriminazione, esclusione,
espulsione, respingimento comportano l’esigenza di fare guerra, all’esterno, e
di usare più violenza sociale all’interno, perché questi sono i soli metodi con
cui quelle finalità possono essere conseguite. Una volta poi che ci si è fatti
coinvolgere in una guerra, essa andrà combattuta e le guerre si sa come
iniziano, ma non si sa mai veramente come finiranno. Oggi non c’è più il
servizio militare di leva obbligatorio, perché grazie alle politiche di pace
dell’Unione Europea abbiamo beneficiato del più lungo periodo di pace della
nostra storia e avere un grande esercito non è stato più necessario. Ma le
norme per la mobilitazione generale dei validi alle armi, innanzi tutto i nostri
figli, sono sempre in vigore per il caso di guerra. La via della guerra contrasta con espressi
insegnamenti dell’attuale dottrina sociale: è profondamente irreligiosa, anche
se, fino ad un recente passato, quello della sacralizzazione del potere
politico e delle sue guerre,non se ne aveva consapevolezza condivisa.
Scriveva il Papa nella Octogesima Aveniens - L’ottantesimo anniversario:
«Ciascuno esamini se stesso per vedere quello che finora ha fatto
e quello che deve fare. Non basta ricordare i principi, affermare le
intenzioni, sottolineare le stridenti ingiustizie e proferire denunce
profetiche: queste parole non avranno peso reale se non sono accompagnate in
ciascuno da una presa di coscienza più viva della propria responsabilità e da
un'azione effettiva. È troppo facile scaricare sugli altri la responsabilità
delle ingiustizie, se non si è convinti allo stesso tempo che ciascuno vi
partecipa e che è necessaria innanzi tutto la conversione personale.»
E da qui che deve iniziare
la nostra preparazione di cittadini elettori alle prossime elezioni politiche,
per recuperare la nostra dignità civica,
offesa da chi ci vorrebbe ridurre al ruolo di consumatori di politica.
Mario
Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli
***********************************************************************************************
OCTOGESIMA ADVENIENS
80°
ANNIVERSARIO
DELL'ENCICLICA RERUM NOVARUM
14 maggio 1971 (1)
INTRODUZIONE
1.
L'80° anniversario della pubblicazione dell'enciclica Rerum novarum, il cui
messaggio continua a ispirare l'azione per la giustizia sociale, ci spinge a
riprendere e a prolungare l'insegnamento dei nostri predecessori, in risposta
ai nuovi bisogni di un mondo in trasformazione. La chiesa, infatti, cammina con
l'umanità e ne condivide la sorte nel corso della storia. Annunciando agli
uomini la buona novella dell'amore di Dio e della salvezza nel Cristo, essa
illumina la loro attività con la luce dell'evangelo, aiutandoli in tal modo a
corrispondere al divino disegno d'amore e a realizzare la pienezza delle loro
aspirazioni.
Appello
universale a maggiore giustizia
2.
Con fiducia, noi vediamo lo Spirito del Signore continuare la sua opera nel
cuore degli uomini e radunare dovunque comunità cristiane coscienti delle loro
responsabilità nella società. In tutti i continenti, tra tutte le razze, le
nazioni, le culture, in mezzo ad ogni sorta di condizioni, il Signore continua
a suscitare autentici apostoli dell'evangelo.
Ci
è stato dato di incontrarli, di ammirarli, di incoraggiarli durante i nostri
recenti viaggi. Abbiamo avvicinato le folle e ascoltato i loro appelli, grida
di miseria e di speranza al tempo stesso.
In
queste circostanze, i gravi problemi del nostro tempo ci sono apparsi con un
nuovo rilievo, come particolari, certo, a ciascuna regione, ma tuttavia comuni
a una umanità che si interroga sul suo avvenire, sull'orientamento e il
significato dei mutamenti in corso. Differenze evidenti sussistono nello
sviluppo economico, culturale e politico delle nazioni: accanto a regioni
fortemente industrializzate, altre sono ancora allo stadio agricolo; accanto a
paesi che conoscono il benessere, altri lottano contro la fame; accanto a
popoli ad alto livello culturale, altri continuano a occuparsi della
eliminazione dell'analfabetismo. Da ogni parte sale un'aspirazione a maggiore giustizia
e si alza il desiderio di una pace meglio assicurata, in un mutuo rispetto tra
gli uomini e tra i popoli.
Diversità
di situazioni dei cristiani nel mondo
3.
Certamente, molto diverse sono le situazioni in cui, volenti o nolenti, i
cristiani si trovano impegnati, a seconda dei paesi, dei sistemi
socio-politici, delle culture. In alcuni paesi essi sono ridotti al silenzio,
tenuti in sospetto e per così dire messi al margine della società, inquadrati
senza libertà in un sistema totalitario. Altrove essi rappresentano una debole
minoranza, la cui voce si fa difficilmente sentire. In altre nazioni, dove la
chiesa ha una situazione riconosciuta e talvolta in maniera ufficiale, essa
stessa si trova esposta ai contraccolpi della crisi che scuote la società, e
alcuni dei suoi membri sono tentati da soluzioni radicali e violente, nella
convinzione di poterne sperare uno sbocco più felice. Mentre certuni, senza
rendersi conto delle ingiustizie presenti, si sforzano di prolungare la
situazione esistente, altri si lasciano sedurre da ideologie rivoluzionarie,
che promettono, non senza illusione, un mondo definitivamente migliore.
4.
Di fronte a situazioni tanto diverse, ci è difficile pronunciare una parola
unica e proporre una soluzione di valore universale. Del resto non è questa la
nostra ambizione e neppure la nostra missione. Spetta alle comunità cristiane
analizzare obiettivamente la situazione del loro paese, chiarirla alla luce
delle parole immutabili dell'evangelo, attingere principi di riflessione,
criteri di giudizio e direttive di azione nell'insegnamento sociale della
chiesa, quale è stato elaborato nel corso della storia, e particolarmente in
questa èra industriale, a partire dalla data storica del messaggio di Leone
XIII «sulla condizione degli operai», di cui abbiamo l'onore e la gioia di
celebrare oggi l'anniversario. Spetta alle comunità cristiane individuare, con
l'assistenza dello Spirito Santo - in comunione coi vescovi responsabili, e in
dialogo con gli altri fratelli cristiani e con tutti gli uomini di buona
volontà -, le scelte e gli impegni che conviene prendere per operare le
trasformazioni sociali, politiche ed economiche che si palesano urgenti e
necessarie in molti casi.
In
questa ricerca dei cambiamenti da promuovere, i cristiani dovranno innanzi
tutto rinnovare la loro fiducia nella forza e nell'originalità delle esigenze
evangeliche. L'evangelo non è sorpassato per il fatto che è stato annunciato,
scritto e vissuto in un contesto socio-culturale differente. La sua
ispirazione, arricchita dall'esperienza vivente della tradizione cristiana
lungo i secoli, resta sempre nuova per la conversione degli uomini e per il
progresso della vita associata, senza che per questo si giunga a utilizzarla a
vantaggio di scelte temporali particolari, dimenticando il suo messaggio
universale ed eterno. (2)
Il messaggio specifico della chiesa
5.
Nelle perturbazioni e incertezze dell'ora presente, la chiesa ha un messaggio
specifico da proclamare, un appoggio da offrire agli uomini nei loro sforzi per
prendere in mano e orientare il proprio avvenire. Dall'epoca in cui la Rerum novarumdenunciava
in maniera vigorosa e categorica lo scandalo della condizione operaia nella
nascente società industriale, l'evoluzione storica ha fatto prendere coscienza
di altre dimensioni e di altre applicazioni della giustizia sociale, come già è
stato constatato dalla Quadragesimo anno (3) e
dalla Mater et magistra.(4)
Il
recente concilio, da parte sua, si è adoperato a rilevare tali dimensioni e
applicazioni, specialmente nella costituzione pastorale Gaudium et spes. Noi
stessi abbiamo prolungato questi orientamenti nell'enciclica Populorum progressio:
«Oggi il fatto di maggior rilievo, del quale ognuno deve prender coscienza, è
che la questione sociale ha acquistato dimensione mondiale».(5) «Una rinnovata
presa di coscienza delle esigenze del messaggio evangelico impone alla chiesa
di mettersi al servizio degli uomini, onde aiutarli a cogliere tutte le
dimensioni di questo grave problema e convincerli dell'urgenza di un'azione
solidale in questa svolta della storia dell'umanità».(6)
Questo
dovere di cui noi abbiamo viva coscienza, ci spinge oggi a proporre alcune
riflessioni e suggerimenti, suscitati dall'ampiezza dei problemi posti al mondo
contemporaneo.
6.
Toccherà del resto al prossimo sinodo dei vescovi studiare, anch'esso, più da
vicino e approfondire la missione della chiesa dinanzi alle gravi questioni che
solleva oggi la giustizia nel mondo. Ma l'anniversario della Rerum novarum ci
offre, ora, l'occasione di confidare le nostre preoccupazioni e i nostri
pensieri su questo problema a lei, signor cardinale, nella sua qualità di
presidente della Commissione «Giustizia e pace» e del Consiglio dei laici.
In
tale modo vogliamo anche incoraggiare questi organismi della Santa Sede nella
loro azione ecclesiale a servizio degli uomini.
Ampiezza
dei mutamenti attuali
7.
Il nostro scopo, senza peraltro dimenticare i problemi permanenti già
affrontati dai nostri predecessori, è di attirare l'attenzione su alcune
questioni, le quali, per la loro urgenza, la loro ampiezza e la loro
complessità, devono essere al centro delle preoccupazioni dei cristiani negli
anni prossimi, affinché, insieme con gli altri uomini, essi s'impegnino a
risolvere le nuove difficoltà che coinvolgono l'avvenire stesso dell'uomo.
Occorre collocare i problemi sociali posti dall'economia moderna - condizioni
umane di produzione, equità negli scambi dei beni e nella ripartizione delle
ricchezze, significato degli accresciuti bisogni di consumo, attribuzione delle
responsabilità - in un contesto più largo di nuova civiltà. Nei mutamenti
attuali, così profondi e così rapidi, l'uomo si scopre nuovo ogni giorno e si
interroga sul senso del proprio essere e della sua sopravvivenza collettiva.
Pur esitando a raccogliere le lezioni di un passato ch'egli giudica chiuso e
troppo diverso, ha nondimeno bisogno di rischiarare il proprio avvenire -
ch'egli sente tanto insicuro quanto mutevole - con la luce di verità permanenti,
eterne, che di certo lo superano, ma di cui può, se lo vuole, trovare egli
stesso le tracce (cf. 2 Cor 4, 17)
I.
NUOVI PROBLEMI SOCIALI
L'urbanesimo
8.
Un fenomeno di grande importanza attira la nostra attenzione, sia nei paesi
industrializzati sia nelle nazioni in via di sviluppo: l'urbanesimo. Dopo
lunghi secoli, la civiltà agricola va declinando. Ma si dedica sufficiente
attenzione al buon ordinamento e al miglioramento della vita dei rurali, la cui
condizione economica di inferiorità e talvolta di miseria provoca l'esodo verso
i tristi ammassamenti delle periferie, dove non troveranno né impiego né
alloggio?
L'esodo
permanente dalle campagne, la crescita dell'industria, la continua spinta
demografica, l'attrazione dei centri urbani conducono a concentramenti di
popolazione, dei quali a fatica si riesce a immaginare l'ampiezza, tanto che
già si parla di megalopoli, raggruppanti parecchie decine di milioni di
abitanti. Certo, ci sono delle città, la cui dimensione assicura un migliore
equilibrio della popolazione. In grado di offrire un'occupazione ai rurali che
si rendessero disponibili a seguito dei progressi dell'agricoltura, esse
permettono un buon ordinamento dell'ambiente umano, tale da evitare la
diffusione del proletariato e l'ammassamento dei grandi agglomerati.
9.
La crescita smisurata delle città accompagna l'espansione industriale, senza
identificarsi con essa. Basata sulla ricerca tecnologica e sulla trasformazione
della natura, l'industrializzazione prosegue senza sosta il suo cammino, dando
prova di una creatività inesauribile. Mentre talune imprese si sviluppano e si
concentrano, altre si spengono o si spostano, creando nuovi problemi sociali:
disoccupazione professionale o regionale, riqualificazione e mobilità delle
persone, adattamento permanente dei lavoratori, disparità di condizioni nei
diversi settori dell'industria. Utilizzando gli strumenti moderni della
pubblicità, una competizione senza limiti lancia instancabilmente nuovi
prodotti e cerca di attirare il consumatore, mentre i vecchi impianti
industriali, ancora in grado di produrre, diventano inutili. Mentre vasti
strati di popolazione non riescono ancora a soddisfare i loro bisogni primari,
ci si sforza di crearne di superflui. Ci si può allora chiedere, con ragione,
se nonostante tutte le sue conquiste, l'uomo non rivolga contro se stesso i
risultati della sua attività. Dopo aver affermato un necessario dominio sulla
natura, (7) non diventa ora schiavo degli oggetti che produce?
I
cristiani nella città
10.
La nascita di una civiltà urbana, che accompagna la crescita della civiltà
industriale, non è, infatti, una vera sfida alla saggezza dell'uomo, alla sua
capacità organizzativa, alla sua immaginazione rispetto al futuro? Nel seno
della società industriale, l'urbanesimo sconvolge i modi di vita e le strutture
abituali dell'esistenza: la famiglia, il vicinato, i quadri stessi della
comunità cristiana. L'uomo sperimenta una nuova solitudine, non di fronte a una
natura ostile, per dominare la quale ci sono voluti dei secoli, ma nella folla
anonima che lo circonda e in mezzo alla quale egli si sente come straniero.
Tappa indubbiamente irreversibile nello sviluppo delle società umane,
l'urbanesimo pone all'uomo difficili problemi: come dominarne la crescita,
regolarne l'organizzazione, ottenerne l'animazione per il bene di tutti? In
questa crescita disordinata nascono, infatti, nuovi proletariati. Essi si
installano nel cuore delle città, talora abbandonato dai ricchi; si accampano
nelle periferie, cintura di miseria che già assedia in una protesta ancora
silenziosa il lusso troppo sfacciato delle città consumistiche e sovente
scialacquatrici. Invece di favorire l'incontro fraterno e l'aiuto vicendevole,
la città sviluppa le discriminazioni e anche l'indifferenza; fomenta nuove
forme di sfruttamento e di dominio, dove certuni, speculando sulle necessità
degli altri, traggono profitti inammissibili. Dietro le facciate si celano
molte miserie, ignote anche ai più vicini; altre si ostentano dove intristisce
la dignità dell'uomo: delinquenza, criminalità, droga, erotismo.
11.
Sono, in realtà, i più deboli le vittime delle condizioni di vita
disumanizzanti, che degradano le coscienze e nuocciono all'istituzione
familiare: la promiscuità degli alloggi popolari rende impossibile un minimo di
intimità; i giovani focolari attendono invano un'abitazione decente e a prezzo
accessibile, si demoralizzano e la loro unità può anche trovarsi compromessa; i
giovani fuggono da una casa troppo esigua e cercano nella strada delle
compensazioni e delle compagnie incontrollabili. È un grave dovere dei
responsabili cercare di dominare e di orientare questo processo.
È
urgente ricostruire, a misura della strada, del quartiere, o del grande
agglomerato, il tessuto sociale in cui l'uomo possa soddisfare le esigenze
della sua personalità. Centri di interesse e di cultura devono essere creati o
sviluppati a livello di comunità e di parrocchie, in quelle diverse forme di
associazione, circoli ricreativi, luoghi di riunione, incontri spirituali
comunitari, in cui ciascuno, sottraendosi all'isolamento, ricreerà dei rapporti
fraterni.
12.
Costruire oggi la città, luogo di esistenza degli uomini e delle loro dilatate
comunità, creare nuovi modi di contatto e di relazione, intravedere
un'applicazione originale della giustizia sociale, prendere la responsabilità
di questo avvenire collettivo che si annuncia difficile, è un compito al quale
i cristiani devono partecipare. Agli uomini ammassati in una promiscuità urbana
che diviene intollerabile, occorre portare un messaggio di speranza, attraverso
una fraternità vissuta e una giustizia concreta. Che i cristiani, coscienti di
questa nuova responsabilità, non perdano coraggio davanti all'immensità della
città senza volto, ma si ricordino del profeta Giona, il quale percorse in
lungo e in largo Ninive, la grande città, per annunciarvi la buona novella
della misericordia divina, sostenuto nella sua debolezza dalla sola forza della
parola di Dio onnipotente. Nella Bibbia, invero, la città è sovente il luogo
del peccato e dell'orgoglio: orgoglio di un uomo che si sente abbastanza sicuro
per costruire la sua vita senza Dio e persino per affermarsi potente contro di
lui. Ma essa è anche Gerusalemme, la città santa, il luogo dell'incontro con
Dio, la promessa della città che scende dall'alto (cf. Ap 3,
12; 21, 2).
I
giovani - Il posto della donna
13.
Vita urbana e mutazione industriale mettono d'altronde in viva luce delle
questioni finora mal percepite. Quale sarà, per esempio, il posto della donna e
quello dei giovani in questo mondo in gestazione?
Dovunque
si manifesta difficile il dialogo tra una gioventù portatrice di aspirazioni e
di rinnovamento, e anche di insicurezza per l'avvenire, e le generazioni
adulte. Chi non vede, in ciò, la presenza di una fonte di gravi conflitti, di
rotture, di atteggiamenti rinunciatari, anche in seno alla famiglia, e il porsi
di un problema sui metodi dell'autorità, sull'educazione alla libertà, sulla
trasmissione di valori e di credenze, che tocca le radici profonde della
società?
Parimenti,
in molti paesi, è oggetto di ricerche e talvolta di vive rivendicazioni uno
statuto della donna che faccia cessare una discriminazione effettiva e
stabilisca dei rapporti di uguaglianza nei diritti e il rispetto della sua
dignità. Non parliamo di quella falsa uguaglianza che negherebbe le distinzioni
poste dal Creatore, e che sarebbe in contraddizione con la funzione specifica,
così fondamentale, della donna tanto al centro del focolare come in seno alla
società. Al contrario, l'evoluzione delle legislazioni deve andare nel senso
della protezione della vocazione propria della donna stessa e, insieme, del
riconoscimento della sua indipendenza in quanto persona, dell'uguaglianza dei
suoi diritti in ordine alla partecipazione alla vita culturale, economica,
sociale e politica.
I
lavoratori
14.
La chiesa lo ha riaffermato solennemente nell'ultimo concilio: «La persona
umana è e deve essere il principio, il soggetto e il fine di tutte le
istituzioni».(8) Ogni uomo ha diritto al lavoro, alla possibilità di sviluppare
le proprie qualità e la propria personalità nell'esercizio della sua
professione, a un'equa rimunerazione che permetta «a lui e alla sua famiglia di
condurre una vita degna sul piano materiale, sociale, culturale e spirituale»,
(9) all'assistenza in caso di bisogno per motivi di malattia o di età.
Se,
per la difesa di questi diritti, le società democratiche accettano il principio
del diritto sindacale, esse non sono, peraltro, sempre aperte all'esercizio di
tale diritto. Si deve ammettere la funzione importante dei sindacati: essi
hanno per scopo la rappresentanza delle diverse categorie di lavoratori, la
loro legittima collaborazione all'incremento economico della società, lo
sviluppo del senso delle loro responsabilità per la realizzazione del bene
comune. Tuttavia, la loro azione non è priva di difficoltà: qua e là può
manifestarsi la tentazione di approfittare di una posizione di forza per
imporre, segnatamente con lo sciopero - il cui diritto come ultimo mezzo di
difesa resta certamente riconosciuto -, delle condizioni troppo pesanti per
l'insieme dell'economia o del corpo sociale, o per voler rendere efficaci delle
rivendicazioni d'ordine direttamente politico. Quando si tratta, in
particolare, di pubblici servizi, necessari alla vita quotidiana di un'intera
comunità, bisognerà saper valutare il limite oltre il quale il torto causato
diventa inammissibile.
Le
vittime dei mutamenti
15.
Progressi sono già stati compiuti, per introdurre nei rapporti umani una
maggiore giustizia e una più ampia partecipazione alle responsabilità. Ma in
questo campo immenso, molto resta ancora da fare. Occorre pertanto proseguire
attivamente nella riflessione, nella ricerca, negli esperimenti, sotto pena di
restare in ritardo rispetto alle legittime aspirazioni dei lavoratori, le quali
si vanno maggiormente affermando, man mano che si sviluppa la loro formazione,
la coscienza della loro dignità, il vigore delle loro organizzazioni.
L'egoismo
e il dominio sono, tra gli uomini, tentazioni permanenti. È pertanto necessario
un discernimento sempre più avvertito per cogliere alla radice le situazioni
frutto d'ingiustizia e per instaurare progressivamente una giustizia sempre
meno imperfetta. Nei mutamenti industriali, che reclamano un adattamento rapido
e costante, coloro che vengono a trovarsi colpiti saranno più numerosi e meno
in grado di fare intendere le proprie voci.
Verso
questi nuovi «poveri» - minorati e disadattati, vecchi, emarginati di origine
diversa - si dirige l'attenzione della chiesa, per riconoscerli, aiutarli,
difendere il loro posto e la loro dignità in una società indurita dalle
competizioni e dall'attrattiva del successo.
Le
discriminazioni
16.
Nel numero delle vittime di situazioni d'ingiustizia quantunque il fenomeno,
purtroppo, non sia nuovo - si devono mettere coloro che sono oggetto di
discriminazione, di diritto o di fatto, a causa della loro razza, della loro
origine, del loro colore, della loro cultura, del loro sesso o della loro
religione.
La
discriminazione razziale riveste in questo momento un carattere di più forte
attualità, a motivo della tensione che essa solleva tanto all'interno di certi
paesi quanto sul piano internazionale. Con ragione gli uomini ritengono
ingiustificabile e rifiutano come inammissibile la tendenza a conservare o a
introdurre una legislazione o dei comportamenti ispirati sistematicamente ai
pregiudizi razziali: i membri dell'umanità hanno la stessa natura e, di
conseguenza, la stessa dignità, con i medesimi diritti e doveri fondamentali, e
con identico destino soprannaturale. In seno ad una patria comune, tutti devono
essere uguali davanti alla legge, trovare uguale accesso alla vita economica,
culturale, civica, sociale, e beneficiare di un'equa ripartizione della
ricchezza nazionale.
Diritto
all'emigrazione
17.
Pensiamo altresì alla situazione precaria di un grande numero di lavoratori
emigrati, la cui condizione di stranieri rende ancor più difficile, da parte
dei medesimi, ogni rivendicazione sociale, nonostante la loro reale
partecipazione allo sforzo economico del paese che li accoglie. È urgente che
nei loro confronti si sappia superare un atteggiamento strettamente
nazionalistico, per creare uno statuto che riconosca un diritto
all'emigrazione, favorisca la loro integrazione, faciliti la loro promozione
professionale e consenta a essi l'accesso a un alloggio decente, dove,
occorrendo, possano essere raggiunti dalle loro famiglie. (10)
A
questa categoria si aggiungono le popolazioni che, per trovare lavoro,
sottrarsi a una catastrofe o a un clima ostile, abbandonano le loro regioni e
si trovano sradicate presso altre genti.
È
dovere di tutti, e specialmente dei cristiani (cf. Mt 25, 35),
lavorare con energia per instaurare la fraternità universale, base
indispensabile di una giustizia autentica e condizione di una pace duratura:
«Non possiamo invocare Dio, Padre di tutti gli uomini, se rifiutiamo di
comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati a immagine
di Dio. La relazione dell'uomo con Dio Padre e quella dell'uomo con gli altri
uomini, suoi fratelli, sono tanto connesse che la Scrittura dice: "Chi non
ama, non conosce Dio" (1 Gv 4, 8)». (11)
Creare
impieghi
18.
Con la crescita demografica che si avverte soprattutto nelle giovani nazioni,
il numero di coloro che non riescono a trovar lavoro e sono costretti alla
miseria o al parassitismo, andrà aumentando nei prossimi anni, a meno che un
risveglio della coscienza umana non dia vita a un movimento generale di
solidarietà attraverso un'efficace politica di investimenti, di organizzazione
della produzione e della commerciabilità, come pure, del resto, di formazione.
Ci è nota l'attenzione dedicata a questi problemi nei consessi internazionali,
e vivamente auspichiamo che i loro membri non tardino a far seguire alle
proprie dichiarazioni un'azione concreta.
È
inquietante constatare in questo campo una specie di fatalismo, che
s'impadronisce persino dei responsabili. Tale sentimento conduce talvolta a
soluzioni maltusiane, esaltate da un'attiva propaganda a favore della
contraccezione e dell'aborto. In simile critica situazione, occorre invece
affermare che la famiglia, senza la quale nessuna società può sussistere, ha
diritto a un'assistenza che le assicuri le condizioni di un sano sviluppo. «È
certo - dicevamo nella nostra enciclica Populorum progressio -
che i poteri pubblici, nell'ambito della loro competenza, possono intervenire,
mediante la diffusione di un'appropriata informazione e l'adozione di misure
adeguate, purché siano conformi alle esigenze della legge morale e rispettose
della giusta libertà della coppia: perché il diritto al matrimonio e alla
procreazione è un diritto inalienabile, senza del quale non si dà dignità
umana».(12)
19.
In nessun'altra epoca come la nostra, l'appello all'immaginazione sociale è
stato così esplicito. Occorre dedicarvi sforzi di inventiva e capitali
altrettanto ingenti come quelli impiegati negli armamenti o nelle imprese
tecnologiche. Se l'uomo si lascia superare e non prevede in tempo l'emergere
delle nuove questioni sociali, queste diventeranno troppo gravi perché se ne
possa sperare una soluzione pacifica.
I
mezzi di comunicazione sociale
20.
Tra i principali mutamenti del nostro tempo, non vogliamo dimenticare di
sottolineare l'importanza crescente che assumono i mezzi di comunicazione
sociale e il loro influsso sulla trasformazione delle mentalità, delle
cognizioni, delle organizzazioni e della società stessa. Essi presentano
certamente degli aspetti positivi: per loro tramite, le informazioni di tutto
il mondo ci giungono quasi istantaneamente creando un contatto al di là delle
distanze ed elementi di unità tra gli uomini, e diventa altresì possibile una
più estesa diffusione della formazione e della cultura. Tuttavia, tali mezzi di
comunicazione sociale, per la loro stessa azione, costituiscono un nuovo
potere. Come allora non interrogarsi sui detentori reali di questo potere,
sugli scopi che essi perseguono e sui mezzi posti in opera, sulla ripercussione,
infine, della loro azione nei confronti dell'esercizio delle libertà
individuali, tanto nel settore politico e ideologico, come nella vita sociale,
economica e culturale? Gli uomini che detengono questo potere hanno una grave
responsabilità morale in rapporto alla verità delle informazioni che essi
devono diffondere, in rapporto ai bisogni e alle reazioni che fanno sorgere, e
ai valori che propongono. Di più, con la televisione si delinea un modo
originale di conoscenza e una nuova forma di civiltà: quella dell'immagine.
Naturalmente
i poteri pubblici non possono ignorare né la crescente influenza dei mezzi di
comunicazione sociale, né i vantaggi o i rischi che il loro uso comporta per lo
sviluppo e l'autentico progresso della società civile.
Essi
pertanto sono chiamati ad assolvere positivamente la loro funzione di servizio
al bene comune, dando il proprio incoraggiamento alle iniziative costruttive e
appoggiando i singoli cittadini e i gruppi nella loro azione di difesa dei
valori fondamentali della persona umana e della civile convivenza. D'altro
canto essi si adopereranno per evitare, mediante opportune misure, che si
propaghi quanto può intaccare il comune patrimonio dei valori sui quali si
fonda il genuino progresso della società. (13)
L'ambiente
naturale
21.
Mentre l'orizzonte dell'uomo si modifica, in tale modo, tramite le immagini che
sono scelte per lui, un'altra trasformazione si avverte, conseguenza tanto
drammatica quanto inattesa dell'attività umana. L'uomo ne prende coscienza
bruscamente: attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli
rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta
degradazione. Non soltanto l'ambiente materiale diventa una minaccia
permanente: inquinamenti e rifiuti, nuove malattie, potere distruttivo totale;
ma è il contesto umano, che l'uomo non padroneggia più, creandosi così per il
domani un ambiente che potrà essergli intollerabile: problema sociale di vaste
dimensioni che riguarda l'intera famiglia umana.
A
queste nuove prospettive il cristiano deve dedicare la sua attenzione, per
assumere, insieme con gli altri uomini, la responsabilità di un destino diventato
ormai comune.
II.
ASPIRAZIONI FONDAMENTALI
E CORRENTI DI IDEE
22.
Al tempo stesso che il progresso scientifico e tecnico continua a sconvolgere
il paesaggio dell'uomo, i suoi modi di conoscenza, di lavoro, di consumo e di
relazione, una duplice aspirazione si esprime in questi nuovi contesti, sempre
più viva man mano che si sviluppano l'informazione e l'educazione: aspirazione
all'uguaglianza, aspirazione alla partecipazione: due forme della dignità e
della libertà dell'uomo.
Vantaggi
e limiti dei riconoscimenti giuridici
23.
Per far calare nei fatti e nelle strutture questa duplice aspirazione, dei
progressi sono stati compiuti nell'enunciazione dei diritti dell'uomo e nella
ricerca di accordi internazionali per la loro applicazione. (14) Ciò
nonostante, le inique discriminazioni - etniche, culturali, religiose,
politiche - rispuntano continuamente. Troppo spesso, in realtà, i diritti
dell'uomo restano ignorati, se non scherniti, ovvero il loro rispetto è
puramente formale. In parecchi casi, la legislazione è in ritardo sulla realtà
delle situazioni. Necessaria, essa è tuttavia insufficiente a stabilire i veri rapporti
di giustizia e di uguaglianza. Nell'insegnamento della carità, l'evangelo ci
inculca il rispetto privilegiato dei poveri e della loro particolare situazione
nella società: i più favoriti devono rinunziare a certi loro diritti per
mettere con più libertà i propri beni a servizio degli altri. In effetti, se al
di là delle norme giuridiche manca un senso più profondo del rispetto e del
servizio altrui, anche l'uguaglianza davanti alla legge potrà servire di alibi
a evidenti discriminazioni, a sfruttamenti continuati, a disprezzi effettivi.
Facendo difetto una rinnovata educazione alla solidarietà, un'affermazione
eccessiva di uguaglianza può dar luogo a un individualismo dove ciascuno
rivendica i propri diritti, sottraendosi alla responsabilità del bene comune.
Chi
non vede il contributo fondamentale, in questo campo, dello spirito cristiano,
il quale va incontro all'aspirazione dell'uomo a essere amato? «L'amore
dell'uomo, primo valore nell'ordine terreno», assicura le condizioni della
pace, sia sociale che internazionale, affermando la nostra fraternità
universale. (15)
La
società politica
24.
La duplice aspirazione all'uguaglianza e alla partecipazione è diretta a
promuovere un tipo di società democratica. Diversi modelli sono proposti,
taluni vengono esperimentati; ma nessuno soddisfa del tutto, e la ricerca resta
aperta tra le tendenze ideologiche e pragmatiche. Il cristiano ha l'obbligo di
partecipare a questa ricerca e all'organizzazione e alla vita della società
politica. In quanto essere sociale, l'uomo costruisce il suo destino in una
serie di raggruppamenti particolari che esigono, come loro compimento e condizione
necessaria del loro sviluppo, una società più vasta, di carattere universale:
la società politica. Ogni attività particolare deve sistemarsi in questa
società allargata, e assumere, con ciò stesso, la dimensione del bene comune.
(16) Ciò sottintende l'importanza dell'educazione alla vita associata, dove,
oltre l'informazione sui diritti di ciascuno, sia messo in luce il loro
necessario correlativo: il riconoscimento dei doveri nei confronti degli altri.
Il significato e la pratica del dovere sono condizionati dal dominio di sé,
come pure dall'accettazione delle responsabilità e dei limiti posti
all'esercizio della libertà dell'individuo o del gruppo.
25.
L'azione politica - è necessario sottolineare che si tratta innanzitutto di
un'azione e non di una ideologia? - deve poggiare su un progetto di società,
coerente nei suoi mezzi concreti e nella sua ispirazione, alimentata a una
concezione totale della vocazione dello uomo e delle sue diverse espressioni
sociali. Non spetta né allo stato né a dei partiti politici, che sarebbero
chiusi su se stessi, tentare d'imporre un'ideologia, con mezzi che
sboccherebbero nella dittatura degli spiriti, la peggiore di tutte. È compito
dei raggruppamenti culturali e religiosi, nella libertà di adesione ch'essi
presuppongono, sviluppare nel corpo sociale, in maniera disinteressata e per le
vie loro proprie, queste convinzioni ultime sulla natura, l'origine e il fine
dell'uomo e della società.
A
tale riguardo, è opportuno ricordare il principio proclamato dal concilio
Vaticano II: «La verità s'impone soltanto con la forza della stessa verità che
penetra nelle menti soavemente e insieme con vigore». (17)
Ideologie
e libertà umana
26.
Così il cristiano che vuol vivere la sua fede in un'azione politica intesa come
servizio, non può, senza contraddirsi, dare la propria adesione a sistemi
ideologici che si oppongono radicalmente o su punti sostanziali alla sua fede e
alla sua concezione dell'uomo: né all'ideologia marxista, al suo materialismo
ateo, alla sua dialettica di violenza e al modo con cui essa riassorbe la libertà
individuale nella collettività, negando insieme ogni trascendenza all'uomo e
alla sua storia, personale e collettiva; né all'ideologia liberale che ritiene
di esaltare la libertà individuale sottraendola a ogni limite, stimolandola con
la ricerca esclusiva dell'interesse e del potere, e considerando la solidarietà
sociale come conseguenza più o meno automatica delle iniziative individuali e
non già quale scopo e criterio più vasto della validità dell'organizzazione
sociale.
27.
È necessario sottolineare l'ambiguità che può celarsi in ogni ideologia
sociale? Talora essa riduce l'azione, politica o sociale, a una semplice
applicazione di un'idea astratta, puramente teorica; talora è il pensiero che
diventa puro strumento al servizio dell'azione, quasi un semplice mezzo di
strategia. In ambedue i casi non è l'uomo che rischia di trovarsi alienato? La
fede cristiana si pone al di sopra e talvolta all'opposto delle ideologie in
quanto riconosce Dio, trascendente e creatore, che interpella, a tutti i livelli
della creazione, l'uomo quale essere responsabilmente libero.
28.
Il pericolo sarebbe anche di aderire fondamentalmente a un'ideologia che non ha
alla base una dottrina vera e organica, di rifugiarvisi come in una spiegazione
ultima e sufficiente di tutto, costruendosi così un nuovo idolo di cui si
accetta, talvolta senza prenderne coscienza, il carattere totalitario e
coercitivo. Si pensa di trovare così una giustificazione alla propria azione,
anche violenta, un adeguamento a un desiderio generoso di servizio; questo
desiderio resta, ma si lascia assorbire da un'ideologia la quale, anche se
propone certe vie di liberazione per l'uomo, finisce in ultima analisi per
asservirlo.
29.
Se oggi si è potuto parlare di un regresso delle ideologie, ciò può indicare che
è venuto un tempo favorevole a un'apertura verso la trascendenza concreta del
cristianesimo; ma può indicare anche uno slittamento più accentuato verso un
nuovo positivismo: la tecnica generalizzata come forma dominante di attività,
come modo assorbente di esistere, e magari come linguaggio, senza che la
questione del suo significato sia realmente posta.
I
movimenti storici
30.
Ma al di fuori di questo positivismo, che riduce l'uomo a una sola dimensione -
per quanto essa possa essere importante oggi - e che in tal modo lo mutila, il
cristiano nella sua azione si imbatte in movimenti storici concreti usciti
dalle ideologie e, per un verso, distinti da esse. Già il nostro venerato
predecessore Giovanni XXIII, nella Pacem in terris, mostra
la possibilità di operare una distinzione: «Non si possono identificare, scrive
egli, false dottrine filosofiche sulla natura, l'origine e il destino
dell'universo e dell'uomo, con movimenti storici e finalità economiche,
sociali, culturali e politiche, anche se questi movimenti sono stati originati
da quelle dottrine e da esse hanno tratto e traggono tuttora ispirazione.
Giacché le dottrine, una volta elaborate e definite, rimangono sempre le
stesse; mentre i movimenti suddetti, agendo sulle situazioni storiche
incessantemente evolventisi, non possono non subirne gli influssi e quindi non
possono non andare soggetti a mutamenti anche profondi. Inoltre chi può negare
che in quei movimenti, nella misura in cui sono conformi ai dettami della retta
ragione e si fanno interpreti delle giuste aspirazioni della persona umana, vi
siano elementi positivi e meritevoli di approvazione?». (18)
L'attività
delle correnti socialiste
31.
Oggi ci sono dei cristiani che si lasciano attirare dalle correnti socialiste e
dalle loro diverse evoluzioni. Essi cercano di riconoscervi talune delle
aspirazioni che portano in se stessi in nome della loro fede. Si sentono
inseriti in questo flusso storico, e vogliono svolgervi un'azione. Ora, secondo
i continenti e le culture, questa corrente storica assume forme diverse sotto
uno stesso vocabolo, anche se esso è stato e resta, in molti casi, ispirato da
ideologie incompatibili con la fede. Un attento discernimento si impone. Troppo
spesso i cristiani attratti dal socialismo tendono a idealizzarlo in termini
assai generici: volontà di giustizia, di solidarietà e di uguaglianza. Essi
rifiutano di riconoscere le costrizioni dei movimenti storici socialisti, che
rimangono condizionati dalle loro ideologie d'origine. Tra i vari livelli a cui
il socialismo si esprime - aspirazione generosa e ricerca di una società più
giusta, movimenti storici con organizzazione e scopo politici, ideologia con
pretesa di offrire una visione totale e autonoma dell'uomo -, bisogna stabilire
delle distinzioni, le quali guideranno le scelte concrete. Tuttavia queste
distinzioni non devono tendere a considerare i menzionati livelli come
completamente separati e indipendenti. Il legame concreto che, secondo le
circostanze, esiste fra essi deve essere lucidamente individuato, e tale
perspicacia permetterà ai cristiani di precisare il grado di impegno possibile
in questa direzione, una volta assicurati i valori, soprattutto di libertà, di
responsabilità e di apertura allo spirituale, che garantiscono lo sviluppo
integrale dell'uomo.
L'evoluzione
storica del marxismo
32.
Altri cristiani si chiedono anche se un'evoluzione storica del marxismo non
possa autorizzare taluni accostamenti concreti. Essi rilevano in effetti un
certo sblocco del marxismo, che finora si presentava come un'ideologia
unitaria, esplicativa della totalità dell'uomo e del mondo nel suo processo di
sviluppo, e dunque atea. Al di fuori del confronto ideologico che separa
ufficialmente i diversi sostenitori del marxismo-leninismo nella loro
rispettiva interpretazione del pensiero dei fondatori, e al di fuori delle
opposizioni aperte tra i sistemi politici che a tale pensiero si rifanno,
taluni stabiliscono distinzioni tra i diversi livelli a cui il marxismo si
esprime.
33.
Per gli uni, il marxismo resta essenzialmente una prassi attiva della lotta di
classe. Esperimentando il vigore sempre presente e incessantemente rinascente
dei rapporti di dominio e di sfruttamento fra gli uomini, essi riducono il
marxismo soltanto a lotta, talvolta senz'altra prospettiva, lotta che bisogna
proseguire e anzi provocare in modo permanente. Per altri il marxismo è prima
di tutto l'esercizio collettivo del potere politico ed economico sotto la
direzione del partito unico, che si ritiene la sola espressione e il solo
garante del bene di tutti, negando agli individui e agli altri gruppi qualsiasi
possibilità di iniziativa e di scelta. A un terzo livello, il marxismo, sia o
no al potere, indica l'ideologia socialista che ha per base il materialismo
storico e la negazione di ogni trascendenza. Infine, il marxismo si presenta
sotto la forma più attenuata ma più seducente per lo spirito moderno, di
attività scientifica, di metodo rigoroso di analisi della realtà sociale e
politica, di legame razionale ed esperimentato dalla storia tra la conoscenza
teorica e la prassi della trasformazione rivoluzionaria. Benché questo tipo di
analisi metta in risalto certi aspetti della realtà a danno di altri e li
interpreti in funzione dell'ideologia, fornisce tuttavia a certuni, con uno
strumento di lavoro, una certezza preliminare all'azione, accompagnata dalla
pretesa di decifrare con metodo scientifico le spinte dell'evoluzione sociale.
34.
Se attraverso il marxismo, come è concretamente vissuto, si possono distinguere
questi diversi aspetti e le questioni che essi pongono alla riflessione e
all'azione dei cristiani, sarebbe illusorio e pericoloso giungere a dimenticare
l'intimo legame che tali aspetti radicalmente unisce, accettare gli elementi
dell'analisi marxista senza riconoscerne i rapporti con l'ideologia, entrare
nella prassi della lotta di classe e della sua interpretazione marxista
trascurando di avvertire il tipo di società totalitaria e violenta alla quale
questo processo conduce.
L'ideologia
liberale
35.
Dall'altra parte si assiste a un rinnovamento dell'ideologia liberale. Questa
corrente si afferma sia all'insegna dell'efficacia economica, sia come difesa
dell'individuo e contro le iniziative sempre più invadenti delle organizzazioni
e contro le tendenze totalitarie dei poteri politici. Certamente l'iniziativa
personale deve essere mantenuta e sviluppata. Ma i cristiani che s'impegnano in
questa direzione, non tendono, a loro volta, a idealizzare il liberalismo, che
diventa allora un'esaltazione della libertà? Essi vorrebbero un nuovo modello,
più adatto alle condizioni attuali, e facilmente dimenticano che alla sua
stessa radice il liberalismo filosofico è un'affermazione erronea
dell'autonomia dell'individuo nella sua attività, nelle sue motivazioni,
nell'esercizio della sua libertà. Ciò significa che anche l'ideologia liberale
esige da parte loro un attento discernimento.
Il
discernimento cristiano
36.
In questo rinnovato accostamento delle diverse ideologie, il cristiano
attingerà alle sorgenti della sua fede e nell'insegnamento della chiesa i
principi e i criteri opportuni per evitare di lasciarsi sedurre e poi
rinchiudere in un sistema, i cui limiti e il cui totalitarismo rischiano di
apparirgli troppo tardi se egli non li ravvisa nelle loro radici. Al di là di
ogni sistema, senza per questo omettere l'impegno concreto al servizio dei
fratelli, egli affermerà, al centro stesso delle sue opzioni, l'originalità
dell'apporto cristiano a vantaggio di una trasformazione positiva della
società. (19)
Rinascita
delle utopie
37.
Meglio si comprendono oggi i lati deboli delle ideologie esaminando i sistemi
concreti nei quali esse cercano di realizzarsi. Socialismo burocratico,
capitalismo tecnocratico, democrazia autoritaria manifestano la difficoltà di
risolvere il grande problema umano della convivenza nella giustizia e nella
uguaglianza. In realtà, come potrebbero essi sfuggire al materialismo,
all'egoismo o alla violenza che fatalmente li accompagnano? Da dove viene la
contestazione che nasce un po' ovunque, segno di un disagio profondo, mentre si
assiste alla rinascita di «utopie» che pretendono di risolvere il problema
politico delle società moderne con più efficacia delle ideologie? Sarebbe
pericoloso non ammetterlo: l'appello all'utopia è spesso un comodo pretesto per
chi vuole eludere i compiti concreti e rifugiarsi in un mondo immaginario.
Vivere in un futuro ipotetico rappresenta un facile alibi per sottrarsi a
responsabilità immediate. Bisogna però riconoscere che questa forma di critica
della società esistente stimola spesso l'immaginazione prospettica, ad un tempo
per percepire nel presente le possibilità ignorate che vi si trovano iscritte e
per orientare gli uomini verso un futuro nuovo; tramite la fiducia che dà alle
forze inventive dello spirito e del cuore umano essa sostiene la dinamica
sociale; e se non si nega a nessuna apertura, può anche incontrarsi con il
richiamo cristiano. Lo Spirito del Signore, che anima l'uomo rinnovato nel
Cristo, scompiglia senza posa gli orizzonti dove la sua intelligenza ama trovare
la propria sicurezza, e sposta i limiti dove si rinserrerebbe volentieri la sua
azione; egli è abitato da una forza che lo sollecita a sorpassare ogni sistema
e ogni ideologia. Nel cuore del mondo rimane il mistero dell'uomo che si scopre
figlio di Dio nel corso di un processo storico e psicologico, nel quale lottano
e si alternano costrizioni e libertà, pesantezza del peccato e soffio dello
Spirito.
Il
dinamismo della fede cristiana trionfa allora sui gretti calcoli dell'egoismo.
Animato dalla potenza dello Spirito di Gesù Cristo, salvatore degli uomini, e
sostenuto dalla speranza, il cristiano s'impegna nella costruzione di una città
umana, pacifica, giusta e fraterna, che sia un'offerta gradita a Dio. In
effetti «l'attesa di una terra nuova non deve indebolire ma piuttosto stimolare
l'impegno di coltivare la terra presente nella quale cresce quel corpo della
nuova famiglia umana che già riesce ad offrire una certa prefigurazione del
mondo futuro». (20)
L'interrogativo
delle scienze sull'uomo
38.
In questo mondo dominato dal mutamento scientifico e tecnico, che rischia di
trascinarlo verso un nuovo positivismo, sorge un altro dubbio ancora più
essenziale. Ecco che l'uomo, dopo essersi applicato a sottomettere
razionalmente la natura, si trova come imprigionato egli stesso nella morsa
della sua razionalità; a sua volta diventa oggetto di scienza. Le «scienze
sull'uomo» hanno raggiunto oggi uno slancio significativo. Da una parte esse
sottopongono a un esame critico e radicale le cognizioni finora accettate dal
momento che queste cominciano ad apparire o troppo empiriche o troppo teoriche.
D'altra parte, la necessità metodologica e l'«a priori» ideologico le conducono
troppo spesso a isolare, nella moltitudine delle situazioni, qualche
comportamento umano per darne una spiegazione che pretende di essere globale, o
almeno una interpretazione che si vorrebbe totalizzante a partire da un punto
di vista puramente quantitativo o fenomenologico. Questa riduzione scientifica
tradisce una pericolosa pretesa. Privilegiare così tale aspetto dell'analisi,
significa mutilare l'uomo e, sotto le apparenze di un processo scientifico, rendersi
incapaci di comprenderlo nella sua totalità.
39.
Non bisogna essere meno attenti all'azione che le scienze sull'uomo possono
provocare dando origine all'elaborazione di modelli sociali da imporre poi come
tipi di condotta scientificamente provati. L'uomo può diventare allora oggetto
di manipolazioni che orientano i suoi desideri e i suoi bisogni, che modificano
i suoi comportamenti e persino il suo sistema di valori. Nessun dubbio che in
ciò c'è un grave pericolo per la società di domani e per l'uomo medesimo. Se
tutti sono d'accordo nella costruzione di una nuova società posta al servizio
degli uomini, ancora bisogna sapere di quale uomo si tratta.
40.
Il sospetto delle scienze sull'uomo colpisce il cristiano più degli altri, ma
non lo trova disarmato. Qui va rintracciato, e noi lo scrivemmo già nella Populorum progressio,
l'apporto specifico della chiesa alle civiltà: «In comunione con le migliori
aspirazioni degli uomini e soffrendo di vederle insoddisfatte, la chiesa
desidera aiutarle a raggiungere la loro piena fioritura, e a questo fine offre
loro ciò che possiede in proprio: una visione globale dell'uomo e
dell'umanità».(21) Dovrebbe allora la chiesa contestare le scienze sull'uomo
nel loro cammino e denunciare la loro pretesa? Come per le scienze della natura,
la chiesa confida in questa ricerca e invita i cristiani a esservi attivamente
presenti. (22) Sollecitati dalla stessa esigenza scientifica e dal desiderio di
conoscere meglio l'uomo, ma pure illuminati dalla loro fede, i cristiani
dedicati alle scienze sull'uomo instaureranno un dialogo, che si preannunzia
fruttuoso, fra la chiesa e questo nuovo campo di scoperte. È evidente che ogni
disciplina «scientifica» non potrà afferrare, nella sua specificità, che un
aspetto parziale, sia pur vero, dell'uomo; la totalità e il significato le
sfuggono. Ma all'interno di questi limiti, le scienze sull'uomo assicurano una
funzione positiva che la chiesa volentieri riconosce. Esse possono dilatare le
prospettive della libertà umana offrendo un campo più largo di quello che i
condizionamenti già calcolati lasciavano prevedere. Potranno anche aiutare la
morale sociale e cristiana, che vedrà restringersi certamente il suo campo
allorché si tratta di proporre certi modelli sociali, mentre la sua funzione di
critica e di superamento diventerà più forte mostrando il carattere relativo
dei comportamenti e dei valori che tale società presentava come definitivi e
inerenti alla natura stessa dell'uomo. Condizione indispensabile e insieme
insufficiente di una scoperta migliore dell'umano, queste scienze sono un
linguaggio sempre più complesso, ma che dilata, più che non riempia, il mistero
del cuore dell'uomo e non dà la risposta completa e definitiva al desiderio che
sale dalle profondità del suo essere.
Ambiguità
del progresso
41.
Questa migliore conoscenza dell'uomo permette di meglio criticare e mettere in
luce una nozione fondamentale che sta alla base delle società moderne, sia come
spinta sia come misura e obiettivo: il progresso. A partire dal secolo XIX le
società occidentali e parecchie altre al loro contatto hanno riposto la loro
speranza in un progresso continuamente rinnovato, indefinito. Questo progresso
appariva loro come lo sforzo di liberazione dell'uomo nei confronti delle
necessità della natura e delle coartazioni sociali; era la condizione e la
misura della libertà umana! Diffuso dai mezzi moderni d'informazione e dallo
stimolo del sapere e di consumi più estesi, il progresso diventa un'ideologia
onnipresente. Tuttavia un dubbio nasce oggi sia sul suo valore sia sulla sua
riuscita. Che significa questa caccia inesorabile d'un progresso che sfugge
ogni volta che si è persuasi di averlo conquistato? Non dominato, esso lascia
insoddisfatti. Senza dubbio si sono denunziati, a giusto titolo, i limiti e
anche i danni d'una crescita economica puramente quantitativa, e ci si auspica
di raggiungere anche obiettivi di ordine qualitativo. La qualità e la verità
dei rapporti umani, il grado di partecipazione e di responsabilità sono non
meno significativi e importanti per il divenire della società, che la quantità
e la varietà dei beni prodotti e consumati. Superando la tentazione di volere
tutto misurare in termini di efficienza e di mercato, in rapporti di forza e
d'interessi, oggi l'uomo desidera sostituire sempre più a questi criteri
quantitativi l'intensità della comunicazione, la diffusione del sapere e della
cultura, il servizio reciproco, la concentrazione per uno scopo comune. Non
consiste il vero progresso nello sviluppo della coscienza morale che condurrà
l'uomo ad assumersi solidarietà allargate e ad aprirsi liberamente agli altri e
a Dio? Per un cristiano, il progresso si imbatte necessariamente nel mistero
escatologico della morte: la morte del Cristo e la sua risurrezione, l'impulso
dello Spirito del Signore aiutano l'uomo a situare la sua libertà creatrice e
riconoscente nella verità di ogni progresso, nella sola speranza che non delude
(cf. Rm 5, 5).
III.
I CRISTIANI DAVANTI AI NUOVI PROBLEMI
42.
Davanti a tante nuove questioni, la chiesa fa uno sforzo di riflessione per
rispondere, nell'ambito che le è proprio, all'attesa degli uomini. Se oggi i
problemi appaiono inediti per la loro ampiezza e per la loro urgenza, è forse
l'uomo incapace di risolverli? Con tutta la sua dinamica l'insegnamento sociale
della chiesa accompagna gli uomini nella loro ricerca. Se esso non interviene
per autenticare una data struttura o per proporre un modello prefabbricato, non
si limita neppure a richiamare alcuni principi generali: esso si sviluppa
attraverso una riflessione condotta a contatto delle situazioni mutevoli di
questo mondo, sotto l'impulso dell'evangelo come fonte di rinnovamento,
allorché si accetta il suo messaggio nella sua totalità e nelle sue esigenze.
Si sviluppa altresì mediante la sensibilità propria della chiesa, sensibilità
rafforzata da una volontà disinteressata di servizio e dall'attenzione ai più
poveri. Attinge infine a una ricca esperienza secolare che gli permette di
assumere, nella continuità delle sue preoccupazioni permanenti, l'innovazione
ardita e creatrice, richiesta dalla presente situazione del mondo.
Per
una più grande giustizia
43.
Resta ancora da instaurare una più grande giustizia nella ripartizione dei
beni, sia all'interno delle comunità nazionali sia sul piano internazionale.
Negli scambi mondiali, bisogna superare i rapporti di forza, per giungere ad
accordi fondati sulla comune utilità. I rapporti di forza, infatti, non hanno
mai garantito la giustizia in modo durevole e vero, anche se in certi momenti
l'alternarsi delle posizioni può spesso permettere di trovare condizioni più
facili di dialogo. L'uso della forza provoca l'intervento di forze contrarie,
donde un clima di lotte che sfociano in situazioni estreme di violenza e in
abusi.(23) Ma il dovere più importante della giustizia, e noi l'abbiamo spesso
affermato, è di consentire a ogni paese di promuovere il proprio sviluppo nel
quadro di una cooperazione esente da qualunque spirito di dominio, economico e
politico. Certamente è grande la complessità dei problemi sollevati
nell'intrecciarsi attuale delle interdipendenze; bisogna anche avere il
coraggio d'iniziare una revisione dei rapporti tra le nazioni (divisione
internazionale della produzione, struttura degli scambi, controllo dei
profitti, sistema monetario, senza dimenticare le azioni di solidarietà umana),
di mettere in questione i modelli di crescita delle nazioni ricche, di
trasformare le mentalità per aprirle alla priorità del dovere internazionale,
di rinnovare gli organismi internazionali in vista di una maggiore efficienza.
44.
Sotto la spinta dei nuovi sistemi di produzione si fendono le frontiere
nazionali e si vedono apparire nuove potenze economiche, le imprese
multinazionali, che per la concentrazione e la flessibilità dei loro mezzi
possono applicare strategie autonome, in gran parte indipendenti dai poteri
politici nazionali, e perciò senza controllo dal punto di vista del bene
comune. Estendendo le loro attività, questi organismi privati possono condurre
a una nuova forma abusiva di dominio economico, sul piano sociale, culturale e
anche politico. La concentrazione eccessiva dei mezzi e dei poteri, già
denunciata da Pio XI in occasione del quarantesimo anniversario della Rerum novarum, prende
concretamente un nuovo volto.
Cambiamento
dei cuori e delle strutture
45.
Oggi gli uomini aspirano a liberarsi dal bisogno e dalla dipendenza. Ma questa
liberazione s'inizia con la libertà interiore che essi devono recuperare
dinanzi ai loro beni e ai loro poteri; essi mai vi riusciranno se non tramite
un amore che trascenda l'uomo, e, di conseguenza, tramite un'effettiva
disponibilità al servizio. Altrimenti, e lo si vede fin troppo, anche le più
rivoluzionarie ideologie otterranno soltanto un cambio di padroni: insediati a
loro volta al potere, i nuovi padroni si circondano di privilegi, limitano le
libertà e permettono che si instaurino altre forme di ingiustizia.
Così,
molti cominciano a interrogarsi sul modello stesso di società. Nelle
competizioni che le oppongono e le trascinano, l'ambizione di numerose nazioni
è d'impadronirsi della potenza tecnologica, economica, militare; essa contrasta
allora con l'assetto di strutture nelle quali il ritmo del progresso sia
regolato in funzione di una più grande giustizia, invece di accentuare le
disparità e di vivere in un clima di sfiducia e di lotta che compromette
continuamente la pace.
Significato
cristiano dell'azione politica
46.
Non è forse qui che appare un limite radicale dell'economia? L'attività
economica, che è necessaria, può essere «sorgente di fraternità e segno della
Provvidenza» (24) se posta al servizio dell'uomo; essa è l'occasione di scambi
concreti tra gli uomini, di diritti riconosciuti, di servizi resi, di dignità
affermata nel lavoro. Terreno spesso di confronto e di dominio, essa può
instaurare dialoghi e favorire cooperazioni. Tuttavia essa rischia di
assorbire, se eccede, le forze e la libertà. (25) È la ragione per cui si
palesa necessario il passaggio dall'economia alla politica. È vero che sotto il
termine «politica» sono possibili molte confusioni che devono essere chiarite;
ma ciascuno sente che nel settore sociale ed economico, sia nazionale che
internazionale, l'ultima decisione spetta al potere politico.
Questo,
in quanto è il vincolo naturale e necessario per assicurare la coesione del
corpo sociale, deve avere per scopo la realizzazione del bene comune. Esso
agisce, nel rispetto delle legittime libertà degli individui, delle famiglie e
dei gruppi sussidiari, al fine di creare, efficacemente e a vantaggio di tutti,
le condizioni richieste per raggiungere il vero e completo bene dell'uomo, ivi
compreso il suo fine spirituale. Esso si muove nei limiti della sua competenza,
che possono essere diversi secondo i paesi e i popoli; e interviene sempre
nella sollecitudine della giustizia e della dedizione al bene comune, di cui ha
la responsabilità ultima. Tuttavia non elimina così il campo d'azione e le
responsabilità degli individui e dei corpi intermedi, onde questi concorrono
alla realizzazione del bene comune. In effetti, «l'oggetto di ogni intervento
in materia è di porgere aiuto ai membri del corpo sociale, non già di
distruggerli o di assorbirli».(26) Conforme alla propria vocazione, il potere
politico deve sapersi disimpegnare dagli interessi particolari per considerare
attentamente la propria responsabilità nei riguardi del bene di tutti, superando
anche i limiti nazionali. Prendere sul serio la politica nei suoi diversi
livelli - locale, regionale, nazionale e mondiale - significa affermare il
dovere dell'uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore
della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il
bene della città, della nazione, dell'umanità. La politica è una maniera
esigente - ma non è la sola - di vivere l'impegno cristiano al servizio degli
altri. Senza certamente risolvere ogni problema, essa si sforza di dare
soluzioni ai rapporti fra gli uomini. La sua sfera è larga e conglobante, ma
non esclusiva. Un atteggiamento invadente, tendente a farne un assoluto,
costituirebbe un grave pericolo. Pur riconoscendo l'autonomia della realtà
politica, i cristiani, sollecitati a entrare in questo campo di azione, si
sforzeranno di raggiungere una coerenza tra le loro opzioni e l'evangelo e di
dare, pur in mezzo a un legittimo pluralismo, una testimonianza personale e
collettiva della serietà della loro fede mediante un servizio efficiente e
disinteressato agli uomini.
Ripartizione
delle responsabilità
47.
Il passaggio alla dimensione politica esprime anche una richiesta attuale
dell'uomo: una ripartizione più grande delle responsabilità e delle decisioni.
Tale legittima aspirazione diventa più manifesta man mano che cresce il livello
culturale e aumenta il senso della libertà, e l'uomo si rende meglio conto che,
in un mondo aperto su un avvenire insicuro, le scelte d'oggi condizionano già
la vita di domani. Nella Mater et magistra, (27)
Giovanni XXIII sottolineava che l'accesso alle responsabilità è un'esigenza
fondamentale dell'uomo, un esercizio concreto della sua libertà, una via per il
suo sviluppo, e indicava come, nella vita economica e in particolare
nell'impresa, tale partecipazione alle responsabilità debba essere assicurata.
(28) Oggi la sfera è più vasta, estendendosi essa al settore sociale e politico
dove deve essere istituita e intensificata una ragionevole partecipazione alle
responsabilità e alle decisioni. Certo, le scelte proposte alla decisione sono
sempre più complesse; molteplici le considerazioni da tener presenti, aleatoria
la previsione delle conseguenze, anche se scienze nuove cercano di illuminare
la libertà in questi momenti importanti. Tuttavia, sebbene talvolta si
impongano dei limiti, questi ostacoli non devono rallentare una più diffusa
partecipazione al formarsi delle decisioni, come alle stesse scelte e al loro
tradursi in atto. Per creare un contrappeso all'invadenza della tecnocrazia, occorre
inventare forme di moderna democrazia non soltanto dando a ciascun uomo la
possibilità di essere informato e di esprimersi, ma impegnandolo in una
responsabilità comune. I gruppi umani così si trasformano a poco a poco in
comunità di partecipazione e di vita. La libertà, che si afferma troppo spesso
come rivendicazione di autonomia opponendosi alla libertà altrui, si sviluppa
così nella sua realtà umana più profonda: impegnarsi e prodigarsi per costruire
solidarietà attive e vissute. Ma, per il cristiano, è perdendosi in Dio che lo
libera, che l'uomo trova una vera libertà, rinnovata nella morte e nella
risurrezione di Gesù Cristo.
IV.
INVITO ALL'AZIONE
Necessità
d'impegnarsi nell'azione
48.
Nella sfera sociale la chiesa ha sempre voluto assicurare una duplice funzione:
illuminare gli spiriti per aiutarli a scoprire la verità e a scegliere la via
da seguire in mezzo alle differenti dottrine da cui il cristiano è sollecitato;
entrare nell'azione e diffondere, con una reale preoccupazione di servizio e di
efficienza, le energie dell'evangelo. Non è forse per essere fedele a questa
volontà che la chiesa ha inviato in missione apostolica tra i lavoratori dei
preti che, condividendo integralmente la condizione operaia, ambiscono di
esservi i testimoni della sollecitudine e della ricerca della chiesa medesima?
È a
tutti i cristiani che noi indirizziamo, di nuovo e in maniera urgente, un
invito all'azione. Nella Nostra enciclica sullo sviluppo dei popoli, Noi
insistevamo perché tutti si mettessero all'opera: «I laici devono assumere come
loro compito specifico il rinnovamento dell'ordine temporale. Se l'ufficio
della gerarchia è d'insegnare e di interpretare in modo autentico i principi
morali da seguire in questo campo, spetta a loro, attraverso la loro libera
iniziativa e senza attendere passivamente consegne o direttive, penetrare di
spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della loro
comunità di vita». (29) Ciascuno esamini se stesso per vedere quello che finora
ha fatto e quello che deve fare. Non basta ricordare i principi, affermare le
intenzioni, sottolineare le stridenti ingiustizie e proferire denunce
profetiche: queste parole non avranno peso reale se non sono accompagnate in
ciascuno da una presa di coscienza più viva della propria responsabilità e da
un'azione effettiva. È troppo facile scaricare sugli altri la responsabilità
delle ingiustizie, se non si è convinti allo stesso tempo che ciascuno vi
partecipa e che è necessaria innanzi tutto la conversione personale. Questa
umiltà di fondo toglierà all'azione ogni durezza e ogni settarismo ed eviterà
altresì lo scoraggiamento di fronte a un compito che appare smisurato. Il
cristiano alimenta la propria speranza sapendo innanzi tutto che il Signore è
all'opera con noi nel mondo e che attraverso il suo corpo che è la chiesa - e
per essa in tutta l'umanità - prosegue la redenzione compiuta sulla croce e che
esplose in vittoria la mattina della risurrezione (cf. Mt 28,
30; Fil 2, 8-11); sapendo ancora che altri uomini sono
all'opera per dar vita ad azioni convergenti di giustizia e di pace; poiché
dietro il velo dell'indifferenza c'è nel cuore di ogni uomo una volontà di vita
fraterna e una sete di giustizia e di pace che si devono far fiorire.
49.
In tal modo, nella diversità delle situazioni, delle funzioni, delle
organizzazioni, ciascuno deve precisare la propria responsabilità e
individuare, coscienziosamente, le azioni alle quali egli è chiamato a
partecipare. Coinvolto in correnti diverse dove accanto a legittime aspirazioni
s'insinuano orientamenti più ambigui, il cristiano deve operare una cernita
oculata ed evitare di impegnarsi in collaborazioni non controllate e contrarie
ai principi di un autentico umanesimo, sia pure in nome di solidarietà
effettivamente sentite. Se infatti egli desidera avere una funzione specifica,
come cristiano in conformità alla sua fede - funzione che gli stessi increduli
attendono da lui deve stare attento, nel suo impegno attivo, a elucidare le
proprie motivazioni, e a oltrepassare gli obiettivi perseguiti in una visione
più comprensiva, al fine di evitare il pericolo di particolarismi egoistici e
di totalitarismi oppressori.
Pluralismo
delle opzioni
50.
Nelle situazioni concrete e tenendo conto delle solidarietà vissute da
ciascuno, bisogna riconoscere una legittima varietà di opzioni possibili. Una
medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi. (30) La chiesa invita
tutti i cristiani al duplice compito d'animazione e d'innovazione per fare
evolvere le strutture e adattarle ai veri bisogni presenti. Ai cristiani che
sembrano, a prima vista, opporsi partendo da opzioni differenti, essa chiede
uno sforzo di reciproca comprensione per le posizioni e le motivazioni
dell'altro; un esame leale dei propri comportamenti e della loro rettitudine
suggerirà a ciascuno un atteggiamento di carità più profonda che, pur
riconoscendo le differenze, crede tuttavia alle possibilità di convergenza e di
unità: «Ciò che unisce i fedeli è, in effetti, più forte di ciò che li separa».
(31)
È
vero che molti, inseriti nelle strutture e nei condizionamenti moderni, sono
determinati dalle loro abitudini mentali, dalle loro funzioni, quando non dalla
tutela degli interessi materiali. Taluni risentono così profondamente la
solidarietà delle classi e delle culture, che giungono a condividere senza
riserve ogni giudizio e ogni opzione del loro ambiente (cf. 1 Ts 5,
21). Ciascuno avrà cura di esaminare se stesso e di fare spuntare quella vera
libertà nel Cristo che apre all'universale in mezzo alle condizioni più
particolari.
51.
Anche qui le organizzazioni cristiane, nelle loro forme differenti, hanno
ugualmente una responsabilità di azione collettiva. Senza sostituirsi alle
istituzioni della società civile, esse devono esprimere, a loro modo e
superando il loro particolarismo, le esigenze concrete della fede cristiana in
una trasformazione giusta, e quindi necessaria, della società. (32)
Oggi
più che mai la parola di Dio non potrà essere annunciata e ascoltata se a essa
non si accompagna la testimonianza della potenza dello Spirito Santo che opera
nell'azione dei cristiani posta al servizio dei fratelli, proprio su quei punti
dove sono in gioco la loro esistenza e il loro avvenire.
52.
Confidandole queste riflessioni, noi abbiamo certamente coscienza, signor
cardinale, di non aver toccato tutti i problemi sociali che interessano oggi
l'uomo di fede e gli uomini di buona volontà. Le recenti dichiarazioni che Noi
abbiamo fatto - alle quali si aggiunge il suo messaggio in occasione del lancio
del secondo decennio di sviluppo, concernente soprattutto i doveri della
collettività delle nazioni nella grave questione dello sviluppo integrale e
solidale dell'uomo - sono ancora presenti negli spiriti. Noi rivolgiamo adesso
le presenti considerazioni nell'intento di fornire al Consiglio dei laici e
alla Pontificia commissione «Giustizia e pace» nuovi elementi, e, al tempo
stesso, un incoraggiamento per proseguire nel loro compito di «risvegliare il
popolo di Dio a una piena intelligenza della sua funzione nell'ora presente» e
di «promuovere l'apostolato sul piano internazionale».(33)
È
con questi sentimenti che noi le impartiamo, signor cardinale, la nostra
benedizione apostolica.
Roma,
presso San Pietro, 14 maggio 1971, anno VIII del Nostro pontificato.
PAOLO
PP. VI
(1) PAULUS PP. VI, Epist.
apost. Octogesima adveniens octogesimo expleto anno ab editis
Litteris Encyclicis e verbis appellatis «Rerum Novarum», [Ad E.mum P.D.
Mauricium S.R.E. Cardinalem Roy, Consilii de Laicis atque Pontificiae
Commissionis Studiosorum a «Iustitia et Pace» praesidem],14 maii 1971: AAS 63(1971),
pp. 401-441.
Introduzione: Appello
universale a maggiore giustizia; Diversità di situazioni dei cristiani nel
mondo; Il messaggio specifico della chiesa; Ampiezza dei mutamenti
attuali. - I. Nuovi problemi sociali: L'urbanesimo; I
cristiani nella città; I giovani; Il posto della donna; I lavoratori; Le
vittime dei mutamenti; Le discriminazioni; Diritto all'emigrazione; Creare
impieghi I mezzi di comunicazione sociale; L'ambiente naturale. - II.
Aspirazioni fondamentali e correnti di idee: Vantaggi e limiti dei
riconoscimenti giuridici; La società politica; Ideologie e libertà umana; I
movimenti storici; L'attività delle correnti socialiste; L'evoluzione storica
del marxismo; L'ideologia liberale; Il discernimento cristiano; Rinascita delle
utopie; L'interrogativo delle scienze sull'uomo; Ambiguità del progresso. -
III. I cristiani davanti ai nuovi problemi: Per una più grande
giustizia; Cambiamento dei cuori e delle strutture; Significato cristiano
dell'azione politica; Ripartizione delle responsabilità. - IV. Invito
all'azione: Necessità d'impegnarsi nell'azione; Pluralismo delle
opzioni.
(2) Cf. CONC. VAT. II, Const. past. Gaudium
et spes, 10: AAS 58(1966), p. 1033; EV 1/1350s.
(3) AAS 23(1931), p. 209ss; EE 5/679.
(4) AAS 53(1961), p. 429; EE 7/336.
(5) Litt. enc. Populorum progressio,
3: AAS 59(1967), p. 258; EE 7/932.
(6) Litt. enc. Populorum progressio,
1: AAS 59(1967), p. 257; EE 7/930.
(7) Cf. Litt. enc. Populorum progressio,
25: AAS 59(1967), pp. 269-270; EE 7/954.
(8) Const. past. Gaudium et spes, 25: AAS 58(1966),
p. 1045; EV 1/1396.
(9) Const. past. Gaudium et spes, 67: AAS 58(1966),
p. 1089; EV 1/1546.
(10) Cf. Litt. enc. Populorum progressio,
69: AAS 59(1967), pp. 290-291; EE 7/998.
(11) CONC. VAT. II,
Decl. Nostra aetate, 5: AAS 58(1966), p.
743; EV 1/869.
(12) Litt. enc. Populorum progressio,
37: AAS 59(1967), pp. 276; EE 7/966.
(13) Cf. CONC. VAT. II, Decr. Inter
mirifica, 12: AAS 56(1964), p. 149; EV 1/163s.
(14) Cf. Litt. enc. Pacem in terris: AAS 55(1963),
p. 261ss; EE 7/555-562.
(15) Cf. Nuntium ad universos homines, Calendis Ianuariis
diem fovendae paci per totum terrarum orbem dicatum celebraturos: AAS63(1971),
pp. 5-9.
(16) Cf. Const. past. Gaudium et spes,
74: AAS 58(1966), pp. 1095-1096; EV 1/1567s.
(17) Decl. Dignitatis humanae, 1: AAS 58(1966),
p. 930; EV 1/1044.
(18) Litt. enc. Pacem in terris: AAS 55(1963),
p. 300; EE 7/699.
(19) Cf. Const. past. Gaudium et spes,
11: AAS 58(1966), p. 1033; EV 1/1352.
(20) Const. past. Gaudium et spes, 39: AAS 58(1966),
p. 1057; EV 1/1440.
(21) Litt. enc. Populorum progressio,
13: AAS 59(1967), pp. 264; EE 7/942.
(22) Cf. Const. past. Gaudium et spes,
36: AAS 58(1966), p.1054; EV 1/1431.
(23) Cf. Litt. enc. Populorum progressio,
56ss: AAS 59(1967), pp. 285ss; EE 7/985ss.
(24) Cf. Litt. enc. Populorum progressio,
86: AAS 59(1967), pp. 299; EE 7/1015.
(25) Cf. Const. past. Gaudium et spes,
63: AAS 58(1966) p.1085; EV 1/1535.
(26) Litt. enc. Quadragesimo
anno: AAS 23(1931) p. 203; EE 5/661; cf.
Litt. enc. Mater et
magistra: AAS 53(1961),
pp. 414, 428; EE7/273.332s; Const. past. Gaudium et spes,
74, 75, 76: AAS 58(1966), pp. 1095-1100; EV 1/1567-1584.
(27) Litt, enc. Mater et magistra: AAS 53(1961),
pp. 420-422; EE 7/295ss.
(28) Cf. Const. past. Gaudium et spes, 68,
75: AAS 58(1966), pp.1089s,1097; EV 1/1548s.1573s.
(29) Litt. enc. Populorum progressio,
81: AAS 59(1967), pp. 296-297; EE 7/1010.
(30) Cf. Const. past. Gaudium et spes,
43: AAS 58(1966), p.1061; EV 1/1454.
(31) Const. past. Gaudium et spes, 93: AAS 58(1966),
p. 1113; EV 1/1643.
(32) Cf. CONC. VAT. II, Const. dogm. Lumen
gentium, 31: AAS 57(1965), pp. 37-38; EV 1/363;
Decr. Apostolicam actuositatem, 5;AAS 58(1966), p.
842; EV 1/932.
(33) Litt. apost. motu
proprio datae Catholicam Christi Ecclesiam: AAS 59
(1967), p. 27 et p. 26; EV 2/959.958.